domenica 26 febbraio 2017

Intervista a Curtis Evans, autore del saggio Masters of “Humdrum” Mystery

Qualche anno fa l’editore McFarland ha pubblicato Masters of “Humdrum” Mystery, di Curtis Evans. Io l’ho acquistato grazie a Mauro Boncompagni che, invece di acquistare una copia (per lui) ne ha acquistato due (una anche per me) direttamente da Curt, e poi io ho saldato con Mauro il tutto: non compro nulla su internet, e così qualche amico mi da ogni tanto una mano. Mi ricordo che mi fu recapitato il libro, proveniente dagli Stati Uniti, alla fine di luglio del 2012.
Curt l’ho conosciuto  anni fa, grazie a Mauro che mi citò quattro cinque blog interessanti, in lingua inglese, tra cui quello di Curtis Evans.
Col tempo ci si è conosciuti. Francamente è da un po' di tempo che non ci sentiamo.
Tempo fa ha scritto questo saggio che si concentra su tre maestri dell’ “Humdrum” Mystery (Crofts, Rhode, Connington): alcuni autori,degli anni ’20-’30, sono stati chiamati da Julian Symons nel suo saggio famoso Bloody Murder, “Humdrums” (n.d.r.= humdrum in inglese significa “monotono”, “noioso”). Fondamentalmente Symons aborriva alcuni autori di cui molti anni prima era stato un fan, per la loro insistenza nel trattare esaustivamente, nei dettagli, la trama, esaurendo il puzzle e la detection, senza tener conto di delineare psicologicamente i caratteri o senza soffermarsi sulle descrizioni. Per la prima volta, uno studioso indipendente – come Curtis – ha tentato di sollevare la pesante cortina abbassata da Symons,delineando la riscoperta di alcuni di questi “scrittori humdrums”, e comunque non rifiutando di trattare, parlandone a lungo, della evoluzione della Novel detection  britannica, dal 1920 al 1961.Questi tre autori, in qualche modo, erano maestri della letteratura poliziesca, più che negli anni ’30, in quelli ’20. In particolare Rhode, che pur essendo autore degli anni ’30, sembra essere più un autore degli anni Venti per ciò che sembra a prima vista, per la sua tendenza a soffermarsi su reati commessi con gadgets diabolici, una caratteristica che ci riporta indietro nel tempo, e che può anche essere spiegato con il fatto che il Rhode era stato un militare.
Inoltre, nel suo saggio sopra menzionato, Symons fu piuttosto laconico nel trattare questi autori (incluso anche Walling, Wade e Cole), e solo Croft era stato sufficientemente delineato.
Curt, innamorato di questo periodo storico della detection novel, ampiamente prova a illuminare i tre principali autori di questo ipotetico sottogruppo, parlando a lungo delle loro opere. In breve, il volume si sostanzia come un esempio di analisi critica, di cui si è discusso non molto, a riprova di come il saggio di Symons abbia influenzato pesantemente la critica del settore narrativo del crimine, e come un saggio che meriterebbe, per il suo rigore, per la profusione di dettagli e per la sua qualità della scrittura, molta più attenzione.
1) Innanzitutto Curt, ci dici qualcosa di te? Titolo di studio, lavoro, famiglia. La tua passione, il mystery: come è nata?
Ho ricevuto il mio Dottorato di Ricerca in Storia nel 1998 e ho insegnato Storia Americana per un breve periodo. Ora sono quello che chiamano un “studioso indipendente”, ma provo a scrivere in maniera da raggiungere sia gli accademici sia la comunità degli appassionati di mystery. Così spesso sembra che questi due gruppi non parlino tra loro….
Il mio Dottorato di Ricerca è nella Storia Americana, e il mio interesse principale è  l’Ottocento Sudamericano. Ma sono sempre stato un grande fan di “mystery fiction”, principalmente da quando ho letto Agatha Christie e le storie di Sherlock Holmes  nel 1970. Ho trovato i miei primi libri di Agatha Christie, in brossura, sugli scaffali dei Grandi Magazzini Sanborns a Città del Messico: E Non Rimase Nessuno, E’ troppo facile e Dopo le esequie. Erano tascabili da 95 centesimi, o 14 pesos (o circa $ 1.12). Erano la mia introduzione al genere Mystery, al di fuori dei cartoni animati di Scooby Doo! Qualche anno dopo ho letto Sipario – L’ultima avventura di Poirot e Addio Miss Marple, che era stato appena pubblicato in edizione economica, e poco dopo tutte le storie di Sherlock Holmes di Arthur Conan Doyle. Con il tempo ho finito il liceo nel 1980, e probabilmente avevo letto i due terzi dei gialli di Agatha Christie. Fino all’Ora Zero è stato l’ultimo che ho letto al liceo, mi ricordo.
Nel 1990, mentre frequentavo la scuola di specializzazione, ho conosciuto le opere di altri grandi romanzieri britannici della Golden Age del giallo, oltre alle rinomate Crime Queens: Christie, Dorothy L. Sayers, Margery Allingham, Ngaio Marsh. Tra questi i cosiddetti “Humdums”, naturalmente, ma anche John Dickson Carr, di cui il mio amico Doug Greene aveva scritto una biografia fantastica, e Michael Innes, Nicholas Blake, Cyril Hare, R. Austin Freeman, Henry Wade, Clifford Witting, Anthony Berkeley, Christianna Brand, Elizabeth Ferrars, ecc. Ho amato Carr, ma sono anche stato incuriosito dagli “humdrums”, soprattutto John Street, perché Jacques Barzun e Wendell Hertig Taylor hanno scritto così bene di lui, in quel loro massiccio volume, Catalogue of Crime.   
Con l’ascesa del commercio via Internet, sono stato in grado di rintracciare un gran numero di questi autori inglesi, facendo compravendita io stesso. Mi sentivo in posizione privilegiata per scrivere su di loro in modo serio. La critica accademica tende a concentrarsi quasi esclusivamente, quando si occupa della Golden Age della “Mistery fiction”, delle Crime Queens (“Regine del Crimine”) in Inghilterra e degli scrittori hard-boiled negli Stati Uniti. Ho realizzato un saggio di riceca e, dopo un certo numero di anni sono stato in grado di produrre Maestri dell’ “Humdrum” Mystery, il mio studio su Cecil John Charles Street, Freeman Wills Crofts e JJ Connington. E ‘stato pubblicato l’anno scorso.
Dal 2000 ho letto molto di più mystery americani: Ellery Queen, Rex Stout, Dashiell Hammett, Raymond Chandler e scrittori meno noti come Patrick Quentin / Q. Patrick, Fredric Brown, Helen McCloy e Rufus King. La gente ha quest’idea che il giallo americano nel 1930 era tutto hard-boiled, cosa è così lontana dalla verità.
2) Hai un bellissimo blog, Curt. Ho notato che quasi mai parli di Hardboiled, ma preferenzialmente di Mystery: anch’io mi chiedo come tu faccia ad impostare i tuoi articoli: dove trovi le fonti e le fotografie, spesso assolutamente inedite?
Grazie. E ‘divertente fare un blog e si ha naturalmente un certo orgoglio di esso. La mia preferenza è per quello che viene definito “mistery classico” anche se a me piace anche l’hard-boiled. Mi piacciono i racconti di Hammett e soprattutto penso che Chandler è sicuramente uno dei più grandi stilisti genere poliziesco. In alcuni dei suoi libri, c’è anche un puzzle sottovalutato. Anche Ross Macdonald è molto interessante, per citare l’altro membro della grande triumvirato. The Affair Ferguson ( Segreto di Famiglia) di Macdonald è stato uno dei migliori libri che io abbia letto l’anno scorso, come ho scritto sul blog. Odio questa idea che mistero classico e hard-boiled sono necessariamente in opposizione tra di loro. E ‘perfettamente possibile avere entrambi! Basta chiedere a Bill Pronzini.
Ho accumulato una collezione di materiale riguardante il mystery: articoli libri, interviste, ecc. Dal mio punto di vista, la ricerca primaria in questo campo è altrettanto importante come lo è nella storia del Sud degli Stati Uniti: per esempio, io mi avvicino al soggetto di genere mystery allo stesso modo di quando ho fatto la tesi di laurea per il mio dottorato di ricerca. Troppi studi accademici, a mio parere, sono troppo poco interessati ai fatti sul terreno. Mi interessa anche la teoria, ma ho una passione per la ricerca di fonti originali. Una buona ricerca di materiale di fonti originali  dovrebbe essere alla base della teoria.
3) Prima di scrivere il libro, ne hai scritti altri?
Il mio dottorato di ricerca, rivisto, è stato pubblicato, nel 2001. Si chiama The Conquest of Labor: Daniel Pratt and Southern IndustrializationHa vinto il Bennett H. Wall Award da parte dall’Associazione Storica del Sud. Sfortunatamente Masters of the Humdrum Mystery è stato tralasciato dalla Mystery Writers Association, una grande delusione per me. Naturalmente Philip Marlowe e Sherlock Holmes sono soggetti più caldi, senza dubbio. Ed è semplicemente difficile sfondare una mentalità temprata con nuove idee.
4) Hai scritto mai racconti o romanzi o testi teatrali, con soggetto poliziesco? Oppure hai sempre fatto critica e solo critica?
Quando stavo scrivendo la mia tesi di laurea ho pensato come si sarebbe potuto buttare giù un grande mystery. Daniel Pratt fondò la città industriale di Prattville, in Alabama nel 1830, e ci fu una crisi familiare quando la sua figlia ed erede fuggì durante la guerra civile con un giovane di nome Henry DeBardeleben (egli fu poi importante nello sviluppo di Birmingham, Alabama). Immaginai questa come base per, diciamo, un libro chiamato The Cotton Mill Murder! Purtroppo, io non credo che la mia capacità creativa si esplichi nella scrittura narrativa.
5) Parliamo del tuo libro: tu hai trattato  l’Humdrum Mystery: ci dici qualcosa in merito?
Si tratta di uno studio di tre, una volta popolari, ma oggi ingiustamente trascurati, a mio parere, romanzieri polizieschi britannici della Golden Age: Cecil John Charle Street (n.d.r.=John Rode/Miles Burton), Freeman Wills Crofts e Alfred Walter Stewart (J.J. Connington). Oltre a studiare il loro lavoro, io analizzo in grande dettaglio il mystery britannico della Golden Age in generale e l’evoluzione della visione del “puzzle mystery”. Per il loro peccato di aver fortemente enfatizzato il puzzle e la detection, Street , Crofts e Connington sono stati soprannominati ”humdrums” in tempi moderni. La moltitudine nobile enfatizza il poco apprezzato puzzle , in contrasto con il romanzo poliziesco moderno, con la sua mirabile enfasi sulla psicologia e sul realismo; comunque, un sacco di intellettuali, durante la Golden Age amarono il puro puzzle mystery, come mostro in Masters e in altri lavori.
6) Mi ha colpito la tua divisione degli scrittori della Golden Age in due settori principali: The Crime Queen (Sayers, Christie, Allingham, Marsh) e The Humdrum Mystery (Wade, Connington, Crofts, Rhode). Si tratta come si vede di due settori divisi anche per il sesso: femminile il primo, maschile il secondo. Ce ne vuoi parlare in merito?
La visione predominante della British Golden Age è che il genere della narrativa mystery è stata “femminilizzata” in Gran Bretagna. Spesso le Crime Queens sono le uniche autrici di cui la gente parla in riferimento alla narrativa britannica della Golden Age del mystery. Io sostengo che questa è una visione astorica. Se si va indietro negli anni, di solito, visti come comprendenti la Golden Age (circa 1920-1940), non hanno dominato il periodo di cui sono inquadrate come dominatrici. Christie e Sayers certamente erano al top della narrativa del genere mystery di lingua inglese nel 1930, ma la Allingham lo fu alla fine del 1930 e la Marsh più tardi, nel 1940. Le Regine del crimine non furono incoronate durante una notte.
Infatti, il 1920 fu la grande età dell’ Humdrum, per così dire. Street, Crofts e Connington rappresentano la scuola scientifica / tecnica della detection britannica realmente fondata dal grande giallista R. Austin Freeman, all’inizio del ventesimo secolo. Quelle persone impressionate dalla scienza presente nei racconti di Sherlock Holmes, debbono leggere i racconti del Dr. Thorndyke di Freeman.
Austin Freeman e gli Humdrums hanno anche degli investigatori molto diversi da quelli che vediamo nelle Regine del Crimine. Crofts con i suoi semplici poliziotti segugi, in particolare il suo, una volta famoso, Ispettore French, e la sua enfasi su un’indagine dettagliata, sono stati molto altamente considerati. Connington aveva un detective poliziotto pure, di una specie decisamente poco romantica. Quante volte ci è stata data l’impressione che tutti i detective della Golden Age britannica fossero questi, detective gentiluomo, riportando una citazione? Sotto il suo pseudonimo Miles Burton , Street aveva uno di questi, Desmond Merrion, anche se leggermente più elaborato, ma il suo più famoso detective, il dottor Priestley, fu un pungente, scienziato anziano (in origine un matematico). Ci viene detto che Priestley una volta era sposato ma è abbastanza difficile immaginare che egli avesse mai avuto un contatto fisico intimo con un altro essere umano!
Le Crime Queens rappresentano uno sforzo di “mystery fiction”, molto significativo. Christie, naturalmente, è quasi una categoria a se stessa, con il mercato delle sue opere, che divenne così enorme con la crescita del mercato paperback dopo la seconda guerra mondiale, e la sua unica brillantezza nella costruzione del  puzzle e nel depistaggio. E lo stile del “romanzo di costume” di Sayers, Allingham e Marsh è molto importante nel genere del giallo. Ma ce n’era molto di più nel genere del giallo negli anni 1920 e 1930 di quanto molte persone sembrano rendersi conto.
7) Altra cosa che mi ha colpito è che si tratta solo ed esclusivamente di autori britannici. Esiste una categorizzazione efficace anche per gli autori americani? In alternativa alla scuola hardboiled, quale sarebbe l’alternativa ai due gruppi inglesi (Crime Queens e Humdrum Mystery) nella letteratura poliziesca americana degli anni venti ?
Certamente. L’enfasi su Chandler e Hammett e la scuola hard-boiled ha portato a trascurare gli scrittori giallisti americani veramente importanti come Rex Stout ed Ellery Queen. Questi due scrittori sono incredibilmente ignorati dal mondo accademico di oggi. E ci sono stati un numero enorme di altri interessanti scrittori americani di narrativa poliziesca classica che sono estremamente trascurati oggi: HelenMcCloy, per esempio, e Rufus King. Una certa attenzione è stata dedicata alla scrittura neo-gotica di Mary Roberts Rinehart e MignonEberhart, ma c’è ancora molto che deve essere rivisto.
8) Nell’ambito dell’Humdrum Mystery, hai analizzato l’opera di tre autori soprattutto: Connington, Crofts e Rhode. Perchè solo questi e non altri autori degli anni ’20, come per esempio Kitchin, Henry Holt, Freeman, Berkeley?
Perché erano una scuola discreta e importante di scrittori, che ritengo sia stata molto diffamata nel corso degli anni per la sua enfasi sul puzzle e sul processo raziocinante. Ho scritto quasi 200 pagine definendo un’ indagine ampia che avesse a che fare con molti più scrittori.
9) Secondo me questo tuo saggio avrebbe potuto avere maggior fortuna ed essere prescelto per la cinquina finale dell’Edgar. Forse però, la sola contestazione che il lettore può farti è non aver riservato uguale attenzione a tutti e tre gli autori ma aver privilegiato Rhode rispetto agli altri due. E’ solo per una questione di opere scritte? Oppure avresti potuto avere maggior fortuna se avessi scelto di scrivere un saggio su degli autori maggiormente conosciuti?
Dubito che sia stato quello il fattore operativo con gli Edgar. I due libri accademici nominati hanno affrontato Raymond Chandler e Arthur Conan Doyle. Ho il sospetto guardando il mio libro che la questione principale fosse, “chi diavolo sono queste persone di cui ha parlato in merito?” E’ difficile convincere la gente a superare nomi di qualità provata e riconosciuta. E’ un lungo, dettagliato libro (anche se credo scritto in modo piacevole  e accessibile) e le persone devono essere aperte e disposte ad impegnarsi per (la lettura di) esso.
Per inciso, anche se penso che Masters sia un’ importante opera di genere accademico, non sono riuscito a ottenere che una sola casa editrice accademica inglese anche solo lo leggesse, perché non potevano andare oltre l’idea che non si trattasse di autori famosi. La ragione per cui abbiamo libri quasi esclusivamente sulle Regine del Crimine, è che è questo che gli editori vogliono pubblicare. Mi ritengo fortunato di aver trovato un buon editore per il libro – anche se si tratta di un uno americano, McFarland, e attualmente il mio libro sul genere del mystery britannico è presente in una sola libreria nel Regno Unito, in Scozia.
Street è il mio preferito dei tre e ha scritto oltre 140 romanzi gialli. E ‘probabilmente il più prolifico romanziere nella storia del genere. Aveva due grandi pseudonimi.Crofts e Connington insieme hanno scritto meno della metà di quello che ha fatto lui. Ho scritto quello che mi è venuto naturale. A circa 150.000parole, il libro sembrava abbastanza a lungo per il mio editore!
10) Quando si esamina l’opera di un autore che ha scritto moltissimo, normalmente si tende a sottovalutare la sua coerenza e qualità, mettendo in luce come gran parte della sua produzione sia fatta da opere minori. Questo giudizio in che maniera può applicarsi a John Rhode (Miles Burton)?
Street ha scritto più di quanto avrebbe dovuto, non c’è dubbio, e molti dei suoi libri nel 1950 anche io li ho trovati di routine e noiosi. Ma trovo che i suoi libri del periodo 1926-1945 siano abbastanza costantemente buoni. Volevo parlare di loro in profondità, come per molti ho potuto fare, perché c’è la tendenza per le persone a sentirsi sopraffatte da un tale autore prolifico. Non sanno da dove cominciare. Lo stesso problema si verifica con l’incredibilmente prolifico (e sottovalutato) scrittore di thriller EdgarWallace. Qualcuno dovrebbe sentire la necessità di scrivere un libro serio su di lui!
11) Mi è piaciuto molto il rispetto che hai avuto per i lettori del tuo libro, poichè diversamente da altri autori che, trattando la materia ed analizzando determinati titoli, hanno parlato diffusamente delle storie e rivelato troppo del plot, tu quando hai dovuto parlare di determinate opere, hai sempre avvertito la necessità di avvisare il lettore con la scritta “Spoiler”. Che ne pensi?
Ho paura che ad un sacco di persone che scrivono in merito a scrittori di mystery non interessi molto della trama (dei loro romanzi) o (al) le persone che vogliono leggere per loro intrattenimento. Ho sentito in me che con scrittori come Street, Crofts e Connington, dovevo parlare di più in merito al plot , non solo per rendere omaggio alla loro abilità nella meccanica (della costruzione del plot) -uno dei miei pezzi più impegnativi è stato descrivere la trama labirintica de The Davidson Case (1929) (titolo USA  Murder at Bratton Grange) di J ohn Rhode in una forma che fosse accessibile-ma anche per quello che ci raccontano in merito alla manipolazione degli scrittori, di questioni come quelle relative alla classe, alla razza e al genere. Ma io sono anche un seguace del mystery, e (allora) non ho voluto togliere ai lettori la sorpresa di apprezzare le trame(dei romanzi)..Libri di questi tre autori sono molto popolari sul mercato collezionisti, a volte si vendono per centinaia di dollari. Ho anche la speranza che alla fine tutti saranno ristampati. Orion Books ristamperà tutti i Connington, in formato e-Book, quest’anno.
12) Io sono del parere che il più grande autore mystery sia stato John Dickson Carr, non solo per inventiva ma anche per la qualità delle sue descrizioni e della sue atmosfere, per la capacità innata cioè di scrivere romanzi e di scriverli bene. Secondo te, quali dei tre, ha maggiormente influito su Carr e per quali motivi? Uno potrebbe pensare Rhode, giacchè scrissero un libro assieme. Ma..è davvero così?
Street e Carr erano grandi compagni di bevute-Street amò inserire scene di pub nei suoi libri– e come Doug Greene brevemente discusse nella sua biografia di John Dickson Carr e io ho mostrato in Masters, avevano una stretta relazione nel 1930, dopo che Carr si fu unito al Detection Club. Street ha  scritto alcune Camere Chiuse - uno con una casa chiusa a chiave, un altro con un bagno chiuso a chiave-ma lui è uno scrittore molto più semplice di Carr, sia nella scrittura, sia nello stile che nell’ambientazione. Street ha scritto un paio di romanzi gialli che coinvolgono storie di fantasmi, The Hanging Woman Men Die at Cyprus Lodge, ma non c’è mai stato alcun tentativo di farci credere che i fantasmi potessero essere reali o di farci venire i brividi. Carr anche ha creduto fortemente nell’idea del romanzo poliziesco come un gioco di ingegno tra il lettore e lo scrittore. Questa idea è un appello molto forte ai fan di Carr. Penso che Street fosse meno preoccupato di ingannare il lettore alla fine del romanzo di quanto fosse occupato a costruire una trama ancora tecnicamente valida ed una investigazione su un crimine. Molte delle sue trame sono estremamente ingegnose e complesse, come, ad esempio, la trama di Have His Carcase di Dorothy L. Sayers, nella costruzione della quale Street fu d’aiuto alla Sayers.
Lo stesso vale per Connington e Crofts, anche se Connington ha più stile letterario di Crofts e, nel complesso, di Street. Carr apprezzò molto l’impostazione dell’omicidio nel labirinto di siepi in Muder in the Maze di Connington, come fece TS Eliot.
13) Se un giorno tu pensassi a riprendere questo saggio, quali altri autori analizzeresti e perchè?
Le mie sezioni, su Henry Wade, e GDH e Margaret Cole, sono stati tagliate dal mio editore, perché si è ritenuto che il manoscritto fosse troppo lungo e perché sostengo che non sono veramente “humdrums”. Henry Wade è uno dei maggiori scrittori letterari della Golden Age a mio parere, e i Coles, davvero furono più farseschi, e non ebbero la pazienza tecnica degli “humdrums”. Certamente mi occuperò di pubblicare questi capitoli separatamente come un libro breve. Vorrei anche pubblicare qualcosa su Rupert Croft-Cooke e i suoi mystery sotto lo pseudonimo di Leo Bruce. (Scrivere un libro su ) Rufus King sarebbe anche divertente, per citare un americano. Penso che sia davvero molto buono.
14) Tu credi che Rufus King sia stato o non, omosessuale? Se lo sia stato o no, non credo che sia importante di per sé, in quanto il valore della persona va oltre il sesso, l’età, la razza, la religione, ma siccome nei suoi romanzi ci sono accenni ambigui, e tu sei un estimatore dei romanzi di  Rufus King, come sai che lo sono anch’io, mi piacerebbe avere la tua opinione.
Non c’è dubbio nella mia mente che egli lo sia stato, dati i suoi libri e la storia di fondo. E sicuramente ciò influenzò i suoi libri in qualche modo. Egli era un amico di Cole Porter alla Yale Dramatic Society ed era lui che aveva curato le parti delle donne nella produzione dei loro musicals. Non credo che ci sia una qualche indicazione che lui abbia avuto un’intima relazione con Cole Porter. A quel tempo alla Yale “Dramat”, si diceva che (di Cole Porter ) fosse (amante) Monty Woolley, l’attore candidato all’Oscar. Lui era gay e fu amico per tutta la vita di King.
15) Poco tempo fa hai pubblicato un altro saggio su Todd Downing, un autore assai poco conosciuto, che conosco assai bene. Ci dici perchè ti ha interessato così tanto scrivere un romanzo proprio a riguardo della sua figura?
Beh, per prima cosa, credo che i romanzi polizieschi con Hugh Rennert di Downing, tutti pubblicati nel 1930, sono libri molto buoni. Lavorando con le pubblicazioni Coachwhip e con l’erede al lascito di Todd, sono stato in grado di ottenere che tutti i nove romanzi polizieschi di Downing-sette dei quali sono con Hugh Rennerts– fossero ristampati e sembrava che sarebbe stata un’ottima occasione per l’uscita di un libro su Downing. Ho avuto modo di visitare la sua città natale di Atoka, Oklahoma, e lavorare con il suo superstite per corrispondenza, per gentile concessione del Prof.Carlo Rzepka della Boston University, che possie delle copie originali. Downing era un indiano Choctaw e un istruttore di spagnolo della University of Oklahoma che ha inserito i suoi romanzi polizieschi principalmente in Messico. I suoi misteri sono molto ben scritti, con buone trame di azione. Nel 1930 Downing anche recensiva romanzi gialli e  queste        recensioni sono incluse nel mio libro, Clues and Corpses, The Detective Fiction and Mystery Criticism of Todd Downing, disponibile sia attraverso amazon.com e amazon.co.uk, così come attraverso altri accessi di internet.
16) Prima di lasciarci, ci dici se stai lavorando già a qualche altro saggio?
Mi è stato chiesto di modificare una raccolta di saggi in onore di Douglas Greene, il biografo di John Dickson Carr e a capo della piccola storica casa editrice, Crippen & Landru. Questo libro uscirà nel 2014. Come indicato in precedenza, ho anche intenzione di pubblicare un breve libro quest’anno sugli scrittori britannici di mystery, Henry Wadee e GDH e Margaret Cole. Inoltre, quest’anno spero di completare un manoscritto sul “fair play puzzle mystery” della Golden Age inglese, uno studio più ampio che affronterà un sacco di problemi che suscitano il mio interesse e spero quello di altri. Spero che sarà entro il 2015. La considero come la mia ”ricapitolazione generale” sul genere del mystery.
Grazie Curt, della tua disponibilità.
A presto.

P.D.P.

sabato 25 febbraio 2017

Ngaio Marsh : Artisti in Delitto (Artists in Crime, 1938) – trad. Pietro Ferrari – Il Giallo Mondadori N° 2249 del 1992.


Della vita di Ngaio Marsh, ho parlato altre volte, per cui stavolta non mi dilungo: ricordo tuttavia che fu una drammaturga e che coltivò l’hobby della pittura. Queste due inclinazioni artistiche si trovano espresse, più volte, nell’arco della sua produzione.
Un esempio è Artists in Crime, 1938, tradotto e pubblicato in Italia, prima ne “I Gialli del Secolo” (traduz. accorciata) negli anni ’50 col titolo “La modella assassinata”, e poi negli anni ’90 da Mondadori, col titolo fedele “Artisti in delitto”. Va detto ad onor del vero che entrambi i titoli in questo caso potrebbero andar bene: il primo fa riferimento alla vittima, il secondo al possibile assassino.
Agtaha Troy ha uno studio avviato di pittura a Tatler’s End House. Lady Alleyn di Dane’s Lodge, madre di Roderick, ha visitato nel passato, assieme al suo rampollo, una “personale” di Agatha Troy, ed entrambi erano rimasti colpiti dal tocco della pittrice; dopo l’incontro sulla nave “Suva”, Roderick viene colpito anche dalla personalità della pittrice, ma pensa di non esser stato interessante ai suoi occhi; non sa che la lei, è a sua volta rammaricata di aver fatto una misera figura, con una persona che pensava banale e che invece si era rivelata sensibile. Insomma..le premesse ci sono. E Roderick in una lettera prega la madre di andar a fare visita ad Agatha.
Fatto sta che un giorno, i due si incontrano di nuovo: motivo? Il fatto che Agatha ha organizzato a casa sua uno stage di pittura centrato sul “nudo”, con dei promettenti allievi: Cedric Malmsey, Wolf Garcia, Francio Ormerin, Phillida Lee, Watt Hatchett, Basil Pilgrim, Valmai Seacliff. Chi mai potrebbe pensare che anche nel corso di uno stage di pittura, possa germogliere il seme del delitto? Eppure tra gli allievi, c’è la modella, Sonia Gluck, che lungi dal fare solo il suo lavoro, cioè posare nuda, è anche abbastanza disinibita nei propri rapporti coll’altro sesso, così da generare con parecchi dei ragazzi, dei rapporti conflittuali: c’è chi ci va a letto, c’è chi ci è già andato, c’è chi viene ricattato da lei, insomma..un bell’assortimento di potenziali assassini. Perché sia il ricattato o i ricattati, sia chi ci sia andato a letto o chi ci vada, viene da lei posto nella condizione di nutrire nei suoi confronti, non proprio dei sentimenti amichevoli. Così un bel giorno, Sonia è invitata a provare una scena, tratta da una fiaba che Malmsley ha avuto l’incarico di illustrare: una donna assassinata dalla moglie del suo amante, trafitta da un pugnale infilato attraverso le assi della panca su cui lei è adagiata.
Sonia viene invitata più volte ad assumere la posa chiesta da Agatha, ma al drappeggio e alle assi della pedana, il suo bel corpo nudo mal si adatta, per cui ben presto, nell’insofferenza degli allievi chiamati a ritrarla, che devono cancellare di continuo quello che disegnano, per i continui cambiamenti di postura della modella, Agatha con un gessetto disegna la forma del suo corpo sulla panca, cosicché quella non possa più adottare altra postura che quella disegnata. I ragazzi si lasciano, dopo aver piazzato un coltello tra le assi e averlo ritratto nella posizione che avrebbe se fosse affondato nel corpo dell’amante assassinata. Si lasciano quindi per il week end: la maggior parte dei ragazzi va via, mentre Garcia rimane per ancora un po’ di tempo.
Quando riprendono le riprese, Agatha non è a casa: comunque i ragazzi, sotto la guida di Katty Bostock, celebre pittrice cui la Troy ha ceduto in affitto la sua casa durante la sua assenza di un anno, riprendono la sessione di posa e,approfittando del contorno disegnato da Agatha, anche se gran parte di esso è occultato dal panneggio, i ragazzi chiedono che Sonia si adagi sulla panca, così come Agatha nella prima sessione aveva richiesto.
La posa è scomoda, Sonia non vuole mettersi così, e allora Valmai che aveva annunciato il suo fidanzamento con Basil prima di andar vi, e lasciar l’appartamento vuoto (o quasi: c’era ancora Garcia), indispettita dall’atteggiamento di Sonia, la costringe ad adagiarsi sulla panca. Fatto sta che Sonia, emette un rantolo e si abbandona. Quando Katty accorre, accorgendosi dell’espressione della ragazza, e la rivolge, pur facendo uno sforzo perché pare che essa non voglia venir via dalla panca, il corpo di Sonia presenta un lungo pugnale infilato nella schiena: morta all’istante.
Incidente o..assassinio? Il coltello usato nelle prima sessione era stato rimosso con difficoltà dalle assi, alla presenza di Agatha, per cui la sua presenza, testimonia che qualcuno lo ha ripreso e lo ha volontariamente ficcato nella pedana, facendo forza perché esso penetrasse tra le assi lignee; e lo ha inserito nella posizione che aveva la prima volta, cioè in modo che attraverso le costole penetrasse nel cuore. Quindi è stato posto da chi conosceva bene quale fosse la sua posizione originaria: ergo, deve trattarsi di qualcuno presente alla prima sessione.
Roderick è inviato sul luogo del delitto. Agatha è ritornata e ha appreso che quella “sgualdrinella di Sonia”, come lei precedentemente l’aveva appellata, è stata uccisa. Il nuovo incontro tra Roderick e Agatha, è all’insegna dell’ufficialità, nostante egli voglia rendere l’incontro meno formale. Ma la risposta di Agatha, all’inizio non è quella che Roderick vorrebbe avere. Inoltre dalle deposizioni ricavate, ben presto ricava che parecchi sono stati reticenti in qualcosa.
C’è chi “ha assassinato davanti ai loro occhi” la ragazza: Valmai Seacliff, che l’ha spinta ad assumere la posizione che la vittima rifiutava. Tra le due donne non è mai corso buon sangue: del resto due prime donne è raro che possano vivere bene a stretto gomito, soprattutto se ambedue hanno intenzione di servirsi del proprio fascino come arma di potere: Sonia è una sgualdrina, Valmai una ninfomane. Tuttavia, Valmai ha un alibi sicuro come una roccia: era a casa di amici con Pilgrin, distante parecchi chilometri dal luogo dell’omicidio e il suo alibi è confermato da chi era con lei, cioè Pilgrim e la coppia di amici. Ma per paradossale che possa essere, l’assassina che dovrebbe essere lei, pare non lo sia, perché l’assassino vero ha messo il coltello tra le assi e ha aspettato che o Sonia morisse da sola, o qualcuno la costringesse ad essere trafitta.
Principale indiziato è Garcia, che è scomparso: non si sa dove sia andato a finire. Si pensa possa essere lui l’assassino, perché si viene a sapere che aveva una storia con Sonia.
Le indagini proseguono e man mano si scopre che quel gruppo di giovani promesse della pittura non è altro che un covo di serpi, uno stuolo di potenziali assassini, ognuno avente un motivo più o meno valido per voler mettere le mani addosso alla modella: Agatha Troy l’aveva odiata quando in un impeto di gelosia, o invidia, Sonia aveva deturpato il suo ritratto di Valmai Seacliff; Garcia, aveva minacciato di ucciderla se ancora l’avesse scocciato con la promessa di matrimonio (dopo che lui l’aveva messa incinta); Basil Pilgrim aveva anche lui un movente, perche ci era andato a letto e non avrebbe voluto, come lei minacciava di fare, che ciò lo venisse a sapere Valmai; uno ancora più valido si scopre che l’aveva addirittura Malmsey: era ricattato da lei, per una cosa concernente la sua fama di giovane promessa della pittura.
Insomma pochi potevano sopportarla, anzi solo una: Phillida Lee, una degli allievi di Agatha.
Ma tutto gira attorno a Garcia, che molti pensano sia il colpevole, finchè per l’acume di Alleyn non viene individuato lo studio londinese di Garcia e qui, dopo quatttro giorni viene rinvenuto il suo cadavere. Anche lui assassinato, con l’acido nitrico: una bottiglia di acido, usato per mordere le incisioni, viene trovata dimezzata lì accanto. L’acido lo ha selvaggiamente ucciso, torturandolo negli ultimi istanti di vita.
Chi mai l’avrà ucciso? Lo stesso assassino della modella? Oppure lui ha ucciso la modella e qualcuno ha ucciso lui? Interrogativi che troveranno una risposta nel convulso e straordinario finale.
Sesto romanzo con Roderick Alleyn, esso è come tutti quelli della Marsh che mi onoro di aver letto, ancora una volta, concepito magistralmente. Forse mai come in questo romanzo, la scrittrice scherza col lettore e cerca di prenderlo per il naso, fornendo già in alcuni passi le indicazioni più logiche su chi potrebbe essere l’assassino. Per di più, per chi avesse letto altri romanzi della Marsh con Roderick Alleyn, dico che in questo romanzo, per la prima volta s’incontrano Roderick e Agatha, e per la prima volta i due si innamorano. Il romanzo ha quindi una collocazione particolare nell’ambito della produzione marshiana. Tanto più che il primo incontro di Roderick e Agatha, avviene, come tante volte accade, sotto l’egida dell’indifferenza o peggio dell’antipatia provata da un personaggio nei confronti dell’altro (si può capire, dal carattere di Roderick Alleyn, rampollo di famiglia nobile e Ispettore Capo del CID di Scotland Yard, piuttosto chiuso e riservato, e da quello di Agatha Troy, pittrice in vacanza, riservata ma nel tempo stesso orgogliosa, chi possa esser stato nell’incontro tra i due quello che abbia avuto la peggio) sul ponte di una nave, su cui sono imbarcati. I due, dopo il primo esito del loro incontro, non potrebbero mai pensare che un bel giorno…s’incontreranno nel corso di una indagine di polizia a causa di un omicidio.copertine gialli blog 017.jpg
L’abilità nel fornire tutti gli indizi al lettore e nel tempo stesso prenderlo in giro, è acclarata. Già nelle prime scene troviamo manifestati dei dialoghi da cui si potrebbero intuire delle cose che avvengono e sono spiegate più tardi nel corso del romanzo. Inoltre lo stesso omicidio trova la sua espressione in qualcosa che accade all’inizio del romanzo, e di cui non si capisce l’importanza, fino al finale. Quello che non si capisce, e ha una importanza fondamentale, è come facesse l’assassino, se aveva ficcato il coltello tra le assi della pedana durante il week end, ad essere sicuro che Sonia sarebbe sicuramente morta il lunedì seguente: Sonia avrebbe potuto rifiutarsi di posare, e qualcuno avrebbe potuto non costringerla ad assumere quella posizione. In altre parole, l’assassino  volontario premeditato è accaduto per un caso? Oppure c’erano valide premesse che accadesse? E perché? Chiarite queste domande, si inchioderà l’assassino alle sue responsabilità. Un assassino cattivo come non mai, di una perfidia senza pari.
Che è scoperto alla fine, per un buco su un guanto, per un’automobile troppo brillante nei consumi di carburante, e per certe fotografie.
Stile brillante e fluido, dialoghi mai banali, il plot è notevole nei contorsionismi, nelle figure di indiziati veri o presunti, di assassini veri o falsi, nelle descrizioni mozzafiato, nella storia d’amore che nasce.
Il modo di scrivere e descrivere è un marchio di fabbrica: abilissima scrittrice, molto raffinata, inventava spesso situazioni in cui erano coinvolti artisti. Per di più in molte affermazioni, era molto schietta, assai poco restia a trincerarsi dietro frasi di comodo.
La stessa trama si snoda senza intoppi, senza mai tradire le aspettative, senza scocciare o annoiare: perché nel momento in cui lascia cadere una pista, è lesta a trovarne un’altra, che magari incrocia quella di prima dandole una nuova destinazione.
E come il serpente che si mangia la coda, il romanzo finisce dove inizia e inizia dove finisce.
Con un gioco di prestigio. In cui era brava Agatha Christie, ma in cui Ngaio Marsh non lo era da meno.
Insomma, un romanzo eccellente.

Pietro De Palma

giovedì 23 febbraio 2017

Jonathan Stagge : Quelle care figliole (Death, My Darling Daughters , 1945) – trad. Salvatore Beretta – I Classici del Giallo No.662, Mondadori, 1992.



Come abbiamo detto altrove, anche Jonathan Stagge come Patrick Quentin o Quentin Patrick, non fu solo pseudonimo, ma anche ditta, formata di volta in volta dall’unione di 4 coppie di scrittori, che si firmarono diversamente: quella più prolifica fu formata da Richard Wilson Webb (1901 – 1966) e Hugh Callingham Wheeler  (1912 – 1987), che firmarono assieme alcuni romanzi con la sigla Quentin Patrick, quasi tutti con Patrick Quentin, e tutti con Jonathan Stagge: in pratica, l’inizio di questa fortunatissima collaborazione data il 1936, quando Webb, che, firmandosi Quentin Patrick, aveva scritto alcuni romanzi sia  con Martha Mott Kelley (1906–2005) che con  Mary Louise White Aswell (1902 – 1984), ritrovò Wheeler, un suo vecchio amico. Va detto che sia Sia Webb che Wheeler, erano britannici per nascita, ma poi, in seguito, emigrando ambedue negli Stati Uniti, ne erano diventati cittadini.
Delle tre serie, quella firmata Jonathan Stagge non riservò mai sorprese di sorta: infatti a lei fecero capo sempre sia Webb che Wheeler, sin dal loro primo romanzo, Murder Gone to Earth – 1936 , also The Dogs Do Bark (in italiano, E i cani abbaiano), fino all’ultimo  The Three Fears, 1949 (in italiano: Le tre paure). Dei nove romanzi pubblicati con questo pseudonimo, Death, My Darling Daughters  (also Death and the Dear Girls) è il settimo e risale al 1945.
E’ finita la guerra e Kenmore, la cittadina in cui il dottor Westlake è medico condotto, sta ritornando alla vita. Soprattutto è stata riaperta la residenza storica, quella in cui soggiornava d’estate un vice-presidente degli Stati Uniti d’inizio secolo, Benjamin Hilton.
La figlia di Hilton, Emily, e le sue due figlie, Perdita e Rosalind, vi stanno soggiornando e così hanno invitato altri parenti ed amici: lo scopo è che la residenza del defunto Benjamin ritorni ad essere il simbolo di Kenmore. Tra questi, gli altri due figli di Benjamin: la sorella di Emily, Belle, con suo marito, il celebre tossicologo Kenton-Oakes; e soprattutto il fratello George, scienziato, con la moglie Janie e la figlia Melena. Poi vi sono amici, tra cui la dottoressa Stahl, profuga austriaca che sta studiando una serie di veleni a base di cianuro contro i topi, e che lavora nel fienile; l’assistente di George Hilton, Vic Roberts, e il dottor Westlake con sua figlia Dawn.
Tra cene e concerti, sembrerebbe che la vita nella residenza degli Hilton scorresse placida e ridente; e invece nella cenere cova l’odio: il testamento del patriarca ha escluso dai lasciti le due sorelle e favorito solo il figlio maschio che è diventato erede della fortuna degli Hilton. Solo lui è ricco e gli altri dipendono da lui; certo se lui morisse, i soldi verrebbero divisi tra moglie e figlia, sorella e nipoti. Ma senza che morisse, se lui fosse un po’ più generoso, nessuno coverebbe odio nei suoi confronti. Ma il fatto è che George è innamorato solo del suo lavoro, delle sue scoperte: è diventato famoso per un suo studio sulla penicillina e sulle possibilità di sintesi di altri antibiotici. Solo che nessuno sa la verità: non è stato lui a compiere la scoperta, ma il suo assistente Vic Roberts, che però da lui prende solo le briciole.
George ha tante persone che lo odiano e che lo vorrebbero morto.
E bisogna dire che prima che lui arrivi a Kenmore, qualcuno ha già in passato forse tentato di eliminarlo, mischiando vetro triturato alla fecola somministratogli dopo una congestione gastrica: solo la vecchia Nanny, la governante, ha capito chi possa essere stato. E pare che abbia avvisato l’attentatore di non fare altri tentativi: non è un caso quindi che un giorno Nanny muoia bevendo un tè. Corretto con cianuro.
Chi può esser stato? Ma è stato davvero omicidio o incidente? Sì perché era Nanny che lucidava l’argenteria in casa, e per farlo usava prodotti a base di cianuro: è possibile che la teiera, soprattutto sull’orlo non sia stata pulita bene e il residuo abbia ucciso la povera Nanny? Tutti lo pensano e se ne convincono.
Ma la morte di Nanny non è avvenuta per incidente: è stata assassinata. Lo prova il fatto che quando Nanny avrebbe dovuto intossicarsi mortalmente e la teiera essere uno strumento di morte, assieme a lei, a bere il tè era salita Belle: anche lei aveva bevuto il tè, ma non era morta. Quindi l’avvelenamento era stato compiuto dopo, non prima: se fosse stato il prodotto per pulire l’argenteria la causa della morte di Nanny, allora sarebbero dovute morire in due, perché Nanny l’argenteria l’aveva pulita prima e dopo no. Quindi qualcuno,dopo, aveva cosparso volontariamente l’orlo della teiera di prodotto al fine di ucciderla. Nanny sapeva delle intenzioni dell’omicida, sapeva della fecola mischiata a vetro, e quella fecola non l’aveva buttata: la teneva sempre con sé, la prova che l’attentatore già in passato aveva tentato di sopprimere George; ed è chiaro che se Nanny non ne avesse parlato a nessuno dei suoi sospetti è perché il presunto attentatore era uno dei familiari di George, e in quella casa, la casa degli Hilton, la casa aristocratica degli Hilton, gli scandali non erano ammessi.
Morta Nanny, parrebbe che l’assassino potesse riprovare a uccidere George, perché se lui muore, gli altri diventano ricchi. E così…
La tossicologa austriaca guadagna i suoi miseri soldi dando lezioni private di musica alle due figlie di Emily, e alla figlia di Westlake, Dawn, promettente musicista. Un bel giorno, viene organizzato un concerto, una specie di saggio in cui le tre possano dare prova dei miglioramenti musicali: in realtà si sentono solo dissonanze a quel concerto. George, che sa suonare il flauto, cerca di dare il suo personale contributo e quindi ha appena cominciato a emettere suoni, che uno più acuto e distorto si perde nell’aria quando lui barcolla e stramazza sul pavimento. Morto. Avvelenato. Col cianuro. Si scopre poi che il bocchino del flauto era stato impregnato di cianuro. Ma non era stato pulito anche lui col prodotto per l’argenteria? Sfortuna è, per l’assassino, che Westlake si accorga dell’incongruità della storia dell’avvelenamento di Nanny e di come Belle, sarebbe dovuta morire, se davvero l’ipotesi del lucido assassino fosse stata vera. Così messi davanti alla verità, anche gli altri capiscono che un assassino, uno di loro, ha ucciso i due.
Ma il cianuro dove se l’è procurato? Il fatto è che ve n’è una marea, a disposizione nel fienile, per studiare le reazioni sui topi, e quindi se qualcuno ne ha preso un po’ nessuno può dirlo, anche perché precauzioni affinché la sottrazione fosse impedita, non sono state messe in atto.
Toccherà a Westlake incastrare il perfido assassino, non prima che abbia colpito ancora, simulando un omicidio da suicidio e incolpato il suicida dell’omicidio delle sue vittime. Fatto sta che anche lui, l’assassino, morirà suicida, di cianuro, in un finale tragico e memorabile.
Un’ecatombe, questa di Stagge!
L’idea della famiglia in cui covano odi, gelosie e invidie, in cui i fratelli si odiano a vicenda, in cui alla base dell’odio ci siano i soldi, e un testamento bislacco da parte di un altrettanto bislacco patriarca, non sono nuove: S.S. Van Dine più di quindici anni prima aveva seminato bene i semi dell’odio familiare nel suo capolavoro sugli omicidi nella famiglia Greene!
Stagge però prende il canovaccio già messo a punto da Van Dine e lo varia con grande perizia, giocando sulla psicologia dei personaggi, mettendo in luce dei particolari che però verranno scoperti nella loro luce sinistra solo alla fine, celando e mettendo in luce, in una fiera dell’ovvietà e del sotterfugio, più moventi, assieme ad amori perduti e ritrovati, ad amanti farabutti: Vic ha una relazione extramatrimoniale con Janie; è amato da Helen e assieme dalla dottoressa Stahl. George non sapeva nulla finchè Helen rifiutata non gliel’aveva detto: si scopre alla fine che era stata lei la causa della rottura tra George e Vic. Ma l’assassino è uomo o donna? E’ Vic che ha voluto vendicarsi di George che gli aveva sottratto il successo; o Helen, che ambiva ad ereditare  i soldi del padre, odiando la matrigna? O Janie che vorrebbe liberarsi del marito e vivere con Vic? O Stahl che vuole vendicare Vic? O Emily e le sue due figlie?
E’ un romanzo mystery abbastanza classico, scritto con grande maestria: la ragione sta nella trama, che apparentemente si basa su elementi ovvi. Fa di tutto per far convergere i sospetti su determinati soggetti, poi qua e là, ecco che Stagge fa balenare delle altre idee, celando però le vere prove, gli indizi di colpevolezza alla fine.
E’ bene dirlo: sono prove schiaccianti solo se interpretate psicologicamente da Westlake, altrimenti non lo sarebbero. Wetlake si avvale però di due guizzi di genio per ribaltare l’ultimo suicidio colpevole in omicidio di un innocente: gli indizi sono due dischi su cui il falso omicida suicida avrebbe dovuto incidere la propria confessione e un colloquio che non ci sarebbe dovuto essere.
Anche se il colpo di scena finale, sul nome, è un po’ melodrammatico e abbastanza costruito: non si capisce per quale motivo una persona si sarebbe dovuta chiamare in un modo, e i suoi genitori dare quel nome, solo allo scopo di giocare col suo destino.
Misteri di un romanzo in cui, ancora una volta, Dawn dà il suo contributo al successo di suo padre, il dottor Westlake.

Pietro De Palma

domenica 19 febbraio 2017

S.A. Steeman : La casa del mistero (Peril, 1930) – I Grandi Gialli N°29, Editrice Pagotto, Milano, 1952

In altra occasione ebbi a parlare di Steeman e dei suoi esordi letterari: ne riassumo per sommi capi i termini, poiché oggi parlo di un romanzo degli esordi, anzi, il primo romanzo in assoluto scritto da solo: Peril, 1930.
Steeman non si cimentò nel romanzo giallo come prima occupazione, ma solo dopo che aveva intrapreso la carriera giornalistica dal 1928 al 1933 per La Nation Belge ( e prima ancora si era dedicato essenzialmente ai fumetti). Assieme ad un altro giornalista, Herman Santini (pseudonimo Sintair), scrisse i suoi primi 5 romanzi, per poi pubblicare romanzi da solo. Tuttavia, ancor mentre collaborava con l’amico, nel 1930 aveva cominciato la carriera letteraria individuale, pubblicando tre romanzi ( Péril, Le doigt volé  e Six hommes morts) con l’ultimo dei quali aveva vinto il Grand Prix du Roman d’Aventures, nel 1931. Nel romanzo era stato introdotto il suo personaggio di maggior spessore, Vorobeitchik Venceslao, detto Monsieur Wens.
Peril è sostanzialmente un ibrido: un romanzo in cui si mischia atmosfera da thriller con il mystery più classico. Sin da questo suo primo romanzo, Steeman si manifesta un innovatore: tenta di  svincolarsi dalla pesante eredità di Leblanc e Conan Doyle e tenta una via personale. Ancora acerba, direi. Ma comunque, tenta una strada, non basata esclusivamente sull’enigma, anche se l’elemento avventuroso è presente in larga parte.
Il ritmo è sostenuto, soprattutto a causa di un’atmosfera d’effetto e di una caratterizzazione efficace dei soggetti. Non manca neppure un finale ad effetto e per nulla scontato!
Vediamo che già in questo primo romanzo, Steeman inserisce uno dei suoi temi ricorrenti: una pensione, in cui abitano più inquilini, tra cui si cela un assassino.
Proprio in Peril, come accadrà più tardi con L’assassin habite au 21, in un palazzo vi è una pensione, nel cui ambito maturano delle situazioni poco chiare: infatti, ciascuno degli inquilini, dimostra di nascondere qualcosa oppure si comporta ambiguamente.
Tutto comincia quando Michel Aigu vede un negozio dove vendono sigarette: ne ha bisogno ed entra. Tutto dinostra trasandatezza: polvere, ragnatele, ed una vecchia che cerca di mandarlo via il più presto possibile. Michel non fatica neanche un istante di più ad andarsene, non prima di aver osservato un cartello che è attinente all’affitto di un appartamento nel palazzo. Il fatto è che dopo essere uscito, per caso fissa lo sguardo su una delle finestre che si aprono sopra il negozio, e vede una bellissima giovane donna. Colpo di fulmine! Michel, abbagliato, vorrebbe chiedersi qualcosa di più, tanto più che l’espressione del viso è molto turbata. Non vedendola più, un attimo dopo, decide di tentare il tutto per tutto: rientra nel negozio e si dimostra interessato all’affitto dell’appartamento. In un primo tempo la vecchia gli fa capire che è stato affittato, poi gli dice invece che non è ancora stato affittato ma è in procinto di esserlo perché il proprietario – che non è lei – ha già ricevuto un’opzione. Michel decide di recarsi dal padrone di casa per fare un’offerta maggiore di quella che è già stata fatta: fatto sta che il suo avversario, futuribile inquilino, massiccio e muscoloso, tale Triboul, agente d’assicurazione, battuto sulla proposta di affitto, lo minaccia.
Una volta accasatosi e fatte arrivare lì le sue cose, Michel cerca di rivedere la bella giovane, ma si trova dinanzi un muro di silenzio e omertà. Nel palazzo vi sono più inquilini: innanzitutto la vecchia del negozio, Laura Hamoir; poi abita un’ancora più perfida vecchia, sorella della precedente, Cécile; la bella Charline;  il signor Bonal, uno scrittore; e infine due musicisti.
La polizia è stata informata che un pericolosissimo malfattore, ladro, assassino, rapinatore, Albéric Solomon si nasconderebbe in quella casa: solo che il volto di Solomon è un mistero. Potrebbe essere chiunque di quegli inquilini maschi (si noti come ancora in questo tempo, in certa parte degli scrittori, il malfattore non poteva essere una donna, che invece aveva sempre la parte della vittima, ma doveva essere necessariamente un uomo): ma perché mai Solomon si nasconderebbe in un miserabile pensionato? E’ evidente che c’è sotto qualcosa! Si scoprirà che intende sottrarre una preziosa cassetta, che conterrebbe circa centomila franchi più un numero considerevole di azioni minerarie di gran valore, nascosta da qualche parte nel suo appartamento da Laura Hamoir. Laura Hamoir ha un figlio, Lucien, accusato ingiustamente di furto, che è stato imprigionato e che sta attualmente per uscire dal carcere. Lucien è cugino di Charline e oltretutto ne è innamorato. Charline vive assieme alla zia Cécile Hamoir, una vecchiaccia perfida che cerca in tutti i modi, vessandola e torturandola psicologicamente, segregandola in casa e picchiandola anche con la frusta, di evitare che essa abbia contatti col mondo esterno e nel tempo stesso costringerla a rivelarle il nascondiglio che la sorella di Cécile, Laura, ha trovato per nascondere i centomila franchi e che ha segretamente confessato alla nipote adorata, oltretutto innamorata di suo figlio.
Del resto, qualche tempo dopo che Michel abita nel pensionato, Laura muore e quindi la povera Charline si trova alla completa mercé della zia perfida e cattiva. Intanto Lucien, uscito dal carcere è stato ucciso, non si sa bene per quale oscuro motivo da un cavapietre.
Michel è l’unico cui Charline possa chiedere aiuto, in quanto s’è accorta di essere da lui amata (e dal canto suo ricambia il sentimento) e lo fa affidandosi ad uno dei due musicisti, inquilini in quel palazzo, Paul Simon, che come lei lavorava, prima di essere licenziato, in un cinema, suonando musica di sottofondo: proprio Paul Simon diventerà il suo tramite, amico e confidente, e nel tempo stesso l’unico amico di Michel nel pensionato.
La polizia, nella persona dell’ispettore Malaise, è convinta che Solomon abbia fatto uccidere Lucien e probabilmente lo abbia anche fatto imprigionare ingiustamente, dicendo a qualcuno dei suoi accoliti, di giurare il falso davanti al giudice, per toglierlo di mezzo ed evitare che si appropriasse dei soldi di sua madre, quando avesse ereditato. E che ora che la vecchia madre Laura è morta a sua volta (accidentalmente o per causa di Solomon ?), trama con maggior virulenza nell’acquisire il bottino prezioso. E che quindi bisogna far presto, perché prima o poi minaccerà direttamente le uniche persone che possano saperne qualcosa, cioè la vecchia Cécile e la nipote Charline.
Ma la polizia sospetta di tutti, e quindi anche di Michel, che si trova quindi tra l’incudine ed il martello; che sa di Solomon, ma non sa chi possa essere, perché Solomon trama nell’ombra.
Solo il finale renderà giustizia al tutto, smascherandolo dopo che ha torturato la giovane Charline, (salvata in extremis da Michel, narcotizzato a sua volta) e l’ha indotta a rivelargli il nascondiglio dei soldi.
Che accadrà a Solomon e sotto quali spoglie si nascondeva? Non lo dico. Dico solo che il finale beato (Charline e Michel sposi) ne nasconde uno più tremendo: una persona si vendicherà ed ucciderà uno dei due cattivi della vicenda: Steeman,secondo voi, chi mai avrà fatto morire? Solomon o la vecchiaccia perfida? E chi li avrà uccisi per vendetta? Saperlo, recherà con sé anche la spiegazione della morte di Laura Hamoir.
Tutta l’atmosfera, poco definita, molto nebulosa, che pervade il pensionato, e in cui noi conosciamo solo la posizione chiara dei due innamorati, contribuisce a generare e favorire il sospetto. Persino Triboul, colui che voleva affittare l’appartamento in cui si insedia Michel, si dimostrerà persona diversa da quella dietro cui nascondeva la propria vera identità.
Mi pare interessante sottolineare come Steeman, se nella strutturazione del plot, si rifà indubbiamente a Gaboriau e Leblanc, per come porta avanti l’indagine e per le false identità che connotano il romanzo di un’aura tipicamente da feuelliton, anche se intensamente tragica, dimostra di avere, differentemente da altri scrittori francesi del periodo che si rifanno quasi esclusivamente alla tradizione poliziesca francese, un afflato più internazionale: non a caso, infatti, Steeman paragona l’aria malsana che si respira all’interno del pensionato, a quella presente in un celeberrimo racconto di Poe, The fall of the house of Usher. Il fatto di riferirsi a Poe, citando un suo racconto, lo avvicina ad altri romanzieri di area anglofona, come Carr per esempio, anche lui debitore, all’inizio della carriera, alle atmosfere di alcuni lavori di Poe; e nel tempo stesso lo discosta dalla tradizione prettamente transalpina, manifestandosi come il più originale, assieme ad Aveline, degli scrittori di area francofona del periodo, soprattutto per il taglio psicologico delle varie personalità degli indiziati, per i continui ribaltamenti che creano sorpresa e variano il ritmo narrativo, e per l’imprevedibilità della storia, che fino all’ultimo consegna imprevisti e nuove certezze.
E manifesta anche un certo coraggio, nello svincolarsi dalla comoda camicia di forza del provincialismo nazionale, tentando una propria strada.

Pietro De Palma

sabato 18 febbraio 2017

Charles Willeford : La Sbandata ( Pick-Up), 1955, trad. Antonella Tonelli, Hobby & Work, Noir, 2006.


Cos’è un Noir?
Di solito un Noir è un romanzo od un film poliziesco che nasconde un mistero od invece è una storia più brutale, di crimini, e talora può essere sia l’uno che l’altra. Ma se davvero questo è Noir, il romanzo che ho letto, Pick-Up, “La Sbandata” di Charles Willeford, Hobby & Work, 2006, cos’è? Si legge che dovrebbe essere un Noir, e Willeford ha scritto Noir, ma..questo è un Noir? Non so. Forse sì, forse no. Ora mi spiego.
In  un Noir, come si dice oggi, termine che dice tutto e non dice niente, dovrebbe esserci innanzitutto un assassino, un ladro, uno scassinatore, uno stupratore, insomma un bastardo, o una bastarda: qui non c’è.
Dovrebbe esserci una vittima, scannata, scuoiata, fatta a pezzi, avvelenata, impiccata, pugnalata, insomma ammazzata: qui non c’è.
Dovrebbe esserci un movente: vendetta, cupidigia, odio, gelosia. Niente di tutto questo.
Magari non c’è nulla ma l’assassino si è coperto con un alibi: neanche uno.
Ma insomma cos’è questo romanzo? Non è un Noir violento. E’ semmai un Noir d’atmosfera.
E’ una storia di degradazione sociale, è la storia di due alcolizzati cronici che per caso un giorno si trovano e si innamorano. Poi uno dei due muore e..
Lui è Harry e lei è Helen; lui è un pittore fallito, nessuno ha mai acquistato i suoi quadri e quindi è finito a fare il cuoco, il facchino, a svolgere i lavori più improbabili, per poi consumare i suoi modestissimi soldi guadagnati, nell’affitto di una stamberga, in cui vive, tra tele, calzini sporchi, piatti sporchi e bottiglie di gin; lei, una donna con un’amnesia, che non ricorda dove stia la sua valigia e la sua borsetta, ubriaca.
Un bel giorno Harry incontra Helen: è un’altra dannata, come lui, che è scappata di casa, ed ora vive, tracannando whisky e gin a tutte le ore, sempre ubriaca fradicia. Il bello è che Helen è bella, dannatamente bella, e tra i due scatta qualcosa, una scintilla, insomma finiscono a letto, e lui si accorge di saperci ancora fare. E così cominciano a vivere assieme. E solo ora, cominciano i guai.
Già. Perché i due pur pensandola alla stessa maniera, ed essendo due derelitti, due rifiuti della società, due alcolizzati persi, hanno una diversa visione della vita: lui ama lei e l’alcool, lei ama l’alcool e lui. Non è proprio lo stesso. E rispetto al vivere comune, loro due sono un controsenso: laddove normalmente è il maschio che vuole il sesso e la donna pensa alla costruzione della famiglia, qui è il contrario: lui pensa a come sbarcare il lunario, a lavorare per mantenere anche lei, e lei vorrebbe solo stare con lui. E quando non sta con lui, beve. Vorrebbe stare solo con lui, e non le interessa che lui la mantenga. Lo capisce Harry il perché..poi.
Perché Helen, nel suo desiderio di bere, affoga i suoi drammi e affoga anche se stessa. Non le interessa più vivere. E per cosa poi? Ha tentato già il suicidio, buttando giù 24 compresse di aspirina, la notte in cui si era sposata: voleva essere amata e fare l’amore, e per questo al matrimonio era arrivata vergine, ed è stata stuprata dal marito che le ha strappato i vestiti e l’ha selvaggiamente violentata. E lei è rimasta selvaggiamente traumatizzata. Ora per lei il sesso può essere una maniera per vivere, che poi per lei significa bere, cioè dimenticare.
Harry l’aveva incontrata che lei non ricordava dove aveva messo la valigia ed anche la borsetta, quando è scappata dalla madre, presso cui si era rifugiata dopo il trauma della prima notte di nozze.
I due si amano, ma siccome prendono coscienza che non riusciranno ad andare avanti per molto, tentano una prima volta di uccidersi, con le lamette, solo che Harry non affonda troppo e quindi..si salvano.
Ritornati alla vita, pensano di farsi aiutare da qualcuno, magari in un ospedale pubblico: vanno al St.Paul dove i medici indagano più che sul tentato suicidio, sul perché Harry ed Helen stiano assieme. Perché ? Il perché verrà svelato alla fine, ma..qualcosa trapela: loro pensano che lei possa avere avuto qualche parente di colore.
Vengono dimessi, e seppure a malincuore, i due verranno aiutati anche dalla madre di lei, che però detesta Harry, lo odia, lo tratta come un animale. Ma comunque, li aiuta dando 25 dollari la settimana. Ovvimente non bastano per pagare la pigione, il vitto ed il whisky: e così lui cerca un lavoro. Ma a lei non  frega nulla: lei vuole stare con lui, vuole qualcuno con cui passare le ore, con cui parlare. Non trovandolo, mentre lui lavora da cuoco, va nei bar, senza pensare a quello che potrebbe accadere. La prima volta che Harry se ne accorge, la trova in un bar malfamato in compagnia di alcuni marines, che vorrebbero farsela,e perciò le hanno pagato da bere. Stavolta Harry riesce a portarla a casa senza che ci rimetta qualcosa sia lui che lei perché i marines hanno pietà (lui dice che sono sposati e che hanno pure figli); ma un’altra volta, lui la trova in compagnia di un marinaio mezzo sbronzo che la sta accarezzando un seno e toccando da sotto le parti intime: stavolta Harry rompe una bottiglia e gli sfregia la faccia.
Oramai anche lei è incapace di fermarsi quando sente lo stimolo del whisky: persino nel caffè lo beve la mattina. E perciò un bel giorno, allo stremo delle forze, non maturando altra decisione, decidono di ri-uccidersi, ma lo fanno stavolta col gas: un picccolo vasistas aperto salva Harry, ma non Helen.
Lui si dichiara colpevole, dice di averla uccisa, strangolata, rivela tutto, confessa tutto perché vuole morire, agogna la camera a gas: nessuno capisce perché uno desideri tanto morire. Sono abituati ad assassini spietati, e furbi: questo è il primo che rifiuti l’avvocato, che confessi, e che voglia disperatamente la Camera a gas. Fatto sta che Harry, con la sua storia, con il fatto che dipingesse, diventa un caso, e tutti vogliono un ritratto da lui; e c’è chi persino gli si offre sessualmente, con l’accondiscendenza di Benson, un secondino diventato suo amico.
Ma nella camera a gas Harry non entrerà mai: perché ? Perché non è lui l’assassino. Chi è allora?
Non lo dico. Ma ripeto che secondo me questo non è un Noir, e se lo è, allora è un Noir diverso.
Che ti lascia solo un gran vuoto.
E che ti fa male, dannatamente male, come un pugno ricevuto nello stomaco.
Un Charles Willeford d’annata, il suo secondo romanzo: e si vede tutto! Non è il Willeford di Miami Blues o The Way We Die Now: qui non ci sono bastardi e psicopatici, ma l’umanità degradata, quella sì che c’è! E’ un Willeford molto triste, quasi d’atmosfera, e ogni tanto riemergono i suoi vissuti, per esempio la pittura e la carriera militare.
Ancora di più quando negli ultimi due righi del romanzo, capisci che Willeford ha utilizzato una storia pseudo-poliziesca per parlare di qualcos’altro, di disagio sociale e di razzismo, in un’America che delle libertà dei popoli altrui si fa sempre paladina. Ma non sempre è riuscita a sanare le sue piaghe sociali e razziali.
Perché la storia nascosta in quella narrata qui, è la storia, nell’America degli anni cinquanta-sessanta, di una unione impossibile. E, il tutto, condito da una salsa triste che sa di depressione, di alienazione mentale, alcoolismo, per dimenticare i sogni infranti. Gli ultimi due righi sono da antologia. Capisci, sei costretto a capire, se già non l’hai fatto. In verità lui dissemina qualche indizio durante i dialoghi. E’ bravo chi li scova: Non dico però dove andare a cercarli, altrimenti rivelo parecchio del romanzo.
Questo è Willeford, questa è La Sbandata.
Il suo titolo Pick-Up, in realtà sarebbe dovuto essere, nella prima stesura, Until I Am Dead. E si sarebbe forse meglio ricollegato direttamente al romanzo, laddove Pick Up è molto più indiretto ma feroce.
Devo dire in tutta franchezza che mi ha ricordato parecchio Horace McCoy, e in particolare un romanzo ripubblicato poco tempo fa da Rizzoli, “Sarei dovuto restare a casa”, I Should Have Stayed Home, dove anche lì c’è degradazione sociale, e alienazione, sogni falliti e depressioni violente.
E del resto quando Willeford cominciava a scrivere romanzi nel 1953 con High Priest of California, Horace McCoy era già celebre e di lì a poco sarebbe venuto a mancare: non è quindi improbabile che Willeford abbia tratto parecchio da McCoy all’inizio, evolvendosi poi con gli anni.

P. De Palma

Brown Meggs : GIOCHI DI SABATO (Saturday Games, 1974) – Rizzoli, I Gialli di Qualità N.62, 1976.

Mi guardava da sotto la pila, e io ricambiavo. Era solo una battaglia psicologica, tra lui e me. Alla fine io ho perso e lui ha vinto. E così, l’ho tirato fuori e ho iniziato a leggerlo.
Il romanzo in questione è un Giallo della Rizzoli, di un tempo in cui l’editrice milanese cercava di ritagliarsi uno spazio tutto suo, pubblicando opere di autori di cui nessuno pare si fosse accorto.
Non so per quale ragione si aggiudicò i diritti alla pubblicazione di questo romanzo: fu più svelta, cacciò subito i soldi invece di stare a contrattare, non so. Certo è che la Rizzoli pubblicando questo romanzo, passato del tutto inosservato o quasi, dette un suo notevole contributo al genere.
L’autrice non dice nulla a nessuno: Meggs Brown. Sembrerebbe lo pseudonimo di qualcuno; e invece no, è il nominativo originario. Solo che Megg Brown scrisse dannatamente poco. 
Nata a Los Angeles nel 1930 e scomparsa nel 1997, faceva dell’altro: conosceva bene, pare molto, la musica classica ed operistica, ed era una dirigente di successo della Capitol Records, una celebre etichetta discografica statunitense. Un bel giorno fece il colpo della sua vita: riuscì ad aggiudicarsi i diritti per la commercializzazione dei dischi dei Beatles in USA. Tuttavia aveva scritto un romanzo, “Saturday Games”, questo, che in Italia fu tradotto col titolo fedele “Giochi di sabato”.
Lo diciamo subito, così sgombriamo il campo da qualsiasi critica: non si tratta di un capolavoro, ma poco ci manca, oppure lo è davvero. Insomma ci troviamo dinanzi ad un’opera eccezionale: poche volte mi son trovato dinanzi ad un’opera prima, straordinaria: Gaston Leroux, Philip MacDonald, Ellery Queen. Questo è un altro caso. Non a caso, per questo romanzo, fu nominata per il miglior romanzo iniziale all'Edgar Allan Poe Awards.
Romanzo veramente notevole, più thriller che giallo, con una struttura a spirale, e più storie che si intrecciano tra loro e dal modo come entrano in sinergia e come si rilassano determinano il ritmo, che inizialmente è fiacco, e deve esserlo perché la storia sta allora cominciando la sua narrazione, ma poi diventa sempre più fibrillante.
Il romanzo comincia con due tali che si svegliano,ognuno nella propria casa; sono nudi e sudati: uno è uno scienziato, l’altro un poliziotto, il primo non si ricorda nulla di quello che ha fatto la notte prima, il secondo idem. Erano entrambi sbronzi, va detto. Il poliziotto deve incontrarsi con una psicologa, sua amica (amante, meglio), con cui cucina deliziosi pranzi ogni sabato o a casa propria o a casa di lei, e dopo il succulento pranzetto, ripassano.. il kamasutra. Lui vorrebbe continuare ad avere una relazione fatta di pranzi, amore, viaggi e tanto sesso, ma lei vorrebbe sposarsi, mentre lui non ne è attratto. Il bello è che al poliziotto, il sergente Anson Frères, prossimo al passaggio a tenente, a detta di tutti i suoi compagni di corso, per il fatto che era vissuto molto tempo con la madre, era stato affibbiata la nomea di effeminato e cocco di mamma, mentre era tutto il contrario, un tipo satiriaco al massimo effetto. Fatto sta che proprio il sabato, quando lui vorrebbe passare con la psicologa il sabato pomeriggio a mettere in pratica le posizioni sessuali, e mentre l’altro, lo scienziato, assieme a due suoi colleghi e al loro capo (fanno parte di uno staff di scienziati impegnati in un progetto spaziale) gioca come tutte le mattine del sabato a tennis, qualcuno chiama la polizia perché un tale armato di arco e frecce sta cercando di colpire un daino, che,ferito, si è andato a nascondere nel bosco. Fatto sta che, quando cominciano le ricerche, trovano dell’altro: in un sacco rosa per l’immondizia, una donna guarda il cielo, gli occhi aperti, fissi. Il viso è bello ma dimostra già una trentina d’anni, i capelli sono bagnati e impiastricciati di sangue, il corpo è completamente nudo: è stata uccisa da almeno sei ore, sfondandole il cranio con un colpo contundente Da qui comincia la storia. E il ritmo sale.
Ogni tanto lo stacco è sul campo da tennis dove i quattro giocano. Si capisce subito che c’entrino, e che almeno conoscessero la tale uccisa: addirittura uno dei tre era suo marito da cui stava per divorziare. Anche gli altri cercano di ricordare, e tra una palla e l’altra si scambiano delle impressioni: Vinnie, Neil e Howard. Non con Baron il loro capo, ma solo tra loro. Perché parlano di quello che è accaduto la sera prima, mentre lui non deve saperlo. Insomma è accaduto qualcosa che connesso o non connesso alla morte della tipa, non deve diventare conoscenza del loro capo. Che invece sospetta che uno dei quattro sia l’amante attuale della moglie, un’altra che fa sesso con la stessa frequenza di un’attrice porno in un film in cui le ammucchiate siano interscambiabili.
Insomma abbiamo: tre scienziati che hanno fatto qualcosa che ha a che fare con la morte della tipa, il marito di questa che stava per divorziare da lei per infedeltà della donna manifesta, un poliziotto il cui sport è fare sesso con una psicologa, un medico legale che invece che mettere dei punti fermi, apre delle altre inquietanti prospettive. E intanto l’indagine va avanti. E fra le volees, i dritti e i passanti dei quattro sul campo da tennis, piccoli frammenti di una verità sconcertante vanno a inserirsi al loro posto; e mentre Neil e Howard si ricordano piano piano quello che hanno fatto con Emjay, la tizia che ha disinvoltamente una quantità industriale di rapporti sessuali con tutti quelli che le piacciono, una donna delle pulizie che sta rassettando all’interno della più bella villa del quartiere, con piscina, scopre un tappeto e un parqué macchiati di sangue, nel bagno tutti gli indumenti intimi e non di una donna; fuori, il ragazzo che si occupa della piscina, scopre macchie di sangue, una pozza di vomito e altre amenità. Insomma..è facile collegare il luogo con la morte della moglie dello scienziato. E intanto l’indagine si fa serrata, sempre più serrata, e quando il ritmo si fa incandescente e nuovi particolari emergono, è sempre la partita di tennis che riporta l’attenzione sui quattro indiziati, sui loro errori a rete, strani per quattro tipi che fanno tennis intensamente anche se una volta a settimana, e la loro lunga partita si intreccia con il rapporto incerto basato sul sesso del poliziotto e della psicologa, sulle indagini di Anson e di Yee (un altro poliziotto, cinese), su quelle di Yee e Martinez altro poliziotto ancora, sui pedinamenti si un detective privato incaricato da Baron di attestare l’infedeltà della moglie, sulle verità che a sprazzi escono fuori, sul ritrovamento di bottiglie di gin e parecchia marijuana fumata, e di un festino a quattro in una villa con piscina: tre uomini e una donna nudi, marijuana, alcool e molto sesso: sono tutti e tre responsabili? O solo uno? Oppure sono innocenti? Si è trattato di omicidio a sfondo sessuale, cioè di primo grado? O di tragica fatalità?
Il tutto fino ad un finale straordinario in cui l’assassino è il meno sospettabile. E devo dire, cosa strana che rimarco sempre nel caso parli di romanzi che giudico straordinari, Brown mena per il naso il lettore (me compreso che non sono solito essere menato per il naso) mettendogli davanti degli indizi, di cui ovviamente non rivela la portata se non nel finale, e solo alla fine, nelle ultime pagine, rivela la scioccante verità. E il romanzo in qualche modo si riallaccia col procedimento, più tardi usato da Paul Halter, nel suo capolavoro, Le brouillard rouge “Nebbia Rossa”, altro romanzo in cui il sangue la fa da padrone.
E qui di sangue ce n’è veramente tanto. Ma solo..della stessa persona. E di sesso ce n’è tanto, e le scene sono intensissime, ma..non c’è una briciola di volgarità né di termini e inquadrature hard. Invece c’è tanta raffinatezza e molta genialità.
Tutto in un romanzo trovato in mezzo a tanti, alla rinfusa, e pagato mezzo euro.
Ah, dimenticavo una cosa non secondaria: Saturday Games, nel 1974, fu nominato all’ Edgar (Allan Poe) Award, come migliore opera prima.
Cosa non da poco.
E non l’avevo dimenticata: è solo che anch’io, al mio lettore, volevo riservare una sorpresa.. nel finale.
Pietro De Palma