lunedì 27 luglio 2020

Shimada Soji: Gli omicidi dello zodiaco (The Tokyo Zodiac Murders ed. inglese; 占星術殺人事件 1981, 改訂完全版 占星術殺人事件 2008) - trad.Giovanni Borriello. Giunti, 328 pagine, 2017



 ATTENZIONE : SPOILERS !!!!

E' con vero piacere, che dopo tanto tempo, riesco finalmente a pubblicare la mia recensione del primo romanzo del mio amico Shimada Soji, dopo aver pubblicato recensioni dei suoi racconti.
Soji in Giappone attualmente è come un dio del mystery deduttivo, e indubbiamente il suo primo romanzo gli ha portato tantissima celebrità e considerazione non solo in Giappone.
Gli Omicidi dello Zodiaco (The Tokyo Zodiac Mystery) da alcuni è stato messo ai primissimi posti di una ipotetica classifica delle più grandi Camere Chiuse: la mia posizione la esplicherò dopo aver introdotto il romanzo. Soji ha pubblicato una prima volta nel 1981 il romanzo col titolo 占星術殺人事件 che in giapponese significa Omicidi di astrologia e poi nel 2008 lo ha ripubblicato col titolo
改訂完全版 占星術殺人事件 che significa Versione completa rivista di Omicidi di astrologia. La pubblicazione italiana è la traduzione della seconda.
Il romanzo è diviso in più parti : c'è una introduzione di  40 pagine,  poi il romanzo vero e proprio, che parla di ciò che è avvenuto 40 anni dopo, inframmezzato dalla sfida dello scrittore al lettore, e infine dalla lettera dell'omicida al detective che l'ha scoperto.
In sostanza l'introduzione parla del folle progetto di un tale Humezawa Heikichi, un artista più che eclettico. Egli siccome è sicuro che un demone lo controlli, per liberarsi dalla sua presenza e controllo, vuole creare la donna perfetta, Azoth, che dovrà reincarnare la mitica regina Hamatasu, e riportare il Giappone all'età d'oro. Per far in modo che Azoth possa essere creata, ha portato a termine una serie di studi alchemici e zodiacali, basati su 4 sue figlie e 2 nipoti, che dovranno essere uccise e i loro corpi mutilati, così che le parti asportate assieme unite possano formare la creatura Azoth, la cui energia sarà data da una mistura formata da altri elementi tra cui alcuni tipi di carne di animali che formeranno un uovo filosofale che covato sarà l'energia al corpo. Insomma un ferneticante progetto, volto oltre che alla liberazione dal demone che lo perseguita, anche alla glorificazione del Giappone, in quanto Azoth dovrà essere posta al centro di 13, numero dato dalla somma delle tre linee che tagliano il Giappone. L'Introduzione finisce qui.
Il romanzo comincia quando l'astrologo Mitarai Kiyoshi, un detective dilettante, viene interpellato da un altro detective dilettante appassionato di gialli, Ishioka Kazumi, in merito alla soluzione degli Omicidi dello Zodiaco, risalenti a 40 anni prima: in pratica l'alchimista e pittore folle Humezawa Heikichi era stato ucciso nel suo studio, chiuso dall'interno, il giorno del 26 febbraio 1936, giorno del fallito colpo di stato di una parte di militari, guidati da giovani ufficiali: era stato trovato col cranio fracassato da qualcosa di piatto, con una gamba sotto il letto, come se quello gli fosse caduto addosso, con la porta chiusa da un pesante chiavistello orizzontale e le finestre chiuse da pesanti inferriate, sganciabili solo dall'interno; all'esterno sulla neve due serie di impronte talvolta sovrapponibili, di un uomo ed una donna. Era stato trovato il taccuino col suo notes, undici tele con soggetti astrologici ed una incompiuta, il cui soggetto era un nudo femminile a cui mancava ancora il viso, dipinto con l'ausilio di una modella, che non si è mai scoperto chi fosse. Tutto ciò  non aveva impedito che venissero uccise le 4 figlie e 2 nipoti di Heikichi, come lui stesso aveva progettato:  Tomoko, Yushiko, Akiko, Tokiko; Nobuyo e Reiko, figlie del fratello Yoshio, e ne nascondesse i corpi mutilati laddove aveva pensato Heikichi , cioè in miniere di elementi chimici connessi zodiacalmente alle siingole fanciulle, tutte vergini. Tutte erano state uccise con acido arsenioso miscelato a succo di frutta e poi nella bocca o gola di ciascuna, con l'eccezione di Tokiko a cui era stata asportata la testa il cui corpo era stato invece cosparso, era stato inserito l'elemento chimico connesso alla miniera.
Ishioka sottopone questi omicidi rituali all'amico, oltre che la morte di Heikichi, anche della figlia Kazue, più grande delle altre ragazze, e già divorziata, uccisa mediante un colpo di vaso alla nuca, poi ripulito accuratamente dal sangue, e poi violentata post mortem.
Tutti gli appartenenti al clan Umezawa avevano alibi, ma poi la polizia sulla base di alcuni indizi aveva arrestato la moglie Masako, che pur aveva proclamato sempre la propria innocenza, per la morte del marito, e lei poi era morta in prigione.
I corpi mutilati erano stati ritrovati tutti, in posti tra loro anche molto distanti, del Giappone, ma tre di essi, trovati alla fine del 1936 e all'inizio del 1937, erano quasi del tutto decomposti quando furono trovati, anche perchè a differenza degli altri sepolti in fosse molto poco profonde, essi erano stati sepolti più profondamente.
Kazumi e Kiyoshi siccome non trovano per il momento alcuna spiegazione all'omicidio di Heikichi e Tae, cominciano ad esaminare le profondità dei seppellimenti dei 6 corpi in rapporto ai segni zodiacali, non trovando corrispondenze ; e quindi cercano di individuare basandosi  sugli indizi negli appunti di Heikichi, il posto dove trovasi la donna formata dalle parti dei sei corpi, ossia Azoth. E pertanto analizzano i 3 numeri 6-4-3 in rapporto alle longitudini dei sei ritrovamenti, e poi in base al supposto centro del Giappone, trovando qualche curiosa coincidenza: in sostanza la maggior parte dei templi e santuari religiosi si vengono trovare lungo determinate linee. Comunque sia il luogo di Azoth non viene trovato.
A questo punto, ecco una sorpresa: si presenta ai due una donna, Iida Masako, figlia di un tal Takegoshi Bunjiro, che racconta una storia e consegna ai due degli appunti del padre, funzionario di polizia, morto qualche anno prima: BunJiro in sostanza, nel lontano 1936, pur essendo sposato, una sera rientrando a casa, aveva incontrato una donna che gli aveva proposto di fare sesso con lei, non essendo prostituta. Lui, non aveva saputo vincere il richiamo della carne e aveva fatto sesso. Due giorni dopo aveva saputo che la donna che era stata con lui, era stata uccisa: era la figliastra di Umezawa Aichiki, Tae. Aveva anche ricevuto una missiva che lo accusava della sua morte, e nello stesso tempo in cambio del silenzio gli dava una missione, per conto del Servizio segreto Giapponese: far sparire i cadaveri di sei giovani donne (6 spie cinesi) in sei posti sperduti del Paese (in sostanza le figlie e nipoti di Umezawa). Ora si spiegava finalmente come i sei corpi fossero staati trovati in sei posti sperduti del Giappone! Evidentemente il poliziotto temendo per la sua carriera e la sua famiglia aveva accettato, pur pentendosi in un secondo tempo e capendo di essere stato usato. Gli appunti in mano di Mitarai e Ishioka, vengono richiesti giorni dopo dal fratello di Masako, anche lui poliziotto: Mitarai e Ishioka lo sfidano che entro una settimana gli daranno la soluzione e anche il modo per riabilitare la memoria del padre. Partono pertanto alla ricerca di Azoth. Attraverso le amicizie di Umezawa, innanzitutto l'operaio della ditta di manichini Yakusawa ormai deceduto, ma convinto che Umezawa fosse ancora vivo,  Ishioka contatta un suo conoscente, pure indovino, Yoshida Shusai che gli apre altri orizzonti: gli parla di come Yakusawa fosse convinto che Azoth si trovasse a Meiji-Mura, un villaggio a tema, con abitazioni e l'atmosfera di una città antica giapponese: in sostanza secondo lui Azoth sarebbe stata un manichino femminile presente nell'Ufficio postale - un esempio ottocentesco - di Meinji-Mura. Ishioka, lo trova ma nulla lo convince che quel manichino possa essere Azoth. Intanto viene a sapere come il vecchio Yakusawa, mezzo alcolizzato, un giorno fosse caduto in ginocchio, prostandosi dinanzi ad un tale  Umeda Hachiro, amico di Yoshida, perchè aveva una cicatrice su un sopracciglio, proprio come Imezawa Heikichi. Solo che Ishioka quando lo trova, vede che è molto più giovane del folle pittore, oltre ad essere destrorso e non mancino come l'altro, e di carattere brillante invece che introverso e asociale come Heikichi.
Ishioka è sicuro di aver trovato il bandolo della matassa, mentre Mitarai è introvabile. Quando lo contatta, è in uno stato pietoso, giacchè per trovare lui la verità della vicenda da alcuni giorni non mangia, non si lava, non si sbarba, indossa gli stessi abiti. Ma è l'accenno di Ishioka ad una banconota da diecimila yen, rattoppata con dello scotch, a far accendere la lampadina a Mitarai e a fargli capire tutto sugli omicidi di Azoth, e a fargli scoprire chi sia l'omicida.
Lo renderà rivelerà all'attonito amico dopo essere andati assieme ad Arashiyama, e avergli presentato l'omicida di Heikichi, di Kazue, e delle sei figlie e nipoti di Heikichi. A cui seguirà una spiegazone davanti ai signori IIda, e il falò degli appunti di Takegoshi Bunjiro, per rendergli omaggio ed evitare che possa essere disonorato post mortem dal figlio pure poliziotto. L'ultimo atto della vicenda sarà la spiegazione di mano dell'assassino, scritta prima di uccidersi con l'arsenico, degli ultimi dettagli della vicenda.
Mi trovo per la prima volta in vita mia a parlare di un romanzo di valore assoluto, che trascende tutta la letteratura poliziesca tradizionale. In verità, la migliore presentazione che normalmente si fa di questo romanzo, è la classifica del Guardian che anni fa mise The Tokyo Zodiac Murders al secondo posto di una classifica della migliori camere chiuse in assoluto (la prima è The Hollow Man di Carr, la terza La Septième hypothèse di Halter). Però ho sempre detto che queste classificazioni lasciano il tempo che trovano, perchè l'essere stata pubblicata una dal Guardian che è un famoso giornale inglese, non necessariamente rende la sua migliore di altre, tanto più che bisognerebbe vedere anche cosa l'estensore della stessa Adrian McKinty, scrittore sì ma critico non sappiamo di cosa, abbia effettivamente letto, tenuto conto che si parla di una classifica di Camere Chiuse.
Pertanto, a dirla tutta, se  fossi stato io ad esprimere un parere sulla stessa, sulla base dell'originalità della soluzione della Camera Chiusa, io non avrei messo questo romanzo in una classifica del genere. E perchè? Perchè la soluzione è in sostanza la somma di due espedienti, il primo dei quali, variato, si trova in The Case of the Constant Suicides di Carr, mentre il secondo è il vecchio trucco di Gaston Boca, anche in questo caso opportunamente variato. Quindi..nulla di originale.
Ma se invece io dovessi esprimere un parere sul plot dell'opera nel suo complesso, faticherei non poco a trovarne uno di pari potenza, genialità, fantasia, rigore e soluzione, e anzi nella letteratura poliziesca non troverei nulla da mettergli al confronto: dovrei andare a esaminare la letteratura tout court e lo paragonerei solo a Le Comte de Monte-Cristo di Alexandre Dumas, per originalità di trama, potenza, fantasia, e per la capacità di ancorare tutta la trama di una serie di fatti delittuosi ad una vendetta lontano nel tempo. Nell'ambito delle opere somme poliziesche, questa è una delle più belle in assoluto, che abbia letto finora. Che persino lascerebbe di stucco Carr. Un romanzo che ti lascia soddisfatto, quando lo finisci. Che ti lascia qualcosa dentro. Che ti fa dire: "Caspita, che bel romanzo!". Insomma.. un capolavoro assoluto. Anche se io non lo metterei in una classifica delle camere chiuse, questo romanzo di Soji, lo potrei mettere in una qualsiasi classifica dei romanzi polizieschi con delitto impossibile appaiato a Death from a Top Hat di Rawson, dietro Carr ( dietro The Hollow Man appaiato a The Judas Window). La ragione è presto detta: i due romanzi di Carr sono degli eccellenti romanzi con eccellenti atmosfere e in più hanno dei delitti impossibili assolutamente fuori dell'umana comprensione risolti brillantemente. Il romanzo di Soji è un romanzo con una Camera Chiusa che è il risultato di due espedienti messi assieme già noti, opportunamente variati, quindi nulla di speciale, ma è anche però un romanzo di una potenza e visionarietà unico, superiore ai Carr citati e a qualche altro sempre di Carr: perciò merita di stare al secondo posto, a pari merito con il capolavoro di Rawson, che ha 2 Camere Chiuse impossibili di pari valore delle due di Carr precedentemente citate, ma come romanzo manca di una atmosfera avvolgente essendo piuttosto freddo.
Innanzitutto stilisticamente l'opera si basa come abbiamo accennato più sopra su una  introduzione, seguita dal romanzo inframmezzato prima dal carteggio di Takegoshi Bunjiro e poi da una sfida al lettore, dalla soluzione e dalla lettera dell'omicida prima di uccidersi. 
Se dovessimo analizzarlo nella sua struttura diremmo che il plot comprende una introduzione e tre distinti subplots: Camera Chiusa, Omicidio di Kazue, Omicidi di Azoth. Il primo resta insoluto e non se ne parla più per il momento; il secondo pure viene analizzato e anche questo in sostanza viene risolto come la Camera Chiusa alla fine; infine ci sono gli omicidi di Azoth che comprendono gran parte del romanzo, che a loro volta si sdoppiano nelle congetture di Ishioka e in quelle di Mitarai, prima che dopo la sfida al lettore (Shimada dimostra che ha recepito la lezione di Ellery Queen) si arrivi ad inquadrare e dire il nome dell'omicida che lascia per un  momento il lettore attonito, perchè non si trova nell'elenco dei personaggi (molti) del romanzo e quindi poi si capisce che è lo pseudonimo di uno che invece è ben presente.
Devo dire in tutta sincerità che sono riuscito a capire il ragionamento e il trucco dell'omicidio di Kazue prima che venisse rivelato, ma tutto il ragionamento alla base dei sei omicidi di Azoth va al di là dell'umana comprensione. E' pura genialità. Mi farebbe quasi esclamare al pari di Robert Schumann che recensì le variazioni su Là ci darem la mano di Chopin, dal Don Giovanni di Mozart: "Hut ab, ihr Herren, ein Genie". E legarlo alla truffa delle banconote, è puro estro.
Vorrei invece soffermarmi sulla presenza continua nelle opere di Shimada Soji, ma anche di altri autori giapponesi, della valenza del sangue, e delle truci ed efferate dinamiche omicide, quando parliamo di mutilazioni: ne accennai già quando parlai del primo grande racconto di Mitarai pubblicato su EQMM, The Locked House of Pythagoras (P no Misshitsu): "Shimada è sensazionale anche e soprattutto per la sua delirante visione del sangue". Probabilmente questa tendenza nipponica a immaginare scene granguignolesche o decapitazioni, è una conseguenza della loro storia e della tradizioni e credenze, secondo cui nel sangue è presente l'anima del morente.
Qui però la mutilazione non è fine a se stessa ma ha un doppio significato: un significato dichiarato (creare Azoth), ed uno nascosto, che è essenziale per la soluzione, e direi assolutamente geniale.
Voglio fare anche un appunto sulla struttura del romanzo: nonostante vi sia la Camera Chiusa all'inizio, poi l'omicidio di Kazue, e infine gli omicidi di Azoth, questo romanzo viene ricordato, devo dire assolutamente e immeritatamente, solo per la camera Chiusa, mentre dovrebbe esserlo più per tutto il resto che per quella. La struttura del romanzo, mi ha ricordato quella di Death of Lawrence Vining di Alan Thomas: guarda caso un'altra grande camera chiusa. Quel romanzo tuttavia poggia solo sulla Camera Chiusa, assolutamente spettacolare, al contrario di questo romanzo, che ha anche altro; tuttavia in una cosa, sono simili: dopo la Camera Chiusa che è all'inizio, il romanzo prende tutta un'altra piega - lì ci sono tutti dei discorsi che non hanno nulla a che fare con il problema dell'omicidio ma tendono a sviare il lettore; qui, la struttura è similare, perchè dopo la Camera Chiusa, non se ne sente più parlare, ma si parla soprattutto degli omicidi di Azoth che pure entrano eccome nella soluzione finale, e poi, come nel precedente romanzo di Thomas, alla fine ecco che il discorso sulla Camera viene ripreso, con la soluzione. Si badi bene, però: anche nel romanzo di Shimada, parecchie cose trattate non hanno attinenza con la soluzione: non dico quali siano, ma il lettore alla fine del libro capirà che avrebbe dovuto dare importanza solo ad alcune, e che altre avrebbe anche potuto sorvolarle perchè servono solo a gettare fumo negli occhi. 
Mitarai è un grande detective (sarà protagonista di molti altri romanzi e anche di fulminanti racconti), ma anche l'assassino è un grande personaggio, con una grande statura: i suoi delitti vengono da lontano, sono il risultato di una sete di vendetta che è motivata da una serie di soprusi e angherie a cui è stato sottoposto da chi poi è stato ucciso e quindi in sostanza, nonostante l'orrore della mattanza di cui è responsabile, forse l'omicida lo è meno delle sue vittime, e quindi la nota con cui si chiude il romanzo, con la morte del responsabile di tutto, non è di soddisfazione ,se l'assassino fosse stato un personaggio assolutamente malvagio, ma invece è malinconica.

Pietro De Palma








domenica 19 luglio 2020

Yokomizo Seishi : La locanda del gatto nero (Kuronekotei jiken, 1972) - trad. Francesco Vitucci. Sellerio, La Memoria, 2020

Grazie a Dio non era una uscita episodica, la prima di Yokomizo Seishi per Sellerio, e del resto mi confermò l'ufficio stampa della casa editrice l'anno scorso che c'era un piano di traduzioni dei suoi romanzi. E che Sellerio stia attentamente ponderando le uscite, lo dimostra questo "La Locanda del Gatto Nero" (Kuronekotei jiken, che poi significa Gatto nero): un trafiletto sembrerebbe accreditare la possibilità che sia un romanzo tardivo della serie di Kindaichi, apposta ambientato nel dopoguerra nipponico (infatti fu pubblicato nel 1972 assieme al primo pubblicato da Sellerio); invece, il mio conoscente Susumu Kobayashi, mi ha detto che il romanzo è del 1946: fu serializzato prima nel magazine Horeki, e poi pubblicato in libro nello stesso anno o al più tardi l'anno dopo, ed è perciò uno dei primi suoi romanzi: secondo i miei calcoli, tutti da verificare, potrebbe essere o il terzo o il quarto nella serie di Kindaichi Kosuke, dopo il primo 本陣殺人事件 Honjin satsujin jiken, "Il caso dell'omicidio dell'honjin"(pubblicato l'anno scorso da Sellerio), Chōchō satsujin jinken , 蝶々殺人事件 "Il caso dell'omicidio della farfalla", entrambi del 1946, a seconda che Gokumon Island (獄門島, Gokumontō), pur menzionato nel romanzo, sia stato effettivamente il terzo (ma andrebbe contro l'affermazione di Susumu) oppure quando fu pubblicato questo romanzo, era in fase di scrittura.

Kuronekotei jiken non è una Camera Chiusa, ma è un classicissimo whodunnit, molto accattivante, in quanto esemplifica, fino alle estreme conseguenze, il caso del cadavere senza volto, e strutturato come un romanzo preceduto da una introduzione dell'autore e poi seguito da una sorta di postfazione.
Un agente di ronda, Nagatanigawa, mentre sta pattugliando la zona a lui affidata, sente uno strano rumore provenire da un terreno dove sorge La locanda del gatto nero, una locanda da poco abbandonata, e attraverso lo spiraglio nello steccato, vede un giovane bonzo, Nikko, che scava con una pala, nel giardino dietro alla locanda; si risolve ad entrare quando capisce che c'è qualcosa che non va. Infatti, raggiunto il bonzo, vede che dalla fossa emerge un cadavere sepolto: lo smuovono, e ne puliscono il volto, almeno per capire chi possa essere, ma al di là del capire che si tratta di una donna nuda, dal seno scoperto, non si riesce a fare di più perchè il corpo è in decomposizione avanzata, e nel viso già occhi e naso sono scomparsi lasciando delle cavità e la bocca e ritratta mostrando i denti; l'unica cosa viva, sono i vermi bianchi che si muovono sul corpo. Poco dopo viene trovata anche la carogna di un gatto nero, con la testa quasi decapitata, sepolto vicino al cadavere.
Chiamata la Centrale, arrivano il Coordinatore delle indagini, il Questore e l'Ispettore Murai e cominciano le indagini.
Pur essendo andati via quasi precipitosamente i  precedenti proprietari Oshige e Itojima Daigo, ed essendo stati riconosciuti proprio da Nagatanigawa qualche giorno prima del ritrovamento (anche se Oshige si teneva il volto nascosto da uno scialle), le frequentazioni dei due, cioè il fatto che avessero ambedue due amanti, lui una certa Kuwano Ayuko ballerina, e lei Kazama Shunroku, un imprenditore di Yokohama, portano a ipotizzare che il cadavere possa essere quello di Oshige (anche se il rilevamento autoptico porterebbe ad attribuire l'età di quel cadavere putrefatto ad una donna di max 25 anni) e quindi si diramano le direttive di ricerca per il marito presumbilmente uxoricida Itojima Daigo e per l'amante Kuwano Ayuko.
Ecco che però fa l'ingresso uno strano tipo, di nome  Kindaichi Kosuke, un tipo talmente trasandato da suscitare più di un sospetto, fugato quando si capisce che è lui che ha risolto dei grandi casi aiutando la polizia, tra i quali innanzitutto la Camera Chiusa del caso dell'omicidio dell'honjin. La sua entrata fa cambiare le strategie di ricerca: le donne presenti alla locanda (inservienti) affermano che più o meno nei giorni in cui deve essere stato compiuto l'omicidio (si è certi in base a delle pagine di giornale appiccicate alle porte imbrattate di sangue), Oshige Daigo era rinchiusa nella sua camera e da lì non era mai uscita, e per una supposta allergia della pelle dovuta ad un cerone di pessima qualità, non si era fatta vedere in viso dalle donne. Sulla base di questa e di altre stranezze, viene invertito l'ordine di ricerca: infatti ora si ricercano i due coniugi Oshige e Itojima Dajgo, mentre si suppne che il cadavere in avanzato stato di decomposizione sia quello di Kuwano Ayuko.
Kosuke però ha delle informazioni di prima mano, fornitegli dal suo amico Kazama Shunroku, che è guarda caso l'amante di Oshige. E sulla base di quello che gli dice e di sue congetture, Kosuke scopre, prima ancora che lo sappia la polizia, che anche Itojima Daigo è morto, assassinato. Era intanto entrata in gioco precedentemente anche un'altra donna, una tale Ono Chiyoko, con cui Daigo era ritornato dalla Cina tempo prima, prima di ritrovare Oshige.
In questo guazzabuglio di donne, deboli ome Ono, costretta da Daigo a prostituirsi, forti come Oshige, e conturbanti come Ayuko, e di uomini potenti e affermati come Kazama, membro di una banda yazuka,  di Daigo, vili e forti con le donne, e pervertiti come Nikko, Kosuke saprà trovare il bandolo della matassa di un mistero intrecciato e complicatissimo, pieno di sorprese, l'ultima delle quali riguarderà proprio Nikko, riuscire a individuare l'omicida e dare finalmente un nome certo al cadavere femminile dissepolto.
Il romanzo, che è uno breve (anche in origine) diciamo subito che si legge benissimo: il traduttore, sa il fatto suo, e le pagine scorrono una dopo l'altra che è un piacere.
E' strutturato, come dicevamo all'ìinizio, secondo una struttura tripartita: c'è una introduzione, che è una sorta di conferenza (come quelle delle Camere chiuse) in cui l'autore sdoppia se stesso in un dialogo che si sviluppa tra Yokomizo e il suo personaggio,  in cui tratta il tema dei romanzi polizieschi con il cadavere senza volto che si presta ad una serie di varianti; poi c'è il romanzo vero e proprio; e infine un epilogo. Lo sdoppiamentro tra romanziere e autore, secondo me, è un tributo alle letteratura occidentale, Ellery Queen per  esempio. E del resto non è il solo autore giapponese ad adottarlo, giacchè dopo di lui Rintaro Norizuki, sdoppia il suo autore nel detective, initando la soluzione di Ellery Queen a cui chiaramente si rifa, mentre in Yokomizo lo sdoppiamento è sulla base di due personaggi diversi: autore e suo personaggio, il primo che mette in prosa le avventure del secondo (una sorta di capovolgimento di quella che è la situazione normale si ogni storia, in cui il personaggio si identifica col suo autore di cui svolege le idee).
L'introduzione, con la sua mini conferenza sui tre filoni ( a suo dirte , del romanzo mystery: sdoppiamento della personalità dell'assassino, camera chiusa, cadaveri senza volto), esemplifica però una ulteriore valenza di questo piccolo romanzo, che si pone come una sorta di "studio", alla maniera di altri romanzi della GAD: mi viene da pensare per esempio a The Maze di Philip MacDonald, in cui viene analizzata in forma di studio applicato al mystery l'idea di base del suo autore, da un punto di vista disascalico-parodistico. In questo caso, il romanzo è una specie di applicazione esemplificativa di quello che è il tema del "cadavere senza volto e delle sue variazioni": in questo il romanzo, partendo da una identificazione assolutamente impossibile dato l'avanzato stadio di decomposizione (evidentemente in Giappone non si chiedeva la formula dentaria), si sviluppano una serie di tesi e controtesi, nell'attribuire ad una identità oppure ad un'altra o ad un'altra ancora il cadavere senza volto.  Invero, questa tematica coinvolge anche un'altra veriazione, che è quella di chi si copre il volto rendendo impossibile l'identificazione (la donna che è assieme a Daigo, vista da  Nagatanigawa, è Oshige oppure Ayuko? ): X non rende visibile il suo volto perchè è Y ? Oppure X si copre il volto perchè si pensi a Y mentre è X? Come si vede le ipotesi fioccano. Anche la donna all'interno della locanda, la padrona, che è chiusa nella sua stanza per una cosiddetta allergia della pelle è effettivamente Oshige o Ayuko? Oppure è Ono Chiyoko che ha preso il posto di Oshige? Oppure è Oshige che non rende mai visibile il suo volto, perchè si pensi che non è lei, mentre lo è?
Quindi si capisce che romanzo sia: un classico romanzo spacca-cervelli, super deduttivo, che si basa su un ragionamento e sulle sue infinite variazioni. Mi ha ricordato La Double Mort de Frédéric Belot, di Claude Aveline, che presenta il tema dello sdoppiamento di una identità nel suo sosia, per i continui ribaltamenti e ipotesi che individuano la verità e la ribaltano sulla base di indizi via via acquisiti,
Come ha detto Gabriele Crescenzi, il limite di questo romanzo è la sua brevità e pertanto al lettore è lasciato poco per entrare in competizione col lettore: l'azione è molto risicata, e se  le varie congetture fossero state avanzate nel corso del romanzo invece che nella spiegazione finale, il romanzo ne avrebbe guadagnato, pur essendo estremamente appagante. Solo una cosa non viene spiegata dall'autore, e forse è da ricercare nella personalità doppia del bonzo Nikko, nella sua natura disturbata..forse: il fatto che sia lui a richiamare l'attenzione di Nagatanigawa con i suoi strepiti e con il disseppellimento del cadavere, mentre Kosuke nella spiegazione lo ha indicato come il complice dell'omicida, come colui che ha seppellito il cadavere: quindi in sostanza si può sapere perchè Nikko strepita tanto se l'ha seppellito lui il cadavere sconosciuto femminile? O lui è estraneo al seppellimento, e allora dovrebbe dare una spiegazione migliore di quella che da, cioè che dal tempio che è alle spalle della locanda lui avrebbe visto affiorare una gamba dal terreno e per quello è andato armato di pala e lanterna, quando un falegname che abita da quelle parti spontaneamente fornisce una testimonianza in base alla quale non c'era nessuna gamba cadaverica che affiorava dal terreno smosso. Oppure vi è coinvolto, e allora non si capisce perchè dopo averlo sepolto, faccia tutto quel casino davanti alla sepoltura, richiamando l'attenzione del poliziotto di ronda che altrimenti non si sarebbe mai avvicinato. A meno che non soffra di una personalità doppia oppure non abbia inscenato quella parte per vendicarsi  di chi, dopo averlo usato come complice, non gli ha concesso ciò che aveva promesso. 
Tutto ciò tuttavia non viene spiegato da Yokomizo, ed è l'unico neo di un bellissimo romanzo.

Pietro De Palma

martedì 14 luglio 2020

John Dickson Carr: Lo spettro e il dottor Fell (The House at Satan's Elbow, 1965) - trad. Mauro Boncompagni. I Classici del Giallo Mondadori n.753 del 1995

The House at Satan's Elbow, del 1965, è il terz'ultimo romanzo con Gideon Fell e anche se non ultimo della sua produzionew, a mio parere può a ben donde essere visto come il suo Canto del Cigno: in questo caso, Carr si disimpegna ancora abbastanza bene, e la soluzione è abbastanza ingegnosa, anche se qua e là si notano segni di stanchezza .
Nick Barclay che invita il suo vecchio amico Garret Anderson a Greengrove, la residenza di famiglia.
Il vecchio Clovis è morto, e nonostante i suoi rapporti con il figlio Pennington fossero stati anche burrascosi, gli ha lasciato tutto. Però un bel giorno, per una disgraziata evenienza, mentre erano tutti in biblioteca, un vaso di porcellana contenente del tabacco, è caduto rompensosi e dentro hanno trovato un'altra copia di testamento, posteriore al primo, in cui lascia qualcosa a Pen ma gran parte al nipote Nick. Da quel momento Pen è cambiato, anche se Nick, editore e di per sè già ricco, non vuole privare lo zio della residenza ed è per quello che vi si sta dirigendo, per mettere le cose a posto.
Mentre stanno sul treno che li sta portando a Greengrove, Garret riceve un biglietto da parte di una donna, che sta in uno scompartimento: è Fay Wardour, la donna fantomatica di cui ha già parlato a Nick, che lui ha incontrato un anni prima a Parigi, con cui ha avuto una storia d'amore appassionata, senza però che lei poi si facesse più viva. Lei confessa di essere la segretaria di Pen Barclay, e al contempo scongiura Garret di non rivelare, quando lui arriverà a destinazione, che si conoscono. Francamente Garrett non capisce proprio tutta quest'aura di mistero e di riservatezza (e non lo capisce neanche il lettore!).
Oltre questa stranezza, ce n'è una per così dire di costume: Pen possiede tre giacche da camera edoardiane, da cui non si separa mai, vecchie e lise, che differiscono una dall'altra, di poco. Poi vi è una stranezza ancor più misteriosa, che ha coinvolto più persone: a Greengrove pare che appaia il fantasma del vecchio Sir Horace Wildfare, un avo del XVIII secolo, giudice, che però aveva costruito la residenza con i soldi avuti per aver indirizzatro dei processi a favore degli imputati: in particolare uno, in cui il figlio di un ricchissimo possidente aveva violentato una ragazza per poi ucciderla, facendola franca proprio per il giudice che aveva messo in cattiva luce la parte dell'accusa. Tuttavia la collera popolare da allora lo aveva perseguitato e in seguito anche il Fato se l'era presa con lui, attaccandogli una malattia della pelle ripugnante, tanto che aveva dovuto presentarsi in pubblico con un velo nero sulla faccia in cui vi erano le fessure per gli occhi. Proprio il fantasma col velo nero è stato visto dalla sorella di Pen, Estella, e dalla cuoca Tiffin aggirarsi di notte. 
Arrivati a casa, sentono uno sparo, come di pistola cal. 22, la pistola che porta con sè Pen: lo trovano nella biblioteca chiusa dall'interno, e dalla finestra lo vedono sofferente, per cui rompono una finestra ed entrano. Lui dice che il fantasma gli ha sparato con la sua pistola, ma invece di sparargli veramente, il colpo è stato a salve: infatti la borra lo ha colpito al ventre, ma la giacca non ha nessuna lacerazione, nè vi è sangue, nè bruciatura se lui si fosse sparato simulando l'attentato; poi il fantasma è svanito dietro una tenda vicino alle finestre, ma esse risultano tutte chiuse dall'interno. Anche il dottor Fortescue, il medico di famiglia che dimora presso la residenza per via di certi problemi cardiaci di Pen, dichiara di aver visto una figura di nero allontanarsi dalla casa. Quando è accaduto il fattaccio, stranamente la moglie Deirdre non era presente a casa, ricomparendo dopo e dicendo di aver parcheggiato l'auto in quel mentre.
Per quello che è accaduto, le opinioni sono discordanti . c'è chi sostiene la tesi del fantasma (Fortescue) e chi invece se ne discosta (Estelle) dicendo che Pen ha inventato tutto.
Successivamente accade un ennesimo ribaltamento: Estelle dichiara di aver trovato in una scrivania del padre, uno scompartimento segreto dietro un cassetto e dentro un gran fascio di carte ed incarica l'avvocato di famiglia Dawlish, di controllarle. Dawlish entra in un piccolo spogliatoio dove stanno le carte, un divano, un piccolo stipo dove pen tiene le sue amate giacche, e ne esce con la sua cartella piena zeppa di documenti. Poi inchioderà Estelle ad un tentativo di falso: una delle carte, rivelatasi un codicillo al secondo testamento di Clovis Barclay, che dispone un lascito di diecimila sterline ad Estessle, è stato da lei falsificato, apponendo una firma falsa di Clovis.
Poi c'è l'incidente del miele: il benedetto vaso di miele che Estelle ha tenuto in mano per parecchio tempo, da quando Pen l'ha beccata mentre lo mangiava (conseguenza di una carenza di Vitamina B2). alla fine si rompe, imbrattando la giacca da camera di Pen, che necessariamente andrà poi a cambiarsela. L'incidente del miele avrà un rilevanza molto forte sulla soluzione. 
Poi c'è un diverbio tra Pen (per l'incidente del miele) ed Estella, per cui la seconda si rifugia nelle sue stanze.
Intanto arrivano Fell ed Elliott (vicecomandante CID): il secondo accompagna il primo chiamato da Pen. Mentre i due stanno vagando per la casa, accade il fattaccio: il dottor Fortescue sta sentendo dei dischi ad alto volume nella stanza della musica, e qualcuno utilizza il frastuono per poter sparare a Pen, che viene trovato successivamente, sempre in biblioteca, di nuovo chiusa e sprangata dall'interno da pesanti chiavistelli, ferito gravemente al torace da una pallottola cal.22
Fell, dopo aver risposto ad una serie di interrogativi (le giacche coinvolte nei due attentati a Pen, con pallottole a salve e vere, sono due o tre?, il presunto fantasma è anche l'attentatore o no?, la signorina Wadour, coinvolta precedentemente nella morte per avvelenamento di un suo spasimante e datore di lavoro, è coinvolta in questo caso? chi aveva interesse ad uccidere Pen? Nick e Deirdre, che si scopre hanno una relazione da oltre quattro anni, sono coivolti nell'attentato a Pen Barclay? Estelle c'entra in qualcosa?), inchioderà l'astutissimo attentatore alle sue responsabilità.

Diciamo subito che il romanzo gira attorno ad una doppia camera chiusa, e ad una apparizione sovrannaturale, che sono il perno del romanzo: del resto altrimenti non si spiegherebbe la dedica del romanzo di Carr al suo amico Rawson. Il resto sono solo subplots, che hanno il compito di stornare il lettore dalla soluzione, che è invero assai difficile da individuare.
Qui, come in altre grandi camere chiuse, la Camera Chiusa è il risultato di una abilissima messinscena, doppia in questo caso: infatti, la messinscena incomincia con il primo attentato, e si perfeziona in un'altra ancor di più eclatante, con il secondo, a Pen; ed in entrambe le messinscene entrano in gioco le giacche. L'ingegno di Carr sta nell'aver fatto ruotare una di esse, determinando l'inutilizzazione delle altre due per altri fattori: la sparizione della terza dallo stipo nello spogliatoio, e l'imbrattamento di miele della seconda. Ma come entra la giacca nella soluzione è un puro atto di genio, segno che il Carr degli ultimi anni, minato da un tumore, era ancora ben presente.
Il romanzo gira "come un turbillon, che è un piacere" e francamente il vecchio Dickson prende allegramente per i cosiddetti il lettore più volte: tuttavia il perno della faccenda ruota attrono al fantasma. E' lui l'attentatore? E se non sono la stessa persona, chi è? Una volta risolta la faccenda, gran parte degli interrogativi comincia a girare per il verso giusto.
Il problema di fondo è l'assassino, che in un certo senso scende un po' dal cielo, perchè se anche presente dall'inizio del romanzo, ha una sua caratterizzazione piuttosto lacunosa, la cui valenza criminale viene spiegata nella soluzione finale da Carr, attribuendogli degli indizi assai flebili, anche se inoppungabili (che il lettore attento non avrebbe mai interpretato giustamente). Francamente altri personaggi avrebbero avuto un movente ben più importante, ma qui si dimostra la natura romantica di Carr che deve salvare le storie d'amore vere. Uno degli indizi che lui adduce alla sua dimostrazione della doppiezza caratteriale del criminale riguarda il porto d'armi di Pen: il sospetto dice che lui avrebbe preferito che Pen non acquistasse la pistola, perchè teme il suicidio dello stesso, ma nello stesso tempo non ha fatto nulla per impedire che Pen prendesse il porto d'armi e lo usasse, pur potendolo impedire. Una volta che il fallito omicida (perchè Pen si salva) è individuato, il lettore può anche mettere un relazione un certo passo, con l'individuazione di Fell dell'attentatore, avvenuto molto prima: mica Fell è il lettore! Il passo, a posteriori dimostra come Fell avesse già individuato l'attentatore, e come  avesse parlato direttamente a Elliot, dicendogli in un certo codice, che portando le cose a quel punto, una volta che avrebbero messo le mani addosso al killer, la sua sorte sarebbe stata segnata, con l'impiccagione, perchè lui Fell sa benissimo che è lui che ha sparato a Pen: 
"Dr. Fell said, 'If you were going to commit a murder, Elliot, would you use a
firearm? As the law stands now, you know you wouldn't Stab your victim;
poison him, strangle him, kill him in any way except with firearms; if they
catch you, the worst punishment is life imprisonment, which means a dozen
years. Shoot him and you'll hang. This, my lad, was attempted murder which
missed only by one whistle and the grace of God.'"
Fay, less than wraith-like as she moved closer, stared up with great
intentness.
" Tn order to take so devilish a risk as that' Dr. Fell said, 'either you must
prove beyond cavil the death was suicide, or else you must provide—provide
what?' 'You must provide a scapegoat,' said Commander Elliot 'And, by God,
this girl was to have been the scapegoat' He meant me, Garret; he meant me."

In sostanza Fell, rivolgendosi a Elliot gli dice come nessuno avrebbe usato sparare a qualcuno, perchè in base alle leggi in vigore, se uno avesse ucciso a mani nude, o con un coltello o un rasoio o un veleno, gli avrebbero dato l'ergatolo (e poi sarebbe potuto uscire anche per buona condotta un giorno) ma mai la condanna a morte, riservata a chi uccide sparando: quindi chi avesse sparato, avrebbe per forza dovuto pensare ad un escamotage, cioè mascherare la sparatoria con un suicidio. E quale vittima sacrificale sarebbe potuta essere individuata come il sospettato n.1 se non Fay Wardour coinvolta anni prima nell'omicidio- suicidio di Mr. Mayhew?
Inoltre in alcuni passaggi, il romanzo dimostra tuttavia come il vecchio Carr cominciasse a perdere dei colpi. Analizziamoli:
Pen viene ferito gravemente, è in pericolo di vita, eppure oltre  all'assistenza del suo medico personale, non si fa ricorso ad alcuna chiamata di soccorso ad ospedale, dove sarebbe stato sicuramente più assisitito meglio. Questa stranezza ci aiuta ad inquadrare una delle note caratteristiche della produzione di Carr, che è l'atemporalità dei suoi romanzi: il medico personale che assiste il paziente a casa sua è retaggio del passato più che del presente; Fell appare sempre vestito alla stessa maniera nonostante siano passati trent'anni, e anche le espressioni che vengono usate, non sono attinenti alla metà degli anni sessanta: è come se il tempo di vita di Fell fosse sempre lo stesso, anche se si parla di avvenimenti che sono nel frattempo accaduti: il secondo conflitto mondiale, il pensionamento del vecchio Hadley del C.I.D. ;
la giacca sporcata di miele: ha una sua importanza cruciale nella soluzione, ma..spiegando il suo utilizzo nel secondo attentato, Carr compie un quadruplo salto mortale nel vuoto. Se essa si fosse sporcata prima che l'attentatore facesse sparire la terza giacca, tutta la soluzione di Carr girerebbe nel verso giusto; ma così non è, perchè la sparizione della terza giacca che è strettamente connessa allo sporcamento di miele di un'altra, avviene prima che l'altra giacca di sporchi: come avrebbe mai fatto il criminale a prevedere che una giacca di sarebbe sporcata dopo la sparizione di un'altra da lui effettuata? Sarebbe dovuto essere un indovino, che non è. Carr dice appunto questo: l'attentatore avrebbe favorito la ricomparsa della giacca bruciacchiata nel primo tentato suicidio di Pen Barclay, che Pen aveva messo nello stipo indossandone un'altra immediatamente dopo aver capito che la moglie aveva sostutito le pallottole vere nel tamburo del revolver con pallottole a salve, rubando la terza, e sperando che l'altra giacca fosse inutilizzabile. Questo è il quadruplo salto mortale..nel vuoto: un attentatore che avesse sparato immaginando tutto questo sarebbe dovuto essere folle, perchè se invece Pen non si fosse sporcata alcuna giacca, avrebbe indossato una pulita che al momento dello sparo avrebbe presentato solo il foro di entrata, e l'ipotesi del suicidio sarebbe caduta. In sostanza lo sparatore ha sparato mirando la parte bruciacchiata della giacca, in quanto un foro sarebbe stato compatibile col suicidio.
Qui come in un passo all'inizio, ma riferito a Pen, e al suo acquisto della pistola, che anche per errore avrebbe potuto uccidere qualcuno, con esiti dramamtici per lo sparatore, si allude all'Homicide Act del 1957, il quale, in seguito ad una modifica dell'applicabilità della pena di morte, aveva fissato cinque eventualità in cui applicarla, e nel caso di omicidio veniva contemplato solo quello effettuato con un'arma da fuoco, come causa di impiccagione.
Nella realizzazione della seconda camera chiusa, lo sparatore è estraneo ad essa: essa si verifica per un caso fortuito, non previsto, che risulta ancor più a favore dell'ipotesi del suicidio. In ciò, questa camera chiusa è collegabile con quella fortuita in La mort vous invite di Paul Halter, o ancor più ha con essa un collegamento molto  stringente il romanzo Det slutna rummet di Maj Sjöwall e Per Wahlöö.

Pietro De Palma