mercoledì 27 marzo 2019

Christianna Brand . Delitto in bianco (Green for Danger, 1944) - trad. Maria Mammana Gislon - I Classici del Giallo Mondadori, 1984


Ristampato innumerevoli volte in varie lingue, è considerato il capolavoro di Christianna Brand: parliamo ovviamente di Green for Danger, tradotto in Italia con un orribile Delitto in bianco.

Romanzo del 1944, non fu il suo esordio. Con l’Ispettore Cockrill aveva già dato alle stampe Heads You Lose, del 1941, tradotto in italiano con Perderai la testa, mentre con l’Ispettore Charlesworth, sempre nel 1941, aveva dato alle stampe Death in High Heels (Morte coi tacchi alti).

Si potrebbe anche dire che sia il romanzo della Brand con una Sfida al lettore: infatti anche se non è esplicita, durante il romanzo si rimarca come l’Ispettore prima abbia capito chi sia l’assassino; e poi che abbia capito chi sia e perché l’abbia fatto, anche se ancora non si sa come sia riuscito. E’ come se quindi dicesse: io so chi è l’assassino; prova a tu a individuarlo come ho fatto io! Cosa assolutamente non facile, anzi direi in questo caso, proibitiva: il romanzo è uno dei più cervellotici della Brand, se non il più complesso. Degno di stare alla pari con uno di Queen del primo periodo. E vediamo subito il perché.

Il romanzo si ambienta durante la guerra, nel 1944, in un ospedale, sotto i continui bombardamenti delle V2.

Ci sono due chirurghi ( i maggiori Moon ed Eden), un anestesista (il Dott. Barnes), una serie di infermiere volontarie( Frederica 'Freddi' Linley, Esther Sanson, Jane Woods) e anche una professionale (Marion Bates) che operano i casi più disparati. Un  bel giorno, tra i tanti nuovi pazienti, viene portato su una barella, uno malconcio, coi vestiti strappati e sbrindellati ed una frattura alla gamba, e parzialmente irriconoscibile perché coperto di polvere e fango: è Higgins, il postino. Higgins è anche il tizio a cui è affidata una squadra di volontari  che si occupano di estrarre i feriti dalle macerie e di effettuare le ricerche quando vi sono degli scomparsi. La palazzina dove si trovava Higgins è stata colpita da un V2 e tutto gli è caduto addosso.

Nessuno sulle prime lo riconosce.

Nelle ore che precedono l’intervento operatorio, viene messo in una stanza e assistito anche dalla moglie.

Poi viene operato ed una banale operazione si trasforma in un dramma perché Higgins muore. Il colorito strano del volto della vittima, fa nascere qualche sospetto, e così viene inviato sul posto l’Ispettore Cockrill di Scotland Yard, che riconosce anche Esther in quanto conosceva sua madre, dispersa dopo un bombardamento.

Cockrill concentra le sue energie in sala operatoria, e così viene a capire come sia potuto morire Higgins anche se non riesce a capire come l’eventualità sia potuta accadere in maniera fortuita: durante l’intervento, invece di respirare ossigeno e ossido di diazoto, inala ossido di diazoto e anidride carbonica, e quindi muore soffocato. Solo che non ci si capacita come sia potuto accadere: le bombole sono quelle prescritte, e tali sono anche i tubi e le manopole. Cockrill quindi più passa il tempo più capisce che ci deve essere stato un intervento volto ad uccidere il malcapitato postino.

Ma perché uno avrebbe dovuto uccidere Higgins? Scavando nelle vicende personali dei chirurghi, dell’anestesista e delle infermiere, che poi intrattengono tra loro flirts vari e storie d’amore, si viene a sapere che più di uno avrebbe potuto e voluto uccidere Higgins:

innanzitutto Moon: suo figlio bambino era stato ucciso da un ciclista che lo aveva travolto e non soccorso. Moon aveva riconosciuto la bicicletta ma non l’uomo che la guidava: e se fosse stato proprio Higgins?

Poi Barnes: un anno prima, durante un’operazione, c’era stato un incidente sul tavolo operatorio ed una ragazza era morta. La successiva inchiesta aveva sancito l’innocenza di Barnes, ma Higgins lo aveva riconosciuto, e una sua parola maligna avrebbe potuto distruggere la sua carriera di medico. Quale migliore opportunità per uccidere se non quella di alterare le sostanze usate in anestesia? E Barnes è l’anestesista.

Ma Higgins nella notte prima della sua morte aveva assistito ai battibecchi tra le infermiere, aveva sentito i loro discorsi: avrebbe anche potuto riconoscere la Woods e associarla a suo fratello William, simpatizzante per i nazisti tanto che dalla radio spesso lancia proclami di fine ostilità rivolti agli inglesi, di arrendersi e collaborare con gli amici tedeschi anziché coi russi comunisti. Così come anche William il birraio riconoscerà il timbro di voce della donna associandola a quella del fratello,più tardi, nel suo letto d’ospedale: molte volte lui e Higgins sentivano la radio e captavano i proclami di Goebbels alla radio tedesca. Se Higgins avesse parlato, la Woods sarebbe stata distrutta: nessuno l’avrebbe voluta più come vicina. E del resto anche il maggiore Moon aveva detto che i traditori sarebbero dovuti essere impiccati e così anche i loro familiari.

E infine c’è chi, tra quelle sette persone, l’infermiera volontaria Esther Sanson, avrebbe potuto dare la colpa a Higgins che ne era il capo, di non aver speso troppe energie per trovare la madre, sotto le macerie della sua casa sbriciolata da un bombardamento: il capo dei soccorritori dopo due giorni aveva annunciato che non avrebbero scavato più perché c’erano rischi di crolli che avrebbero potuto ferire o uccidere lui e i suoi uomini. In realtà la madre, durante la demolizione della casa, iniziata il giorno dopo questo proclama, era stata ritrovata: ma non soccorsa prontamente, era morta di lì a poco. Se fosse stata trovata prima forse si sarebbe salvata.

Quattro persone sicure che avrebbero potuto in vario modo uccidere Higgins: ma il bello era che nessuno dei sette aveva fatto cose strane durante l’operazione, e gli altri sei lo confermavano. E non si trattava neanche di copertura. No. Nessuno aveva compiuto nulla di sbagliato. Eppure Higgins era morto. Soffocato.

Trovare l’assassino è difficilissimo. Tanto più che l’attività frenetica dell’ospedale, non consente a Cockrill di investigare in maniera tranquilla, perché chi non è impegnato in camera operatoria, magari sta riposando a casa, in attesa di poter essere in corsia e in camera operatoria, quando un’altra sarà a riposarsi. Deve districarsi tra le diverse deposizioni e soprattutto nelle frasi estemporanee deve trovare una qualche menzogna, in grado di spiegare l’inspiegabile. Tutta via di una cosa è certo: Higgins è stato ucciso. Lo dimostra anche la testimonianza del sergente che si occupa di segnalare i nuovi arrivi: ha visto, la notte precedente all’operazione di Higgins, qualcuno in camice e mascherina tale da impedire il riconoscimento, prendere la chiave della sala operatoria, allora deserta. Il bello è che nessuno dei presenti in ospedale dice di esser andato in camera operatoria e di aver preso le chiavi.

Higgins non era arrivato da solo, fortuita coincidenza in ospedale: qualche ora prima, anche uno dei suoi volontari, William Ferguson, il giovane birraio, era stato ospedalizzato per doppia frattura di perone e tibia di una gamba, rimasto sotto le macerie durante un bombardamento. Operato, gli era stata messa la gamba in trazione. E nel letto non aveva perso tempo per amoreggiare proprio con la Sanson. Il fatto che lui fosse uno dei soccorritori che non avevano soccorso per tempo la madre, evidentemente non aveva più nessun impatto. E il flirt man mano che va avanti, si rafforza.

Intanto altre schermaglie d’amore tra i sospettati, minano le certezze.

Moon, che è stato lasciato dalla moglie, che lo ha ritenuto responsabile della morte del figlio, lasciato solo a giocare quando era stato travolto dal ciclista impazzito, a sua volta morta poco dopo, è solo. Ma pur anziano si è segretamente innamorato di una delle infermiere. E ora il birraio, arriva a rompergli le uova nel paniere.

L’infermiera professionale, che fa da nave scuola per le volontarie, Marion Bates che ha avuto un flirt con il Maggiore Eden, viene liquidata dal suo ex amante che ora amoreggia con 'Freddi' Linley: tra i due scoppia un autentica lite. La Bates vuole rendere pan per focaccia a Eden e cerca di mettergli contro Barnes, non solo perché l’anestesista è il fidanzato di Freddy, ma anche perché pare che Higgins abbia rivelato al maggiore Eden che il Capitano Barney aveva ucciso per errore una ragazza durante un’operazione, e che lui avrebbe scritto al Ministero della Guerra per farlo buttare via dall’esercito. Durante una festa qualche giorno dopo, la lite si trasforma in ben altro quando a voce alta la Bates grida di sapere chi possa essere l’assassino, perché ne ha la prova, e che lo dirà a Cockrill, e si avvia a casa. E mentre si avvia ha la sensazione di essere seguita.

Il maggiore Eden e il Maggiore Moon confesseranno di averla seguita per farla arrivare sana e salva a casa.

Fatto sta, che la Bates va invece in sala operatoria, trova la prova ma non si avvede che alle sue spalle c’è chi in camice e mascherina la osserva, con un bisturi in mano.  Venti minuti dopo, la trovano morta sul tavolo operatoria, vestita con camice e mascherina, e con tanto di stivali e un bisturi nel cuore.

Qual era la prova?

Perché gli è stato messo un camice usato? E perché è stata colpita da due colpi di bisturi, uno di cui dopo che era già morta?

Cockrill a questo punto dice di sapere già chi sia l’assassino e forse perché ha ucciso Higgins, ma anche se crede di sapere chi possa essere stato, non ha alcuna prova che sia stato lui. E l’unica prova che pare esistesse, ora è scomparsa. Mentre il perché la Bates sia stata uccisa è acclarato, anche se non si capisce perché l’assassino abbia perso tempo nel rivestire il cadavere con un camice usato in operazione, sporco di sangue, e perché l’abbia colpita una seconda volta, da morta. A complicare le indagini è il fatto che il posto della biancheria da lavare non è facile da raggiungere ed è chiuso, e nessuno è stato visto nelle vicinanze.

Due morti bastano? Certo che no. Esther Sanson salva la vita a Freddy quando nel loro cottage la trova riversa nel suo letto, con la camera piena di gas: qualcuno ha svuotato il serbatoio, e poi ha aperto l’ugello del camino aspettando che qualcuno, per farsi il tè, mettesse uno scellino nel contatore. Il gas non sarebbe uscito solo dal fornello ma anche dal camino, uccidendo la ragaqzza. Perché anche Freddy?  Qualcuno l’ha tentata di uccidere o lei, che del resto non è morta, ha inscenato la farsa per essere stornata dai sospetti?

Perché qualcuno sta rubando della morfina?

Cockrill metterà sotto stretta osservanza i sei rimasti, in modo tale che impossibilitati a muoversi e finendo per relazionare tra di loro, finiranno, spera lui, per tradirsi. Ma durante un’operazione per drenare il pus alla gamba di William Ferguson l’innamorato di Esther, qualcuno tenta di ucciderlo con il medesimo modus operandi usato per uccidere Higgins, come Esther temeva che accadesse, avendo tentato  di far recedere sia Moon che Eden dall’intenzione di operarlo. Ma sarà Cockrill a salvarlo, avendo trovato sulla sua mano una piccolissima macchia di vernice nera. Sarà lui a ordinare di cambiare bombola. E quella che sarebbe dovuta essere di Ossigeno, quella nera, si rivelerà, grattata della vernice, e rivelata essere verde, di altro gas. A quel punto capirà quale potesse essere la prova, e perché la Bates fosse stata rivestita e accoltellata di nuovo.

Uno dei presenti fuggirà nell’altra stanza e Moon pure. Nell’attimo in cui Moon starà per iniettare qualcosa, irromperà Cockrill che eviterà che questo accada, non sapendo che la siringa di Moon sul pavimento con il suo contenuto, conteneva un antidoto e non il veleno. Così davanti a Cockrill costernato e inferocito e agli astanti, l’assassino morirà. Come si conviene ad una tragedia, perché questa è una tragedia. Per l’omicida, per Moon, e per lo stesso Cockrill. Perché se non avesse strappato la siringa a Moon credendo che fosse piena di veleno, l’omicida sarebbe stato portato via in vita. E invece è lui che l’ha ucciso.

L’omicida si sentiva  investito di una sacra missione: vendicare una persona, fare giustizia. Ma se per Higgins aveva commesso una vendetta, premeditata nel momento in cui aveva visto il suo volto, e sicura era stata la sua mano e ferma la sua volontà, e gli aveva negato persino di addormentare il dolore, appropriandosi della morfina che avrebbe dovuto dargli, quando sa di Ferguson da Freddy, la sua personalità si scinde: da un lato vorrebbe che si salvasse, dall’altra no, perché anche lui deve morire.  Quindi una vena di pazzia.

Romanzo di una complessità veramente stratosferica, si ciba delle storie dei sette personaggi del dramma, delle loro paure, gelosie, storie, amori, odii, vendette. In un marasma di notizie più o meno vaghe, diremmo noi oggi, Christianna Brand nasconde l’unica verità che permette a Cockrill di immaginare chi possa essere stato ad uccidere Higgins, ben prima che la Bates fosse uccisa. Una verità che altri, anche noi, avremmo tralasciato di analizzare, ma Cockrill no: la mette in relazione con il tempo che ci sarebbe voluto per verniciare una bombola di gas perché sembrasse piena di ossigeno anziché di altro. E per non sporcarsi, l’assassino aveva dovuto usare un suo camice già usato in sala operatoria, che a sua volta si era sporcato di vernice: è quella la prova trovata dalla Bates. E lo strappo in cui era stato infilzato il bisturi la seconda volta, aveva nascosto la vernice e lo scopo per cui quel camice che sarebbe dovuto stare laddove stavano i camici sporchi in attesa di essere lavati, stava lì anziché altrove.

Ma come non bastasse, la storia, una storia di vendetta, si incatena ad altre storie parallele, che chiameremo subplots: l’assassinio del figlio di Moon, la sparizione della morfina, collegata ad un altro subplot che agisce da sballo: il tentato avvelenamento di Freddy; il tentato omicidio di Ferguson. Freddy viene avvelenata, per toglierla di mezzo per una due notti in modo da appropriarsi di altre dosi di morfina. Ma questa morfina a cosa serviva? L’omicida voleva utilizzarla come extrema ratio, per non cadere vivo nelle mani della giustizia, come la pillola di cianuro delle spie. Ma se il tentato omicidio di Freddy genera confusione perché non si capisce per quale motivo inizialmente possa essere stata avvelenata, figurarsi come il lettore rimanga estraniato quando avviene quello che qualcuno temeva e Cockrill invece rifiutava: cioè il tentato omicidio di William Ferguson. Lì per lì non si capisce nulla, ma poi dopo aver inquadrato il primo, ecco che si capisce anche quest’ultimo atto.

Al di là della vicenda estremamente complessa e della molteplicità di soluzioni, in cui ricade anche il mancato salvataggio da parte di Moon, c’è da dire che anche la traduzione fa la sua parte: è un certo William a frastornare. Perché laddove sentiamo parlare di William Ferguson, ecco che poco dopo si parla di un altro William che avrebbe tradito la patria. Ma è questo o un altro William? Dalla traduzione non vengono soluzioni, quasi a testimoniare che forse la traduttrice non aveva capito il passo: William è anche il fratello adorato di Jean Woods, quello che parlava a Radio Berlino. La voce di cui si ricorda ad un certo punto Higgins, associandola per timbro ed altre caratteristiche a quelle della Woods.

Una delle caratteristiche migliori del romanzo è quel senso di oppressione che si avverte. 
Il romanzo è ambientato nella campagna inglese sotto i bombardamenti dei tedeschi: e già questo è un indice di tensione. Per di più queste sette persone, chiamate alcune per dovere, altre per sentimento patriottico, altre ancora per umana pietà e fraternità cristiana a dare il proprio contributo affinchè altri vengano salvati, devono convivere ogni giorno sotto i bombardamenti e nel tempo stesso in un ospedale, che potrebbe essere centrato inaspettatamente da una V2. E dopo il primo omicidio devono anche convivere prima con le dicerie, poi col sospetto ed infine con la sicurezza che uno di loro sia un assassino, anche se non vorrebbero crederlo, perché sono amici e le donne vivono anche alcune insieme sotto lo stesso tetto. Questa tensione crescente raggiunge l’apice quando dopo il tentato omicidio di William Ferguson, Cockrill da ordine che i sei vengano tenuti sempre sotto controllo, venga impedito loro di andare via, siano quasi accompagnati persino al bagno, quasi fossero reclusi, così da accrescere sino al parossismo la voglia che tutto finisca e l’assassino si riveli e confessi, perché senza la sua confessione il castello di indizi è destinato a non portare a nulla di buono: non c’è nessuna prova infatti che attribuisca senza dubbi la colpa ad una persona. L’ispettore ha capito chi sia da una cosa che l’omicida ha detto a Freddy circa Ferguson, che l’ha visto in corsia, quando per una serie di cose non avrebbe potuto vederlo, se non fosse stata da qualche parte nascosta, magari a verniciare la bombola. Ma è un indizio troppo flebile, di cui Cockrill parla solo dopo, su cui non può fondarsi tutto un castello accusatorio. Questa tensione continua fino al climax, fino al momento in cui l’ispettore parla della bicicletta rossa, che con l’assassino non ha alcun legame. Sembrerebbe quasi che Cockrill abbia sbagliato  ad individuare il colpevole, che per lui è il Maggiore Moon.

In realtà è la mossa del gatto col topo. Accusando Moon costringe il vero assassino a rivelarsi per salvarlo. Del resto Moon lo prega di non dire nulla – e quindi Moon sa, ha compreso che lui potrebbe essere l’omicida – a costo di essere accusato lui di una cosa che non ha fatto, del tentato omicidio di Freddy (nel cappotto militare del maggiore si trovano anche delle monete, che potrebbero essere state messe anche nel contatore del gas nel cottage della ragazza, per impedirle di parlare del colore della bicicletta) e dell’omicidio di Higgins. In realtà non era una bicicletta rossa che aveva investito il bambino tanti anni prima ma una grigia.

Ecco perché a giochi fatti, si prova solo pietà per Marion Bates, la seconda vittima, ma non per Higgins, perché lui ,Ferguson, e qualche altro avevano lasciato morire sotto le macerie la madre di Esther Sanson, e neanche per Ferguson, che si vede essere attratto dal flirt, non dal serio amore.

La grande vittima è solo Moon. Distrutto negli affetti, cerca la morte sotto un bombardamento per salvare una donna intrappolata.

Grandissima Brand.

Pietro De Palma

P.S.
Ai lettori più attenti non sarà sfuggita una somiglianza tra questo e un romanzo di Carr: il contatore del gas a scellini, di cui se non ricordo male si legge in Un Colpo di fucile.

sabato 16 marzo 2019

DELITTI AL MUSEO : AA.VV. - Il Giallo Mondadori N° 3177 del marzo 2019

Il Giallo Mondadori 3177 del Marzo 2019 propone una raccolta di racconti, dal titolo "Delitti al Museo": 9 racconti che dovrebbero avere come tema comune il MANN, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli. 
Dico 9 e non 10, come riportano tutti o quasi i siti e blog che ne parlano, perchè 9 sono i racconti mentre il cosiddetto decimo accreditato da tutti i blog che ne hanno parlato in quanto racconto poliziesco, in realtà non lo è, essendo una sorta di introduzione al MANN.  Ora il fatto che tutti, dico tutti gli articoli sinora pubblicati, dicano la stessa cosa è abbastanza emblematico del livello di acriticità esistente in Italia e di come molti blog riportino una notizia senza verificarne l'autenticità. Il fatto che tutti dicano la stessa cosa, significa: o che il libro non l'abbiano letto, oppure che l'hanno  letto e sorvolino su determinate cose per acriticità o non volontà di criticare.
Persino la pagina di Wikipedia scimmiotta come la raccolta sia formata da dieci racconti, a testimoniare come pochi sono quelli che onestamente scrivono di pugno proprio e molti invece riportano quello che dicono altri.
Detto questo, il mio giudizio è presto detto : la raccolta è una delle più belle allestite negli ultimi anni, e presentate come Giallo Mondadori, da quando il Supergiallo Mondadori , erede delle raccolte stagionali "Ellery Queen presenta", è stato soppresso prima che la direzione Altieri crollasse nella polvere anni fa. Da allora parecchie sono state le raccolte di racconti pubblicate, sia di un determinato autore (es. Margery Allinghan o Carr) sia di più autori. Ma nessuna, ha raggiunto, negli ultimi tempi, un livello come questa.
9 autori di tutto rispetto: Romano De Marco, Stefano Di Marino, Andrea Franco. Antonio Fusco, Luigi Guicciardi, Diana Lama, Diego Lama. Giulio Leoni, Carlo Martigli preceduti da una introduzione al MANN di Serena Venditto,"Quando siamo soli", una sorta di sua riflessione anche carina: la Venditto  è una scrittrice di polizieschi che lavora al MANN e quale migliore introduzione la raccolta avrebbe potuto avere, se non da parte di una che addirittura ci lavora? 
I racconti sono nell'ordine
MANN-hunter di Romano De Marco 
Il fauno di cenere di Stefano Di Marino
L'odore del disprezzo di Andrea Franco 
La tazza del Re di Antonio Fusco 
Omicidio alla sezione egizia di Luigi Guicciardi 
Dietro la Venere Callipige di Diana Lama 
Le natiche di Venere di Diego Lama 
La sacerdotessa venuta dal nulla di Giulio Leoni 
Il mistero della lamina orfica di Carlo A. Martigli
Io li ho letti tutti e devo dire che li ho trovati quasi tutti  interessanti e scritti bene. La riserva nasce dal racconto di Carlo Martigli che non è un racconto polizesco. Come tema ci sta bene perchè il racconto non è altro che una esposizione che fa una relatrice del MANN su una certa lamina d'oro rinvenuta in una tomba a Turi, alla fine dell'Ottocento. Ma, per il contenuto invece non ci azzecca proprio, perchè il racconto non è a carattere poliziesco. E allora perchè è stato inserito nella raccolta? Chiedetelo a Forte! E' più un racconto di tipo fantastico, vicino direi al modo di narrare di Valerio Massimo Manfredi o Gilberto Evangelisti, suggestivo, anche, per le connessioni a riti orfici-pitagorici (da cui Lamina orfica, una lamina d'oro del IV sec. in caratteri greci) ma in cui non c'è nessun delitto o mistero da risovere.
Tra tutti, mi sia consentito di citare quelli che mi sono piaciuti di più: 
Mann-Hunter di Romano De Marco, è un racconto di azione. In sostanza si appunta con il furto di una preziosissima collana con monile. Che si mette in atto con un diversivo ad effetto: l'uccisione di un vecchio da una delle finestre, e l'innesto dell'allarme antincendio. Lo svolgimento dell'azione è spettacolare e cimematografica, con addirittura un elicottero superleggero utilizzato per la fuga del ladro-assassino. Carino e ad effetto. E scritto con penna molto fluida.
 Il Fauno di cenere, con il ritorno di Bas Salieri, al centro di un mistero connesso all'assassinio di un esperto di sculture del tempo di Pompei, marito di ex pornostar e come lei molto legato ad esperienze di sesso sfrenato, anche con persone con difetti fisici. Di Marino, riesce sempre a creare un finto mondo di suggestioni, allestendo alla fine una soluzione che rieccheggia una camera chiusa, e mi fa associare le idee alla soluzione de I delitti della Rue Morgue di Edgar Allan Poe: qui non c'è un camino, ma una presa d'aria, e non c'è una scimmietta, ma l'assassino, anche se il tema di fondo è quello;
La tazza del re di Antonio Fusco, che non conoscevo e di cui cercherò di leggere qualcos'altro: mi è piaciuta molto la sostanza della storia, con uno strano "non crimine" che cela unovero  accaduto nel passato: un tale viene rinvenuto all'apertura del MANN dal custode, mentre osserva la vetrina contenente la Tazza Farnese: non ha rubato nulla e non ha arrecato alcun danno. Il tutto prende una piega insolta quando si scopre che il nonno di questo tale era stato un custode del Museo Archeologico di Napoli e aveva rotto la Tazza Farnese. Sulla scorta di personali intuizioni verrà scoperta una sacca contenente i pezzi di una tazza esattamente uguali a quella esistente: quale la vera e quale la falsa? La soluzione ha con sè un misto di superstizione e credenza che è una delle anime di Napoli.
Carino anche il racconto di Guicciardi, Omicidio alla sezione egizia, con il curatore di una raccolta della sezione egizia a cui viene fracassato il cranio con un corpo contundente e nello stesso tempo spariscono due ushabti di poco valore anche se raffinati. Avviene anche un secondo delitto. quello di una delle guardie del MANN, che sottende ad un tentativo di ricatto. La soluzione,  è tipica di un mystery vecchio stampo, individuando l'assassino in un personaggio di solito al di sopra delle parti. La forma di narrazione non mi ha del tutto soddisfatto però, usando egli il presente indicativo. ma comunque sia è una sua scelta e quindi...
Le natiche di Venere  vede il Commissario Veneruso , alle prese con l'assassinio inspiegabile di uno studioso inglse, che si scopre essere un pervertito: è stato trovato ucciso, accoltellato, con i pantaloni e le brache abbassate, a poca distanza dalla Venere Callipige (dalle belle natiche). Nella sala c'erano altri tre studiosi, e tutti dichiarano di conoscerlo ma di non condividerne le pulsioni sessuali; e anche la guardia alla porta, e oltre queste quattro persone nessuno è entrato e uscito. Veneruso sospetta di tutti, prima ad arrivare ad una sorprendente verità. Racconto scritto benissimo, con stile forbito.
E infine La sacerdotessa venuta dal nulla di Giulio Leoni, un racconto giocato: sulla sparizione di una statua di bronzo, trovata su una nave da guerra etrusca, al centro di una mostra al MANN; su quella dell'amico restauratore  di Cesare Marni, già tenente dell'esercito italiano seguace di D'Annunzio in ...E trentuno con la morte, e qui architetto, concessore di un piccolo subappalto al MANN, e del direttore del Museo; sulla morte di un presepiaro che Marni aveva visto assieme ad un tipo dall'aria sospetta attorno alla statua;  e sulla presena di agenti dell'OVRA. Un antico mistero che si svelerà essere al di là della storia ufficiale, tale da mettere in pericolo la ricostruzione storica dell'Italia fascista. Leoni al suo massimo splendore.
Tutto sommato una bellissima raccolta, che  dimostra, ancora una volta, come una visita a Napoli sia una cosa imprescindibile, per un amante delle bellezze di un tempo.

Pietro De Palma