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domenica 9 marzo 2025

Enrico Luceri : L'ombra dei vecchi peccati, 2025. Il Giallo Mondadori, 3249.

 

L'ultimo romanzo di Enrico Luceri, è da pochissimi giorni in edicola.

Il titolo prescelto è  L'ombra dei vecchi peccati, ma si sarebbe potuto anche chiamare L'Angelo stanco, perchè di un angelo si parla, un angelo che un bel giorno muore. Ma si sa, Enrico è un appassionato viscerale dei grandi interpreti del mystery del passato, Agatha Christie in primis, e perciò trae proprio da un romanzo della scrittrice britannica, non con Poirot ma con Miss Marple, Polvere negli occhi (A Pocked Full of Rye), il riferimento ispiratore: “Of course it’s murder. Plenty of people have wanted to murder Rex in their time. A very unscrupulous man. And old sins have long shadows, as the saying goes.”: Gli antichi peccati hanno ombre molto lunghe.

Il romanzo è parecchio complesso e si attua su tre piani temporali ben definiti. 

Il Primo, il Prologo, è l'antefatto, e risale al passato, al momento in cui un determinato evento è accaduto determinando poi tutto il succedersi di eventi posteriori:  Anna Coronato, è una povera ragazza che lavora come lavapiatti presso un ristorante e i pochi soldi che guadagna li destina in gran parte alla cura dell'anziana madre, ricoverata presso una casa di cura per disagiati. Una sera mentre sta per rincasare in bicicletta, la ragazza è vittima di un incidente mortale. Si sarebbe potuta salvare se fosse stata soccorsa? Chi avrebbe potuto salvarla, o renderle giustizia, scappa, così nessuno potrebbe mai venire incolpato.

Il Secondo, è il tempo della successione dei fatti, che va da Ferragosto a circa la fine dell'Agosto 2019. Sette persone vengono uccise con spietata ferocia: nessun indizio li metterebbe in relazione, se non la meticolosità di un assassino che cambia volto e abitudini, che non lascia indizi, e il ragionamento di un Commissario di Polizia, che non ravvisando alcun motivo pratico nell'eliminazione dei soggetti, comincia a pensare ad uno segreto. 

Buonocore, segue il filo del suo aquilone, quando è ancora in alto nel cielo, e dopo una cavalcata, riesce a trovarlo: capisce quale sia il peccato che hanno commesso e per il quale sono stati condannati a morte. Solo la settima è innocente, ma è stata uccisa per paura.

Il terzo, che è parallelo alla successione dei fatti, è quando Buonocore cerca di stabilire dei punti di contatto con la sua indagine, interrogando gente informata dei fatti, all’ Ufficio Persone Disagiate, o alla Polizia Municipale.

Ovviamente Buonocore riuscirà a fermare l'assassino diabolico, per sempre, ma basandosi oltre che su indizi, su proprie intuizioni e deduzioni, che non sembrano tali ad altri.

Romanzo bellissimo, un mystery movimentato, o noir all'italiana che dir si voglia, ma non un thriller come altri a cui ci ha abituato Luceri, mi sento di dichiarare che tra quelli letti di Enrico, questo è il migliore o uno dei migliori : era dai tempi di Luna Rossa, o anche Il Vizio del Diavolo, che non parlavo di romanzo capolavoro. Però questo in rapporto agli altri, lo è per delle caratteristiche diverse  : non c'entra la tensione, che è uno dei marchi di fabbrica dello scrittore romano, che si sviluppa nel primo grazie all'ambientazione claustrofobica di un condominio, e nel secondo di un monastero, ma le descrizioni, che qui sono portate al massimo, tutte descrizioni che servono in un modo o nell'altro a segnalare il degrado, e le ambientazioni sono tutte depresse, a indicare come questo sia un romanzo in cui la melanconia regna sovrana. Anzi, si può affermare come questo romanzo trasudi dolore e sofferenza. Molti dei suoi personaggi soffrono situazioni da cui deriva una sorta di depressione: c’è una ragazza sfortunata, che vive per la madre, ma muore in un incidente stradale; c’è una donna separata che viene in sostanza sfruttata dal suo compagno; c’è un piccolo delinquente che cerca il riscatto non trovandolo; c’è un maresciallo che vorrebbe riuscire a provare che Anna non è morta per un caso, per riuscire almeno a curare la madre di lei, non riuscendoci; c’è un funzionario che vive da solo, con due pappagallini che gli ha lasciato la figlia; c’è uno spazzino, innamorato di Anna, distrutto nell'animo dalla morte della ragazza.

Le descrizioni, come detto, puntano a raccontare situazioni di degrado umano ed ambientale: il cimitero, con le sue lapidi e statue angeliche, la tomba raminga di Anna, nella nuda terra, abbandonata da tutti, tranne che dall'assassino dei suoi carnefici; il casolare vecchio e decrepito, e sporco e trasandato del guardiano zoppo del campo sportivo di Torre Fierro; il bar di periferia, isolato e quasi buio; la clinica per anziani disagiati, molto triste, che si regge sul lavoro di poca gente, e con pochi soldi.

L'assassino non uccide per bassezza umana, per soldi, per potere, per gelosia, ma per follia, è in sostanza l'angelo vendicatore di Anna, spinto da un movente che solo Buonocore riuscirà a comprendere. Un movente nato e sviluppatosi nel dolore, che ha distrutto tuti i riferimenti possibili dell'assassino.

Non so se sia una mia interpretazione, ma il movente dell’omicida potrebbe essere analizzato nell’ambito della Teoria del Desiderio Mimetico di Renè Girard: in sostanza il killer ha patito una grande ingiustizia, che ha distrutto tutto il suo mondo. Vorrebbe scaricare la sua rabbia, avere giustizia, ma non sa come. Finchè incontra un Terzo, che come lui vorrebbe avere giustizia (anche se per un caso diverso dal suo), e come il Terzo desidera giustizia, lui comincia a desiderare quello che desidera l’Altro, il mediatore del desiderio: siccome l’Altro – che lui ha preso a modello – desidera qualcosa che il killer non ha ma che lui possiede (un teste che sa cosa sia successo di altra vicenda simile alla sua), si mette a desiderarlo anche il killer, che così desidera di mettere le mani su di esso, perché è desiderato dall’Altro.

Non sappiamo come si sarebbe comportato Buonocore, se l'assassino avesse ucciso solo i primi sei colpevoli. Probabilmente la sua indagine avrebbe comunque seguito il suo corso, ma dopo la morte del sesto, torturato a morte, Buonocore capisce che la follia ha distrutto la mente e l'animo dell'omicida, che ha perso qualsiasi residuo di umanità e di pietà. Ma è la morte del settimo, dell'innocente, che la follia ha messo sullo stesso piano dei colpevoli, ad incitarlo a fare presto, ad incalzare l'omicida e a metterlo in un angolo, perchè si è trasformato in una belva che potrebbe uccidere di nuovo (mancherebbe nella lista dei responsabili un giudice).


 

Che sia una indagine singolare, in cui tutti soffrono, commissario, assassino, vittima, e vari compagni delle vittime, lo testimonia anche la singolarità dell'azione inquirente: c'è Pierannunzi, che è il giudice sempre opposto a Buonocore, che si accontenterebbe il più delle volte di verità di comodo e scontate, e c'è Buonocore, che agisce quasi da solo, caparbio, che intuisce e postula delle tesi assolutamente non convenzionali, non tanto sulla base di prove ma di indizi flebili ma che si rivelano determinanti: qui la sua assistente di sempre Garzya non c'è, ma appare Michelino Macchia, l’assistente di Buonocore. La mancanza di elementi femminili positivi, e la presenza quasi di soli uomini, tutti accomunati dalla sofferenza, che siano elementi positivi o negativi, opprime la storia come una cappa plumbea.

Non ci dovrebbe sorprendere la tendenza della storia ad ancorare l'azione dell'assassino ad una follia partorita dalla sofferenza e dal dolore dell'anima, perchè tutti i romanzi di Enrico, trasudano dolore. Ma questo tra tutti è un unicum, perchè l'assassino, se non avesse ucciso un innocente, potrebbe anche essere capito (anche se non perdonato: la vendetta non è mai condivisibile, e in quel momento in cui l'uomo più buono del mondo diventa un giustiziere della notte, che uccide senza appello, sostituendosi a Dio, diventa più Caino di Caino), ma nel momento in cui uccide l'unica persona che cercava la verità della morte della ragazza per un ideale di giustizia, avendo timore che potesse riuscire a capire anche chi fosse lui, perde ogni possibile simpatia, e diventa un ostacolo da fermare ad ogni costo. Se non avesse ucciso la vittima innocente, avremmo anche potuto affermare che ognuno di noi avrebbe potuto identificarsi oltre che in Buonocore anche nell'assassino. Basterebbe solo che fossimo dei soggetti sofferenti per qualsiasi angustia dell'anima, per essere anche noi assassini e poliziotti, questi.

Non si è mai abbastanza ragionato sul fatto che oltre che assassini problematici, che uccidono non per motivi vili ma per vendette o per una degenerazione della mente (e quindi in un certo senso non responsabili delle loro azioni), nei romanzi di Luceri, gli stessi detectives non sono mai personaggi brillanti: non troveremo mai un saccente Philo Vance, o un macchiettistico Merrivale, o un dandy Ellery, ma poliziotti che hanno un vissuto, che vivono con disincanto le vicende di ogni giorno, e sono quindi profondamente umani. Che hanno un'anima.

Indimenticabile.

Pietro De Palma

martedì 31 marzo 2020

Enrico Luceri : Il Vizio del Diavolo, 2020 , Oltre Edizioni, pag.232.

Enrico Luceri, al di là della maestria che ha nello scrivere, cosa che hanno tanti altri scrittori italiani anche di grande impatto, è molto acculturato: ha cioè cominciato a scrivere dopo aver fagocitato un sacco di libri e films. Non è quindi raro trovare nei suoi romanzi, riferimenti diretti o indiretti ad altri autori od opere, cosa che diviene estremamente stimolante, per chi legga un libro non solo per evasione, ma per confronto e analisi, un po' come avviene per i romanzi di Paul Halter.
Ho finora recensito solo Luna Rossa, la sua più recente uscita in Mondadori, e qui ne analizzo oggi un'altra, ripromettendomi di fare altrettanto con altri suoi romanzi usciti negli anni passati.
Luceri ha un'altra caratteristica che lo rende unico nel panorama italiano: diversamente che da altri suoi colleghi, è una persona schiva, modesta, discreta, anzichè appariscente. E quindi il successo che lo accompagna da alcuni anni, è da mettere in relazione solo con le qualità della scrittura e dei soggetti creati di volta in volta.
Anche Il Vizio del Diavolo è una pubblicazione recente, anzi recentissima. Uscita a febbraio nelle librerie, è purtroppo ora acquistabile, come tanti altri libri, solo on-line, sui siti specializzati nella distribuzione e vendita libraria.
L'azione si svolge in un collegio privato religioso, a due passi da Roveto, in alto Piemonte, in aperta campagna.
Siamo in periodo natalizio, il 23 dicembre:  i ragazzi e ragazze sono andati via. Sono rimasti solo due suore, Suor Esther e suor Camela, Padre Castellani, e una ragazza, Corinna, che è la figlia di una insegnante dell'Istituto morta tempo prima, Alessandra, che ha affidato la figlia alla tutela del Collegio, non trovandosi altri suoi parenti.
Corinna, è fuori. Piove a dirotto. E' uscita a fumarsi una sigaretta, come tante altre adolescenti fanno, per una cosiddetta dimostrazione di età adulta (che non hanno). E a sfogare tutta la sua rabbia ed il livore per un mondo che non ama, per quell'ambiente così repressivo che lei odia, che reputa ipocrita, e da cui vorrebbe vivere lontana, immergendosi nella vita dei ragazzi della sua età. E come molti suoi coetanei vede serie tv di genere horror.
Mentre passeggia, si accorge che c'è qualcuno che la osserva, qualcuno che la mette in apprensione: è fuori dal collegio, potrebbe essere aggredita, e quindi scappa, si rifugia dentro le mura sicure del Collegio, mentre l'ombra che era uscita dalla macchia, vi si rifugia di nuovo.
L'ombra che vede nella campagna fuori dal collegio potrebbe essere un riflesso della sua mente allucinata fortemente influenzata da queste situazioni dettate dalla fiction televisiva e cinematografica, lei crede che ci sia qualcuno che la scorga, ma poi, al riparo delle mura del collegio, ogni pausa svanisce. Mentre è dentro assieme agli adulti, suona il campanello: è un corriere, che porta un cesto natalizio. contenente dolci, tra cui uno caratteristico del luogo: lo mangeranno a cena.
Di nuovo uno scampanellare: questa volta è un uomo. Si qualifica come il domenicano Padre Wurth: la sua macchina si è impantanata e chiede ospitalità. No problem: il collegio è grande e vuoto: di stanze ce ne sono a bizzeffe.
Ma dal suo arrivo, il domenicano comincia a fare domande, e subito il suo modo di fare convince gli astanti che sembra non essere lì per caso. 
Intanto fervono le attività: Padre Wurth si aggira per il collegio alla ricerca di non si sa cosa, le due suore hanno un battibecco, Padre Castellani suona "Jesus bleibet meine freude" (il celebre Corale dalla Cantata 147), Corinna non sa a chi rivolgere i suoi veleni di adolescente, polemica, rabbiosa e insoddisfatta dell'ambiente in cui vive. Poi si appresta alla cena, e le suore, soprattutto Suor Esther prepara la cena a base di minestrone, pietanze fredde, e i dolci del cesto. Padre Wurth fa le lodi di Esther come cuoca, che a differenza degli altri è la sola a gustare il dolce mandorlato e zuccherato.
Non è però del tutto soddisfatta, perchè rileva il prevalere di una nota amara.
Poco dopo comincia a sentirsi male, tanto che Padre Castellani deve chiamare la Guardia Medica di Roveto. Lì è in servizio il dottor Bonatelli. Squilla la porta: è un tale che è stato sorpreso dal tempaccio che chiede di potersi riparare. Il tempo di ritornare nell'ambulatorio e riceve la telefonata dal Collegio. Il tempo di apprestare la borsa e di avvisare il tizio (che però è già andato via) di uscire  e Bonatelli si dirige a bordo della sua sgangherata auto al Collegio. Quando il medico arriva, le condizioni della suora sono peggiorate. Lui la visita e le pratica un'iniezione di emetico, in modo da farla  vomitare, cosa che effettivamente sortisce gli effetti voluti. Tuttavia mentre il medico con gli altri, lasciata la sofferente a riposarsi, conduce una mini inchiesta avendo le prove di un avvelenamento, qualcuno la soffoca con un cuscino.
E' evidente allora che l'ipotesi del medico, improvvisatosi investigatore, è reale, e qualcuno tra i presenti è un assassino; a meno che un'altra persona, magari quella che Corinna ha visto aggirarsi nei pressi del Collegio, sia entrata e stia lì pronta a colpire, nascosta dal buio dei corridoi.
Non passa molto tempo che un nuovo delitto venga compiuto: stavolta è Padre Castellani, che paga con la vita il sospetto scaturito dall'aver notato un particolare, una cosa che non sarebbe dovuta avvenire. Lui verrà trafitto alle spalle con delle forbici. Quando il medico e Padre Wurth e Corinna, sentono un tonfo al secondo piano e lo raggiungono, trovano  Suor Carmela terrorizzata vicino al cadavere del prete. La suora sviene due volte e deve essere portata a letto.
E' l'inizio di una serie di congetture ed ipotesi, sostenute ora da Padre Wurth, ora da Bonatelli, che si concentrano nei confronti dei presenti: sarà davvero padre Wurth il domenicano che dice di essere oppure è un impostore? e Suor Carmela è davvero lei oppure è una impostora che ha approfittato della morte della vera Suor Carmela in Africa durante un raid di ribelli, per appropriarsi della sua identità? E Corinna, perchè mai non può essere stata lei ad uccidere il prete e prima ancora la suora? Tanto più che Bonatelli ha scoperto che lo stipo contenente i prodotti velenosi è aperto, e dentro cè un topicida.
Un gioco di specchi, di congetture e di controcongetture, e di inganni, che ben presto portano gli astanti a sospettare tutti di tutti. Del resto il principale Vizio del Diavolo non è ingannare?
Ecco allora che l'inganno va avanti e a fare le spese questa volta è Suor Carmela che viene trovata sgozzata.
Chi è il colpevole tra Corinna e il domenicano? 
Dopo una serie di colpi di scena la verità amara sarà svelata, anche se l'assassino non sarà catturato.
Si tratta di un gran bel romanzo, il secondo bel romanzo che ho letto ultimamente e anche questo di Luceri, che si dimostra se mai ce ne fosse stato bisogno, uno scrittore di razza, capace di padroneggiare con la penna una situazione che avrebbe messo altri scrittori in ben altri problemi: con un così corto parco di sospettati e sospettabili, chiunque altro avrebbe ceduto alla ovvietà, e il lettore un po' più smaliziato avrebbe individuato con notevole anticipo l'assassino, rendendo vana la lettura delle restanti pagine ( e la naturale tenzone tra lettore e scrittore). Qui no. Qui non avviene:
Luceri è così abile a padroneggiare la situazione, da riuscire a mantenere la tensione fino all'ultima pagina, perchè instilla il dubbio, e l'inganno diventa capace di insinuare nei pensieri del lettore che la verità sia magari una bugia, e la bugia la verità, e a far sì che le situazioni del romanzo siano in uno stato non di salda stasi ma di oscillante dubbio. 
Ad esempio, fino alla fine si dibatte se la serie di assassini sia da mettere in relazione con la vera missione nel collegio di Padre Wurth non affatto capitato per caso, ma inviato dal Vaticano per capire se  un religioso/religiosa sia coinvolto/a nell'assassinio dell'avv. Galli, di cui era a conoscenza Alessandra, la madre di Corinna, oppure se qualche religioso pur sapendo qualcosa non abbia parlato, oppure se gli assassini siano disgiunti da questa ipotesi.
E lo stesso parco ridotto di personaggi invece di essere una limitazione, diventa qui un valore aggiunto, perchè Luceri lungi dal puntare su un thriller di pura azione, riesce a portare a termine un'operazione nient'affatto semplice: creare un thriller colto, pieno di riferimenti che il lettore anche lui colto non avrà difficoltà ad individuare in gran parte, con una tensione palpabile e sempre presente che invece che rinnovarsi in virtù di procedimenti stilistico-narrativi (cioè di tecnica della scrittura), si attua sulla base di una tensione che è soprattutto psicologico-catartica: i personaggi sono analizzati a tutto tondo, come non mai; sono personaggi tristi, melanconici, complessi, tutti sospettabili in quanto non privi di scheletri negli armadi: tutti ma proprio tutti.  E tutti, proprio tutti, hanno conosciuto il dolore, la sofferenza personale; e tra loro, in particolare, Corinna, una ragazza adolescente, orfana di madre e che il padre non l'ha mai conosciuto, che ha costruito tutt'intorno alla sua fragilità uno spesso fortilizio di falsa indifferenza, cinismo e rabbia, che si scioglieranno dinanzi ad una grande sorpresa.
Quando arrivano prima Padre Wurth poi la Guardia Medica, Corinna pensa istintivamente che sia il secondo l'ombra nella boscaglia, salvo ricredersi e convincersi che possa essere il domenicano. Proprio lui ci riporta a storie del passato: padre Wurth incarna l'inquisitore per eccellenza, un personaggio inflessibile, rigoroso, duro, ironico e talvolta anche cinico. Luceri dice di essersi ispirato a personaggi della fiction cinematografica; io francamente ho pensato a Padre Eymerich, l'inquisitore domenicano uscito dalla penna di Evangelisti.
Soprattutto di grande spessore psicologico è la caratterizzazione del personaggio di Corinna, dell'adolescente intorno a cui, si vedrà leggendo il romanzo, tutta l'azione gira: Luceri, per Corinna non inventa del tutto, e neanche copia, semmai applica ad un personaggio che rappresenta una ragazza , le paure, le ansie, la rabbia della sua generazione. 
Luceri mi ha detto qualche giorno fa: "...ma non mi ispiro a situazioni personali, semmai in senso lato conosco e descrivo chi nel loro ambiente generazionale e scolastico è ai margini perché troppo sensibile o con situazioni particolari. Diciamo che respiro da una prospettiva laterale la loro vita e traggo ciò che serve alle mie storie, piegandole alle esigenze della trama di genere".
Il procedimento stilistico di Luceri si avvale di una caratterizzazione quindi assai sfaccettata, che strizza l'occhio anche ad Agatha Christie, all' Agatha Christie di Dalle nove alle dieci per quanto attiene l'insospettabilità dell'assassino di cui viene rivelata da lui stesso la paternità. Ma come detto tantissimi sono i riferimenti colti:
il collegio è isolato da un temporale (La casa nel ciclone di Newton Gayle e Il caso dei fratelli siamesi di Ellery Queen); nel collegio isolato i vari personaggi sono tutti colpevoli di qualcosa e a turno vengono uccisi (Dieci piccoli indiani e Trappola per topi  di A. Christie); il domenicano arriva all'improvviso senza preavviso e anche il medico pur se chiamato da Castellani è in fondo inatteso  (L'Ospite inatteso, di A. Christie: si veda la somiglianza Bonatelli, il medico, con Bonacelli, l'attore della versione adattata per la RAI da D'Anza); se l'assassina fosse Corinna, il riferimento sarebbe a Tragedia di Y di Ellery Queen; le forbici per un mancino adoperate invece da chi è destro, è uno sbaglio dell'assassino colto solo da Padre Castellani, che firma la sua condanna a morte e qui il riferimento diretto è a Dopo le esequie di Agatha Christie: infatti lì l'omicida (come in questo caso) che ha impersonato una certa identità, ha commesso un errore, perchè non ha pensato che allenandosi davanti ad uno specchio, esso avrebbe invertito una mossa particolare: al funerale, infatti, ha girato la testa dalla parte sbagliata. Nel nostro caso, la funzione dello specchio è stato trasferito all'errore di chi dovendo usare delle forbici per mancini, ha invece usato la destra. Anche il cadavere che Padre Castellani immagina si sia mosso, rimanda ad altri esempi narrativi: a me ha fatto ricordare il cadavere sotto il sudario di Il cadavere assassino di George Meirs.
Numerose anche le citazioni cinematografiche, peraltro esemplificate dallo stesso Luceri, soprattutto da film di Pupi Avati: Il nascondiglio (casa in cui vivono delle suore), La casa dalle finestre che ridono (il faldone ingiallito e l'armadio che racchiude un segreto), Zeder (il cadavere che apre gli occhi e quello della suora che Padre Castellani crede  si muova); la stessa scena (cadavere che sembra si muova) è in La ragazza che sapeva troppo, il capostipite del film giallo italiano, di Mario Bava (in b/n); la tempesta iniziale e la protagonista che fugge mettendosi in salvo è in La Scala a chiocciola, di R. Siodmak, come pure la scena in cui l'assassino accompagna per le scale la ragazza; la scena delle tempesta e la ragazza che fugge mettendosi in salvo è anche in  Green for Danger, trasposizione del romanzo della Brand, Green for Danger (Delitto in bianco). 
Se il movente è chiaro, la sospettabilità dell'omicida è estremamente ridotta. Il solo indizio lampante, il solo errore, è quello di aver usato delle forbici per mancini con la mano destra. Ma non se ne accorgono tutti. Se ne accorge Castellani, ma è qualcosa che si deposita nel suo subconscio, solo per risvegliarsi in un secondo tempo: il fatto che egli vada dove è il cadavere, e per un momento si spaventi perchè ha come la sensazione che il cadavere si sia mosso sotto il lenzuolo, fornisce all'omicida che lo osserva, l'occasione per colpirlo alle spalle.
Del resto il collegio è vuoto, pieno di corridoi e stanze in ombra, come è d'obbligo in ogni thriller che si rispetti, da Argento ad Avati.
Finale assolutamente non convenzionale ed esplosivo.
La doppia identità dell'assassino, e di come egli se la procuri, è un atto di genio.
In conclusione, un romanzo bellissimo.

Pietro De Palma

lunedì 21 ottobre 2019

Enrico Luceri : Le notti della luna rossa, 2019 - Il Giallo Mondadori N° 3184

Il sole si muterà in tenebra, e la luna in sangue.
Lo profetizzò molti secoli prima di Cristo il profeta Gioele. E da allora, quando la luna appare rossa, le si attribuisce un potere strano, un presagio di sventura. Persino in Goldrake, le armate della stella Vega attaccano la Terra quando la luna è rossa.
Di questo detto popolare si è appropriato Enrico Luceri, intitolando il suo ultimo romanzo, Le notti della Luna Rossa, in edicola in questi giorni, forse l'uscita migliore , come ho detto anche altrove, per celebrare i 90 anni del Giallo Mondadori.
Mennella è un cantante neomelodico fallito. Il suo momento di gloria l'ha avuto cantando Luna Rossa. Ma ora deve tutto a sua moglie, Letizia Romano. Vivono a Posillipo, vicino Napoli. Letizia ha ereditato molti beni di famiglia, essendo stata cancellata dall'asse ereditario della sua famiglia, la sorella Giovanna, per dei conflitti insanabili coi genitori, seguiti alla sua relazione con un uomo sposato. Per quanto Maria Letizia abbia cercato la sorella, per ridarle i beni di sua spettanza, non l'ha mai trovata. E si è pure servita della Agenzia Investigativa Di Cillo, una delle più rinomate se non la più rinomata, a Napoli.
Una bella sera, viene trovata morta dal marito Gianni Mennella. Un cocktail micidiale a base di whisky e ansiolitici l'ha stecchita. La polzia non sa se trattarsi di incidente, suicidio o assassinio. Ma più che passa il tempo si convince che si è trattato di omicidio, tanto più che nel lavello della cucina viene trovato, oltre al bicchiere incriminato ma senza impronte, uno con un fondo di whisky, che sembra essere stato lavato male. 
A prima vista sembra chiara la responsabilità: il giudice Pieranunzi, nonostante la morte sia stata stimata intorno alle 20 e nonostante Mennella per quell'ora era altrove e vi sono dei riscontri che fosse lì, comunque sia per la strana condotta di Mennella che non si sa per quale motivo temesse per la salute della moglie quella sera, pensa ad un uxoricidio, essendo lui l'erede della moglie. E quindi sarebbe stato lui a bere il whisky assieme alla vittima. Ma successivamente, l'aver appreso che non avrebbe potuto assumere alcolici per il reflusso gastroesofageo di cui patisce gli effetti, e il fatto che stranamente nessuno nel palazzo ha sentito nulla, e sembra non interessarsi a quello che è accaduto al primo piano, spingono il commissario Bonocore e i suoi aiutanti, l'ispettrice  Garzya e il sovrintendente Michele Macchia, ad allargare le indagini all'entourage immediatamente prossimo, cioè ai vicini di casa, e poi a chi possa essere la sorella della vittima: i primi, perchè nessuno sarebbe  potuto entrare nello stabile se non con le chiavi del portone oppure su invito del diretto interessato; la seconda, perchè per essere stata esclusa dall'eredità dei genitori, avrebbe potuto avanzare pretese nei confronti della sorella, anche se erano state molto vicine. Ma si sa, i tempi cambiano le persone. E così... le indagini vanno avanti.
E se il sostituto procuratore Pieranunzi concede prima due giorni per chiudere il caso, a Bonocore, e poi per altri riscontri, li rinnova, Bonocore stesso è alla ricerca del filo dell'aquilone: l'aquilone (cioè il caso in questione) eviterà che gli possa di nuovo sfuggire, quando terrà ben stretto il filo (cioè avrà risolto il caso). Il filo gli sfugge per uqsi tutto il caso, nonostante egli stia lì per acchiapparlo: le indagini si susseguono, la sorella scomparsa intratteneva una relazione con un uomo sposato con il quale aveva avuto una bambina. Ci si arriva per le indagini dell'agenzia investigativa che fornisce pure alla polizia il nome di una testimone, una vecchia collega della donna che potrebbe ricordare il nome dell'uomo. Ma di lì a poco vengono uccisi prima un detective dell'agenzia investigativa, poi la testimone. Poi anche un inquilino dello stabile della vittima che voleva ricattare l'omicida e infine chi l'aveva fatto entrare nel palazzo. 
Bonocore e la Garzya arrivano insieme al nome dell'omicida e in un finale convulso....

Enrico si è evoluto, rispetto ai primi romanzi pubblicati anni fa, rimanendo fedele però ad una sua impronta ben chiara: la derivazione dalla scuola italiana, e soprattutto dal cinema italiano. Come mi ha detto lui:  Con rispetto e amicizia, io sono sempre stato solo Luceri, nel bene e nel male.
Ma è evidente che rispetto a Il mio volto è uno specchio l'evoluzione è ben netta. E tuttavia è un recupero della tradizione, più classica che non si può. Le atmosfere non sono più quelle di un film thriller degli anni settanta (sul vincitore del Tedeschi le influenze del cinema italiano giallo da Bava a Fulci a Avati sono evidenti), ricalcano modelli più antichi e cristallizzati ma sempre attuali: qui è l'assassinio in uno stabile. Nessuno ha visto e sentito, ma qualcuno pure dovrebbe aver dovuto sentire qualcosa! E non viene ucciso solo la Romano, ma anche l'inquilino del terzo piano, e poi anche l'infermiera del secondo. 
L'assassinio in un condominio (o in una pensione o in un albergo) è un tema classico, più classico che non si può: nel passato vari scrittori si sono cimentati in variazioni, da Quentin Patrick (Murder at the Women 's City Club) a Augusto De Angelis (L'Albergo delle tre rose), da  Stanislas A. Steeman (L'assassin habite au 21) a Claude Aveline (La Double mort de Fréderic Belot), da Todd Downing (The cat screams) a Nieves Mathews (She died without light); ma nel tempo stesso è un tema non solo virtuale ma reale: come non ricordare il delitto di via Poma per esempio?
Enrico Luceri elabora quindi una storia, che potrebbe benissimo avvenire in qualsiasi condominio, legandola a idee proprie di alcuni romanzi soprattutto della Christie: si sa che lo scrittore romano ne è un grande fan e conoscitore, e quindi non è un caso che prenda (e lo riconosce nella postfazione) spunti da molti libri della scrittrice inglese:da A Pocket full of Rye a A Murder is Announced. da Sad Cypress a Death in the Clouds. Nonostante ciò, e nonostante vengano citate anche altre opere, tra cui L'Albergo delle tre rose di De Angelis, gli indizi veramente importanti e risolutivi del romanzo di Luceri, legati a romanzi del passato, sono due: l'assassino che potrebbe aver ucciso la moglie di Mennella senza necessariamente essere un inquilino dello stabile, richiama Hercule Poirot's Christmas, mentre l'indizio che porta ad identificarlo senza ombra di dubbio, cioè l'inalatore di cortisone, si allaccia ad un testo che Luceri non cita ma che in modo chiarissimo è legato al suo romanzo: The Egyptian Cross Mystery di Ellery Queen (l'indizio della boccetta di tintura di jodio, che solo l'assassino sapeva dove si trovava). 
Il ragionamento che porta Bonocore ad acchiappare il filo del suo caso, si basa su un non senso: sul perchè cioè nella casa della vittima la stanza in fondo ad un corridoio sia una cucina (nella zona notte, cosa alquanto bizzarra), mentre in quella sopra al secondo piano è un più naturale bagno: proprio sulla base che l'inalatore si trovava in una stanza, la cucina, di cui l'assassino non avrebbe dovuto conoscere l'ubicazione se non appunto per il fatto che fosse già entrato nell'appartamento per uccidere la moglie di Mennella, che è collegato al riferimento di Queen dal fatto che lì l'assassino non avrebbe dovuto sapere dove stava la boccetta di Jodio per medicare una ferita, mentre lo sapeva, Commissario e Ispettrice incriminano l'omicida. Del resto, a ben pensarci, non è l'unico romanzo in cui l'assassino non avrebbe dovuto sapere una cosa, ma messo alle strette da una certa situazione, esce dal seminato del suo piano e commette il fatale errore: infatti anche nel celebre romanzo di Rufus King,The Lesser Antilles Case, l'assassino compie un fatale errore mentre è in fondo al mare: entra nella cabina di un relitto per trovare una cosa che se non fosse già stato lì non avrebbe saputo dove cercare.

Ma non si ferma a questi romanzi il ricordo di Luceri: nel suo romanzo sono esemplificati i vari generi del giallo classico, esaminati e fatti interagire con altri: c'è l'esemplificazione di una serie di alibi che sembrerebbero a prova di bomba ma che vengono smontati (richiamo a Crofts); c'è il ritorno dell'erede, magari tenuto lontano dal patrimonio, ma che per rientrarne in possesso uccide (richiamo a Christie); c'è il tema del malato assisitito dall'infermiera ( es. la madre dei Greene in The Greene Murder Case, di Van Dine); c'è quello della vendetta e del patrimonio. 
Quello che forse differenzia Luceri dal tema classico in senso stretto e lo fa essere figlio di un tempo più vicino a noi ( e molto vicino al modo di inquadrare l'assassino da parte di Paul Halter), è il tema della pazzia, la follia psicopatica, in virtù della quale l'assassino non è solo un elemento freddo e astuto che uccide per pura malvagità o per calcolo, ma anche un elemento che uccide per il piacere che gli procura uccidere. Non solo: in Luceri assistiamo al susseguirsi di scene anche splatter (possono richiamare Fulci per esempio) che  difficilmente sarebbero state inserite in un giallo di Agatha Christie, in cui la scena del delitto, per quanto il delitto fosse abominevole, era asettica: in Luceri invece, la scena del delitto, è viva, la vediamo svolgersi in tutta la sua crudezza, insomma è figlia del suo tempo. Inoltre in Luceri il giallo classico si sposa con il giallo a sfondo suspence, e in questo parrebbe essere come un ritorno alle origini, alla Rinehart per esempio, come però potrebbe benissimo anche essere la filiazione di un certo cinema italiano.
Insomma Enrico Luceri è un giallista a tutto tondo. Forse il miglior giallista in circolazione in Italia. E questo romanzo è uno dei suoi migliori, un singolare omaggio alla grande Età d'oro del Giallo: perfetto per festeggiare i 90 anni del Giallo Mondadori (forse una delle migliori uscite di quest'anno se non la migliore uscita assieme all'Halter), ma perfetto anche per essere venduto in libreria, accanto proprio ai romanzi della Christie da lui citati.

Pietro De Palma