venerdì 25 ottobre 2019

Morto Marco Polillo

È morto Marco Polillo, storico editore.
Aveva avuto incarichi dirigenziali nella Mondadori molti snni fa. Nei primi anni 2000 aveva fondato la storica collana "I Bassotti", che per vendite e notorietà aveva oramai massimizzato tutte le energie editoriali.
Era malato da tempo. In questo Blog uscirono qualche anno fa due interviste a tutto tondo che riproponiamo ora, in suo ricordo.

lunedì 21 ottobre 2019

Enrico Luceri : Le notti della luna rossa, 2019 - Il Giallo Mondadori N° 3184

Il sole si muterà in tenebra, e la luna in sangue.
Lo profetizzò molti secoli prima di Cristo il profeta Gioele. E da allora, quando la luna appare rossa, le si attribuisce un potere strano, un presagio di sventura. Persino in Goldrake, le armate della stella Vega attaccano la Terra quando la luna è rossa.
Di questo detto popolare si è appropriato Enrico Luceri, intitolando il suo ultimo romanzo, Le notti della Luna Rossa, in edicola in questi giorni, forse l'uscita migliore , come ho detto anche altrove, per celebrare i 90 anni del Giallo Mondadori.
Mennella è un cantante neomelodico fallito. Il suo momento di gloria l'ha avuto cantando Luna Rossa. Ma ora deve tutto a sua moglie, Letizia Romano. Vivono a Posillipo, vicino Napoli. Letizia ha ereditato molti beni di famiglia, essendo stata cancellata dall'asse ereditario della sua famiglia, la sorella Giovanna, per dei conflitti insanabili coi genitori, seguiti alla sua relazione con un uomo sposato. Per quanto Maria Letizia abbia cercato la sorella, per ridarle i beni di sua spettanza, non l'ha mai trovata. E si è pure servita della Agenzia Investigativa Di Cillo, una delle più rinomate se non la più rinomata, a Napoli.
Una bella sera, viene trovata morta dal marito Gianni Mennella. Un cocktail micidiale a base di whisky e ansiolitici l'ha stecchita. La polzia non sa se trattarsi di incidente, suicidio o assassinio. Ma più che passa il tempo si convince che si è trattato di omicidio, tanto più che nel lavello della cucina viene trovato, oltre al bicchiere incriminato ma senza impronte, uno con un fondo di whisky, che sembra essere stato lavato male. 
A prima vista sembra chiara la responsabilità: il giudice Pieranunzi, nonostante la morte sia stata stimata intorno alle 20 e nonostante Mennella per quell'ora era altrove e vi sono dei riscontri che fosse lì, comunque sia per la strana condotta di Mennella che non si sa per quale motivo temesse per la salute della moglie quella sera, pensa ad un uxoricidio, essendo lui l'erede della moglie. E quindi sarebbe stato lui a bere il whisky assieme alla vittima. Ma successivamente, l'aver appreso che non avrebbe potuto assumere alcolici per il reflusso gastroesofageo di cui patisce gli effetti, e il fatto che stranamente nessuno nel palazzo ha sentito nulla, e sembra non interessarsi a quello che è accaduto al primo piano, spingono il commissario Bonocore e i suoi aiutanti, l'ispettrice  Garzya e il sovrintendente Michele Macchia, ad allargare le indagini all'entourage immediatamente prossimo, cioè ai vicini di casa, e poi a chi possa essere la sorella della vittima: i primi, perchè nessuno sarebbe  potuto entrare nello stabile se non con le chiavi del portone oppure su invito del diretto interessato; la seconda, perchè per essere stata esclusa dall'eredità dei genitori, avrebbe potuto avanzare pretese nei confronti della sorella, anche se erano state molto vicine. Ma si sa, i tempi cambiano le persone. E così... le indagini vanno avanti.
E se il sostituto procuratore Pieranunzi concede prima due giorni per chiudere il caso, a Bonocore, e poi per altri riscontri, li rinnova, Bonocore stesso è alla ricerca del filo dell'aquilone: l'aquilone (cioè il caso in questione) eviterà che gli possa di nuovo sfuggire, quando terrà ben stretto il filo (cioè avrà risolto il caso). Il filo gli sfugge per uqsi tutto il caso, nonostante egli stia lì per acchiapparlo: le indagini si susseguono, la sorella scomparsa intratteneva una relazione con un uomo sposato con il quale aveva avuto una bambina. Ci si arriva per le indagini dell'agenzia investigativa che fornisce pure alla polizia il nome di una testimone, una vecchia collega della donna che potrebbe ricordare il nome dell'uomo. Ma di lì a poco vengono uccisi prima un detective dell'agenzia investigativa, poi la testimone. Poi anche un inquilino dello stabile della vittima che voleva ricattare l'omicida e infine chi l'aveva fatto entrare nel palazzo. 
Bonocore e la Garzya arrivano insieme al nome dell'omicida e in un finale convulso....

Enrico si è evoluto, rispetto ai primi romanzi pubblicati anni fa, rimanendo fedele però ad una sua impronta ben chiara: la derivazione dalla scuola italiana, e soprattutto dal cinema italiano. Come mi ha detto lui:  Con rispetto e amicizia, io sono sempre stato solo Luceri, nel bene e nel male.
Ma è evidente che rispetto a Il mio volto è uno specchio l'evoluzione è ben netta. E tuttavia è un recupero della tradizione, più classica che non si può. Le atmosfere non sono più quelle di un film thriller degli anni settanta (sul vincitore del Tedeschi le influenze del cinema italiano giallo da Bava a Fulci a Avati sono evidenti), ricalcano modelli più antichi e cristallizzati ma sempre attuali: qui è l'assassinio in uno stabile. Nessuno ha visto e sentito, ma qualcuno pure dovrebbe aver dovuto sentire qualcosa! E non viene ucciso solo la Romano, ma anche l'inquilino del terzo piano, e poi anche l'infermiera del secondo. 
L'assassinio in un condominio (o in una pensione o in un albergo) è un tema classico, più classico che non si può: nel passato vari scrittori si sono cimentati in variazioni, da Quentin Patrick (Murder at the Women 's City Club) a Augusto De Angelis (L'Albergo delle tre rose), da  Stanislas A. Steeman (L'assassin habite au 21) a Claude Aveline (La Double mort de Fréderic Belot), da Todd Downing (The cat screams) a Nieves Mathews (She died without light); ma nel tempo stesso è un tema non solo virtuale ma reale: come non ricordare il delitto di via Poma per esempio?
Enrico Luceri elabora quindi una storia, che potrebbe benissimo avvenire in qualsiasi condominio, legandola a idee proprie di alcuni romanzi soprattutto della Christie: si sa che lo scrittore romano ne è un grande fan e conoscitore, e quindi non è un caso che prenda (e lo riconosce nella postfazione) spunti da molti libri della scrittrice inglese:da A Pocket full of Rye a A Murder is Announced. da Sad Cypress a Death in the Clouds. Nonostante ciò, e nonostante vengano citate anche altre opere, tra cui L'Albergo delle tre rose di De Angelis, gli indizi veramente importanti e risolutivi del romanzo di Luceri, legati a romanzi del passato, sono due: l'assassino che potrebbe aver ucciso la moglie di Mennella senza necessariamente essere un inquilino dello stabile, richiama Hercule Poirot's Christmas, mentre l'indizio che porta ad identificarlo senza ombra di dubbio, cioè l'inalatore di cortisone, si allaccia ad un testo che Luceri non cita ma che in modo chiarissimo è legato al suo romanzo: The Egyptian Cross Mystery di Ellery Queen (l'indizio della boccetta di tintura di jodio, che solo l'assassino sapeva dove si trovava). 
Il ragionamento che porta Bonocore ad acchiappare il filo del suo caso, si basa su un non senso: sul perchè cioè nella casa della vittima la stanza in fondo ad un corridoio sia una cucina (nella zona notte, cosa alquanto bizzarra), mentre in quella sopra al secondo piano è un più naturale bagno: proprio sulla base che l'inalatore si trovava in una stanza, la cucina, di cui l'assassino non avrebbe dovuto conoscere l'ubicazione se non appunto per il fatto che fosse già entrato nell'appartamento per uccidere la moglie di Mennella, che è collegato al riferimento di Queen dal fatto che lì l'assassino non avrebbe dovuto sapere dove stava la boccetta di Jodio per medicare una ferita, mentre lo sapeva, Commissario e Ispettrice incriminano l'omicida. Del resto, a ben pensarci, non è l'unico romanzo in cui l'assassino non avrebbe dovuto sapere una cosa, ma messo alle strette da una certa situazione, esce dal seminato del suo piano e commette il fatale errore: infatti anche nel celebre romanzo di Rufus King,The Lesser Antilles Case, l'assassino compie un fatale errore mentre è in fondo al mare: entra nella cabina di un relitto per trovare una cosa che se non fosse già stato lì non avrebbe saputo dove cercare.

Ma non si ferma a questi romanzi il ricordo di Luceri: nel suo romanzo sono esemplificati i vari generi del giallo classico, esaminati e fatti interagire con altri: c'è l'esemplificazione di una serie di alibi che sembrerebbero a prova di bomba ma che vengono smontati (richiamo a Crofts); c'è il ritorno dell'erede, magari tenuto lontano dal patrimonio, ma che per rientrarne in possesso uccide (richiamo a Christie); c'è il tema del malato assisitito dall'infermiera ( es. la madre dei Greene in The Greene Murder Case, di Van Dine); c'è quello della vendetta e del patrimonio. 
Quello che forse differenzia Luceri dal tema classico in senso stretto e lo fa essere figlio di un tempo più vicino a noi ( e molto vicino al modo di inquadrare l'assassino da parte di Paul Halter), è il tema della pazzia, la follia psicopatica, in virtù della quale l'assassino non è solo un elemento freddo e astuto che uccide per pura malvagità o per calcolo, ma anche un elemento che uccide per il piacere che gli procura uccidere. Non solo: in Luceri assistiamo al susseguirsi di scene anche splatter (possono richiamare Fulci per esempio) che  difficilmente sarebbero state inserite in un giallo di Agatha Christie, in cui la scena del delitto, per quanto il delitto fosse abominevole, era asettica: in Luceri invece, la scena del delitto, è viva, la vediamo svolgersi in tutta la sua crudezza, insomma è figlia del suo tempo. Inoltre in Luceri il giallo classico si sposa con il giallo a sfondo suspence, e in questo parrebbe essere come un ritorno alle origini, alla Rinehart per esempio, come però potrebbe benissimo anche essere la filiazione di un certo cinema italiano.
Insomma Enrico Luceri è un giallista a tutto tondo. Forse il miglior giallista in circolazione in Italia. E questo romanzo è uno dei suoi migliori, un singolare omaggio alla grande Età d'oro del Giallo: perfetto per festeggiare i 90 anni del Giallo Mondadori (forse una delle migliori uscite di quest'anno se non la migliore uscita assieme all'Halter), ma perfetto anche per essere venduto in libreria, accanto proprio ai romanzi della Christie da lui citati.

Pietro De Palma

sabato 12 ottobre 2019

Edward D. Hoch : The Leopold Locked Room (da Leopold's Way), 1971

Luca Conti, storico traduttore e critico di fiction americana, mi passa spesso su mia richiesta, testi vari in versione Kindle e registrazioni di dischi, in quanto essendo dal 2011 Editor di Musica Jazz, utilizza per la sua testata anche dei miei articoli che gli metto a disposizione, per amicizia. 
Uno degli ultimi testi che mi ha regalato, è stato Leopold’s Way, una raccolta di racconti firmati da Edward D. Hoch, il celeberrimo scrittore statunitense specializzato in racconti fulminanti, soprattutto con delitti impossibili. La raccolta, approntata per Mysterious Press, da Francis M. Nevins Jr. & Martin H. Greenberg, contiene anche una presentazione dello stesso  Francis M. Nevins Junior.
Il racconto The Leopold Locked Room, è uno dei racconti più impossibili e più memorabili, scritti da Hoch. Anni fa vidi un film poliziesco con Anthony Hopkins, Fracture: si racconta che il plot fosse derivato quasi sicuramente se non del tutto da un racconto di Hoch: il racconto è questo, indubbiamente. Se uno ha visto il film ricorderà il plot. Ne riparleremo tra poco.
Capitan Leopold parla nella centrale di polizia col suo collaboratore ed amico Fletcher dell’arrivo in città della sua ex moglie Monica. Fletcher è stupito perché fino a quel momento Leopold gli ha tenuto nascosto il suo passato: se ora ne parla, evidentemente è successo qualcosa. Leopold gli confida di essere inquieto, perché la moglie in passato più volte ha manifestato propositi di vendetta nei suoi confronti, in quanto gli addebita il fallimento del loro matrimonio. In realtà l’unione si era frantumata perché lui era all’inizio della carriera di investigatore, mentre lei inseguiva sogni di attrice. Lei voleva andare via mentre lui voleva restare in loco e avanzare di carriera. Lei era andata via, poi aveva divorziato da lui, aveva affrontato un altro matrimonio fallito, e gli insuccessi di una vita agognata, ma che non le aveva dato gli allori che lei si aspettava, avevano provocato degli esaurimenti nervosi e una serie di patologie psichiatriche per cui l’avevano internata per tre anni in manicomi.
Ora entrambi sono stati invitati al ricevimento della nipote di Monica, Vicki Nelson, che si sposa con l’avvocato Ted Moore. Il ricevimento si terrà a Sunset Farms, una struttura di vago sapore bucolico, usata per ricevimenti: una grande sala quadrata, divisa da strutture e pannelli movibili in quattro stanze quadrate uguali, che possono essere usate per gli usi più svariati. In questa occasione, però, tre stanze sono unite a formare un unico spazio in cui si terrà il ricevimento a cui sono state invitate 130 persone. Leopold teme che possa accadere qualcosa, e chiede a Fletcher, dovendo per forza presenziare alla cerimonia, di dargli il pretesto per andare via il prima possibile, per una fantomatica indagine.
Così i due si presentano nella struttura, incontrano gli sposi, poi Leopold viene urtato da un invitato, il dottor Thursby, un medico che è arrivato alla festa assieme a Monica, e poi incontra Monica stessa. Già all’inizio del loro incontro, Leopold nota nella sua ex moglie uno sguardo selvaggio, instabile. Vorrebbe andare via, ma lei insiste che vuole parlargli in privato, e pertanto si dirigono verso l’unica stanza delimitata dai pannelli: Monica apre l’apertura di entrata, chiudendola poi alle sue spalle. La stanza è nuda, vuota, priva di mobilio, di 30 metri quadrati: tre pannelli, due laterali e uno contenente la porta opposta alla grande finestra che da luce all’interno. Monica comincia un delirante discorso il cui fine sarebbe di vedere distrutto il suo ex marito, di cui in più occasioni ha detto di desiderare la morte. Tuttavia mentre lei sta parlando, e Leopold è a venti passi da lei, lei alza atterrita il braccio, lui sente uno sparo e nello stesso tempo vede una macchia di sangue allargarsi sul seno della donna, e lei cadere pesantemente a terra.
Leopoldo si guarda alle spalle: niente, la porta è bloccata. Davanti, la finestra non presenta segni ed è ancora chiusa, le pareti non si sono mosse. Lui è solo con una donna morta: chi l’ha uccisa? Porta istintivamente mano alla pistola, ma è ancora nella fondina. Un attimo dopo, una donna apre la porta e vede la vittima per terra. In men che non si dica arriva Fletcher, a cui lo sbalordito Leopold racconta i fatti: Fletcher chiede la pistola di Leopold, e lui la estrae dalla sua fondina.
Tra i 130 invitati, nessuno ha visto qualcuno approssimarsi alla porta della stanza ed aprirne un pertugio tanto quanto basta per sparare: nessuno. Quindi l’unico che avrebbe potuto ucciderla è Leopold, che però sa di non averla uccisa.
Le analisi della pistola sequestrata, dimostrano che ha sparato, in quanto viene trovato un bossolo vuoto dentro il tamburo della 38 special. Leopold ricorda di non aver sparato nessun proiettile da quando assieme Fletcher ha sparato al poligono di tiro, nel seminterrato della centrale di polizia. Ma la perizia gli da torto.
Leopold è distrutto: sa che se non riuscirà a provare la sua innocenza, verrà incarcerato entro una settimana per omicidio di primo grado, rischiando la pena di morte. Mentre è a casa sua, si presenta Fletcher, che egli ha persino pensato di sfuggita di aver complottato, lui o altri assieme alla ex moglie per farlo defenestrare, idea subito ricacciata, perché Fletcher è un amico da anni. Fletcher gli sottopone la sua scoperta: il vestito che indossava la vittima, che poi, agonizzante, è morta mentre stava arrivando in ospedale. Presenta uno squarcio non rotondo e non compatibile con una canna di pistola che abbia sparato a bruciapelo, perché quella avrebbe prodotto un foro più piccolo e definito, mentre questo è più largo e sfrangiato. Inoltre Leopold si chiede come mai risulti una ferita a bruciapelo, se non c’era nessuno tra lei e lui nell’arco di venti passi. Sarà questo uno degli indizi risolutivi, oltre al vestito. Leopold comincia a ragionare: e se..?
Il successivo passo sarebbe chiarire se si tratti di omicidio, suicidio o incidente. Incidente è da escludersi, suicidio pure , ma omicidio..da parte di chi? Lui era l’unica persona nella stanza, e la pistola sequestratagli aveva un bossolo. La perizia del proiettile ha confermato che è stato sparato dalla sua pistola, e pertanto Leopold vuole accertarsene di persona. Ottiene di poter esaminare il bossolo, ma conviene che le striature impresse possono benissimo essere state prodotte dalla canna di una 38 special, la sua. Tuttavia il rapporto gli fa scattare qualcosa in testa: Diede un'occhiata al tag di identificazione attaccato al proiettile di prova: proiettile di prova sparato da Smith & Wesson .38 Revolver, numero di serie 2420547 (traduzione mia). 2420547. E allora ricorda: prende dal portafoglio la licenza dell’arma da portare addosso e si accorge, e poi lo dice a Fletcher, che la licenza si riferisce ad un revolver numero di serie 2421622. 2421622: un’arma diversa.
Come faceva una pistola non sua a stare nella sua fondina? Come ha potuto un proiettile che stava nella pistola non sua messa nella sua fondina a uccidere la sua ex moglie provocando un largo squarcio nel vestito, non compatibile con una ferita a bruciapelo, confermata poi dall’autopsia?
Il proiettile se è stato sparato in un secondo tempo, quando è stato sparato? Ovviamente nell’autoambulanza. Ma da chi? E come il proiettile è stato usato? Accantonando che derivi dai proiettili sparati all’interno del poligono della polizia, esso può essere stato sparato solo in un modo e solo da una persona, ammesso poi che sia la stessa che abbia ucciso.
Così alla fine di un ragionamento sottile, di una indagine rapidissima e di fruttuose analisi, dopo aver saputo che il sangue sul vestito era formato da sangue della vittima e sangue di pollo, e che alla festa era presente solo un medico, quello che ha visitato la vittima e che l’ha avviata all’ospedale salendo con lei in autoambulanza, Leopold si salverà indicando un folle piano di vendetta, ordito dalla sua ex moglie per vederlo screditato, ma di cui era rimasta vittima. Solo che il medico individuato ed arrestato si verificherà che non era affatto un medico, e che non era stato lui ad ucciderla.
Bellissimo racconto, è un fuoco d’artificio di combinazioni macchinose. Ricapitoliamo:
Leopold porta nella sua fondina una pistola, la sua. Poi durante la festa accade qualcosa che lui lì per lì non inquadra, e dopo lo sparo si ritrova ad avere una pistola che parrebbe essere la sua, contenente un bossolo nel tamburo, collegato al proiettile che ha ucciso Monica. Quindi nella pistola c’è un bossolo vuoto. Come ha fatto il proiettile ad uccidere Monica? Posto che la pistola sia stata sostituita, se fosse stata usata non avrebbe potuto lasciare un bossolo nella pistola di un altro. E anche se il proiettile fosse stato inserito in un altro bossolo, sparato da un’altra pistola, avrebbe avuto altre impronte prodotte dalla canna della pistola. Ma i segni sono di un’unica canna. E allora? Ecco allora che dalle domande escono dei rimandi.
Hoch può aver usato l’escamotage inventato da Carr in The Proverbial Murder: cioè applicare il proiettile sparato da un’arma al bossolo sparabile da un’altra. Lì però Carr usava il muschio secco nella canna per evitare che altre impronte interne della canna si aggiungessero a quelle originali del proiettile, recuperato da un poligono di tiro. Qui muschio secco non ve n’è, ma c’è il poligono di tiro. Cosa si sarebbe usato per non lasciare le impronte sul bossolo e nello stesso tempo per non fare rumore in una autoambulanza che avrebbe proceduto a sirene spiegate anche in presenza di un infermiere? Perché la pistola potrebbe essere stata un arnese piccolo e maneggevole, costruito in laboratorio per avere quella sufficiente forza propulsiva in grado di uccidere.
E il proiettile come è stato ricavato e sostituito? Hoch propone tramite il suo capitano Leopold, la possibilità che sia stato sparato contro un cuscino, agendo esso da silenziatore, usando la pistola vera di Leopold. La pistola vera era basilare, perché i segni prodotti dalla sua canna erano come una impronta digitale: ogni pistola ha delle sue tracce identificative sui proiettili da essa sparati, che le rende uniche. Quindi abbiamo due proiettili, di due armi diverse, di cui vengono prese e utilizzate come prova contro Leopold le parti, formanti uno: il bossolo, e la pallottola di piombo
Il racconto è uno di quelli classici con delitto impossibile, in cui per la messinscena è necessaria la presenza di due persone: l’assassino vero e proprio e il complice, che in questo caso agisce in due occasioni: prima e dopo l’incontro/scontro tra Monica e Leopold: prima sottraendo l’arma di Leopold e mettendone un’altra uguale, e poi agendo su Monica. Solo che non è lui l’assassino, ma…
Il racconto di Hoch, dicevamo all’inizio, può esser stato utilizzato, anzi lo è stato sicuramente dagli sceneggiatori di Fracture: infatti ricordo a chi ha visto il film che Hopkins ha una moglie fedifraga che lo tradisce con un ufficiale di polizia. Il marito con un sotterfugio, mentre poliziotto e moglie sono fuori, entra nella loro stanza d’albergo e sostituisce la sua pistola con quella del poliziotto. Giorni dopo spara alla moglie con la pistola del poliziotto. Il poliziotto non potendo parlare con lei e sapendo che è a casa ha un presentimento, corre da lei e la trova agonizzante. Il marito ha ancora la pistola in mano. Viene disarmato. Ma mentre il poliziotto si allontana un attimo, quello sostituisce le due armi. Così l’arma del poliziotto che ha sparato ritorna nella fondina originaria, mentre l’arma che di pensa abbia sparato, che è del legittimo proprietario, non ha sparato. Come si vede, il plot è leggermente diverso, ma l’origine è la stessa: la sostituzione della pistola di un funzionario di polizia con una identica.
Del resto di lavori che presuppongano trucchi con proiettili diversi, oltre a The Proverbial Murder,  ce ne sono altri: basti pensare a The Third Bullet di Carr (Carter Dickson) o anche al telefilm di Colombo, basato su sceneggiatura di Jonathan Latimer, The Greenhouse Jungle (Il terzo proiettile nella titolazione italiana), i cui Ray Milland (opposto a Peter Falk) ha premeditato un omicidio perfetto la cui colpa vorrebbe far ricadere su sua moglie.
Pietro De Palma