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Il "primo" romanzo della serie Sherlock |
Di
quali iatture intendo parlare? Di quelle che noi, appassionati, collezionisti,
seguaci della storica testata, anche estremisti della prima ora (estremisti nel
senso di essere attaccati in senso viscerale alle sorti del Giallo Mondadori,
che ci ha assicurato e ci assicura ancora – a tratti – la gioia di leggere cose
a noi congeniali) evitiamo: le serie di letture che per quanto è di nostro
gusto potrebbero benissimo essere evitate.
L’ultima
di queste jatture (notate che metto la j invece che la i) è la serie delle già
trenta uscite di apocrifi sherlockiani, che ogni mese ci stiamo sorbendo con
atarassica sopportazione in attesa che qualche accidente ne decreti la fine
definitiva, in quanto quella prematura è già stata superata non so quante
volte. Oramai il buon Sherlock Holmes – che aveva solo un grande nemico in quel
Moriarty che con lui sarebbe scomparso nel vortice delle Cascate di Reichenbach – purtroppo si salvò, e riapparve tre anni dopo ne L’avventura della Casa Vuota (The
Adventure of the Empty House):
peccato! Dico purtroppo perché se fosse morto, noi non ci saremmo sorbiti già
più di trenta apocrifi – e per apocrifo non intendo il semplice racconto che
anch’io ho scritto, ma un intero romanzo – concernenti avventure di Sherlock
Holmes, presumibilmente inquadrabili dopo la sua “resurrezione”.
Oramai Sherlock Holmes l’abbiamo visto: tentare di
salvare i Romanov, indurre Watson a giocare a golf, agire ne “La casa della
seta”, divertirsi con delitto a Singapore, improvvisarsi agente segreto per
salvare un’improbabile corona europea, combattere il narcotraffico dell’oppio
(ma Sherlock Holmes non era anche lui un dogato, un cocainomane? Avrebbe senso
che un cocainomane combattesse contro il mercato dell’oppio? Mah..), scontrarsi
con Jack lo Squartatore ( e addirittura abbiamo ben due romanzi di autori
diversi in cui Holmes lo avversa: due !!! Il mostro dell’East End e Il
marchio del terrore!!!), viaggiare in Afghanistan, scontrarsi con il Conte
Dracula (figurarsi se non poteva mancare!), paventare il ritorno di Jack lo
Squartatore a causa di una catena di strangolamenti (..e basta!!!), agire
assieme a Irene Adler (questo forse sarebbe potuto passare), combattere un
avversario in cerca del Libro dei Morti egizio, muoversi nell’Irlanda sconvolta
dalla guerra civile.
Basta tutto questo? NO. Perché addirittura un altro
apocrifo ha parlato dello zio di Sherlock Holmes, Jeremy (La vedova del
Dartmoor): basta, ve ne prego: anche i parenti ora?
C’è altro? Sì, i topi. Siccome si è oramai a corto
di avversari, S.H. lo si è fatto combattere persino contro il ratto di Sumatra,
portatore della peste a Londra.
Poi ovviamente si è cimentato in altre avventure
(sennò la jattura sarebbe finita: e invece NO!!!): innanzitutto sempre con
Irene Adler deve investigare in Sussex sulla scomparsa di Mr. Phillimore e del
suo ombrello (ma non era un soggetto di Ellery Queen?), deve barcamenarsi con
l’oro boero e con una certa Lady Beatrice, riscontrarsi con Moriarty,
investigare su api avvelenate e sui segreti di Londra, scontrarsi con il Barone
Nero (ma non c’era già il Barone Rosso? Qualcuno deve aver pensato alla serie
dei Corsari di Salgari: vuoi vedere che un giorno spunterà anche un Barone
verde?), e infine condurre indagini sulla scomparsa di un certo Signor Crane.
Compresi i 2 volumi di Sherlock Holmes in America e il solo attualmente di
Sherlock Holmes in Italia (ma Sherlock Holmes in Italia non era già un’
antologia uscita in casa Delos anni fa contente i nove racconti presentati e
altri sette?), il numero complessivo di volumi ad oggi è di 29. Ma non basta,
perchè in realtà gli apocrifi sherlockiani sono 30. Già! Ve n’è un altro che uscì prima del settembre
2014, inizio della serie: Sherlock Holmes e il misterioso caso di Ippolito
Nievo (pure Ippolito Nievo!) dell’italiano Rino Camilleri (almeno per
questo non si è pagata la traduzione!).
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Il "vero primo" romanzo della serie Sherlock |
Trenta? No, Trentuno. Sì perché il prossimo mese ne
esce un altro di David Stuart Davies! Spero solo che non ne scriva un altro,
altrimenti anche quello verrebbe pubblicato, statene certi! Sembra che stia
facendo il verso ad un romanzo di Giulio Leoni: Trentuno con la morte
(quello sì un bel romanzo! A proposito non esce più nulla di Leoni sul G.M.?).
Già perché con il prossimo mese, raggiungeremo le
trentuno uscite. Ah già dimenticavo, nell’ambito delle trentuno uscite abbiamo
esaurito tutti i romanzi di David Stuart Davies: infatti sono stati pubblicati
tutti i suoi sei romanzi. Saranno contenti “i numerosissimi” aficionados di
Davies immagino. Pensate un po’: Mondadori da tre anni a questa parte ha
pubblicato tutti i romanzi di Davies, e nessuno dei romanzi di Halter. Solo che
Halter è un nome riconosciuto a livello mondiale, Davies è un nome riconosciuto
tra gli aficionados di Sherlock Holmes!
Punti di vista.
A questo punto chiunque dei miei lettori potrebbe
ipotizzare una mia avversione completa nei confronti di questo genere: assolutamente
sbagliato signori miei! Io non sono contrario in generale agli apocrifi ma a
parecchi di questa operazione commerciale che, a meno di aver incontrato un
clamoroso successo ( non credo proprio se prendo in esame le copie che vedo
rimanere ogni mese invendute sugli scaffali dell’edicola sotto casa mia), sta
utilizzando risorse che altrimenti si sarebbero investite per ben altri
progetti.
Il discorso degli apocrifi è complesso.
Già molti anni fa, fu affrontato quello degli
apocrifi queeniani che una parte molto
tradizionalista degli appassionati di Queen non accettò di buon grado. Ma si
trattava pur sempre di apocrifi che per il 50% della ditta Ellery Queen (cioè
Lee) erano validi in quanto i vari autori che li approntavano, prima di
pubblicarli li sottoponevano al giudizio, e al raffinamento da parte di uno dei
due cugini. Questi apocrifi sherlockiani, invece, e ovviamente (ci mancherebbe
solo che venisse fatta qualche seduta spiritica per chiedere l’approvazione di
Conan Doyle! Che era per giunta un grande spiritista!) sono interamente frutto
altrui.
Sarei un idiota se non riconoscessi la grande
valenza riconosciuta nel campo del genere poliziesco da Sherlock Holmes; e
sarei parimenti un idiota se non sapessi che ogni grande fenomeno è passibile
di copia. Nel caso specifico, Sherlock Holmes è stato il personaggio della
letteratura poliziesca più copiato in assoluto, da molti autori che ne hanno
creato anche dei cloni. E molti di questi autori, lungi dall’essere sconosciuti
o quasi, come sono gli autori dei romanzi mondadoriani, erano volti noti del
panorama giallistico internazionale, che ne hanno fatto la storia.
Prima di ricordare brevemente quegli autori che
crearono cloni dai nomi curiosamente affini, sarà il caso di ricordare a chi
non ne sia a conoscenza che lo stesso Sherlock Holmes fu una versione
definitiva utilizzata da Conan Doyle dopo aver pensato ad altri nomi indicativi
del suo personaggio: il primo fu Sherrington Hope (che non c’entra una pippa
con Sherlock Holmes!) a detta di H. Douglas Thompson, nel suo Masters of
Mystery (1931). Vincent Starrett affermò che il nominativo di Thompson era
frutto della sua cattiva memoria, dimostrando come il primo nome scelto da Conan
Doyle fosse stato Sherrinford Holmes sulla base della riproduzione del vecchio
taccuino di Conan Doyle inserita nel suo Vita privata di Sherlock Holmes
(1933). Il fatto che l’altro autore avesse affermato la forma Hope, per alcuni
sarebbe stato il risultato di una sintesi con l’assassino di Uno Studio in
Rosso, Jefferson Hope. A parte questo la forma definitiva Sherlock Holmes
fu il risultato secondo alcuni di scelte casuali: Holmes sarebbe derivato da
Oliver Wendell Holmes saggista e medico americano amante di romanzi
polizieschi, mentre il nome Sherlock sarebbe
stato adottato dopo una partita di cricket nella quale Doyle avrebbe
battuto un battitore dal tale nome. Tuttavia questa genesi del nome non pare sia stata confermata in
alcun modo da Doyle, a ribadire che molti autori hanno scritto su Holmes ( e
molti lo hanno copiato).[1]
Sarà qui il caso di ricordare alcuni di questi
autori creatori di cloni, dai nomi curiosamente affini a Sherlock Holmes, molti
dei quali assolutamente sconosciuti :
Sherlock Abodes di Bob Higgins :
risultato di una trasformazione di significato. Togliendo la L centrale Holmes
si trasforma in Homes = Case, dimore come appunto Abodes.
Fetlock Bones, cognato di Sherlock Holmes (accompagnato dal
dottor Potson) in The Pekinese of the Basketville, originale radiofonico CBS
del 1944.
Oilock Combs (Watson= Spotson) di William Kahn (1905)
Picklock Holes in otto parodie di Cunnin Toil (1901)
Hemlock Holmes, di James F. Thierry (1918), batte
l’ispettore Letstrayed
Loufock Holmes (1895) di Cami.
Raffles Holmes di Joihn K. Bangs (1906)
Hemlock Jones di F. Bret Harte (1902)
Sheerluck Ohms ( in parodie) di Thomas B. Dowdall
(1946-1950).
Oltre i citati (ed altri) illustri sconosciuti, ci
furono anche altri autori molto conosciuti che scrissero cloni.
Tra questi
Maurice Leblanc che propose il suo Holmlock
Shears prima versione del definitivo
Herlock Sholmes che combatte contro
Arsese Lupin; August Derleth che
propose un proprio eroe sherlockiano di nome assolutamente diverso, Solar Pons (accompagnato dal dottor Lyndon Parker); prima ancora Il Principe Zaleski inventato da Matthew Phipps Shiel (amico di Oscar Wilde, 1895). Anche George Meirs creò un personaggio direttamente influenzato
da S.H. : “William Tharps, il
celebre poliziotto inglese” accompagnato dall’avv. Pastor Lynham.
Quindi non avrebbe alcun senso che io avversassi il
genere, tanto più che anch’io ho scritto racconti apocrifi sherlockiani (uno è
inserito nella prima versione di Sherlock Holmes in Italia, quella Delos uscita
anni fa: anzi è uno dei due più lunghi!). Ma i racconti sono una cosa, i
romanzi sono un’altra! E io critico la scelta di una serie che arriverà a 31
uscite perché di essa faranno parte 28 romanzi di autori semisconosciuti (o
sconosciuti proprio o conosciuti solo tra frange di fissati di S.H.) e solo 3
raccolte di racconti (i racconti avrebbero contribuito a dare
internazionalizzazione al genere restando tuttavia in un ambito ristretto).
La mia è una critica non campata in aria: io
critico innanzitutto la modalità alla base della creazione della collana. Che
io sappia e abbia sentito in giro, l’uscita della collana è stata decisa, come
atto monocratico, senza che altri potessero esprimere il loro punto di vista. Questo,
a dirla tutta, può essere anche in un certo senso una cosa buona da parte di
chi non è stato interpellato, perché in caso l’iniziativa vada a carte e
quarantotto, si potrà sempre dire “a me nessuno ha chiesto nulla”, oppure “io
non ero d’accordo” oppure anche “io non avrei mai dato il via ad una collana di
apocrifi sherlockiani!”. E se lo dico è perché c’è gente che è convinta di
questo!
Nessuno dice che non possa essere nelle corde dell’editor assumersi la
responsabilità della nascita di una collana, se lui pensa che possa avere
successo. Il fatto è però, sulla base del pregresso, tutti
gli editor che hanno voluto tentare qualcosa di nuovo, hanno dovuto poi
approntare la ritirata, dopo aver fatto sfracelli. E siccome poi alla lunga
nessuno dei responsabili superiori si assume mai la responsabilità di avere
assunto lui l’editor ma scarica tutto sull’editor medesimo, alla fine dei
conti, chi paga alla lunga una iniziativa finita in un certo modo, è sempre il
lettore, che non ha più a disposizione quel parco scrittori che aveva prima che
l’iniziativa cominciasse e poi finisse. A dirla tutta, a denti stretti. Cioè in
parole povere… prima che Altieri avesse la brillante idea (sicuramente
supportato da alcuni) di inaugurare la collana “Il Giallo Mondadori presenta”,
una sorta di vetrina in cui sarebbero dovuti essere presentati al pubblico gli
autori emergenti italiani, ricorderò ai lettori freschi e ignari, che anni fa
il lettore del G.M. aveva 4 inediti e 2 classici AL MESE. E in più c’erano due
testate trimestrali: Lo Speciale del G.M. (che ancora esiste, ma non so fino a
quando) e il Supergiallo Mondadori – che presentava una silloge di racconti,
erede delle mitiche stagioni “Ellery Queen presenta” – che NON ESISTE PIU’.
Dopo il tracollo della collana neonata, che
determinò una tracimazione di titoli inadatti per il bacino ormai abituato al
mystery di qualità nel Giallo Mondadori, anche il G.M. andò in crisi, con il
conseguente effetto che molti lettori storici abbandonarono la testata.
Risultato ? Da 6 inediti AL MESE si è passati a 2 Inediti AL MESE. Da DUE
collane trimestrali si è passati ad UNA collana in pratica quadrimestrale.
Altri effetti? Altieri esonerato e lettori
infuriati e disorientati.
Chi ha pagato degli alti ranghi per delle
operazioni commerciali finite in un disastro? Solo l’editor. Ma non posso pensare che l'editor non debba rendere conto a qualcuno che sia più in alto di lui senza necessariamente arrivare subito al presidente. Eppure alla fine chi ha subito sulla propria pelle i disastri
combinati da gente che è saltata, sono solo i lettori. Siamo sempre noi che subiamo.
Noi siamo il popolo e loro i governanti. E’ una metafora dell’ambiente
politico. L’effetto di tutto ciò quale sarà che ad un certo punto il popolo dei
votanti/lettori, perché i lettori votano una politica editoriale acquistando i
libri, non voterà più per determinate persone, preferendone delle altre.
Cosa significa la ripresa di Polillo secondo voi?
NON che Il Giallo Mondadori è inutile perché in
perdita di consensi, ma che il Giallo Mondadori se gestito diversamente – E NON
PARLO DI EDITOR ma di chi anche sta sopra E DI TUTTO IL MECCANISMO CHE GIRA
ATTORNO (vedi per esempio affidare la curatela delle collane a consulenti di
provata esperienza e ripristinare la Redazione) – produrrebbe MOLTO DI PIU’.
I responsabili del crollo di consensi non possono
essere solo i lettori, ma soprattutto chi ha gestito le cose cosicchè i lettori
diminuissero. I lettori sono solo la cartina di tornasole di una situazione di
boom o di crisi o di andamento costante. Dico cavolate forse?
Ora l’abolizione della redazione, basata sul fatto
che a uscire sarebbero dovuti essere solo due volumi al mese, in realtà non
troverebbe più alcuna base, perché ad uscire sono tre volumi: uno di
approvazione diretta dell’Editor (l’inedito del G.M.), uno basato su un piano
presentato da Mauro (il Classico) ed uno sembrerebbe basato su un piano
presentato da Pachì. Per questa serie tuttavia, siccome Pachì e Forte sono
amici da sempre e sono tra i soci fondatori di Delos, i titoli proposti da
Pachì suppongo che abbiano l’avallo di Forte. Cosa voglio dire? Che nel caso di
una serie di romanzi nuovi cioè di inediti sherlockiani affiancati a quello di
genere generale mensile, romanzi che procurano una spesa sensibile, a mio modo
di vedere, se vi fossero state più voci a dire la loro nell’ambito del
progetto, forse si sarebbe visto anche qualcos’altro. Invece così, mah, mi
sembra che una visione esclusiva, limiti la qualità dell’intera serie: su che
base i romanzi scelti sono meglio di altri? Chi lo dice? E’ questo il punto.
Una decisione collegiale avrebbe avuto un peso maggiore.
Tenendo conto sempre che questi apocrifi sono
romanzi nuovi, e di autori stranieri, per cui sono stati pagati diritti
(immagino poca cosa essendo autori poco conosciuti) e sono state pagate le
traduzioni, il loro peso editoriale è effettivo: non si tratta di racconti di
autori italiani che rinunciano a compensi pur di vedere pubblicati i loro
lavori che non bisogna ovviamente tradurre, né tantomeno di ristampe per cui bisogna pagare solo i
diritti ai traduttori, a patto che esistano ancora, e agli agenti detenenti, i
diritti degli autori.
Con i soldi spesi in questa operazione commerciale
si sarebbero potuti tradurre o ritradurre molti capolavori che restano lì ad
aspettare Godot: Il Mostro del Plenilunio, L’ultima Carta, Piazza pulita
di Carr, avremmo potuto vedere tradotti i racconti di Mr. Tarrant di
Daly King, altri romanzi di Doherty, Gaudy Night di Sayers o Sudden
Death di Crofts, alcuni romanzi di Ngaio Marsh di cui resta solo l’edizione
della Casini super tagliata, tipo Off with his Head (Rito macabro) o The
Nursing-Home Murder (Tra bisturi e siringhe) o ancora A Man Lay Dead
(Giochiamo all’assassino). Non parlo più dei romanzi di Paul (anche se lì una
mia personale speranza è data dal fatto che lui non ha mai detto espressamente
che i suoi romanzi non si sarebbero più fatti, per cui potrei anche sperare in
una pubblicazione futura), e figurarsi dei Boileau (già abbiamo visto Sei
delitti senza assassino) o Vindry o Le Quattro Vipere di Pierre
Very, una delle Palmine più belle in assoluto che attende il ripescaggio da
troppo tempo. .
Si sarebbe potuto pubblicare anche in un’edizione
speciale l’ultimo lavoro radiofonico di Carr non tradotto (perché lunghetto): Speak of the Devil ; o
l’ultima fatica di Ellery Queen rimasta incompiuta.
Insomma…penso di essermi spiegato a sufficienza.
Il discorso sugli apocrifi per di più si potrebbe
anche ampliare:
per quale motivo – dico io – invece di questi romanzi
che ci stanno proponendo da quasi tre anni (la più lunga serie di jatture è
ancora quella famigerata dei gatti di Lilian
Jackson Braun:
29 romanzi + alcuni Speciali coi racconti, ma credo
che preso, se questa serie di romanzi apocrifi continuerà, potrebbe essere
surclassata; mentre quella incentrata sulle gesta di Amelia Peabody di Elizabeth Peters, pseudonimo di
Barbara Mertz, convenientemente mollata a Editrice Nord, si è attestata sulle
13 uscite e grazie a Dio si è bloccata), non si sono proposti altri apocrifi, ma
di qualità straordinaria?
Perché cioè non hanno pensato a ripubblicare Le Nuove Imprese di Sherlock Holmes di Adrian
Conan Doyle (il figlio) e John Dickson Carr (antologia già
pubblicata da Mondadori nel 1966) ? O La
soluzione sette per cento di Nicholas
Meyer? O Il mistero della sala
Egizia di Val Andrews? O I passatempi di Sherlock Holmes di René Reouven? O ancora I segreti di Sherlock Holmes di Enrico Solito che è il più grande
autore italiano riconosciuto di apocrifi sherlockiani? Questi sono tutti libri
già editi da Fabbri, pubblicati del 2003, per cui sarebbero stati pagati i
diritti, ma non certo le traduzioni. E si tratta comunque di romanzi di valore
riconosciuto: Val Andrews è stato un grande scrittore di apocrifi e un mago
illusionista; non credo sia necessario parlare di Carr e del figlio di Conan
Doyle; e pure Reouven è un grande scrittore francese vivente, per di più autore
di romanzi con delitti impossibili (presenti alcuni anche nella lista di
Lacourbe).
E si sarebbe potuto presentare anche The Misadventures of Sherlock Holmes di
Ellery
Queen (Dannay), o – anche in due volumi – una delle più straordinarie
raccolte di racconti ispirati da S.H., Le
avventure di Solar Pons & Le
memorie di Solar Pons di August Derleth, originariamente
pubblicata nel 1970 da Longanesi. Invece…
Devo aggiungere altro?
Non credo.
Pietro
De Palma
[1]Molto
altro si può leggere nella interessantissima prefazione di Ellery Queen alle Avventure di Solar Pons, di August
Derleth