giovedì 30 aprile 2020

Peter Lovesey : Bertie e i sette cadaveri (Bertie and the Seven Bodies, 1990) - trad. Giuseppina Caricchio- Il Giallo Mondadori 2243 del 1992

Di Peter Lovesey abbiamo già parlato  a proposito di un suo ottimo romanzo dedicato a Carr: Bloodhounds, tradotto in Italia come "Il signore dell'enigma", che apparteneva alla serie dell'investigatore Peter Diamond.
Ma Lovesey ha dato vita anche ad altri personaggi: all'Ispettore Cribb (di cui ho parlato in Un Fantasma per l'Ispettore Cribb) e a Sua Altezza Reale, il Principe Bertie. Di questa serie parleremo oggi.
Bertie è un personaggio reale: fu al tempo il figlio della Regina Vittoria, Alberto Edoardo Principe di Galles che poi diventò Re col nome di Edoardo VII. In gioventù, prima che fosse incoronato, il suo soprannome fu Bertie. Fu un personaggio famoso per la sua giovialità, per il suo amore per i viaggi e delle belle donne, nonostante di fosse sposato nel 1864 con Alessandra di Danimarca: infatti ebbe almeno sette amanti, e vari figli e figlie anche illegittimi/e.
Lovesey affidò proprio a questo personaggio una serie di romanzi, che probabilmente sarebbero dovuti essere di più, ma che dopo il terzo si interruppe. I tre romanzi sono nell'ordine:

Fotofinish per Bertie (Bertie and the Tinman, 1987), Il Giallo Mondadori 2187 del 1990
Bertie e i sette cadaveri (Bertie and the Seven Bodies, 1990), Il Giallo Mondadori 2243 del 1992
Delitto al Moulin Rouge (Bertie and the Crime of Passion, 1993), Il Giallo Mondadori 2424 del 1995

A margine del romanzo, osservo solo che uno dei maggiori disegnatori delle copertine Mondadori, Prieto Muriana, a cui vennero negli anni 90 affidate numerose copertine de Il Giallo Mondadori, per la realizzazione del Principe di Galles, ritratto in copertina, si avvalse probabilmente di una foto ufficiale del sovrano:
Notale la rassomiglianza: quasi uguale l'immagine di copertina al ritratto!

Il romanzo è interessantissimo e ottimo per molti aspetti.

Bertie, Principe di Galles, sposato ad Alessandra di Danimarca, viene invitato da Amelia Drummond, moglie di Sir Drummond morto tragicamente un anno prima, ad una grande battuta di caccia che si terrà nella sua tenuta di Desborough Hall, una enorme villa, quasi un castello con ben 900 stanze, di cui 97 solo da letto.
La padrona di casa ha stilato una lista di invitati che ha sottoposto al Principe, e lui ha ammesso tutti tranne un Cavaliere di Gran Croce anche perchè sarebbe stato il tredicesimo invitato e come si sa in Inghilterra il numero 13 porta male.
Il Principe arriva nella tenuta con tutto il suo seguito formato da quasi 57 valletti, alle dipendenze sue e della moglie. E ben presto si ambienta, e conosce tutti e tutti vogliono conoscerlo: Oddio, ci sono anche quelli che lui conosce già, tipo Jerry Gribble, Duca di Bornemouth, e anche un banchiere, Sir George Holdfast. E quelli che conoscerà durante la battuta, la maggior parte degli uomini invitati, è gente che ha partecipato già ad altre battute di caccia, come per es. Claude Bullivant e Wilfred Osgot-Edge, un poeta balbuziente appartenente ad una antichissima famiglia nobile, che hanno partecipato assieme ad altri all'ultima in quella tenuta, quando per un fatale errore, invece che un fagiano, un ragazzo si era trovato sulla linea di fuoco dei pallini di piombo, e si lì a qualche ora, era morto.
Stavolta le cose si sono organizzate bene, meglio di allora: una gran quantità di gente, battitori, servitori, una moltitudine di cani addestrati ad afferrare i fagiani caduti, il tutto per omaggiare Sua Grazia il Principe di Galles e la sua consorte (che non è per nulla attratta dalla caccia, anche perchè ha lasciato le due figlie, e il figlio a casa). In suo onore viene allestita la cena di benvenuto, e prima ancora gli danno una sontuosa camera da letto.
Nelle prime pagine del romanzo si è assistitito a simpaticissime baruffe tra i due sposi, e soprattutto alla velleità del principe di accreditarsi come un investigatore, che applica il metodo deduttivo a tutto, beccando però accanto a grandi vittorie anche sonore sconfitte. E la moglie non fa altro che metterlo in guardia sul non cacciarsi in situazioni non gestibili.
Quale meravigliosa occasione di mettere in luce le sue qualità, quando durante la cena, al dolce, inaspettatamente nell'ilarità generale, l'attrice Queenie Chimes amante del Duca di Bornemouth, cade di faccia nel dolce che hanno appena portato a tavola, e dopo un attimo di ilarità e poi di sospensione, non riprendendo i sensi, la donna viene accompagnata dal compagno, dal più vicino medico. Lì per lì Bertie non interviene, in quanto come tutti ha assistito a qualcosa che non ha capito. La mattina dopo tuttavia è lui a comunicare alla moglie che la ragazza è morta prima di arrivare a destinazione: pare avvelenata. Ora Bertie non sospetta minimamente trattarsi di altro che non un'intossicazione alimentare anche se è strano quantomeno, in quanto la ragzza ha mangiato le stesse cose che hanno mangiato tutti gli altri commensali.
Anche quando uno strano biglietto le viene trovato vicino, sulla tavola con la dicitura: Lunedì.
Ma se quanto accaduto la sera può essere ascritto al mero incidente (e messo a tacere), ben più complessa  appare la morte del Duca amante di Queenie, trovato, durante la battuta di caccia ai fagiani, morto, apparentemente suicida. Sia Bertie che gli altri uomini si incaricano, su decisione sua, di scaricare la salma al maggiordomo della casa delle vittima, cosicchè possa approntare le cose come si fosse sparato lì e non durante la battuta di caccia. Questo per evitare sconcerto soprattutto alle consorti, sperando sempre che non arrivi alle loro orecchie (cosa che inevitabilmente arriva) anche il fatto che anche stavolta è stato trovato un biglietto con sopra scritto Martedì. E ancora una volta Alix, cioè Alessandra la principessa consorte, consiglia il marito di non intromettersi in cose che andrebbero gestite dalla polizia. Il discorso è anche che la polizia è tra di loro: c'è infatti John Sweeney che è un ispettore di polizia sì, ma della Royal House, una specie di guardia del corpo personale del principe che veglia sulla sua incolumità, ma che non ha precipuamente uno scopo investigativo/giudiziario,
Stavolta Bertie qualche sospetto comincia a fondarlo anche se l'ipotesi del suicidio ancora ancora potrebbe reggersi, sospetto che diventa certezza quando durante il gioco del nascondino la sera dopo, il poeta viene trovato accoltellato con un coltello da cucina, nel vano del montacarichi. Questa volta viene trovato sotto il corpo, nel vano un biglietto con scritto : il cadavere del mercoledì . Oramai è una certezza che si tratti di assassinio e quindi che anche i precedenti lo fossero.
Sulla base di giorni della settimana, si giunge ad ipotizzare ( è proprio Alix che l'ipotizza sulla base del fatto che come "child" anche "corpse", foneticamente, sia bisillabo, e quindi possa essere scandito) che l'assassino segua lo schema di una filastrocca che fa (ovviamente il ritmo e la musicalità si apprezza nella filastrocca originale, in inglese) così:

Lunedì è bello in viso                                         
Martedì di grazia è pieno
Mercoledì muor di tristezza
Andrà lontano giovedì
Venerdì ha il cuore in mano
Suda il sabato la vita
La domeinca del Signore
Il bimbo è allegro e tutto cuore

“Monday’s child is fair of face.
Tuesday’s child is full of grace.
Wednesday’s child is full of woe.
Thursday’s child has far to go.
Friday’s child is loving and giving.
Saturday’s child works hard for a living.
But the child that is born on the Sabbath Day
Is bonny and blithe and good and gay.”


Perchè si parli di questa filastrocca, è soprattutto perchè ad essere ucciso il mercoledì sia un poeta (precedentemente una sua poesia a rime baciate era stata letta da alcuni) che per di più si chiama Woe che in inglese significa Tristezza (ancora una volta è Alix che lo scopre: altro che Bertie!).
A questo punto Bertie teme che la vittima successiva possa essere l'esploratrice sulla base del verso che dice "andrà lontano" e pertanto quella notte, tra mercoledì e giovedì si da da fare perchè la donna sia protetta da lui, e pertanto dorme nella stanza della donna.
Il fatto che Bertie dorma nella stanza da letto di una donna che non sia la moglie, non è cosa strana: già il martedì aveva tentato di portarsi a letto la Drummond prima di capire che lei era destinata a fare sesso col poeta, e il giorno dopo tenta con la Duncas, ma sempre con effetti negativi.
Nessuno attenta alla vita della donna ( che per di più non aveva bisogno che il futuro re inglese montasse la guardia in camera sua perchè aveva predisposto una trappola con rete che aveva già funzionato con Bertie) e quindi si è quasi contenti che l'assassino si sia interrotto, quando per puro caso, il Principe ed il fratello di Lady Drummond, Marcus Pelham, passando dinanzi ad un pozzo, rinvengono il quarto biglietto con scritto Giovedì; e dopo qualche ora di lanci di funi con uncino nel profondissimo pozzo, un brandello di gilet di foggia e colore caratteristico, viene attribuito a quello di Bullivant.
Il venerdì dovrebbe morire chi ha "il cuore in mano (si sospetta Lord Holdfast per la sua estrema generosità)" e così tutte le donne tra cui Alix e Lord Holdfast vanno via. Così la catena dovrebbe interrompersi. Ma, invece, a morire la mattina del sabato è inaspettatamente, dopo una sera di amplessi con Bertie e una notte profondamente passata a dormire da ambedue nello stesso letto, proprio Lady Drummond, trovata nel giardino sotto il balcone della camera da letta, con il collo spezzato ed una profonda ferita alla testa,  causata da un colpo inferto da un oggetto contundente.
Perchè Lady Drummond? Aveva il cuore aperto..nei confronti degli uomini. Insomma, come già malignamente aveva detto Alix giorni prima, la dava a tutti.
Qui Bertie comincia veramente ad applicare la deduzione, lanciandosi in una serie di ipotesi:
se qualche giorno prima era arrivato a sospettare dell'ultima vittima, perchè lei aveva stilato al lista degli invitati, ora sospetta del fratello, per questioni di eredità. Insomma sospetta che abbia ucciso gli altri soggetti solo per mascherare quest'ultimo, e che la filastrocca sia servita solo a stornare i sospetti. Ma anche stavolta tutte le ipotesi sulla via utizzata per accedere alla camera, si rivelano errate, e quindi anche questa ipoesi cade.
L'assassino verrà scoperto ed ucciso solo dopo aver ucciso anche il sabato, e tutto per un movente molto diverso da quello ipotizzato precedentemente, e l'assassino scoperto sarà un'assoluta sorpresa. Per il lettore, non per il Principe, che almeno una volta avrà trionfato sul pregiudizio della moglie.
Giallo classicissimo, Bertie e i sette cadaveri è un'autentica sorpresa: un romanzo brillante, scoppiettante ed umoristico, con questo erede al trono inglese, impenitente donnaiolo seppur sposato, che cerca di entrare in ogni letto basta che sia di una donna piacente, sopportato dalla moglie che perdona le continue scappatelle del marito, che non si cura neanche tanto di dissimulare le sue brame carnali; che si da arie di consumato investigatore applicando la deduzione all'osservazione di qualsiasi cosa (le punte delle scarpe del prete sporche di fango da cui deduce che è stato a pesca); che da ordini ma poi è trattato peggio di uno stalliere (quando lui e altri tre portano il cadavere di Jerry Gribble nella sua casa, e i tre che hanno portato il cadavere dentro vanno via con il calesse, accompagnati dal maggiordomo, mentre lui a piedi li rincorre finchè si accorgono della sua presenza).
Il movente, lo diciamo subito è una vendetta (lo si capisce o almeno lo si immagina, quando si parla della morte del ragazzo di 17 anni avvenuta più di un anno prima), però non è avvertita subito in quanto tale, per cui all'inizio la sequenzialità dell'actio delicti, siccome le persone appaiono assolutamente slegate le une dalle altre, appare come un'azione diversiva, una sorta di "Catena Infernale" di Christiana memoria, in cui varie morti senza alcun movente devono coprire l'unica morte veramente voluta che lo giustifichi. Solo in seguito, alla percezione di una serie di delitti inutili che coprono l'unico delitto utile all'assassino, si sostituisce quella di una serie di delitti,voluti sia nella loro totalità che individualmente, in cui, salvatisi solo coloro che non avevano partecipato all'azione da cui era scaturita la vendetta, l'assassino deve per forza ricercarsi tra coloro che sono stati ritenuti morti . Ecco allora avverarsi altra derivazione christiana: non più La Serie infernale, ma ...E non rimase nessuno.
Se il romanzo si configura come una sorta di pastiche che utlizza una soluzione tipicamente christiana, anche una delle morti quella figurata, richiama al romanzo, in quanto si attua mediante una finta morte dell'omicida. L'omicida francamente si potrebbe anche indovinare chi sia, mettendo a fuoco l'uccisione della padrona di casa, il venerdì mattina: solo ipotizzando chi possa essere entrato nella sua camera senza destare alcun pericolo, si potrebbe inquadrare l'omicida prima che uccida ancora. Ma questo accade dopo: Bertie ci pensa solo dopo aver assistito alla morte del prelato e aver scoperto una lastra tombale nel cimitero.
Al di là della soluzione che si rifa ad un procedimento tipicamente christiano, ai romanzi della Christie questo di Lovesey si avvicina anche per altro: l'uso di filastrocche e poesie. Mentre però in Agatha Christie la filastrocca viene usata più che altro come mezzo di contrasto tra l'aura infantile e di innocenza cui si richiama e l'atmosfera malvagia in cui viene utilizzata, in Lovesey, la filastrocca ha un senso più che altro letterale: è un modo usato dall'assassino solo per richiamare le varie vittime, e fornire una falsa pista.

Di filastrocche e poesie in questo romanzo ve n'è più d'una, e la traduzione della Caricchio non è sempre adeguata perchè si notano qua e là delle stecche che guastano, confrontando è bene dirlo l'originale con il testo tradotto in italiano. L'occasione mi è stata data da un qualcosa che non avevo capito leggendolo una prima e poi una seconda volta, perchè c'era qualcosa che sfuggiva al ragionamento logico. A pag.19, cap.3, si legge una poesia del poeta Wilfred Osgot-Edge: 

La preghiera del ringraziamento
Il ragazzo discolo disturba
Il suo pane quotidiano
Nel deserto dovrebbe consumare, 
Dove il re degli animali,
Giorno dopo giorno,
Prima di saziare la sua fame,
Ruggisce,
Andiamo a caccia.

A parte il fatto che la poesia in origine è in rime baciate, e quindi traducendolo non così si perde musicalità e ritmo (ma Lovesey non è sempre facile da tradurre, mi ha detto un mio amico traduttore, e ci credo, e quindi su questi aspetti accessori ci passo sopra, anche se la cosa non è solo qui ma anche altrove, per es. a pag. 36 cap.6 nel caso di un'altra filastrocca), ma la cosa che lascia veramente interdetti è quell' Andiamo a caccia, che mal si accorda con La preghiera del ringraziamento (sarebbe: "il cattivo ragazzo disturba quando viene declamata la preghiera del ringraziamento"

“He fidgets when the grace is said,
Wicked child.
He should be fed his daily bread,
In the wild,
Where hungrily the king of beasts,
Day by day,
Is heard to roar before he feasts,
‘Let us pray.’”


Infatti nella traduzione in italiano si perdono i giochi di parole. Un tale dice (cap.3 pag.20): "Bah, mica male - osservò Bullivant. Andiamo a caccia. Che ne dice, Padre?. Si può apprezzare l'ispirazione della poesia anche se non si approva il modo in cui viene espressa - rispose il cappellano prudentemente.
Nell'originale leggiamo invece: 

“Ha, not bad,” said Bullivant. “It’s a pun. ‘Let us prey.’ How about that,
Padre?”. “One applauds the intention of the poem without altogether approving of its
phrasing,” said the Chaplain guardedly.


Cosa cambia? Manca l'espressione: It's a pun (=è un gioco di parole). La Caricchio non capisce il gioco di parole Let us pray -- Let us prey: Preghiamo..cacciamo, e quindi espunta il breve inciso It's a pun Nell'originale, Let us pray ben si accorda con la preghiera del ringraziamento, mentre la Caricchio traduce con un fantomatico Let us prey che non c'entra nulla (viene messo in relazione col leone), collegato al Let us prey che veramente viene inserito dall'autore dopo.

Pietro De Palma



sabato 25 aprile 2020

Michael Clynes (Paul Doherty) : Gli artigli del diavolo (The White Rose Murders, 1991), trad. Patrizia Bagatti, Piemme, 2004

Paul Doherty non è stato, come molti pensano, solo pubblicato da Mondadori, ma anche da altre case editrici italiane( Hobby & Work, Piemme, Newton Compton): nel massimo sfulgore, intorno al 2000, quando cioè era un nome conosciuto in Italia, grazie alle serie di Fratello Athelstan (Paul Harding)  e Kathryn Swinbrooke (C.L. Grace),la Casa editrice Piemme, pubblicò i primi tre romanzi della serie  di Sir Roger Shallot ( per la quale Doherty aveva usato lo pseudonimo di Michael Clynes) seguiti da un romanzo non inquadrato in serie.
La serie si compone di sei romanzi :


Gli artigli del diavolo ( The White Rose Murders), 1991

Il calice avvelenato (The Poisoned Chalice) ,1992
                     Gli assassini del Graal (The Grail Murders), 1993
A Brood of Vipers, 1994

The Gallows Murders, 1995

The Relic Murders, 1996


Il primo romanzo pubblicato, Gli artigli del diavolo, titolo del tutto inventato e non in relazione con quello inglese (in origine è The White Rose Murders, e quindi sarebbe potuto essere I Delitti della Rosa Bianca ), è un vero e proprio capolavoro.
Tradotto, bisogna dirlo, benissimo da Patrizia Bagatti, e tutto sommato integralmente (scappano sempre delle cose e anche qui qualcosa è scappata, ma così infinitesima, che si può dire che la traduzione italiana è stata integrale: 320 pagine su 249 originali inglesi).
Come ho scritto recentemente per altro suo romanzo, la tecnica di Doherty presuppone non la costruzione di un  unico romanzo, ma l'unione di più novelle: questo è il suo limite, probabilmente per la sua incapacità a governare una trama dall'inizio alla fine. Almeno questo è quanto pensavo prima di aver letto questo romanzo, del resto opinione suffragata da quella di Igor Longo che la pensa alla stessa maniera. Del resto non è un limite solo di Doherty ma anche di altri romanzieri molto noti, tipo McBain o Pronzini, quello di unire più episodi slegati tra loro a formare un'unica trama. Questo romanzo, quello di cui parliamo oggi, ne è una eccezione: è infatti costituito da un unico plot che si espande dall'inizio alla fine. E non è la sola caratteristica d'eccezione del romanzo. Infatti, Doherty per questa serie, essendo in sostanza delle memorie che Sir Roger Shallot rende note per mezzo di uno scrivano, adotta la narrazione in prima persona, che coinvolge ancora più intimamente e completamente il lettore, scaraventandolo al centro dell'azione. E' ovvio che così, anche grazie ad uno stile sempre fluido e ricco di colpi di scena, le pagine scorrono le une dopo le altre, senza che si avverta la minima fatica o noia; e si tenga conto che l'azione vera e propria comincia dopo circa 50 pagine...
Parla in prima persona Sir Roger Shallot, diventato consigliere personale della regina Elisabetta I, e narra delle sue origini, delle sue malefatte in giovane età secondo l'arte dell'arrangiarsi, della sua partecipazione alla battaglia di Flodden, e soprattutto dopo la morte della madre e poi di quella del patrigno, al ritorno dalla guerra, delle ruberie attuate da lui a danno del medico Scawsby oltre che dell'essersi fatta la moglie. E di come colto sul fatto, fosse stato condannato dal fratello della vittima, non all'esilio, ma addirittura a morte. E di come fosse stato salvato in extremis proprio da un suo compagno di gioventù e di studi, memore del fatto che Roger lo aveva difesa in una occasione. Ora quel compagno ha fatto fortuna, essendo unico nipote di Sir Thomas Wolsey, Cardinale e Primo Ministro di Re Enrico VIII, e chiede a Roger di entrare al suo servizio, più da compagno che da servitore, nonostante Roger gli si rivolga sempre some Padrone. Da quel momento comincia la vera e propria storia, la trama che contraddistingue il romanzo. Siamo circa a pag. 50...
Dopo una serie di vicessitudini, con cui Roger, per svezzare il suo Padrone che lui giudica ingenuo, gli da una mano, provocando il più delle volte dei casini più che vittorie, Wolsey da ai due una missione pericolosa, d'accordo col Re: incontrarsi con la regina Margot di Scozia, sorella di Enrico VIII e vedova di Giacomo IV morto a Flodden, e la sua corte, allo scopo di preparare il suo ritorno in Scozia incontrandosi con i messi scozzesi e allo stesso modo recandosi ad  interrogare dei personaggi che hanno dei segreti che potrebbero rovinare il piano. Tenendo conto del fatto che anche i Blanc Sangliers, una organizzazione segreta che mira a rimettere sul trono gli York, dopo la morte di Riccardo III a Bosworth, potrebbero ostacolare l'opera dei due. Insomma, il compito si rivela rognoso.
Preso contato con la corte della regina nella Torre di Londra, i due, accompagnati da Agrippa, mago e consigliere di Wolsey, conoscono anche il resto della combriccola, nessuno dei quali incontra la loro approvazione: da Sir Catesby, segretario personale della regina, a Sir Carey il tesoriere e consorte, dal capitano Melford, mercenario e capo delle guardie a Moodie, prete ed elemosiniere, da Sir Ruthven il fattore a Scawsby
Chi devono subito interrogare è Selkirk, il medico di Giacomo IV, anche lui a Flodden, che sa cose assolutamente da estorcergli. Benjamin era stato inviato a Parigi da suo zio ad arrestare Slkirk che era lì fuggito, perchè in possesso di informazioni vitali, ma Benjamin si era fatto commuovere dal vecchio pazzo e quello era scappato finendo arrestato dagli uomini del cardinale. Da allora era vissuto in una cella della torre, ammorbata dal fetore sei suoi escrementi, scrivendo versi folli su pezzettini di carta. Neanche il tempo di interrogarlo una prima volta zenza successo, e Selkirk viene ucciso nella sua stanza, chiusa dall'interno, avvelenato. Ma la coppa che avrebbe dovuto contenere il vino avvelenato, contiene solo un fondo di innocuo vino: nessun passaggio segreto o porta celata, nè tantomeno modi per entrare ed uscire senza essere visti. Il bello è che non trovano neanche i messaggi della vittima. Solo passando al setaccio la stanza, trovano scritti su un pezzettino di carta, nascosto tra le pietre del muro, degli enigmatici versi:


Three less than twelve should it be,
Or the King, no prince engendered he.
The lamb did rest
In the falcon's nest,
The Lion cried,
Even though it died.
The truth Now Stands,
In the Sacred Hands,
Of the place which owns
Dionysius'bones.
 

Tre meno di dodici debbono (dovrebbero) essere
O il re nessun principe generò
L'agnello riposò
Nel nido del falcone
Il leone ruggì
Anche se era già morto
La verità ora alberga
Tra le sacre mani
Nel luogo che ospita
Le ossa di Dionigi



Cosa mai vorranno dire?

Selkirk ripeteva spesso i primi due versi, nei giorni prima di essere ucciso. Quindi la loro valenza è massima. Ma il medico alternava pochi momenti di lucidità a periodi molto lunghi di follia. Perchè mai poi egli è stato perseguitato? Era stato fino a poco prima che fosse ucciso assieme al suo re, e quindi si  suppone che possa sapere qualcosa di compromettente.
Perchè tutto il romanzo ruota, è bene dirlo, su Giacomo IV di Scozia e sulla battaglia di Flodden.
La cosa strana è che viene trovata nella stanza di Selkirk, oltre che lui ucciso e non si sa come, visto che fuori dalla cella erano sempre schierate guardie armate, anche una rosa bianca, simbolo della casata di York: si chiamano Les Blanc Sangliers, partigiani di Riccardo III e tramano nell'ombra. Il Le Blanc Sanglier in francese significa Il Verro bianco, ossia il cinghiale bianco che era l'emblema araldico di Riccardo III.
In attesa di riuscire a capire la dinamica dell'assassinio e la spiegazione della Camera Chiusa, i due focalizzano la loro attenzione sui versi. Ma non ne vengono a capo. Neanche dopo che viene ucciso in modalità simili a quelle di Selkirk, Sir Ruthven, il solo che si fosse in qaulche modo relazionato a Bejamin e Roger: viene trovato avvelenato, con un calice accanto che non contiene altro che rimasugli di vino non avvelenato, nella camera chiusa dal di dentro. Benjamin toglie tuttavia un pezzettino di qualcosa verde rimasto incastrato in un dente. Importante indizio che riuscirà a scalfire la coltre di silenzio, che viene raccolto da Benjamin, è il fatto che Ruthven era inseparabile dal suo gatto, che era per lui come un'assicurazione sulla vita: infatti gli faceva assaggiare prima ciò che mangiava e beveva. Se il gatto è ancora lì, a miagolare disperato mentre il suo padrone è morto, è segno che Ruthven è stato avvelenato con qualcos'altro che non il cibo o il vino.
Anche nel suo caso viene trovata una piccola rosa bianca.
Nel mezzo di tuttio questi frangenti, i due si recano anche a rendere omaggio alla salma imbalsamata del Re Giacomo IV, esposta nella bara in una cappella fredda, perchè la regina Margherita vuole stare un po' con le spoglie del marito. E vedono un corpo perfettamente conservato, con i segni degli interventi "di plastica facciale" post mortem, in quando un colpo d'ascia aveva devastato il volto del re.
A quel punto i due vengono mandati in missione fuori della Torre di Londra: devono incontrare un agente segreto del Cardinale che darà loro delle importanti informazioni, John Irvine. L'appuntamento è presso un monastero poco distante da Londra. Ma Irivine non arriverà mai a condividere quello che sa, perchè verrà sgozzato, dall'assassino o dai suoi scagnozzi, con la complicità della priora, una donna dissoluta, che aspirerebbe a farsi il nipote del cardinale, ma che invece cade nel tranello sessuale di Roger che, vestendosi alla maniera del padrone, al buio dell'alcova della priora, ne condivide le grazie.
Al loro ritorno a Londra. i due vengono sospettati di tradimento ma l'accusa cade subito dopo, visto che sono gli unici che non hanno avuto parte alle vicende di Giacomo e Margherita e alla battaglia di Flodden. Tuttavia la loro posizione va sempre più facendosi delicata, perchè tutti coloro che avrebbero dovuto contattare per avere informazioni sono stati uccisi. Quindi, devono muoversi con cautela, proprio ora che i messi scozzesi sono arrivati al castello, in attesa di incontrarsi con loro per definire le modalità del rientro della regina. Viene allestita una cena in onore della corte scozzese e della rappresentanza venuta per l'occasione, e arrivano Lord e mercenari scozzesi, danesi e anche italiani, con le loro guardie armate fino ai denti. Tra di loro Owald un tipo dall'aria sinistra che in Francia era stato visto più volte dialogare con Selkirk all'osteria Le Coq d'Or prima che lui fosse rintracciato da Benjamin e poi arrestato per ordine di Thomas Wolsey. 
Benjamin e Roger incontrano finalmente i due messi scozzesi: il Lord d'Aubigny, e Gavin Douglas conte di Angus (marito della regina), presentati da Agrippa. E contrattano il ritorno della regina, e solo dal Lord vengono a sapere qualcosa di delicato relativo ai due figli di Giacomo, Alexander e James. 
Dopo la cena, Benjamin Daunbey e Roger Shallot seguono Owald fino ad una taverna, dove in cambio di denaro cercano di estorcergli informazioni circa il re scozzese morto a Flodden, citando i primi due versi di Selkirk. Prima che Owald venga trafitto da un pugnale lanciatogli nella schiena, nella notte, avrà il tempo di parlare di come egli avesse partecipato alla Battaglia di Flodden assieme al re e di come il corpo del re, dopo la battaglia, fosse stato rappezzato in modo da essere presentabile, e poi svuotato delle interiora, e riempito di erbe profumate e spezie, cosicchè che il corpo imbalsamato potesse affrontare il viaggio verso Londra, per ordine della regina Caterina d'Aragona, che da sola, con l'aiuto del Conte di Surrey, aveva sconfitto Giacomo. Le ultime parole sono: Flodden..Kelso..
A questo punto i due compagni anche per evitare qualsiasi attentato alle loro vite, si dividono: Benjamin va in Scozia all'abbazia di Kelso, Roger in Francia all'Osteria de Le Coq d'Or.
Dopo infinite peripezie, soprattutto di Roger che rischia di essere ucciso in due occasioni, e tutti i suoi bagagli e averi rubati, e tutti per un foulard di seta rossa che Moodie gli ha affidato da dare ad una signora a Parigi, ma che è invece il segnale perchè i sicari in Francia lo uccidano, i due torneranno a Londra. 
Prima però risolveranno gli ultimi quattro versi e troveranno lo scrigno di Sekirk da cui lui non si separava mai e che gli uomi che lo avevano arrestato, non gli avevano trovato addosso: dentro troveranno solo carte con un linguaggio incomprensibile. 
Al loro ritorno a Londra, Catesby annuncerà di aver trovato Moodie  ucciso, suicida. Anche nel suo caso, la porta della stanza era chiusa dall'interno. A questo punto parrebbe che le cose siano andate a posto, perchè nella borsa del frate sono stati trovati dei manoscritti e dei petali di rosa bianca.
Tuttavia i due vogliono risolvere l'enigma dei versi perchè intanto qualcosa l'hanno scoperto: lamb, in inglese significa agnello, che in latino è agnus; anagramma di agnus è angus. Quindi il secondo marito della regina. che riposò nel nido del falcone: il falcone era Giacomo, e quindi significa che Angus riposò nel letto di Giacomo (perchè ne sposò la moglie). Il Leone, si riferisce sempre a Giacomo. Ruggì dopo che era morto lo si capirà dopo. 
I due ritorneranno nella torre dove è custodito il corpo del re e su autorizzazione del cardinale lo esamineranno, spogliandolo e riscontrando la catena intorno alla vita della salma, ma senza abrasioni. Questo perchè Owald prima di morire aveva parlato del fatto che il re prima della battaglia avesse avuto un incontro sessuale con una delle sue amanti e per l'occasione si fosse tolto il cilicio, e anche che girava la voce che il re avesse combattuto non con l'armatura reale ma con una ordinaria, assieme ad un gruppo di sue controfigure.
Dopo un finale convulso che vedrà la morte di altre quattro persone, tra cui Scawsby, Melford, e due assassini del clan Hume, il vero assassino verrà catturato per intervento di Agrippa e della scorta armata del re, prima che siano uccisi Benjamin e Shallot. Ma a questo finale, ne seguirà un altro, risolutivo che spiegherà tutto, sulla base anche degli scritti di Selkirk decifrati da Benjamin, di un acrostico celato nei versi, e di un cavaliere, Harrington, che aveva combattuto assieme al re, di cui nessuno sapeva nulla.
Si tratta come ho detto all'inizio probabilmente del miglior romanzo. o uno dei migliori romanzi scritti da Doherty, perchè mischia verità a finzione, e le verità sono tutte documentate e molti dei personaggi storici assolutamente esistiti: Caterina d'Aragona e Surrey, Enrico VIII e Thomas Wolsey, Margherita di Scozia, Giacomo IV, il conte Angus, i figli di Giacomo e Margherita, Alexander duca di Ross morto prematuramente e Giacomo (poi Giacomo V), Riccardo III, l'abbeveratoio dei cavalli dell'osteria presso Leicester in cui fu scaraventato il cadavere di Riccardo dopo la Battaglia di Bosworth, la cappella dei Frati grigi in cui fu sepolto, l'imbalsamazione del corpo del re, il cilicio che portava alla vita: tutto vero. Assieme a queste verità ovviamente sono inseriti una serie di fatti inventati che costituiscono il nocciolo del plot: la corte della regina, i vari personaggi, le ambientazioni, che però donano spessore alla storia, e i figli bastardi cosa non documentata, ma che è uno dei segreti su cui si basa la storia.
Ne esce un romanzo vero, avviluppante, impetuoso, epico nelle gesta, appassionante, che tiene il lettore incollato al romanzo pagina dopo pagina, secondo uno stile vecchio stampo, senza gli artifici moderni, tipo la divisione del plot in più subplots che si alternano gli uni agli altri per poi riunirsi alla fine: no, qui i personaggi protagonisti sono due e per tutto il romanzo ne seguiamo le gesta. Anzi, tra i due, quello che maggiormente salta all'occhio perchè di lui veramente tutto il romanzo è pieno, e giustifica l'attribuzione della serie è Roger Shallot, un furfante diventato Lord sotto la regina Elisabetta, per via delle sue indubbie qualità.
L'azione talora è frenetica, talora no, ma anche nelle pause, la cura dei particolari, l'atmosfera, la caratterizzazione dei personaggi e delle vicende attribuite sono tali da affascinare e lasciare soddisfatto chi legge.
A questo aggiungasi la qualità degli enigmi, versi criptici, acrostici, le vicende presunte o reali riguardo al corpo o ai corpi del re, e le tre camere chiuse, di cui una non è tale (lo si scoprirà alla fine), ma le altre due sono effettive. In esse l'artificio è molto vicino ma non uguale a quello descritto da Unmberto eco ne Il Nome della Rosa: lì il veleno era sulla pagina miniata, per cui inumidendo il dito con la lingua e servendosene per voltare pagina, avveniva l'avvelenamento; qui l'avvelenamento avviene attraverso un altro mezzo, che non è il cibo, ma che è connesso ad una tendenza delle due vittime (Selkirk e Ruthven) allorchè scrivono, e che è un atto di genio di Doherty: quante volte l'ho fatto io ! In altri tempi sarei potuto finire anch'io morto stecchito, se avessi incontrato gli stessi assassini! Sì perchè qui l'assassino non è solo, non commette gli assassini personalmente, ma si serve anche di sicari, di complici: Melford, per esempio e Moodie, inconsapevolmente.
E' un assassino spietato, devoto alla regina di Scozia , che si serve di qualsiasi mezzo per raggiungere i suoi fini, un personaggio veramente epico, il cattivo per eccellenza, ma che combatte per un fine nobile, in un certo senso: salvare la regina da ogni possibile dubbio sulla effettiva ascesa al trono di suo figlio, e permettere che possa ritornare in Scozia, con delle certezze assolute su suo marito.
Il tutto in un romanzo unico, il primo di una serie ahimè interrotta, che speriamo possa riprendere un giorno.

Pietro De Palma