domenica 22 settembre 2024

Mary Roberts Rinehart – “La Camera Gialla” (The Yellow Room, 1945), trad. Maria Luisa Bocchino, I Classici del Giallo, Mondadori, N.857 del 1999



Quando cominciò a scrivere The Yellow Room, Mary Roberts Rinehart aveva 67 anni.
Era nata a Pittsburgh nel 1876 e nel 1896 si era sposata. Nel 1903, con il Crollo della Borsa di New York, la coppia si era trovata sul lastrico, e la difficile condizione finanziaria aveva spinto Mary ad intraprendere la carriera di scrittrice, esordendo su magazines con storie che le fruttarono soldi e popolarità.
I due primi suoi romanzi furono previsti inizialmente a puntate, per il magazine “Pulp All Story”: il primo, The Man in Lower Ten uscì nel corso del 1906 per diventare poi un volume solo nel 1909 (“L’uomo nella cuccetta N.10”); il secondo, The Circular Staircase, pubblicato a cavallo del 1907-1908, fu pubblicato quasi a furor di popolo in volume e fu il romanzo che lanciò la Rinehart, venendo ridotto per il grande schermo e facendo la sua fortuna: “La Scala a Chiocciola”. Da allora Mary Roberts Rinehart, scrisse molti altri capolavori. The Yellow Room è uno dei suoi ultimi.
Mary Roberts Rinehart morì nel 1958: nel 1954 aveva vinto uno Special Edgar Award con The Frightened Wife, l’ultimo suo romanzo.
Carol Spencer è la proprietaria di Crestview, nel Maine. Sua madre vuole che il figlio Greg, fratello di Carol, ed eroe nella guerra nel Sud-Pacifico, che ritorna in patria con una licenza di trenta giorni per essere decorato dal presidente Roosvelt, possa dimorare nella loro villa.
L’altra sorella di Carol, Elinor Hilliard, cerca in tutti i modi di dissuaderla dal recarvisi: è troppo grande, sarà fredda, e tre sole domestiche non potranno renderla accogliente perché Greg vi si rechi.
Ma la madre delle due sorelle è testarda, e Carol vuole renderla contenta. Così parte. Quando arriva alla casa e apre la porta, trova la porta d’ingresso inspiegabilmente chiusa a chiave: si aspettava che Lucy, la custode, avesse provveduto almeno a riscaldare il fuoco, ed invece…trova una casa da cui sono stati tolti gli scuri parafinestra, è stato tolto il telo della piscina, in biblioteca sono stati tolti i teli che ricoprivano mobili e divani ed è anche stato steso un tappeto, ma non trova gente ad  accoglierle; solo uno strano e disgustoso odore, anche di bruciato. In una casa gelida.
Quell’odore ed il gelo delle casa già fanno andare di testa una delle cameriere, Freda, che vorrebbe andar via. Ma viene invitata a rimanere, almeno fino a quando le viene ordinato di andare a prendere delle coperte da un armadio a muro al primo piano. Freda, vi si reca, poi urla a squarciagola, scende a precipizio in preda a puro terrore, in tempo per svenire davanti a Carol e Maggie, la cuoca. Quando rinviene parla di un morto, nell’armadio. Maggie non le crede, và lei a vedere, ma anche lei vede un corpo nell’armadio ed un principio di incendio. Ecco spiegata la prolessi, e lo strano odore di bruciato: qualcuno ha nascosto nell’armadio un cadavere cercando di darvi fuoco, versandovi addosso del combustibile, ma l’anta dell’armadio si è chiusa e ha soffocato il fuoco togliendo l’ossigeno necessario al proliferarsi dell’incendio. Probabilmente l’intento era quello di dar fuoco all’intera casa: trovandovi un cadavere carbonizzato, si sarebbe potuto pensare che fosse un vagabondo per esempio. Ma qualcosa non quadra.
Infatti il cadavere, che è di una giovane donna, indossava un negligè di seta rossa e biancheria intima fatta a mano, e delle pantofole originariamente azzurre, e sulle spalle una pelliccia di volpe argentata: lo si è desunto da quello che si è trovato, non bruciato sotto il cadavere. Ne parla Starr, un giornalista che vuole strappare un’intervista a Carol; inoltre egli accenna al fatto che potesse essere sposata, perché è stata trovata al dito una fede nuziale.
 Il cadavere non calza scarpe ma pantofole, come se da qualche parte, vicina al luogo in cui ne è stato trovato il cadavere, fosse arrivata. In effetti, dalle testimonianze che si raccolgono, si desume che qualcuno, all’insaputa di Elinor e a anche di Lucy, la guardiana, aveva abitato nella Camera Gialla, della Villa: infatti il letto smosso, la candela consumata sul comodino, tracce di cipria, testimoniano una permanenza di qualcuno, verosimilmente una donna. Una molletta per capelli, trovata con un capello ossigenato, del tipo di quelli rinvenuti non bruciati sul cadavere, non si accorda coi capelli per esempio di Elinor, di colore biondo naturale.
Ma come si vede il dato più strano riguarda il vestiario: scarpe, calze e i vestiti con cui la donna dev’essere arrivata non si trovano: evidentemente son stati fatti sparire per impedire il riconoscimento della stessa, visto che il liquido infiammabile versato addosso alla vittima ne ha reso impossibile il riconoscimento. Gli unici indizi riguardano una fede nuziale al dito, e la stessa compostezza del cadavere che testimonia un tentativo di distruggerlo post mortem: infatti viene poi scoperta la causa di morte in una frattura dell’osso frontale del cranio; in più una vanga incrostata d’argilla viene ritrovata nel capanno degli attrezzi, e, cosa straordinaria, il servizio di porcellana che originariamente era conservato in casa: perché mai qualcuno avrebbe spostato nel capanno degli attrezzi il servizio di porcellana? Per evitare che finisse distrutto nel rogo della casa? Si potrebbe verosimilmente ipotizzare quindi che l’attentatore, che fosse o meno anche l’assassino, fosse qualcuno legato a quella casa: insomma un delitto maturato tra chi frequentava la casa.
Delle indagini è incaricato Floyd, Capo della Polizia locale, ma non sarà lui che verrà a capo della faccenda, ma un altro, il Maggiore Jerry Dane, ex – FBI, che sta riprendendosi da uno scontro a fuoco con i tedeschi, capitatogli durante l’occupazione dell’Italia. Dane a sua volta si innamorerà, corrisposto, da Carol. Carol è ambita anche da Floyd, e bisogna dire che è stata piuttosto sfortunata, perché era fidanzata con Don Richardson, morto in guerra. Anche lui come Greg era del posto: a lui è sopravvissuto il vecchio padre, il Colonnello Richarson.
Le indagini si rivolgono nei confronti di chi abitava nei pressi della villa e di chi la frequentava: quindi anche in quelli di Nathaniel Ward, vicino degli Spencer.
In una pantofola viene rinvenuto un ago di pino, come se la donna prima di essere uccisa fosse scesa in strada a parlare con qualcuno. Floyd riesce a ricostruire, da testimonianze varie, il percorso fatto dalla donna per arrivare alla villa: ha pure un identikit sommario e sa come fosse vestita: viene identificata dalla pelliccia argentata che le è stata trovata addosso, però gli altri abiti e soprattutto una piccola borsa con le sue iniziali, sono scomparsi.
La notte presumibile del suo assassinio è stata vista sulla collina dove sorge la casa l’auto di Elinor Hilliard; Jerry Dane è uno strano vicino che nessuno è riuscito ad avvicinare; Lucy Norton, che si pensava dovesse attendere Carol e le sue tre domestiche, e che non si era fatta trovare, in realtà si viene a sapere che è stata ricoverata per una caduta, capitata nella villa qualche giorno prima del ritrovamento del cadavere: mentre camminava in casa di notte, vicino al famoso armadio, con una candela in mano, qualcuno l’aveva toccata spegnendole la candela e le era venuto addosso. Lei, era scappata e si era fatta male.
Altre cose si vengono a sapere: la pelliccia trovata assieme al cadavere non era stata indossata, come se qualcuno avesse tentato di metterla addosso al cadavere post mortem: perché?
L’inchiesta del coroner stabilisce un fatto importantissimo: Lucy Norton, arrivata in sedia a rotelle, rivela che, attendendo la venuta di Carol prevista per la settimana seguente, aveva ospitato una ragazza, una certa Marguerite Barbour, che voleva parlare con i Foster: era arrivata col treno di mattina e le aveva chiesto ospitalità per la notte: ecco spiegata la Camera Gialla. Ma quando era stata ospitata da lei, i vestiti, la borsetta con le iniziali ed una valigetta con l’occorrente per passare una notte, erano presenti. Di notte, con la ragazza chiusa in camera, Lucy si era alzata per cercare in una coperta e lì nei pressi dell’armadio qualcuno l’aveva toccata: lei era scappata e fuggendo era rotolata per la scala rompendosi una gamba. Poi si verrà a sapere che Marguerite aveva avuto un bambino, presumibilmente da qualcuno nella cerchia dei Foster.
Inoltre una notte qualcuno incendia la collina, laddove sorge una vecchia villa abbandonata: in essa vengono trovate delle coperte ed un giaciglio di fortuna come se fosse stata abitata poco tempo prima. Dane sospetta che l’incendio sia stato appiccato anche per distruggere gli abiti della donna ignota.
Successivamente muore Lucy Norton, apparentemente per un attacco di cuore. Quindi, Elinor viene ferita da un colpo di pistola.
Floyd, a sorpresa, riesce, grazie alla collaborazione della polizia di New York, a ricostruire il viaggio della ragazza e a capire dove abitasse.
Capiteranno molte altre cose, tra cui il ferimento di Elinor e il tentativo di uccidere il Maggiore Dane, prima che lo stesso Dane riesca a ricostruire il puzzle, dando la risposta giusta ad ogni domanda, e riesca soprattutto a salvare la vita di Greg, accusato dell’omicidio di Marguerite.
Che dire del romanzo? E’ sicuramente un romanzo poco riuscito, stilisticamente parlando.
Mary Roberts Rinehart
E’ un romanzo triste, dominato da un certo pessimismo, cosa comprensibile visto che l’autrice era anziana quando lo scrisse, ed in piena seconda guerra mondiale. I primi capitoli sono dominati da una certa malinconia per la vita difficoltosa, per i razionamenti di viveri e di beni, per il ritmo di vita più lento e rassegnato. E vi si ravvisa quella che al tempo era una delle problematiche più sentite in America: quelle dei reduci, dei combattenti feriti, scomparsi o con gravi handicaps motori o cerebrali.
Dal punto di vista stilistico, si potrebbe definire quasi un procedural, visto che si basa sulle indagini parallele della polizia e di un maggiore dell’esercito, ex-FBI. Vi manca però la caratteristica saliente dei romanzi di Mary Roberts Rinehart, cioè la suspence, che viene costruita di solito sulla paura: l’unico momento in cui si sarebbe potuto ricavare la  suspence pura, cioè la camminata al buio, in una casa senza luce, con una candela in mano, di Lucy Norton, alla ricerca di una coperta, e “l’aggressione da parte di un non identificato soggetto”, non viene vissuta in prima persona, oppure nel momento in cui accade, ma solo nel ricordo, oramai privato delle sue sensazioni più paurose.
Per di più è prolisso, incredibilmente prolisso, rispetto alla sostanza del romanzo. Se la versione italiana è di oltre 330 pagine, quella originale, in caratteri piccoli lo è all’incirca di 256. Non so, ma leggendolo anni fa e rileggendolo poco tempo fa, ho avuto la sensazione che spesso si fosse sentita la necessità “di allungare il brodo”.
Tutto il resto è presente: le scene notturne (ricordiamo che come altri scrittori degli anni ’10 e‘20, anche la Rinehart prediligeva le atmosfere), il romanzo sentimentale intrecciato alla vicenda poliziesca,  la dissimulazione degli indizi, e la loro ripresentazione al momento opportuno; l’anticipazione di un indizio chiave che anticipa il prosieguo degli avvenimenti.
Gli ultimi due punti sono facilmente individuabili.
Il primo individua l’abilità tramite una prolessi, che può essere del tipo “se avessi pensato che…non avrei fatto..”, oppure che semplicemente anticipa una situazione (che avviene dopo mediante una frase ad effetto, o anche una sola parola), fornendo così un primo indizio, di generare suspence. La Rinehart non a caso diventò la capostipite di quella scuola chiamata HIBK, “Had I But Known” (di cui fece parte anche Ethel Lina  White) in cui lo scrittore, anticipa alcuni avvenimenti che verranno sviluppati più avanti nella storia. Ecco una delle prolessi della Rinehart, in cui ella anticipa quello che avverrà dopo:
“Sempre, nelle altre occasioni, al suo arrivo l’aveva trovata calda e accogliente, ma stavolta era tutto diverso. Sembrava, pensò rabbrividendo, di essere in una tomba” (Mary Roberts Rinehart, The Yellow Room, “La Camera Gialla”, trad. Maria Luisa Bocchino, I Classici del Giallo, Mondadori, N.857 del 1999, pag. 28). In effetti in un armadio c’è un cadavere, la casa è vuota e quindi può dirsi che sia in effetti una tomba.
Il secondo punto, attiene alla presentazione di un indizio chiave, alla sua dissimulazione, e poi alla sua ripresentazione in tutta la sua importanza in un punto chiave del romanzo. Per es. un indizio presente nel romanzo, con queste caratteristiche, è la fede nuziale.
All’inizio, abbiamo detto, ne parla per la prima volta Starr, il giornalista:
“Età approssimativa tra i venti ed i venticinque anni…capelli ossigenati. Possibilmente sposata, in quanto porta la fede nuziale al dito” (op. cit. pag. 60). Poi dell’indizio non se ne parla più, finchè..se ne parla, ma dissimulato.
Si parla del verdetto del coroner e della giuria chiamata a visionare gli oggetti trovati sul cadavere:
“..la maggior parte degli indumenti era bruciato, ma quel che rimaneva, adesso era lì, in quell’involto, se la giuria avesse avuto interesse ad esaminarlo..i suoi componenti si fecero avanti solennemente e scrutarono quello che c’era sul tavolino” (op. cit., pag. 120). L’indizio è in quell’involto.
Ancora una pausa, ed ecco che riappare in tutta la sua importanza, quando Starr, il giornalista, rivela a Dane che: “Ho visto il cadavere della ragazza che hanno trovato nell’armadio. E posso giurarle sulla mia testa che portava la fede nuziale al dito” (op. cit, pag. 200).
Ma Dane è la prima volta che ne sente parlare, per cui chiede in merito a Floyd alla prima occasione: “La ragazza che è stata uccisa, aveva al dito la fede matrimoniale quando l’avete trovata?…Insomma, l’aveva o no ?.. –  La giuria ha visto questa roba. …una sottile vera d’oro, liscia. ..la soppesò..e la scrutò alla luce. Dentro c’era un’iscrizione incisa piuttosto rozzamente. – CAM” (op. cit, pagg. 210-211).
Infine se ne parla quando Dane vuole capire se la sigla sia CAM o GAM:
“Tramite la polizia di Los Angeles riuscì a sapere…il luogo dove Marguerite aveva acquistato la sua fede nuziale… – Sono venuto a sapere che lei ha venduto una fede nuziale ad una giovane donna e ci ha anche inciso le parole: erano GAM”(op. cit., pag.284).
Inizialmente si pensa che G valga Greg e M Marguerite, e che sia stato Greg a regalare la fede a Marguerite. Invece Dane riesce a dimostrare tramite una lunga indagine che è stata la ragazza ad acquistare una fede e a farvi incidere la sigla GAM (che in inglese sarebbe dovuta essere GTM), per accreditare un dono a lei, ed avere quindi gli elementi per ricattare la famiglia dei Foster, in vista del fidanzamento di Greg con Virginia, tenuto conto che Greg sposandosi con Virginia sarebbe diventato a tutti gli effetti bigamo.  
Tuttavia il racconto, lo svolgimento dei fatti e la soluzione sono lacunosi e confusi: non si capisce perché mai la ragazza, potendo esibire un certificato di matrimonio con un eroe di guerra, invece che ricattarlo dal di fuori, non avesse cercato di accampare diritti sulle proprietà del marito o in alternativa non avesse pensato ad un bel divorzio e ad una liquidazione sostanziosa. Perché ricattarlo? La Rinehart non lo spiega.
E non spiega soprattutto perché mai i personaggi estranei alla famiglia che si muovono dietro alle vicende, avrebbero compiuto tutti le principali azioni imputate loro. C’è un senso di sbigottimento, e di inadeguatezza, come se Rinehart ad un certo punto avesse perso il senso del romanzo e avesse cercato di arrampicarsi sugli specchi.
La soluzione può essere anche giusta, ma è spigolosa, non lineare: denota ostacoli e incertezze e tutto sommato una certa incredulità da parte del lettore a che le cose siano in effetti andate nel modo in cui Jerry Dane le spiega.

Pietro De Palma

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