Quando
cominciò a scrivere The Yellow Room, Mary Roberts Rinehart aveva 67
anni.
Era nata a Pittsburgh nel 1876 e nel 1896 si era sposata.
Nel 1903, con il Crollo della Borsa di New York, la coppia si era trovata sul
lastrico, e la difficile condizione finanziaria aveva spinto Mary ad
intraprendere la carriera di scrittrice, esordendo su magazines con storie che
le fruttarono soldi e popolarità.
I due primi suoi romanzi furono previsti inizialmente
a puntate, per il magazine “Pulp All Story”: il primo, The Man in Lower Ten
uscì nel corso del 1906 per diventare poi un volume solo nel 1909 (“L’uomo
nella cuccetta N.10”); il secondo, The Circular Staircase, pubblicato a
cavallo del 1907-1908, fu pubblicato quasi a furor di popolo in volume e fu il
romanzo che lanciò la Rinehart, venendo ridotto per il grande schermo e facendo
la sua fortuna: “La Scala a Chiocciola”. Da allora Mary Roberts Rinehart,
scrisse molti altri capolavori. The Yellow Room è uno dei suoi ultimi.
Mary Roberts Rinehart morì nel 1958: nel 1954 aveva
vinto uno Special Edgar Award con The Frightened Wife, l’ultimo suo
romanzo.
Carol Spencer è la proprietaria di Crestview, nel
Maine. Sua madre vuole che il figlio Greg, fratello di Carol, ed eroe nella
guerra nel Sud-Pacifico, che ritorna in patria con una licenza di trenta giorni
per essere decorato dal presidente Roosvelt, possa dimorare nella loro villa.
L’altra sorella di Carol, Elinor Hilliard, cerca in
tutti i modi di dissuaderla dal recarvisi: è troppo grande, sarà fredda, e tre
sole domestiche non potranno renderla accogliente perché Greg vi si rechi.
Ma la madre delle due sorelle è testarda, e Carol
vuole renderla contenta. Così parte. Quando arriva alla casa e apre la porta,
trova la porta d’ingresso inspiegabilmente chiusa a chiave: si aspettava che
Lucy, la custode, avesse provveduto almeno a riscaldare il fuoco, ed
invece…trova una casa da cui sono stati tolti gli scuri parafinestra, è stato
tolto il telo della piscina, in biblioteca sono stati tolti i teli che
ricoprivano mobili e divani ed è anche stato steso un tappeto, ma non trova
gente ad accoglierle; solo uno strano e disgustoso odore, anche di
bruciato. In una casa gelida.
Quell’odore ed il gelo delle casa già fanno andare di
testa una delle cameriere, Freda, che vorrebbe andar via. Ma viene invitata a
rimanere, almeno fino a quando le viene ordinato di andare a prendere delle
coperte da un armadio a muro al primo piano. Freda, vi si reca, poi urla a
squarciagola, scende a precipizio in preda a puro terrore, in tempo per svenire
davanti a Carol e Maggie, la cuoca. Quando rinviene parla di un morto,
nell’armadio. Maggie non le crede, và lei a vedere, ma anche lei vede un corpo
nell’armadio ed un principio di incendio. Ecco spiegata la prolessi, e lo
strano odore di bruciato: qualcuno ha nascosto nell’armadio un cadavere
cercando di darvi fuoco, versandovi addosso del combustibile, ma l’anta
dell’armadio si è chiusa e ha soffocato il fuoco togliendo l’ossigeno
necessario al proliferarsi dell’incendio. Probabilmente l’intento era quello di
dar fuoco all’intera casa: trovandovi un cadavere carbonizzato, si sarebbe
potuto pensare che fosse un vagabondo per esempio. Ma qualcosa non quadra.
Infatti il cadavere, che è di una giovane donna,
indossava un negligè di seta rossa e biancheria intima fatta a mano, e delle
pantofole originariamente azzurre, e sulle spalle una pelliccia di volpe
argentata: lo si è desunto da quello che si è trovato, non bruciato sotto il
cadavere. Ne parla Starr, un giornalista che vuole strappare un’intervista a
Carol; inoltre egli accenna al fatto che potesse essere sposata, perché è stata
trovata al dito una fede nuziale.
Il cadavere non calza scarpe ma pantofole, come
se da qualche parte, vicina al luogo in cui ne è stato trovato il cadavere,
fosse arrivata. In effetti, dalle testimonianze che si raccolgono, si desume
che qualcuno, all’insaputa di Elinor e a anche di Lucy, la guardiana, aveva
abitato nella Camera Gialla, della Villa: infatti il letto smosso, la candela
consumata sul comodino, tracce di cipria, testimoniano una permanenza di
qualcuno, verosimilmente una donna. Una molletta per capelli, trovata con un
capello ossigenato, del tipo di quelli rinvenuti non bruciati sul cadavere, non
si accorda coi capelli per esempio di Elinor, di colore biondo naturale.
Ma come si vede il dato più strano riguarda il
vestiario: scarpe, calze e i vestiti con cui la donna dev’essere arrivata non
si trovano: evidentemente son stati fatti sparire per impedire il
riconoscimento della stessa, visto che il liquido infiammabile versato addosso
alla vittima ne ha reso impossibile il riconoscimento. Gli unici indizi
riguardano una fede nuziale al dito, e la stessa compostezza del cadavere che
testimonia un tentativo di distruggerlo post mortem: infatti viene poi scoperta
la causa di morte in una frattura dell’osso frontale del cranio; in più una
vanga incrostata d’argilla viene ritrovata nel capanno degli attrezzi, e, cosa
straordinaria, il servizio di porcellana che originariamente era conservato in
casa: perché mai qualcuno avrebbe spostato nel capanno degli attrezzi il
servizio di porcellana? Per evitare che finisse distrutto nel rogo della casa?
Si potrebbe verosimilmente ipotizzare quindi che l’attentatore, che fosse o
meno anche l’assassino, fosse qualcuno legato a quella casa: insomma un delitto
maturato tra chi frequentava la casa.
Delle indagini è incaricato Floyd, Capo della Polizia
locale, ma non sarà lui che verrà a capo della faccenda, ma un altro, il
Maggiore Jerry Dane, ex – FBI, che sta riprendendosi da uno scontro a fuoco con
i tedeschi, capitatogli durante l’occupazione dell’Italia. Dane a sua volta si
innamorerà, corrisposto, da Carol. Carol è ambita anche da Floyd, e bisogna
dire che è stata piuttosto sfortunata, perché era fidanzata con Don Richardson,
morto in guerra. Anche lui come Greg era del posto: a lui è sopravvissuto il
vecchio padre, il Colonnello Richarson.
Le indagini si rivolgono nei confronti di chi abitava
nei pressi della villa e di chi la frequentava: quindi anche in quelli di
Nathaniel Ward, vicino degli Spencer.
In una pantofola viene rinvenuto un ago di pino, come
se la donna prima di essere uccisa fosse scesa in strada a parlare con
qualcuno. Floyd riesce a ricostruire, da testimonianze varie, il percorso fatto
dalla donna per arrivare alla villa: ha pure un identikit sommario e sa come
fosse vestita: viene identificata dalla pelliccia argentata che le è stata
trovata addosso, però gli altri abiti e soprattutto una piccola borsa con le
sue iniziali, sono scomparsi.
La notte presumibile del suo assassinio è stata vista
sulla collina dove sorge la casa l’auto di Elinor Hilliard; Jerry Dane è uno
strano vicino che nessuno è riuscito ad avvicinare; Lucy Norton, che si pensava
dovesse attendere Carol e le sue tre domestiche, e che non si era fatta
trovare, in realtà si viene a sapere che è stata ricoverata per una caduta,
capitata nella villa qualche giorno prima del ritrovamento del cadavere: mentre
camminava in casa di notte, vicino al famoso armadio, con una candela in mano,
qualcuno l’aveva toccata spegnendole la candela e le era venuto addosso. Lei,
era scappata e si era fatta male.
Altre cose si vengono a sapere: la pelliccia trovata
assieme al cadavere non era stata indossata, come se qualcuno avesse tentato di
metterla addosso al cadavere post mortem: perché?
L’inchiesta del coroner stabilisce un fatto
importantissimo: Lucy Norton, arrivata in sedia a rotelle, rivela che, attendendo
la venuta di Carol prevista per la settimana seguente, aveva ospitato una
ragazza, una certa Marguerite Barbour, che voleva parlare con i Foster: era
arrivata col treno di mattina e le aveva chiesto ospitalità per la notte: ecco
spiegata la Camera Gialla. Ma quando era stata ospitata da lei, i vestiti, la
borsetta con le iniziali ed una valigetta con l’occorrente per passare una
notte, erano presenti. Di notte, con la ragazza chiusa in camera, Lucy si era
alzata per cercare in una coperta e lì nei pressi dell’armadio qualcuno l’aveva
toccata: lei era scappata e fuggendo era rotolata per la scala rompendosi una
gamba. Poi si verrà a sapere che Marguerite aveva avuto un bambino,
presumibilmente da qualcuno nella cerchia dei Foster.
Inoltre una notte qualcuno incendia la collina,
laddove sorge una vecchia villa abbandonata: in essa vengono trovate delle
coperte ed un giaciglio di fortuna come se fosse stata abitata poco tempo
prima. Dane sospetta che l’incendio sia stato appiccato anche per distruggere
gli abiti della donna ignota.
Successivamente muore Lucy Norton, apparentemente per
un attacco di cuore. Quindi, Elinor viene ferita da un colpo di pistola.
Floyd, a sorpresa, riesce, grazie alla collaborazione
della polizia di New York, a ricostruire il viaggio della ragazza e a capire
dove abitasse.
Capiteranno molte altre cose, tra cui il ferimento di
Elinor e il tentativo di uccidere il Maggiore Dane, prima che lo stesso Dane
riesca a ricostruire il puzzle, dando la risposta giusta ad ogni domanda, e riesca
soprattutto a salvare la vita di Greg, accusato dell’omicidio di Marguerite.
Che dire del romanzo? E’ sicuramente un romanzo poco
riuscito, stilisticamente parlando.
Mary Roberts Rinehart |
E’ un romanzo triste, dominato da un certo pessimismo,
cosa comprensibile visto che l’autrice era anziana quando lo scrisse, ed in
piena seconda guerra mondiale. I primi capitoli sono dominati da una certa
malinconia per la vita difficoltosa, per i razionamenti di viveri e di beni,
per il ritmo di vita più lento e rassegnato. E vi si ravvisa quella che al
tempo era una delle problematiche più sentite in America: quelle dei reduci,
dei combattenti feriti, scomparsi o con gravi handicaps motori o cerebrali.
Dal punto di vista stilistico, si potrebbe definire
quasi un procedural, visto che si basa sulle indagini parallele della polizia e
di un maggiore dell’esercito, ex-FBI. Vi manca però la caratteristica
saliente dei romanzi di Mary Roberts Rinehart, cioè la suspence, che viene
costruita di solito sulla paura: l’unico momento in cui si sarebbe potuto
ricavare la suspence pura, cioè la camminata al buio, in una casa senza
luce, con una candela in mano, di Lucy Norton, alla ricerca di una coperta, e
“l’aggressione da parte di un non identificato soggetto”, non viene vissuta in
prima persona, oppure nel momento in cui accade, ma solo nel ricordo, oramai
privato delle sue sensazioni più paurose.
Per di più è prolisso, incredibilmente prolisso,
rispetto alla sostanza del romanzo. Se la versione italiana è di oltre 330
pagine, quella originale, in caratteri piccoli lo è all’incirca di 256. Non so,
ma leggendolo anni fa e rileggendolo poco tempo fa, ho avuto la sensazione che
spesso si fosse sentita la necessità “di allungare il brodo”.
Tutto il resto è presente: le scene notturne
(ricordiamo che come altri scrittori degli anni ’10 e‘20, anche la Rinehart
prediligeva le atmosfere), il romanzo sentimentale intrecciato alla vicenda
poliziesca, la dissimulazione degli indizi, e la loro ripresentazione al
momento opportuno; l’anticipazione di un indizio chiave che anticipa il
prosieguo degli avvenimenti.
Gli ultimi due punti sono facilmente individuabili.
Il primo individua l’abilità tramite una prolessi, che
può essere del tipo “se avessi pensato che…non avrei fatto..”, oppure che
semplicemente anticipa una situazione (che avviene dopo mediante una frase ad
effetto, o anche una sola parola), fornendo così un primo indizio, di generare
suspence. La Rinehart non a caso diventò la capostipite di quella scuola
chiamata HIBK, “Had I But Known” (di cui fece parte anche Ethel Lina
White) in cui lo scrittore, anticipa alcuni avvenimenti che verranno sviluppati
più avanti nella storia. Ecco una delle prolessi della Rinehart, in cui ella
anticipa quello che avverrà dopo:
“Sempre, nelle altre occasioni, al suo arrivo l’aveva
trovata calda e accogliente, ma stavolta era tutto diverso. Sembrava, pensò
rabbrividendo, di essere in una tomba” (Mary Roberts
Rinehart, The Yellow Room, “La Camera Gialla”, trad. Maria Luisa
Bocchino, I Classici del Giallo, Mondadori, N.857 del 1999, pag. 28). In
effetti in un armadio c’è un cadavere, la casa è vuota e quindi può dirsi che
sia in effetti una tomba.
Il secondo punto, attiene alla presentazione di un
indizio chiave, alla sua dissimulazione, e poi alla sua ripresentazione in
tutta la sua importanza in un punto chiave del romanzo. Per es. un indizio
presente nel romanzo, con queste caratteristiche, è la fede nuziale.
All’inizio, abbiamo detto, ne parla per la prima volta
Starr, il giornalista:
“Età approssimativa tra i venti ed i venticinque
anni…capelli ossigenati. Possibilmente sposata, in quanto porta la fede nuziale
al dito” (op. cit. pag. 60). Poi dell’indizio non se ne parla
più, finchè..se ne parla, ma dissimulato.
Si parla del verdetto del coroner e della giuria
chiamata a visionare gli oggetti trovati sul cadavere:
“..la maggior parte degli indumenti era bruciato, ma
quel che rimaneva, adesso era lì, in quell’involto, se la giuria avesse avuto
interesse ad esaminarlo..i suoi componenti si fecero avanti solennemente e
scrutarono quello che c’era sul tavolino” (op.
cit., pag. 120). L’indizio è in quell’involto.
Ancora una pausa, ed ecco che riappare in tutta la sua
importanza, quando Starr, il giornalista, rivela a Dane che: “Ho visto il
cadavere della ragazza che hanno trovato nell’armadio. E posso giurarle sulla
mia testa che portava la fede nuziale al dito” (op. cit, pag. 200).
Ma Dane è la prima volta che ne sente parlare, per cui
chiede in merito a Floyd alla prima occasione: “La ragazza che è stata
uccisa, aveva al dito la fede matrimoniale quando l’avete trovata?…Insomma,
l’aveva o no ?.. – La giuria ha visto questa roba. …una sottile vera
d’oro, liscia. ..la soppesò..e la scrutò alla luce. Dentro c’era un’iscrizione
incisa piuttosto rozzamente. – CAM” (op. cit, pagg. 210-211).
Infine se ne parla quando Dane vuole capire se la
sigla sia CAM o GAM:
“Tramite la polizia di Los Angeles riuscì a sapere…il
luogo dove Marguerite aveva acquistato la sua fede nuziale… – Sono venuto a
sapere che lei ha venduto una fede nuziale ad una giovane donna e ci ha anche
inciso le parole: erano GAM”(op. cit.,
pag.284).
Inizialmente si pensa che G valga Greg e M Marguerite,
e che sia stato Greg a regalare la fede a Marguerite. Invece Dane riesce a
dimostrare tramite una lunga indagine che è stata la ragazza ad acquistare una
fede e a farvi incidere la sigla GAM (che in inglese sarebbe dovuta essere
GTM), per accreditare un dono a lei, ed avere quindi gli elementi per ricattare
la famiglia dei Foster, in vista del fidanzamento di Greg con Virginia, tenuto
conto che Greg sposandosi con Virginia sarebbe diventato a tutti gli effetti
bigamo.
Tuttavia il racconto, lo svolgimento dei fatti e la
soluzione sono lacunosi e confusi: non si capisce perché mai la ragazza,
potendo esibire un certificato di matrimonio con un eroe di guerra, invece che
ricattarlo dal di fuori, non avesse cercato di accampare diritti sulle
proprietà del marito o in alternativa non avesse pensato ad un bel divorzio e
ad una liquidazione sostanziosa. Perché ricattarlo? La Rinehart non lo spiega.
E non spiega soprattutto perché mai i personaggi
estranei alla famiglia che si muovono dietro alle vicende, avrebbero compiuto
tutti le principali azioni imputate loro. C’è un senso di sbigottimento, e di
inadeguatezza, come se Rinehart ad un certo punto avesse perso il senso del
romanzo e avesse cercato di arrampicarsi sugli specchi.
La soluzione può essere anche giusta, ma è spigolosa, non lineare: denota ostacoli e incertezze e tutto sommato una certa incredulità da parte del lettore a che le cose siano in effetti andate nel modo in cui Jerry Dane le spiega.
La soluzione può essere anche giusta, ma è spigolosa, non lineare: denota ostacoli e incertezze e tutto sommato una certa incredulità da parte del lettore a che le cose siano in effetti andate nel modo in cui Jerry Dane le spiega.
Pietro De Palma
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