
Avevo visto
esposto tempo fa, in una libreria, un romanzo di Alexandre Dumas che non
conoscevo: Les freres corses, “I fratelli corsi”, un breve
romanzo o racconto lungo che dir si voglia. Una bella storia, potrei dire una
ghost story : in una famiglia corsa, nell’imminenza della morte, nel ramo
maschile, appare un defunto, a chi sta per passare a miglior vita. Ma, se ne
parlo, è perché al centro della storia vi sono 2 fratelli, Lucien e Louis che
si somigliano come due gocce d’acqua: 2 fratelli monozigoti. Sono lontani, uno
a Parigi, l’altro in Corsica, ma sono uniti da quella telepatia che molte volte
pone in stretto legame 2 fratelli gemelli. E così quando uno viene ucciso in un
duello, l’altro nello stesso identico momento sente un forte dolore nel punto
del torace dove l’altro è stato ferito mortalmente, prima che il fratello,
seguendo la tradizione di famiglia, gli compaia a chiedere giustizia. Orbene,
mentre leggevo questo romanzo di Dumas, mi è balzato singolarmente davanti agli
occhi il tratto d’unione con un grande romanzo di Ellery Queen: “Il Caso
dei Fratelli Siamesi”, che tratta di fratelli, siamesi e non, ma che
tratta soprattutto “il tema del doppio”, per la prima volta, nei romanzi di
Ellery Queen.
Prima del
romanzo in questione, che è il settimo firmato da Ellery Queen, i due cugini
Dannay e Lee avevano pubblicato The Roman Hat Mystery, The French Powder
Mystery, The Dutch Shoe Mystery, The Greek Coffin Mystery, The Egyptian Cross
Mystery, The American Gun Mystery, e anche 3 romanzi sotto lo pseudonimo di
Barnaby Ross: The Tragedy of X, The Tragedy of Y, The Tragedy of Z. Va
detto che oramai nel 1933 Frederick (Daniel Nathan) Dannay detto “Danny” e
Manfred Bennington (Manford Lepofsky) Lee detto “Manny”, cugini e nati entrambi
nel 1905, erano sulla cresta dell’onda: i loro romanzi andavano a ruba.
All’inizio
il loro investigatore si comportava alla maniera di Philo Vance, e dal creatore
di Philo Vance, S.S. Van Dine ( i cui titoli seguivano la formula base : The +
Sostantivo + Murder Case), i due cugini mutuarono la caratteristica formula
base del titolo: The + Aggettivo di Nazionalità + Sostantivo + Mystery, cosa
che andò avanti fino al 1935, quando cioè, con Halfway House (1936),
quest’abitudine terminò. All’inizio, tuttavia, pur consci del valore del loro
primo manoscritto, The Roman Hat Mystery, essi penarono per riuscire a
piazzarlo presso qualche editore: solo Frederick A. Stokes gliel’accettò,
dimostrando il fiuto che altri non avevano saputo valutare, tanto più che i due
avevano vinto il concorso bandito nel 1928 dalla rivista McClure’s e dalla casa
editrice Lippincott per la migliore opera prima poliziesca, ma poi la rivista
era fallita e passata di mano ad altro editore, che invece di pubblicare il
loro romanzo aveva scelto altro.
Il
loro più grande personaggio è stato Ellery Queen che poi ha dato il nome alla
loro ditta comune: il suo nome si fa risalire all’amico d’infanzia di Danny,
Ellery Hermann, più che al poeta William Ellery Leonard (in gioventù Danny
aveva coltivato velleità poetiche) o all’editore Ellery Sedgwick.
Va detto
anche che i due cugini avevano il fiuto degli affari e molto intelligentemente,
i romanzi che hanno come protagonista non Ellery Queen ma l’attore
shakespeariano Drury Lane, erano stati dati alle stampe con altro pseudonimo,
Barnaby Ross. Francis M.Nevins Jr., storico autore del celebre studio critico
su Ellery Queen, “Royal Bloodline: Ellery Queen Author and Detective”, afferma
che il nome Barnaby Ross potrebbe essere stata la reminiscenza di un palazzo in
Elmira conosciuto come Barnaby’s Barn, in cui Dannay spesso giocava quando era
bambino e che figura nel suo romanzo autobiografico The Golden Summer, anche se
in effetti Barnaby Ross viene menzionato per la prima volta in The Roman Hat
Mystery,”La Poltrona N.30″, nell’introduzione (che in Italia è disponibile solo
nell’edizione tradotta da Montanari): lì viene collegato Richard Queen (e suo
figlio Ellery) a Barnaby Ross: “.. ..” .
Interessante è che l’estensore delle introduzioni, che compaiono nei primi
romanzi, sono firmate da un fantomatico J.J. McC. Nella prima, quella appunto
di The Roman Hat Mystery, vengono affermate delle cose di cui non si troverà
più traccia nei successivi romanzi: Ellery è sposato ed è padre di un bel
bambino, vive in Italia, ed Ellery Queen e Richard Queen sono solo pseudonimi.
Ma la cosa più interessante, una vera chicca riguarda il famoso J.J.McC. C’è
chi ha osservato, infatti, che un McClure è presente in uno degli ultimi
romanzi di Ellery Queen, Face to face; nessuno si è accorto però che questo
nominativo rimanda a chi bandì il concorso per il quale i due Queen concorsero
con il loro primo romanzo: la rivista McClure.
I due cugini
avevano adottato una tecnica (che potremmo dire) di marketing: creare una finta
querelle sul valore dei romanzi (indiscusso) rimpallandosi accuse e contraccuse
e sfidandosi pubblicamente e vicendevolmente su presunte qualità nel risolvere
deduttivamente dei delitti. Il tutto era partito con la convocazione presso una
scuola di giornalismo dei due, al fine di illustrare le tecniche di scrittura:
era stato tirato a sorte chi dovesse recarvisi ed era uscito Lee che vi si era
recato mascherato. Sfruttando la maschera nera, in un secondo tempo, i due
presero ad affrontarsi anche sul palcoscenico: Dannay impersonava Barnaby Ross,
mentre il cugino Ellery Queen. La popolarità dei due arrivò alle stelle e
cominciò a circolare persino la voce che Ellery Queen fosse un altro pseudonimo
di S.S. van Dine, mentre Barnaby Ross lo era del grande critico americano
Alexander Woolcott (che si vantava di essere stato fonte di ispirazione per il
Nero Wolfe di Rex Stout). Poi un bel giorno, il 10 ottobre 1936, sul Publishers
Weekly, i due ammisero che era stato un loro bluff, riuscitissimo, per imporre
dei romanzi che forse avendo un protagonista diverso avrebbero potuto risentire
della disaffezione del pubblico dei lettori, oltre che la stessa produzione
vertiginosa di romanzi avrebbe potuto inflazionare le vendite degli stessi.
Nel 1933, intanto,
era comparso The Twin Siamese Mystery, che s’impose nella loro produzione per
svariati motivi, come uno dei migliori romanzi in assoluto del loro primo
periodo creativo, contraddistinto dall’oramai celebrata “Sfida al lettore”.
Nevins dice
in merito al romanzo in esame: “..Nel successivo The Siamese Twin Mystery (II caso
dei fratelli siamesi, 1933) Queen tenta nuovamente di infondere una
dimensione filosofica nell’enigma deduttivo formale, riscuotendo un notevole
successo ad entrambi i livelli. Ellery e suo padre, di ritorno da una vacanza
in Canada, restano intrappolati dall’incendio di una foresta su un fianco della
Arrow Mountain. La loro unica speranza consiste nel salire verso la cima della
montagna, e un bel po’ dopo il tramonto scoprono una casa sulla vetta. Ora che
l’incendio divora l’intera base del monte, i due Queen trovano assai gradita
l’ospitalità loro offerta dal dottor John Xavier, eminente chirurgo ormai in
pensione, e dalla sua strana famiglia, ma ben presto appare chiaro che qualcosa
non va per il verso giusto. Chi è l’odioso ciccione che vaga per la montagna?
Perché diversi anelli sono stati rubati all’interno della casa durante la
settimana precedente? Chi è la donna sconosciuta che si nasconde in una delle
camere da letto del piano superiore? E chi o che cosa è quella creatura simile
a un granchio che si aggira per i corridoi della casa di notte? Il mattino dopo
il dottor Xavier viene trovato ucciso da un colpo d’arma da fuoco nel suo
studio, con un solitario dinanzi a sé e la metà strappata di un sei di picche
in mano. I due Queen devono risolvere il delitto da soli, poiché ormai
l’incendio ha isolato la vetta, e nonostante l’incalzare delle fiamme ha presto
luogo un secondo omicidio, questa volta con una vittima che stringe in pugno la
metà di un fante di quadri. Il culmine viene raggiunto allorché il fuoco
raggiunge la casa e tutti i membri della famiglia Xavier si rifugiano in
cantina nell’attesa che le fiamme giungano fino a loro” . Come si vede, ce n’è
abbastanza di carne da mettere sul fuoco, anche se onestamente, va riconosciuto
che il romanzo, nonostante sia uno dei migliori del primo periodo creativo, è
tuttavia meno intricato e cervellotico di The Greek Coffin Mystery , “Il Caso Khalkis”, che invece
viene riconosciuto da molti e anche dallo stesso Nevins, come il “..romanzo
investigativo più complicato, più spaccacervello e meglio costruito che sia
stato pubblicato negli Stati Uniti durante l’Età dell’Oro del genere
poliziesco”.
Innanzitutto
vediamo come Arrow Head, la casa sulla vetta di una montagna attorniata dal
fuoco che divampa, prefiguri un caso di Camera Chiusa allargata: è come
un’isola, attorniata dal mare, da cui l’assassino non può fuggire, come “Dieci
piccoli indiani” di Agatha Christie o ancora in modo più attinente,
come l’assassinio in una casa al di fuori della quale c’è un ciclone e quindi
da cui non si può uscire, in “La casa nel ciclone” di Newton
Gayle. Le fiamme che attorniano Arrow Mountain, più o meno tra il Wyoming e
l’Utah, costringono tutti gli occupanti della casa, tra cui anche l’omicida e
il detective, a convivere fino a quando non sarà finita. In un certo modo
Ellery, rinchiuso in cantina con gli altri, spiega la soluzione, quale antidoto
alla paura di finire arsi: è un modo come un altro per non pensare ad un male
più grande, riflettendo su un male più piccolo in quel momento: quello
scaturito in quella casa e di cui lui, in quel momento, è supremo arbitro.
Il romanzo
si pone come uno degli esempi migliori di quella caratteristica tutta queeniana,
che è "the dying message", comparso per
la prima volta in occasione del terzo omicidio di The Tragedy of X:
la vittima prima di esalare l’ultimo respiro, cerca di indirizzare con un
messaggio specifico, chi saprà interpretarlo in maniera appropriata: qui per
es. è una carta, prima il sei di picche, poi il fante di quadri, tagliato a
metà: vedremo quale altro significato potrà avere nel prosieguo del
ragionamento, ma qui limitiamoci semplicemente a segnalarlo. Faccio notare una
cosa che mi è balzata alla mente: leggendo questo romanzo, al tempo in cui fu
scritto, chiunque, senza averne la prova certa, avrebbe però potuto ipotizzare
(oltre quello che si era letto nell’introduzione a The Roman Hat Mystery) un legame tra Barnaby Ross ed Ellery Queen, sulla base proprio di Tragedy of
X:
infatti, The Twin Siamese Mystery, muore un X anzi, ne muoiono due: quindi,
a ben donde, anche questa è una Tragedia di X !
Tuttavia
questo mirabolante romanzo si segnala per una serie di estrose deduzioni e
variazioni sul tema della falsa confessione; e per due caratteristiche: la
prima, connaturata alla vicenda narrata, è la mancanza del corollario degli
agenti e del sergente Velie che di solito compaiono nei primi romanzi; la
seconda, molto più importante, è la mancanza di The Challenge to Reader,
“La sfida al Lettore”. Infatti questo è il primo romanzo in cui manca,
anzi per essere più preciso, in cui sembrerebbe mancare: infatti, nella
cantina, mentre al di fuori il fuoco divampa nella casa e minaccia le loro
stesse vite, Ellery si rivolge ai presenti e chiede: “..Prima che vi racconti
la mia storiella, non c’è nessun altro, come Smith, che ha una confessione da
fare? Ci fu silenzio. Ellery studiò lentamente i loro volti, uno per uno.. –
Ostinati sino alla fine, vedo. Allora dedicherò i miei ultimi..i miei prossimi
momenti a questa faccenda..” (E. Queen, The Twin Siamese Mystery, Il Caso dei Fratelli Siamesi, Speciale
Del Giallo Mondadori n.38 del 2003, trad. Gianni Montanari, pag. 229).
Stefano Benvenuti e Gianni Rizzoni, autori di una celebrata opera Mondadori di
molti anni fa, “Il Romanzo Giallo”, affermavano che in realtà, anche se non vi
è alcuna segnalazione di una “Sfida al Lettore”, essa era camuffata : siccome
l’invito al colpevole non avrebbe avuto senso perché quello non si sarebbe
certamente fatto avanti, essi concludevano che l’invito non poteva che essere
rivolto al lettore stesso.
Tuttavia io
personalmente son rimasto sempre un tantino disorientato da questa sofistica
spiegazione: perché mai, proprio in un romanzo come questo, la sfida sarebbe
dovuta mancare e non anche in altri? Io invece non vorrei che “La Sfida al
Lettore” in realtà ci fosse, magari nella prima edizione, quella rarissima di
Stokes, e poi con la continua pubblicazione in formati economici e non
integrali, questa forma di sfida fosse andata persa. Del resto degli scritti di
Ellery Queen, alcune cose sono rarissime e non solo le prime edizioni di Stokes
ma anche per esempio gli esemplari della prima rivista di racconti pubblicata
dai due cugini. Comunemente si sa che essi fondarono la EQMM; ma non si sa per
esempio che, prima della pubblicazione di essa a partire dal 1941, essi
avessero tentato di pubblicare un’altra rivista (che avrebbe dovuto presentare
romanzi e racconti selezionati), di cui uscirono solo quattro numeri (rarissimi
e i cui prezzi nel caso si trovassero varrebbero cifre astronomiche) mentre un
quinto in forza di pubblicazione, non fu pubblicato: Mistery League.
La critica
ha dibattuto a vario modo sull’importanza di questo romanzo, non tanto per la
sua struttura, ma per ciò che sottende alla sua realizzazione. Infatti è questo
il primo romanzo in cui molti segnali disseminati nella trama, rimandano ad un
malessere sempre più forte, un vero e proprio disagio, che si era instaurato
tra i due cugini. Essi infatti, pur uniti dalla loro storia e dalle loro comuni
origini ebraiche, pur avendo insieme creato dei best sellers, poco a poco si
erano resi conto di essere entrati in un gioco che andava al di là della loro
sfera personale (che avrebbe compreso poi testi per trasmissioni radiofoniche,
sceneggiature per il cinema, e la creazione dell’ EQMM, L’Ellery Queen Mystery
Magazine, dove sarebbero state raccolte le migliori storie brevi, racconti, del
panorama poliziesco internazionale). I due non si sopportavano più, e finivano
spesso per litigare, anche in maniera plateale, come quando, mentre erano in
uno studio radiofonico, venne sospesa una trasmissione a causa delle grida che
si sentivano provenire da altro ambiente dove stavano “discutendo” i due
cugini: andò a finire, che per non stare neanche troppo vicini, uno andò a
vivere in e l’altro in: Manfred Lee si occupava della stesura del romanzo e
dello stile, mentre Frederick dell’invenzione della messinscena narrativa e del
plot. In pratica il modus agendi della coppia si è potuto evincere allorché
alcuni anni fa, Crippen & Landru ha pubblicato l’ultimo romanzo inedito
della coppia: si tratta di Tragedy of Errors, un canovaccio lungo
una settantina di pagine scritto da Dannay e poi, dopo la morte di Lee, rimasto
in un cassetto fin quando, dopo la morte di Dannay, è stato riscoperto: “Danny”
scriveva le trame e ideava il plot, mentre poi a stendere il romanzo nella
forma definitiva, ci pensava “Manny”. Insomma..la mente e il braccio!
Remi Schulz,
un grande studioso di enigmi,francese, e grande esperto di Cabbala, ha scritto
degli interessanti articoli, esaminando alcuni aspetti dell’opera di Queen: le
tesi che egli porta avanti non ci sentiamo del tutto di condividere, in quanto
egli tendenzialmente cerca di portare acqua al suo mulino, ma alcune delle sue
considerazioni sono veramente interessanti, tanto più che il significato
nascosto nei testi, è la caratteristica della Kabbalah, dottrina che due ebrei
come i due cugini dovevano conoscere se non condividere : “..est le septième
roman des Queen, effectivement paru fin 33, l’un des plus réussis de cette
première période fort prisée par Borges qui s’est déclaré peiné de la
bifurcation des Queen hors du sentier de la pure déduction..”.

Remi Schulz
cita anche un celebre racconto di Juan Antonio Borges, Il giardino dei sentieri
che si biforcano (Borges è presente con qualche racconto in EQMM) facendo
riferimento al fatto che ad un certo punto la via che i due cugini avevano
percorso insieme, si fosse arrestata dando origine ad una biforcazione sul
sentiero della pura deduzione: in pratica secondo lui Borges, scrivendo il
racconto si sarebbe metaforicamente riferito ai due Queen. Questa a noi pare
un’interpretazione presa per i capelli: Schulz in sostanza rileva la
somiglianza di Herbert Quain, scrittore inventato e protagonista di un altro
racconto, Esame dell’opera di Herbert Quain, con Ellery Queen, che per
lui è fortemente indicatrice, anche perché Borges era stato ospitato su EQMM e
il racconto che di lui cita è poliziesco. Il fatto è che la comune
interpretazione di Il giardino dei sentieri che si biforcano, è basata sulla
presa in esame del Tempo non in senso assoluto ma relativo, “una rete
crescente di tempi divergenti, convergenti e paralleli..che s’accostano, si
biforcano, si tagliano o s’ignorano per secoli comprende tutte le possibilità”
(J.L.Borges : Finzioni – Trad. Franco Lucentini, Einaudi, 1955 ristampa
2010,pagg.90-91).
Interpretazione
metafisica, potremmo dire fantascientifica, ma non poliziesca. Va detto però
che Il giardino dei sentieri che si biforcano è del 1941, tempo in cui i due
probabilmente avevano già maturato la volontà di stare divisi (anche se apparve
su EQMM solo nell’agosto del 1948: traduttore fu Anthony Boucher). E se Schulz
pensa a Queen come ispiratore di Quain è perché, ma non lo dice, c’è qualcosa
che lega indissolubilmente questo ipotetico romanzo di autore inventato, a
Ellery Queen: il narratore dice che “..L’editore lo mise in vendita negli
ultimi giorni del novembre 1933. Ai primi di dicembre dello stesso anno, le
gradevoli e ardue involuzioni del Siamese Twin Mystery affaccendarono sia
Londra che New York..” (J.L.Borges: Finzioni, Esame dell’opera di Herbert
Quain, trad. Franco Lucentini, Einaudi, 1955 ristampa 2010, pag.64).
Prendiamo in
esame un altro passo assai significativo del suo studio: “..Le mystère du
jumeau siamois, du Siamese twin, est peut-être une première manifestation de ce
malaise entre les cousins. Alors que tous les premiers Queen sont parus avec la
reine de carreau (Queen of diamonds) en couverture, Dannay a convoqué ici une
dame Carreau d’origine française mère de jumeaux xiphopages ; un
chirurgien spécialisé envisage de les séparer, il est assassiné ; un des
jumeaux est soupçonné à cause d’un valet de carreau coupé en deux (une double
figure tête-bêche dans un jeu américain), ce qui pose le délicat problème du
châtiment..”.
Per chi non
conosce il francese, Schulz afferma che “il mistero del fratello siamese può
essere una prima manifestazione di questo disagio dei due cugini. Allora che
tutti i primi (romanzi) di Queen presentano in copertina una regina di quadri,
Dannay ha convocato qui una signora Carreau di origine francese, madre di
gemelli siamesi; un chirurgo specializzato in operazioni di separazione viene
assassinato; uno dei gemelli è sospettato a causa di un fante di quadri
tagliato in due pezzi (una doppia figura nel gioco di carte americano), che
pone il delicato problema della pena..La nonna comune dei due cugini
Dannay e Lee si chiamava Rachele, il nome della regina di quadri nel gioco
francese”.
In effetti
quello che dice Schulz può avere una sostanza reale: le prime edizioni dei
romanzi di Queen, prima de “Il Caso dei fratelli siamesi” presentano in effetti
una regina di quadri in copertina, che rappresenterebbe come logo la ditta dei
due cugini: perché proprio una regina di quadri e non di picche o di fiori o di
cuori? Schulz dice che qui c’è una Carreau (vero) e Madame Carreau madre
dei due fratelli siamesi metaforicamente rappresenta una donna di quadri,
madre di due fratelli siamesi (un nome, Ellery Queen, che nasconde l’unione di
due persone, che sono per forza uniti pur avendo due menti e due corpi diversi,
e che vorrebbero distaccarsi: i due cugini); c’è un chirurgo esperto in
separazioni di fratelli siamesi che muore assassinato (in sostanza nel momento
in cui i due cugini avrebbero potuto essere divisi, è intervenuto qualcosa a
sancire la loro indivisibilità). Il fratello siamese che viene sospettato lo è
a causa di un fante di quadri diviso in due (una carta che ha il fante
speculare nelle due metà della carta): ancora una rappresentazione della
riunione di due persone in una. Tacciamo sul resto: la mano sinistra aperta e
quella destra chiusa, il ragionamento sul fatto che non fosse mancino, e quindi
sulla volontarietà dell’atto, tanto più che la rigidità cadaverica sarebbe
cominciata subito dopo la morte, a causa del fatto che fosse diabetico: ma
questa particolarità è presente anche in un altro romanzo, The Egyptian
Cross Mystery, scritto precedentemente a questo, insomma un particolare
che i due avrebbero utilizzato adattandolo ad altro contesto.
Ma per quale
motivo innanzitutto i due Queen avrebbero scelto una Donna di quadri invece che
quella di altro seme? Il seme del quadri secondo noi è peculiare nei quattro e
ha una caratteristica che gli altri non hanno: rovesciata, è sempre un quadri,
non c’è cioè un verso: le picche rovesciate sono rovesciate, i cuori e i fiori
altrettanto, ma il quadri rovesciato non lo è, non si può vedere se lo sia, è
la rappresentazione dell’unità, della perfezione dei semi. Tuttavia la ragione
più profonda della scelta, è data dalla storia familiare comune ai 2 cugini,
singolarmente collegata ad una carta da gioco. Se riandiamo all’origine dei
giochi di carte, troviamo che la capitale vera e propria, il luogo dove per la
prima volta le carte francesi furono usate e da dove si diffusero altrove, nei
Paesi limitrofi, fu, dal XVI secolo, la città di Rouen: lì in particolare, alle
carte con soggetti (ai fanti, alle regine, ai re) vennero dati dei nomi. In
origine la tabella dei nomi era la seguente:
Re di Picche
= David, Re di Cuori=Alexander (Alessandro Magno), Re di Quadri= Caesar (Giulio
Cesare), Re di Fiori=Charles (Carlo Magno); Fante di Picche=Hector (Ettore,
principe di Troia),Fante di Cuori=La Hire (Etienne de Vignoles, comandante
dell’esercito francese nel tempo di Giovanna d’Arco), Fante di Quadri=Ogier
(uno dei cavalieri di Re Artù), Fante di Fiori=Judas Maccabaeus (Giuda
Maccabeo); Regina di Picche= Pallas (Pallade Atena), Regina di Cuori= Rachel
(Rachele, moglie di Isacco),Regina di Quadri=Argine (anagramma di Regina),
Regina di Fiori=Judith (Giuditta).
Secondo una
interpretazione molto interessante, alcuni di questi nomi sarebbero delle
storpiature francesi: così Argine (che non si è ancora riusciti a capire a chi
si riferisse) deriverebbe da Argeia, mitica principessa della città Argo;
Rachel non si riferirebbe a Rachele ma a Ragnel moglie di Sir Gawain, un altro
dei cavalieri della Tavola Rotonda; e infine La Hire potrebbe derivare da Aulus
Hirtius, uno dei comandanti di Giulio Cesare. In questo modo le 12 carte a
soggetto apparterrebbero a 4 grandi famiglie: personaggi biblici, personaggi di
derivazione greca, personaggi di derivazione romana, personaggi cristiani.
Tuttavia, quando le carte da gioco si furono adeguatamente diffuse in Francia,
alla terminologia di Rouen si affiancò quella di Parigi, che aveva delle
differenze, una delle quali a noi interessa particolarmente: il Re di
Cuori diventa Charles e quello di Fiori, Alessandro Magno, mentre gli altri
sono invariati; il Fante di Picche è Ogier, quello di Cuori.. La Hire, di
Quadri..Ettore, e di Fiori..Judas Maccabaeus; infine la Regina di Picche è
Pallade, la Regina di Cuori è Judith, la Regina di Quadri è Rachel, la Regina
di Fiori è Argine. Puntiamo l’attenzione su Rachel=Regina di Quadri: le madri
dei due cugini, le sorelle Rebecca e erano figlie degli emigranti ebrei russi,
Leopold e Rachel Wallerstein : Rachel..ecco il nesso! Del resto anche
Remi Schulz vi accenna : “La grand-mère
commune aux cousins Dannay et Lee se prénommait Rachel, le nom de la reine de
carreau dans les jeux français”. Tuttavia Remi Schulz per il romanzo in
questione in pratica si ferma qui; noi invece.. andiamo avanti.
Notiamo
innanzitutto che a questo punto, se Rachele, Regina di quadri nelle carte
francesi, era anche il nome della nonna materna dei 2 cugini, e se nel romanzo
abbiamo una Madame Carreau ( che secondo Luca Conti potrebbe esser stata una
reminiscenza di Madame Laveau, la regina del Voodoo in New Orleans) e Carreau
in francese designa il seme di quadri madre dei due gemelli siamesi
Francis e Julian, significa che possiamo idealmente e giustamente
associare Francis e Julian a Dannay e Lee, e la stessa carta, il Fante di
Quadri (doppia nella specularità dei due fanti) può, in virtù dell’associazione
Carreau=Quadri=Queen, rappresentare non solo uno dei due fratelli siamesi, ma
anche uno dei due cugini Queen, come pure, più ancora singolarmente, la carta
strappata in due può significare una unione..strappata: la divisione di una
unità in due.
Ma quello
che ho osservato in particolare è una cosa su cui nessuno ha posto la propria
attenzione: per quale motivo il chirurgo si chiama Xavier? Innanzitutto Xavier
non è un nome comune in USA, almeno non è comune come John, Bill, Jack: dove i
Queen avrebbero tratto l’ispirazione e perché avrebbero proprio scelto questo
nome a rappresentare il chirurgo che ha il compito nel romanzo di separare i
due fratelli siamesi?
Osservo
innanzitutto che il romanzo è del 1933: da alcuni anni aveva cominciato a
suonare in New York un grande musicista di origine spagnola, che aveva messo su
una propria band, specializzandosi nella musica d’accompagnamento e soprattutto
in tanghi, per cortometraggi e lungometraggi, e a partire dal 1931 era
diventata la principale attrazione della stagione del Waldorf Astoria Hotel,
uno dei più grandi e conosciuti di New York : Xavier Cugat. E’ possibile che il
grande arrangiatore e musicista spagnolo-cubano, abbia fornito l’ispirazione
per quel personaggio del romanzo? Secondo me, potrebbe essere possibile, ma
comunque poi bisognerebbe vedere il perché proprio questo nome e non un altro
li avesse colpiti: secondo me, all’origine della scelta del nome, ci fu la
lettera iniziale: la X. Perché?
Abbiamo già
fatto notare come questo romanzo si apparenta idealmente a The Tragedy of X , e
quindi X potrebbe esser stata scelta per legare i due romanzi. Tuttavia, la X,
nel nostro caso, potrebbe rappresentare il “bifrontismo” dei 2 cugini, il loro
“doppio”: infatti la X, la lettera CHI greca, rappresenta il Chiasmo, che
ha una forma a croce: gli elementi si dispongono ” in corrispondenza inversa”
l’uno nel confronto dell’altro, per cui ciò che è in basso a sinistra si specchia
in ciò che è in alto a destra, e così via. Del resto la corrispondenza a
chiasmo come coppia di opposti, si apparenta a quella delle due immagini
speculari secondo un asse simmetrico, rivolte una verso l’altra o entrambe che
guardano le due direzioni opposte, un bifrontismo che ci richiama il Dio Giano
(tanto più che se notiamo la rappresentazione del dio bifronte e lo stilizziamo
potremmo ricavarne una X. Poi chissà come pensandoci, ho notato come
eufonicamente Jianus sia molto simile a John, il John di Xavier: in Ellery
Queen tutto ciò che sembrebbe dettato dalle coincidenze non lo è e leggere tra
i righi non è un esercizio campato in aria, ma connesso con le credenze
ebraiche dei due cugini. Tra i due quello che era più versato a questi enigmi
era ovviamente Dannay, tanto più che era lui a creare le basi delle
sceneggiature e del plot : era lui a sentire di più questa necessità di
staccarsi dal cugino?
E
Mark, l’altro fratello di John? Anche lui è un nome scelto apposta? Remi
Schulz, sempre nel suo saggio, nota la singolarità del fatto che Twain sia
molto vicino come forma della parola a Twins (Siamesi). Coincidenza ?
“..Dannay a
écrit seul un roman, publié en 53 sous son vrai nom de naissance Daniel Nathan,
The golden summer, basé sur des souvenirs d’enfance… Si The golden summer est
bien plus qu’un doublon de Tom Sawyer, son titre semble calqué sur celui du
premier roman de Twain, The gilded age (L’Age doré)”. Ci sembra di
no, e ci sembra anche che l’osservazione di Schulz sia ancorché interessante:
Dannay scrisse nel’53 un romanzo che parlava della sua infanzia, The Golden
Summer, un romanzo molto simile se vogliamo all’oggetto del Tom Sawyer di Mark
Twain, ma ancor più vicino nel titolo al primo di Mark Twain : The Gilded Age,
“L’Età d’Oro”.
Osserviamo
che tuttavia ambedue i soggetti, il fratello di John Xavier, Mark Xavier e Mark
Twain hanno lo stesso nome: un altro tentativo di Dannay di collegarsi alle
loro persone, un’ulteriore metafora?
Se proprio
vogliamo, il tema del doppio è molto insistente nella produzione dei due cugini
da questo momento: ho notato un’altra cosa di cui nessuno si è accorto,che
cioè, per esempio, per fare un ulteriore collegamento alla questione dibattuta
in questo articolo, il nome Mark, non compare solo in questo romanzo, ma anche
altrove: c’è per esempio un radiodramma che si chiama “The Adventure of
the Mark of Cain” . Il Marchio di Caino, cioè il marchio dell’assassino
di Abele, richiama singolarmente nel suo titolo anche due nomi fortemente
caratterizzanti nella produzione queeniana: il Mark di cui abbiamo parlato, che
è parte di un doppio (John-Mark) e Cain, che è parte di un altro doppio (Abel
Bendigo-Cain Bendigo) in The King is Dead, “Il Re è Morto”, in
cui compaiono altri due fratelli. Tra l’altro, a evidenziare l’importanza di
queste accezioni nel continuum dell’opera queeniana, va ricordato che anche un
capitolo di “There Was an Old Woman ”, si chiama “The Mark of
Cain”.
Mark,
Xavier, due fratelli. Ma..Xavier chi ci ricorda anche? A noi ricorda anche il
telepate capo degli X-Men, il Professor Charles Xavier. Possibile che Stan Lee
abbia guardato a Ellery Queen? E’ curioso, ma anche se non sarebbe proprio
strettamente attinente ai richiami dei due Queen con il tema del doppio,
notiamo come non solo Xavier ricorra nella saga degli X-Men (ancora una volta
la X). Infatti, anche qui c’è un doppio: Xavier e il suo fratellastro, il
malvagio prima e poi redento “Phenomenon”, che guarda caso si chiama Cain Mark
. Strano, vero? E se proprio volessimo analizzare la figura, potremmo anche dire
che i due Xavier sono molto simili: come John Xavier si occupa della
separazione di fratelli siamesi, cioè di fratelli uniti mostruosamente a causa
di una disfunzione genica, anche Charles Xavier si occupa di esseri umani nati
mutanti in ragione di un gene particolare : il gene X. E se volessimo ancor più
cercare il pelo nell’uovo, potremmo dire che i 2 fratelli siamesi non sono
altro che dei mutanti. Quindi..
Nel mare
delle cose interessanti di questo romanzo, mi è balzata in mente un’altra cosa
che desidero far notare: nella mano destra di John Xavier viene ritrovato un
frammento di “Sei di picche”. Il perché stringesse un frammento invece che una
carta intera è già una cosa che mi ha fatto pensare e poi non viene spiegato:
una supposizione che mi verrebbe spontanea è che John Xavier avesse strappato
la carta e avesse stretto il frammento nel pugno per non far notare all’interno
della mano qualcosa di anomalo che sarebbe potuta essere una carta; però, essa,
anche se accartocciata, comunque non sarebbe stata visibile, e lui, medico,
ancorché diabetico, avrebbe dovuto supporre una sua immediata rigidità
cadaverica.
Ce n’è
tuttavia un’altra curiosa: nel romanzo c’è il disegno di un sei di picche
diviso in due frammenti: il primo, quello stretto nel pugno non è spiegazzato e
rappresenta due semi interi e le punte di altri due; l’altro, quello
spiegazzato, due semi interi e le radici visibili di altri due divisi per la
metà. Ora, in cartomanzia, il sei di picche rappresenta un avviso per un errore
che si potrebbe fare ma che non durerebbe molto (l’errore di aver prima
individuato il colpevole, poi di averlo erroneamente scagionato ed infine di
averlo inchiodato nuovamente?). Ma se prendiamo in esame i due frammenti ci
troviamo di fronte ad un frammento che vale due picche e ad uno che ne vale
quattro; ora il due di picche rappresenta una divisione (amore o amicizia), il
quattro, una decisione difficile che si sta per prendere: la decisione
difficile dei due Queen di separarsi? Tuttavia, nel primo capitolo della Parte
Seconda, “Il sei di picche”, osserva Richard Queen che John Xavier ha
utilizzato una carta con cui stava facendo un solitario ( allorché l’assassino
gli ha sparato due proiettili nello stomaco: ancora la simbologia del due,
quasi che nel momento in cui qualcuno volesse intervenire per separare l’unione
di due, essi stessi volessero non essere separati) : “..Il sei in questione era
tra il sette ed il cinque di quadri – mormorò l’ispettore”. In cartomanzia, il
cinque di quadri rappresenta un’atmosfera di amicizia o di lavoro amichevole,
mentre il sette di quadri il dover prendere una decisione su qualcosa che non
si è preso precedentemente in considerazione. Mi sembra chiaro il riferimento
al dover prendere una decisione difficile su una divisione che non si è voluta
mai prendere in esame e che porterà ad una atmosfera di amicizia o di lavoro
amichevole: una volta separati, i due cugini lavorarono alla stesura di molti
altri romanzi, dividendosi i compiti ed evitando purtuttavia di stare assieme.
Interpretazione arbitraria?
Ma, è bene
ricordarlo, il pezzo di carta che John Xavier tiene stretto in pugno è quello
con solo due semi di picche: quindi..divisione; mentre è stato accartocciato e
buttato via, il secondo pezzo della carta, quello che significava “decisione
difficile che si sta per prendere”: in altre parole, che l’ultima parola per la
divisione (dei due cugini?) era già stata presa. E la decisione è tenuta dalla
mano destra mentre la mano sinistra non ha nulla in mano: cioè, ancora
ipotizzando, si potrebbe dire che la mano destra voleva la divisione, la mano
sinistra no. Mano destra, mano sinistra, che appartengono alla stessa persona:
altra rappresentazione per due diverse entità (Dannay e Lee) che fanno parte di
un tutt’uno (La ditta comune Ellery Queen)? Questo ci porterebbe ad un’ultima
domanda che per il momento, in mancanza di riscontri di natura biografica,
rimane senza risposta: quale dei due cugini voleva la separazione e chi no? Si
sa che Dannay era piuttosto introverso e aveva dei guai in famiglia mentre il
cugino era di altra natura. Ma si potrebbe ipotizzare tutto ed il contrario di
tutto, in mancanza di dati biografici oggettivi, su chi volesse, all’interno
della coppia, più dell’altro distaccarsi: Dannay che era l’ideatore della trama
e della messinscena del plot vi accenna, ma poi..nulla più.
Infine c’è
un’altra cosa, non detta, che mi si è rivelata in tutta la sua importanza alla
fine del libro: il Sei di Picche a saperlo interpretare bene poteva anche
essere un modo per identificare l’assassino: stranamente Ellery Queen si ferma
al valore della carta, il Sei e all’acrostico che lo indica : infatti ”Il
dottor Xavier..prima di morire ha accusato Six di averlo assassinato” (Cap. V;
taccio sul significato delle parole dell’acrostico per non rivelare il nome
dell’assassino). Si ferma a ciò e non va oltre. Molto strano. E io
suppongo che originalmente Dannay avesse pensato di far rivelare a Ellery
dell’altro, ma poi non l’avesse fatto. Cosa? Semplice. Perché Sei di picche e
non quadri o fiori o cuori? La forma? Il significato di Picche = Morte? Secondo
me c’è dell’altro.

E’connesso alla terminologia francese, già utilizzata nel
caso di Carreau = Quadri : in francese, Picche
si dice Pique. Ora, qual è la strana
affezione di cui è affetto l’omicida, e che si vedrà è alla base dell’intero
romanzo? La cleptomania. In altre parole, c’è qualcuno che durante il romanzo
ruba degli oggetti: anelli, ma anche di valore insignificante. E quale verbo in
francese significa rubare? Voler, ma anche Piquer.
Una cosa che sicuramente oltre a me anche Dannay deve aver pensato all’epoca,
perché il riferimento mi sembra non casuale ma troppo diretto. E perché allora
Ellery Queen non lo rammenta alla fine? Forse per non ricalcare il fatto di
esser stato distolto da altre cose durante l’avventura? Ellery molto spesso
finisce per fare il sapientone nei suoi primi romanzi, cioè tende a polemizzare
e disquisire anche troppo, a prendere dei granchi e poi alla fine essere
costretto a fare dietro-front: non accade solo qui ma anche altrove. O forse è
il segno di una precedente stesura utilizzata non del tutto? Non lo so.
Anthony Boucher, grande scrittore e critico di letteratura poliziesca,
durante un’intervista, nel 1951, ebbe a dire : “The detective story itself
was an American invention; and after a long period of British pre-eminence,
Ellery Queen as writer and editor has done as much as anyone (and probably
more) to make it once more an American possession. . . Ellery Queen is the American
detective story”.
Possiamo non essere d’accordo?
Pietro De
Palma