Uno degli ultimi testi che mi ha regalato, è stato Leopold’s Way, una raccolta di racconti firmati da Edward D. Hoch, il celeberrimo scrittore statunitense specializzato in racconti fulminanti, soprattutto con delitti impossibili. La raccolta, approntata per Mysterious Press, da Francis M. Nevins Jr. & Martin H. Greenberg, contiene anche una presentazione dello stesso Francis M. Nevins Junior.
Il racconto The
Leopold Locked Room, è uno dei racconti più impossibili e più memorabili,
scritti da Hoch. Anni fa vidi un film poliziesco con Anthony Hopkins, Fracture:
si racconta che il plot fosse derivato quasi sicuramente se non del tutto da un
racconto di Hoch: il racconto è questo, indubbiamente. Se uno ha visto il film
ricorderà il plot. Ne riparleremo tra poco.
Capitan
Leopold parla nella centrale di polizia col suo collaboratore ed amico Fletcher
dell’arrivo in città della sua ex moglie Monica. Fletcher è stupito perché fino
a quel momento Leopold gli ha tenuto nascosto il suo passato: se ora ne parla,
evidentemente è successo qualcosa. Leopold gli confida di essere inquieto,
perché la moglie in passato più volte ha manifestato propositi di vendetta nei
suoi confronti, in quanto gli addebita il fallimento del loro matrimonio. In
realtà l’unione si era frantumata perché lui era all’inizio della carriera di
investigatore, mentre lei inseguiva sogni di attrice. Lei voleva andare via
mentre lui voleva restare in loco e avanzare di carriera. Lei era andata via,
poi aveva divorziato da lui, aveva affrontato un altro matrimonio fallito, e
gli insuccessi di una vita agognata, ma che non le aveva dato gli allori che
lei si aspettava, avevano provocato degli esaurimenti nervosi e una serie di
patologie psichiatriche per cui l’avevano internata per tre anni in manicomi.
Ora entrambi sono
stati invitati al ricevimento della nipote di Monica, Vicki Nelson, che si
sposa con l’avvocato Ted Moore. Il ricevimento si terrà a Sunset Farms, una
struttura di vago sapore bucolico, usata per ricevimenti: una grande sala
quadrata, divisa da strutture e pannelli movibili in quattro stanze quadrate
uguali, che possono essere usate per gli usi più svariati. In questa occasione,
però, tre stanze sono unite a formare un unico spazio in cui si terrà il
ricevimento a cui sono state invitate 130 persone. Leopold teme che possa
accadere qualcosa, e chiede a Fletcher, dovendo per forza presenziare alla
cerimonia, di dargli il pretesto per andare via il prima possibile, per una
fantomatica indagine.
Così i due si
presentano nella struttura, incontrano gli sposi, poi Leopold viene urtato da
un invitato, il dottor Thursby, un medico che è arrivato alla festa assieme a
Monica, e poi incontra Monica stessa. Già all’inizio del loro incontro, Leopold
nota nella sua ex moglie uno sguardo selvaggio, instabile. Vorrebbe andare via,
ma lei insiste che vuole parlargli in privato, e pertanto si dirigono verso l’unica
stanza delimitata dai pannelli: Monica apre l’apertura di entrata, chiudendola
poi alle sue spalle. La stanza è nuda, vuota, priva di mobilio, di 30 metri
quadrati: tre pannelli, due laterali e uno contenente la porta opposta alla
grande finestra che da luce all’interno. Monica comincia un delirante discorso
il cui fine sarebbe di vedere distrutto il suo ex marito, di cui in più
occasioni ha detto di desiderare la morte. Tuttavia mentre lei sta parlando, e
Leopold è a venti passi da lei, lei alza atterrita il braccio, lui sente uno
sparo e nello stesso tempo vede una macchia di sangue allargarsi sul seno della
donna, e lei cadere pesantemente a terra.
Leopoldo si
guarda alle spalle: niente, la porta è bloccata. Davanti, la finestra non
presenta segni ed è ancora chiusa, le pareti non si sono mosse. Lui è solo con
una donna morta: chi l’ha uccisa? Porta istintivamente mano alla pistola, ma è
ancora nella fondina. Un attimo dopo, una donna apre la porta e vede la vittima
per terra. In men che non si dica arriva Fletcher, a cui lo sbalordito Leopold
racconta i fatti: Fletcher chiede la pistola di Leopold, e lui la estrae dalla
sua fondina.
Tra i 130
invitati, nessuno ha visto qualcuno approssimarsi alla porta della stanza ed
aprirne un pertugio tanto quanto basta per sparare: nessuno. Quindi l’unico che
avrebbe potuto ucciderla è Leopold, che però sa di non averla uccisa.
Le analisi
della pistola sequestrata, dimostrano che ha sparato, in quanto viene trovato
un bossolo vuoto dentro il tamburo della 38 special. Leopold ricorda di non
aver sparato nessun proiettile da quando assieme Fletcher ha sparato al
poligono di tiro, nel seminterrato della centrale di polizia. Ma la perizia gli
da torto.
Leopold è distrutto:
sa che se non riuscirà a provare la sua innocenza, verrà incarcerato entro una
settimana per omicidio di primo grado, rischiando la pena di morte. Mentre è a
casa sua, si presenta Fletcher, che egli ha persino pensato di sfuggita di aver
complottato, lui o altri assieme alla ex moglie per farlo defenestrare, idea
subito ricacciata, perché Fletcher è un amico da anni. Fletcher gli sottopone
la sua scoperta: il vestito che indossava la vittima, che poi, agonizzante, è
morta mentre stava arrivando in ospedale. Presenta uno squarcio non rotondo e
non compatibile con una canna di pistola che abbia sparato a bruciapelo, perché
quella avrebbe prodotto un foro più piccolo e definito, mentre questo è più
largo e sfrangiato. Inoltre Leopold si chiede come mai risulti una ferita a
bruciapelo, se non c’era nessuno tra lei e lui nell’arco di venti passi. Sarà
questo uno degli indizi risolutivi, oltre al vestito. Leopold comincia a
ragionare: e se..?
Il successivo
passo sarebbe chiarire se si tratti di omicidio, suicidio o incidente.
Incidente è da escludersi, suicidio pure , ma omicidio..da parte di chi? Lui
era l’unica persona nella stanza, e la pistola sequestratagli aveva un bossolo.
La perizia del proiettile ha confermato che è stato sparato dalla sua pistola,
e pertanto Leopold vuole accertarsene di persona. Ottiene di poter esaminare il
bossolo, ma conviene che le striature impresse possono benissimo essere state
prodotte dalla canna di una 38 special, la sua. Tuttavia il rapporto gli fa
scattare qualcosa in testa: Diede un'occhiata
al tag di identificazione attaccato al proiettile di prova: proiettile di prova
sparato da Smith & Wesson .38 Revolver, numero di serie 2420547 (traduzione
mia). 2420547. E allora ricorda: prende dal portafoglio la licenza
dell’arma da portare addosso e si accorge, e poi lo dice a Fletcher, che la
licenza si riferisce ad un revolver numero di serie 2421622. 2421622:
un’arma diversa.
Come
faceva una pistola non sua a stare nella sua fondina? Come ha potuto un
proiettile che stava nella pistola non sua messa nella sua fondina a uccidere
la sua ex moglie provocando un largo squarcio nel vestito, non compatibile con
una ferita a bruciapelo, confermata poi dall’autopsia?
Il
proiettile se è stato sparato in un secondo tempo, quando è stato sparato?
Ovviamente nell’autoambulanza. Ma da chi? E come il proiettile è stato usato?
Accantonando che derivi dai proiettili sparati all’interno del poligono della
polizia, esso può essere stato sparato solo in un modo e solo da una persona,
ammesso poi che sia la stessa che abbia ucciso.
Così
alla fine di un ragionamento sottile, di una indagine rapidissima e di
fruttuose analisi, dopo aver saputo che il sangue sul vestito era formato da
sangue della vittima e sangue di pollo, e che alla festa era presente solo un
medico, quello che ha visitato la vittima e che l’ha avviata all’ospedale
salendo con lei in autoambulanza, Leopold si salverà indicando un folle piano
di vendetta, ordito dalla sua ex moglie per vederlo screditato, ma di cui era
rimasta vittima. Solo che il medico individuato ed arrestato si verificherà che
non era affatto un medico, e che non era stato lui ad ucciderla.
Bellissimo
racconto, è un fuoco d’artificio di combinazioni macchinose. Ricapitoliamo:
Leopold
porta nella sua fondina una pistola, la sua. Poi durante la festa accade
qualcosa che lui lì per lì non inquadra, e dopo lo sparo si ritrova ad avere
una pistola che parrebbe essere la sua, contenente un bossolo nel tamburo,
collegato al proiettile che ha ucciso Monica. Quindi nella pistola c’è un
bossolo vuoto. Come ha fatto il proiettile ad uccidere Monica? Posto che la
pistola sia stata sostituita, se fosse stata usata non avrebbe potuto lasciare
un bossolo nella pistola di un altro. E anche se il proiettile fosse stato
inserito in un altro bossolo, sparato da un’altra pistola, avrebbe avuto altre
impronte prodotte dalla canna della pistola. Ma i segni sono di un’unica canna.
E allora? Ecco allora che dalle domande escono dei rimandi.
Hoch
può aver usato l’escamotage inventato da Carr in The Proverbial Murder:
cioè applicare il proiettile sparato da un’arma al bossolo sparabile da
un’altra. Lì però Carr usava il muschio secco nella canna per evitare che altre
impronte interne della canna si aggiungessero a quelle originali del
proiettile, recuperato da un poligono di tiro. Qui muschio secco non ve n’è, ma
c’è il poligono di tiro. Cosa si sarebbe usato per non lasciare le impronte sul
bossolo e nello stesso tempo per non fare rumore in una autoambulanza che avrebbe
proceduto a sirene spiegate anche in presenza di un infermiere? Perché la
pistola potrebbe essere stata un arnese piccolo e maneggevole, costruito in
laboratorio per avere quella sufficiente forza propulsiva in grado di uccidere.
E
il proiettile come è stato ricavato e sostituito? Hoch propone tramite il suo
capitano Leopold, la possibilità che sia stato sparato contro un cuscino,
agendo esso da silenziatore, usando la pistola vera di Leopold. La pistola vera
era basilare, perché i segni prodotti dalla sua canna erano come una impronta
digitale: ogni pistola ha delle sue tracce identificative sui proiettili da
essa sparati, che le rende uniche. Quindi abbiamo due proiettili, di due armi
diverse, di cui vengono prese e utilizzate come prova contro Leopold le parti,
formanti uno: il bossolo, e la pallottola di piombo
Il
racconto è uno di quelli classici con delitto impossibile, in cui per la
messinscena è necessaria la presenza di due persone: l’assassino vero e proprio
e il complice, che in questo caso agisce in due occasioni: prima e dopo l’incontro/scontro
tra Monica e Leopold: prima sottraendo l’arma di Leopold e mettendone un’altra uguale,
e poi agendo su Monica. Solo che non è lui l’assassino, ma…
Il
racconto di Hoch, dicevamo all’inizio, può esser stato utilizzato, anzi lo è
stato sicuramente dagli sceneggiatori di Fracture: infatti ricordo a chi ha
visto il film che Hopkins ha una moglie fedifraga che lo tradisce con un
ufficiale di polizia. Il marito con un sotterfugio, mentre poliziotto e moglie
sono fuori, entra nella loro stanza d’albergo e sostituisce la sua pistola con
quella del poliziotto. Giorni dopo spara alla moglie con la pistola del
poliziotto. Il poliziotto non potendo parlare con lei e sapendo che è a casa ha
un presentimento, corre da lei e la trova agonizzante. Il marito ha ancora la
pistola in mano. Viene disarmato. Ma mentre il poliziotto si allontana un
attimo, quello sostituisce le due armi. Così l’arma del poliziotto che ha
sparato ritorna nella fondina originaria, mentre l’arma che di pensa abbia sparato,
che è del legittimo proprietario, non ha sparato. Come si vede, il plot è
leggermente diverso, ma l’origine è la stessa: la sostituzione della pistola di
un funzionario di polizia con una identica.
Del
resto di lavori che presuppongano trucchi con proiettili diversi, oltre a The
Proverbial Murder, ce ne sono altri:
basti pensare a The Third Bullet di Carr (Carter Dickson) o anche al
telefilm di Colombo, basato su sceneggiatura di Jonathan Latimer, The
Greenhouse Jungle (Il terzo proiettile nella titolazione italiana),
i cui Ray Milland (opposto a Peter Falk) ha premeditato un omicidio perfetto la
cui colpa vorrebbe far ricadere su sua moglie.
Pietro De Palma
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