sabato 12 ottobre 2019

Edward D. Hoch : The Leopold Locked Room (da Leopold's Way), 1971

Luca Conti, storico traduttore e critico di fiction americana, mi passa spesso su mia richiesta, testi vari in versione Kindle e registrazioni di dischi, in quanto essendo dal 2011 Editor di Musica Jazz, utilizza per la sua testata anche dei miei articoli che gli metto a disposizione, per amicizia. 
Uno degli ultimi testi che mi ha regalato, è stato Leopold’s Way, una raccolta di racconti firmati da Edward D. Hoch, il celeberrimo scrittore statunitense specializzato in racconti fulminanti, soprattutto con delitti impossibili. La raccolta, approntata per Mysterious Press, da Francis M. Nevins Jr. & Martin H. Greenberg, contiene anche una presentazione dello stesso  Francis M. Nevins Junior.
Il racconto The Leopold Locked Room, è uno dei racconti più impossibili e più memorabili, scritti da Hoch. Anni fa vidi un film poliziesco con Anthony Hopkins, Fracture: si racconta che il plot fosse derivato quasi sicuramente se non del tutto da un racconto di Hoch: il racconto è questo, indubbiamente. Se uno ha visto il film ricorderà il plot. Ne riparleremo tra poco.
Capitan Leopold parla nella centrale di polizia col suo collaboratore ed amico Fletcher dell’arrivo in città della sua ex moglie Monica. Fletcher è stupito perché fino a quel momento Leopold gli ha tenuto nascosto il suo passato: se ora ne parla, evidentemente è successo qualcosa. Leopold gli confida di essere inquieto, perché la moglie in passato più volte ha manifestato propositi di vendetta nei suoi confronti, in quanto gli addebita il fallimento del loro matrimonio. In realtà l’unione si era frantumata perché lui era all’inizio della carriera di investigatore, mentre lei inseguiva sogni di attrice. Lei voleva andare via mentre lui voleva restare in loco e avanzare di carriera. Lei era andata via, poi aveva divorziato da lui, aveva affrontato un altro matrimonio fallito, e gli insuccessi di una vita agognata, ma che non le aveva dato gli allori che lei si aspettava, avevano provocato degli esaurimenti nervosi e una serie di patologie psichiatriche per cui l’avevano internata per tre anni in manicomi.
Ora entrambi sono stati invitati al ricevimento della nipote di Monica, Vicki Nelson, che si sposa con l’avvocato Ted Moore. Il ricevimento si terrà a Sunset Farms, una struttura di vago sapore bucolico, usata per ricevimenti: una grande sala quadrata, divisa da strutture e pannelli movibili in quattro stanze quadrate uguali, che possono essere usate per gli usi più svariati. In questa occasione, però, tre stanze sono unite a formare un unico spazio in cui si terrà il ricevimento a cui sono state invitate 130 persone. Leopold teme che possa accadere qualcosa, e chiede a Fletcher, dovendo per forza presenziare alla cerimonia, di dargli il pretesto per andare via il prima possibile, per una fantomatica indagine.
Così i due si presentano nella struttura, incontrano gli sposi, poi Leopold viene urtato da un invitato, il dottor Thursby, un medico che è arrivato alla festa assieme a Monica, e poi incontra Monica stessa. Già all’inizio del loro incontro, Leopold nota nella sua ex moglie uno sguardo selvaggio, instabile. Vorrebbe andare via, ma lei insiste che vuole parlargli in privato, e pertanto si dirigono verso l’unica stanza delimitata dai pannelli: Monica apre l’apertura di entrata, chiudendola poi alle sue spalle. La stanza è nuda, vuota, priva di mobilio, di 30 metri quadrati: tre pannelli, due laterali e uno contenente la porta opposta alla grande finestra che da luce all’interno. Monica comincia un delirante discorso il cui fine sarebbe di vedere distrutto il suo ex marito, di cui in più occasioni ha detto di desiderare la morte. Tuttavia mentre lei sta parlando, e Leopold è a venti passi da lei, lei alza atterrita il braccio, lui sente uno sparo e nello stesso tempo vede una macchia di sangue allargarsi sul seno della donna, e lei cadere pesantemente a terra.
Leopoldo si guarda alle spalle: niente, la porta è bloccata. Davanti, la finestra non presenta segni ed è ancora chiusa, le pareti non si sono mosse. Lui è solo con una donna morta: chi l’ha uccisa? Porta istintivamente mano alla pistola, ma è ancora nella fondina. Un attimo dopo, una donna apre la porta e vede la vittima per terra. In men che non si dica arriva Fletcher, a cui lo sbalordito Leopold racconta i fatti: Fletcher chiede la pistola di Leopold, e lui la estrae dalla sua fondina.
Tra i 130 invitati, nessuno ha visto qualcuno approssimarsi alla porta della stanza ed aprirne un pertugio tanto quanto basta per sparare: nessuno. Quindi l’unico che avrebbe potuto ucciderla è Leopold, che però sa di non averla uccisa.
Le analisi della pistola sequestrata, dimostrano che ha sparato, in quanto viene trovato un bossolo vuoto dentro il tamburo della 38 special. Leopold ricorda di non aver sparato nessun proiettile da quando assieme Fletcher ha sparato al poligono di tiro, nel seminterrato della centrale di polizia. Ma la perizia gli da torto.
Leopold è distrutto: sa che se non riuscirà a provare la sua innocenza, verrà incarcerato entro una settimana per omicidio di primo grado, rischiando la pena di morte. Mentre è a casa sua, si presenta Fletcher, che egli ha persino pensato di sfuggita di aver complottato, lui o altri assieme alla ex moglie per farlo defenestrare, idea subito ricacciata, perché Fletcher è un amico da anni. Fletcher gli sottopone la sua scoperta: il vestito che indossava la vittima, che poi, agonizzante, è morta mentre stava arrivando in ospedale. Presenta uno squarcio non rotondo e non compatibile con una canna di pistola che abbia sparato a bruciapelo, perché quella avrebbe prodotto un foro più piccolo e definito, mentre questo è più largo e sfrangiato. Inoltre Leopold si chiede come mai risulti una ferita a bruciapelo, se non c’era nessuno tra lei e lui nell’arco di venti passi. Sarà questo uno degli indizi risolutivi, oltre al vestito. Leopold comincia a ragionare: e se..?
Il successivo passo sarebbe chiarire se si tratti di omicidio, suicidio o incidente. Incidente è da escludersi, suicidio pure , ma omicidio..da parte di chi? Lui era l’unica persona nella stanza, e la pistola sequestratagli aveva un bossolo. La perizia del proiettile ha confermato che è stato sparato dalla sua pistola, e pertanto Leopold vuole accertarsene di persona. Ottiene di poter esaminare il bossolo, ma conviene che le striature impresse possono benissimo essere state prodotte dalla canna di una 38 special, la sua. Tuttavia il rapporto gli fa scattare qualcosa in testa: Diede un'occhiata al tag di identificazione attaccato al proiettile di prova: proiettile di prova sparato da Smith & Wesson .38 Revolver, numero di serie 2420547 (traduzione mia). 2420547. E allora ricorda: prende dal portafoglio la licenza dell’arma da portare addosso e si accorge, e poi lo dice a Fletcher, che la licenza si riferisce ad un revolver numero di serie 2421622. 2421622: un’arma diversa.
Come faceva una pistola non sua a stare nella sua fondina? Come ha potuto un proiettile che stava nella pistola non sua messa nella sua fondina a uccidere la sua ex moglie provocando un largo squarcio nel vestito, non compatibile con una ferita a bruciapelo, confermata poi dall’autopsia?
Il proiettile se è stato sparato in un secondo tempo, quando è stato sparato? Ovviamente nell’autoambulanza. Ma da chi? E come il proiettile è stato usato? Accantonando che derivi dai proiettili sparati all’interno del poligono della polizia, esso può essere stato sparato solo in un modo e solo da una persona, ammesso poi che sia la stessa che abbia ucciso.
Così alla fine di un ragionamento sottile, di una indagine rapidissima e di fruttuose analisi, dopo aver saputo che il sangue sul vestito era formato da sangue della vittima e sangue di pollo, e che alla festa era presente solo un medico, quello che ha visitato la vittima e che l’ha avviata all’ospedale salendo con lei in autoambulanza, Leopold si salverà indicando un folle piano di vendetta, ordito dalla sua ex moglie per vederlo screditato, ma di cui era rimasta vittima. Solo che il medico individuato ed arrestato si verificherà che non era affatto un medico, e che non era stato lui ad ucciderla.
Bellissimo racconto, è un fuoco d’artificio di combinazioni macchinose. Ricapitoliamo:
Leopold porta nella sua fondina una pistola, la sua. Poi durante la festa accade qualcosa che lui lì per lì non inquadra, e dopo lo sparo si ritrova ad avere una pistola che parrebbe essere la sua, contenente un bossolo nel tamburo, collegato al proiettile che ha ucciso Monica. Quindi nella pistola c’è un bossolo vuoto. Come ha fatto il proiettile ad uccidere Monica? Posto che la pistola sia stata sostituita, se fosse stata usata non avrebbe potuto lasciare un bossolo nella pistola di un altro. E anche se il proiettile fosse stato inserito in un altro bossolo, sparato da un’altra pistola, avrebbe avuto altre impronte prodotte dalla canna della pistola. Ma i segni sono di un’unica canna. E allora? Ecco allora che dalle domande escono dei rimandi.
Hoch può aver usato l’escamotage inventato da Carr in The Proverbial Murder: cioè applicare il proiettile sparato da un’arma al bossolo sparabile da un’altra. Lì però Carr usava il muschio secco nella canna per evitare che altre impronte interne della canna si aggiungessero a quelle originali del proiettile, recuperato da un poligono di tiro. Qui muschio secco non ve n’è, ma c’è il poligono di tiro. Cosa si sarebbe usato per non lasciare le impronte sul bossolo e nello stesso tempo per non fare rumore in una autoambulanza che avrebbe proceduto a sirene spiegate anche in presenza di un infermiere? Perché la pistola potrebbe essere stata un arnese piccolo e maneggevole, costruito in laboratorio per avere quella sufficiente forza propulsiva in grado di uccidere.
E il proiettile come è stato ricavato e sostituito? Hoch propone tramite il suo capitano Leopold, la possibilità che sia stato sparato contro un cuscino, agendo esso da silenziatore, usando la pistola vera di Leopold. La pistola vera era basilare, perché i segni prodotti dalla sua canna erano come una impronta digitale: ogni pistola ha delle sue tracce identificative sui proiettili da essa sparati, che le rende uniche. Quindi abbiamo due proiettili, di due armi diverse, di cui vengono prese e utilizzate come prova contro Leopold le parti, formanti uno: il bossolo, e la pallottola di piombo
Il racconto è uno di quelli classici con delitto impossibile, in cui per la messinscena è necessaria la presenza di due persone: l’assassino vero e proprio e il complice, che in questo caso agisce in due occasioni: prima e dopo l’incontro/scontro tra Monica e Leopold: prima sottraendo l’arma di Leopold e mettendone un’altra uguale, e poi agendo su Monica. Solo che non è lui l’assassino, ma…
Il racconto di Hoch, dicevamo all’inizio, può esser stato utilizzato, anzi lo è stato sicuramente dagli sceneggiatori di Fracture: infatti ricordo a chi ha visto il film che Hopkins ha una moglie fedifraga che lo tradisce con un ufficiale di polizia. Il marito con un sotterfugio, mentre poliziotto e moglie sono fuori, entra nella loro stanza d’albergo e sostituisce la sua pistola con quella del poliziotto. Giorni dopo spara alla moglie con la pistola del poliziotto. Il poliziotto non potendo parlare con lei e sapendo che è a casa ha un presentimento, corre da lei e la trova agonizzante. Il marito ha ancora la pistola in mano. Viene disarmato. Ma mentre il poliziotto si allontana un attimo, quello sostituisce le due armi. Così l’arma del poliziotto che ha sparato ritorna nella fondina originaria, mentre l’arma che di pensa abbia sparato, che è del legittimo proprietario, non ha sparato. Come si vede, il plot è leggermente diverso, ma l’origine è la stessa: la sostituzione della pistola di un funzionario di polizia con una identica.
Del resto di lavori che presuppongano trucchi con proiettili diversi, oltre a The Proverbial Murder,  ce ne sono altri: basti pensare a The Third Bullet di Carr (Carter Dickson) o anche al telefilm di Colombo, basato su sceneggiatura di Jonathan Latimer, The Greenhouse Jungle (Il terzo proiettile nella titolazione italiana), i cui Ray Milland (opposto a Peter Falk) ha premeditato un omicidio perfetto la cui colpa vorrebbe far ricadere su sua moglie.
Pietro De Palma

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