lunedì 30 dicembre 2024

Lo strano amore di Martha Ivers ( The Strange Love of Martha Ivers),1946 – Regia: Lewis Milestone – Interpreti : Barbara Stanwyck, Van Heflin, Lizabeth Scott, Kirk Douglas – Sceneggiatura: Robert Rossen (da un romanzo di John Patrick) – Musiche: Miklos Rozsa – USA, Paramount Pictures , B/N, 110 min, DVD Paramount Collection, 2005.

 

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Grande noir di Lewis Milestone.

Milestone, quando diresse questa pellicola, aveva già vinto due premi Oscar come regista per Notte d’Arabia e soprattutto per All’Ovest niente di nuovo, uno dei più grandi film antimilitaristi della storia del Cinema. Vi lavorò avvalendosi di un cast di prima grandezza: basti dire che tre dei quattro interpreti principali erano star famose all’epoca : tra queste, Lizabeth Scott, poi scomparsa dalla metà degli anni ’50 in poi, ma allora una delle star più apprezzate soprattutto per la somiglianza con Lauren Bacall e per la voce sexy; la Stanwyck e Van Heflin, invece, lo sarebbero rimaste anche negli anni a venire: Van Heflin aveva vinto tre anni prima l’Oscar come migliore attore non protagonista in Sorvegliato Speciale di Mervyn LeRoy, e in quel periodo era sulla cresta dell’onda, che non abbandonò più, segnalandosi negli anni successivi, in altre interpretazioni rimarchevoli, da I 3 Moschettieri di George Sidney (1948), Atto di Violenza di Fred Zinnemann (1948) a Il cavaliere della Valle Solitaria, di George Stevens (1953), a Quel treno per Yuma di Delmer Daves (1957, da un racconto di Leonard Elmore), mentre Barbara Stanwyck  pur non avendo mai vinto un premio Oscar (tranne quello che gli sarebbe stato tributato “alla carriera”), era già stata interprete memorabile di Arriva John Doe (1941) di Frank Capra e e di La fiamma del peccato, di Billy Wilder (1944) e lo sarebbe stata dopo soprattutto con Il terrore corre sul filo di Anatole Litvak (1948) su soggetto e sceneggiatura di Lucille Fletcher, anche se successivamente solo la partecipazione alla serie televisiva La Grande Vallata, l’avrebbe di nuovo imposta all’attenzione del pubblico, dopo parecchi film tutto sommato mediocri. A completare il cast, c’era il mitico Kirk Douglas alla sua prima interpretazione cinematografica, dopo i fasti di Broadway: proprio questo film gli fece da trampolino di lancio, verso i suoi successivi successi: L’asso della manica, di Billy Wilder (1951), Pietà per i giusti, William Wyler (1951), e soprattutto Orizzonti di Gloria (1957) e Spartacus (1960), di Stanley Kubrick (1957), per non parlare di Sfida all’ O.K.Corral di John Sturges (1957): curiosamente anche lui come la Stanwyck non vinse mai l’Oscar, tranne quello (anche per lui) “alla carriera”.

Il film si avvaleva anche della grande colonna sonora di Miklos Rozsa, che come Van Heflin aveva già vinto un Oscar (l’anno prima con Io ti salverò, di Alfred Hitchcock); successivamente sarà il più grande realizzatore di colonne sonore di Hollywood e i suoi successi annovereranno soprattutto le musiche per Le quattro piume (1939), Il ladro di Bagdad (1940),  Il libro della giungla (1942), Giorni perduti (1945), Dietro la porta chiusa (1948), Madame Bovary (1949), Giungla d’Asafalto (1950), Quo Vadis? (1951), Ivanhoe (1952), Ben Hur (1959) e tanti altri: vincerà ancora due Oscar con  Doppia Vita (1947) di George Cukor e proprio Ben Hur di William Wyler.

Lewis Milestone si avvalse della sceneggiatura di Robert Rossen (che poi come regista avrebbe diretto Anima e corpo,  Tutti gli uomini del re e Lo spaccone) che si servì del soggetto di Jack (John)  Patrick, Love Lies Bleeding.

Il film è incentrato su una storia di odio, omicidi, ricatti, e amore, nel più classico binario noirista americano; tuttavia è anche una storia con forti connotazioni morali.

Tre ragazzi sono uniti da amicizia: Martha, Sam, Walter. Walter è il figlio del precettore di Martha, unica nipote della Signorina Ivers, ricchissima despota, che vuole sradicare dalla persona di Martha i ricordi di suo padre morto, dandole il proprio cognome, che portava la madre di Martha, che però Martha rifiuta, assieme alla vita senza libertà che la zia gli vuole imporre, preferendo la vita errabonda assieme a Sam Masterson, un ragazzo di umili natali. Tuttavia, la zia scatena una caccia all’uomo e i due vengono riacciuffati, e Martha viene ricondotta a casa: persino il suo gattino è odiato dalla zia e perciò deve affidarlo alle cure del maggiordomo che tenta di nasconderlo all’attenzione della padrona. Quella notte, in camera di Martha ella viene a sapere che a denunciarli alla polizia è stato il suo precettore, O’ Neil, che vuole così attirare l’attenzione della zia, affinché ella prenda sotto la sua ala benevola il di lui figlio, Walter, affinché egli possa studiare ad Harvard; la zia sente dei rumori al piano di sopra e Sam riesce a fuggire via, riparandosi dietro le scale al piano terra, in tempo perché la Signorina Ivers non lo noti e alle sue spalle sgattaiola via.

In quel mentre, la zia proprio il gatto vede fuggire via e presa dall’ira lo colpisce con il bastone. Martha, richiamata dal baccano esce fuori, spintona la zia e con il suo stesso bastone la colpisce, spinta dall’ira e dall’odio: la vecchia cade e muore. All’omicidio ha assistito Walter che testimonia al padre là accorso (che ha capito che la responsabile è Martha) come ad aver ucciso la vecchia sia stato un fantomatico ladro, che loro hanno sorpreso. Fatto sta che alla tirannica autorità della zia, si sostituisce l’interessata tutela del padre di Walter che trama per riuscire a realizzare i suoi fini: fare del figlio una persona importante. Da quel momento in poi i destini di Martha e di Walter si cementano assieme: la loro unione, santificata dal matrimonio, darà forma muta ad un vero ricatto: l’aver sostenuto la versione di Martha davanti alla polizia, ne farà un testimone interessato, che ricatterà Martha silenziosamente per tutto il resto della vita, mentre lei non potrà che tenerselo accanto, impedendo che la verità venga a galla. Un matrimonio nato quindi non sull’amore, bensì sull’odio e sul ricatto, su una ricchezza smisurata, che si regge sulle fragili colonne della menzogna.

Tuttavia, essendo rimasti in parecchi dei dubbi sull’effettiva dinamica della morte della vecchia Signora Ivers, e sull’attendibilità dei giovani che ci fosse effettivamente un ladro, il giovane avvocato Walter, cresciuto, (ora impersonato da Kirk Douglas), sostiene l’accusa in una arringa dura e mistificatrice, contro un povero diavolo, attirandosi il consenso della giuria e facendo in modo che quello venga impiccato, grazie anche alla testimonianza falsa di Martha.

Ora potrebbero dormire sonni tranquilli i due efferati coniugi, e godere del potere che hanno guadagnato nella loro piccola città, Iverstown, se non ci fosse il destino a turbare il tutto: esso si presenta sotto forma di quel Sam Masterson di cui la giovane Martha da giovane era innamorata, e che era fuggito dalla sua vita, la notte in cui ella aveva ucciso sua zia, e che lei ancora pensa che abbia assistito anche lui all’omicidio. Ma intanto lui era scomparso e quindi pericolo non vi era; ma ora…Sam è un uomo (Van Heflin), ha partecipato con onore alla seconda guerra mondiale ed ora campa facendo il giocatore d’azzardo.

Ora accade che mentre Sam guida, lui perda il controllo dell’auto che finisce contro un palo, fracassando il radiatore: è costretto quindi a ritornare proprio in quella cittadina da cui diciotto anni prima era dovuto fuggire via, per riparare l’auto. Proprio quella sera incontra una ragazza, Antonia “Toni” Marachek, una giovane che è stata condannata ingiustamente per furto, ma che, essendo incensurata, deve ritornare al suo paese natio, in quanto in “libertà condizionata”; solo che non vuole farlo, perché ad attenderla c’è un padre violento che beveva e la picchiava. Sam le corre in aiuto e la ospita nella sua camera d’albergo, da amico. Ma le autorità di polizia lo vanno a trovare e gli spiegano quello che lui non sa, per cui egli, venendo a sapere che Walter O’ Neil sta per diventare procuratore attraverso il voto popolare ( abilmente indirizzato dalla moglie, Martha Ivers, diventata padrona di una città, attraverso una fabbrica che fornisce lavoro a trentamila persone), va a trovarlo per vedere se lui possa intercedere a liberare Toni (Lizabeth Scott).

L’arrivo di Sam, che non aveva assistito all’omicidio diciotto anni prima, ma Martha e Walter pensano il contrario, nel bel mezzo di una campagna di voto, fa nascere il sospetto a Walter che egli voglia trarre profitto dal suo silenzio, ricattandolo; e ricattando la splendida Martha (Barbara Stanwyck) affascinante come il sole, ma marcia fino al midollo: la brama di potere (quello che lei avrebbe perso se fosse stata condannata e che lui non avrebbe mai conquistato se avesse testimoniato il vero) fa sì che i due amanti maledetti non riconoscano più il Bene dal Male: è quello che ricorderà nel finale drammatico del film, Sam a Martha: lui ha ucciso, ma per legittima difesa; ma lui non ha mai assassinato nessuno.

Anche in lei piano piano si insinua il sospetto che Sam non stia lì per caso: prima induce il marito a far liberare la ragazza, poi il ricordo di Sam e del mai sopito amore si insinua in lei, e lei lo contatta. Ma Sam, pur attirato da lei è innamorato di Toni e quindi le da l’addio: lei però trama perché la sua permanenza in città si allunghi; Walter è geloso ed incarica un investigatore privato di vagliare le affermazioni dell’ex amico e così viene anche a sapere dell’interesse della moglie nei suoi confronti. Così induce Toni a fare da esca affinché degli uomini da lui pagati cerchino di ucciderlo e toglierlo di mezzo. A questo punto, Sam è adiratissimo: maltratta Toni che gli rivela il piano di Walter e allora lui cerca di capire perché intorno a lui ci sia tanto interesse. E parte proprio da quel 27 settembre 1928, da quella data che lo ha colpito, quando gliel’ha citata Martha: come faceva a ricordarsi così bene la data di un giorno qualunque che neanc’egli si ricorda? Evidentemente è legato a quella data un altro ricordo. E così comincia ad investigare; e leggendo i giornali di tanti anni prima, capisce tutto.

Ora vuole ricavare il possibile dal silenzio, e sogna di spremere le due galline dalle uova d’oro. Solo che Martha è innamorata di lui, pur temendolo; e suo marito ha capito dell’insano rapporto che lei vorrebbe intrattenere con Sam, e che ella non sopporta più la sua vicinanza: ora che è ritornato il suo vecchio amore, sogna di sottrarlo alla vulnerabile e indifesa Toni e fare di lui il suo uomo.

Ubriaco, cade per le scale: l’occasione è ghiotta. Walter è incosciente: lei, nera come il male, incita Sam ad ucciderlo (così poi da legarlo a lei da un rapporto simile a quello che aveva con lei Walter, ma inverso). Ma Sam, non è corrotto, e quindi, come “il buon Samaritano” lo soccorre, invece di sopprimerlo.

Walter, avendo saputo ciò, decide di non appoggiarla più, quando lei gli ricorda che non è possibile lasciare andare via vivo Sam, e che se affermasse ancora una volta il falso, testimoniasse cioè che Sam si è introdotto come un ladro in casa loro ed è stato per questo ucciso, tutto ritornerebbe come prima, lui, rompendo per la prima volta il loro sodalizio, e non appoggiandola, ne determina il tragico finale.

Dramma cupo, il film dette modo a Milestone non solo di imbastire un grande noir, nero come un’anima persa, ma anche di confezionare un grande film sulla bontà dei sentimenti: un po’ Frank Capra, un po’ altro. Da Frank Capra prende la forza dei buoni sentimenti da contrapporre alla malvagità e all’odio, ma Milestone dà anche una grande connotazione dualistica al suo film: infatti doppia è Martha (come Smith rappresenta la bontà non trasformata in malvagità, come Ivers rappresenta il potere che è anche quello di voler decidere della vita di altri, scegliendo di sposare la menzogna, l’inganno e l’omicidio), ma doppio è anche l’animo di Walter (è testimone dell’omicidio e quindi potrebbe accusarla ma non lo fa). Doppio è però anche Sam (è innamorato di Toni, ma non riesce a sottrarsi al ricordo debole di un amore finito ma che sarebbe potuto non esserlo se diciotto anni prima non avesse deciso di fuggire da quella casa). Non solo. Sam è doppio anche perché se è vero che la sua venuta a Iverstown rappresenta per i due coniugi assassini se l’affacciarsi del rimorso, almeno la paura che i loro delitti vengano scoperti, dal ritorno di un testimone temuto, lo è altrettanto il fatto che solo lui può salvare Toni, e donarle una nuova speranza. E anche Toni è doppia: nel salvarsi affossa Sam, ma nello stesso tempo lo ama.

Il doppio in Walter, Martha, Sam e Liza, diventa un “doppio doppio”, se prendiamo in esame le coppie: innanzitutto, come alcuna critica mette in luce, la coppia degli assassini viene contrapposta a quella degli innocenti (secondo un procedimento che poi Nicholas Ray, dico io, svolgerà compiutamente nel dramma dell’odio e dell’amore che è Johnny Guitar, un suo metaforico noir travestito da western); e poi c’è anche da considerare che all’interno del gruppo a quattro, altre due coppie si formano, diverse, e non originanti dall’attrazione reciproca, quanto dalla forza opposta alla debolezza: la coppia formata da Toni e Walter, entrambi deboli e fragili, prigionieri delle proprie paure (la paura di ritornare in carcere per un furto non commesso, da parte di Toni; la paura di perdere Martha e anche il potere, da parte di Walter); e quella formata da Martha e Sam, entrambi soggetti forti e vincenti: sono loro due i veri protagonisti della storia, che si attraggono e si respingono.

Doppia è anche la verità presunta: Martha racconta a Sam, che lei ,dopo la morte della zia, è diventata la  vittima di Walter e di suo padre, e come ella sia stata costretta a testimoniare contro il vagabondo per farlo accusare della morte di sua zia; Walter gli dice invece che è stata Martha, dopo aver ucciso la zia, ad aver saputo attirare nella sua orbita lui e suo padre, e come fosse stata spietata e cinica nel testimoniare contro il vagabondo, giurando il falso per farlo impiccare, non costretta da nessuno a farlo, chiudendo la faccenda per sempre.

Lo stesso fuoco che Sam e Martha trovano acceso nel bosco, è la rappresentazione visiva del conflitto dei sentimenti: nel momento in cui divampa, anche gli occhi di Martha sono pieni di fuco, di odio incontrollabile; ma il suo spegnimento rappresenta la resa di Martha, quando egli con forza la fa sua, perché in fondo in fondo vuole rincominciare la storia d’amore che diciotto anni prima aveva interrotto.

Martha è abituata ad avere tutto, e chi le si oppone e a lei sfugge, provoca il suo risentimento e la sua vendetta; ma Sam è diverso, egli è il prode cavaliere che uccide il drago e salva la donzella.

E quando uccide il drago, ossia decide di non stare dalla parte di due assassini, e addirittura di non compiere egli stesso un omicidio , innanzitutto uccide il drago che è in lui, quel drago che lo aveva tentato a ritornare indietro.

E se prima Walter in una famosa scena, prima dell’epilogo tragico, a Martha, aveva ricordato che: “No, Martha, io non ti lascerò mai. Io ti amo. Non è colpa tua, Martha, né mia, né di mio padre, né di tua zia. Non è colpa di nessuno, la vita è così e basta: dipende da quello che si vuole e da quanto lo si vuole…e da quanto è difficile ottenerlo”; e se poi vedendo Sam che si allontanava (che non si allontanava solamente dalla sua casa, ma anche per sempre dalla sua vita), Martha aveva detto a Walter che  “..ora cambierà tutto tra noi due, te lo giuro. E’ come se non fosse mai successo niente”; e se dopo che lui aveva ripetuto l’affermazione: “E’ come se non fosse mai successo niente” con un tono dubbioso, lei gli aveva chiesto: “Tu mi credi?”, ora Martha capisce che tutto si è rotto tra loro, che lui non le crede più. E appena sente che lui impugna la pistola che lei aveva prima impugnato contro Sam, e la sente premere contro il suo ventre, capisce che ormai Walter le è lontano, non è più dalla parte sua, ma sa anche che è un debole e che difficilmente spingerà il grilletto. E così l’aiuta.

Ma Walter senza Martha non può vivere e così..doppio è così anche il suicidio.

Martha, accasciandosi, chiede di essere chiamata Martha Smith:

lo fa perché si sta pentendo delle nefandezze che ha compiuto in quanto Martha Ivers, quando ha ucciso la zia in un impeto d’ira e ancor di più quando ha deciso di far uccidere un innocente perché non valeva nulla al suo confronto, e riappropriandosi del suo cognome originario è come se voglia togliersi d’addosso il sudiciume morale che le sue origini materne le hanno imposto?

Rimangono solo i due buoni, Sam e Toni.

Quando si lasciano alle spalle, dopo l’omicidio suicidio di Martha e Walter, la cittadina, è come se decidessero di lasciare alle spalle il loro passato, che è un passato comune, di due individui che hanno sofferto di situazioni familiari anormali molto simili (assenza di affettività parentale: lui non ha conosciuto la madre e il padre se ne è andato quando era piccolo, mentre il padre di Toni sovente la pestava di botte), che ora però scelgono di vivere assieme il presente, donandosi reciprocamente e recuperando nell’altro l’affetto mancato.

La frase finale di Sam, mentre guida con lei accanto e alle spalle hanno Iverstown, ha un sapore filosofico che trascende il suo significato più ovvio:

“Non voltarti, tesoro. Non voltarti mai”.

 

Pietro De Palma

martedì 17 dicembre 2024

CUCINA & MYSTERY : UN CONNUBIO PER NULLA STRANO

 

 

 

Tra le tante edizioni che si possono trovare nelle librerie italiane, alcune passano sotto silenzio, ma proprio tra esse c’è quello che  intendo segnalare. Non si tratta, è bene dire subito, di romanzi, ma di volumi di cucina. Sì, ma in relazione assai stretta con il mondo del poliziesco .

Le prime due riguardano Nero Wolfe, detective di mole e appetiti pantagruelici, inventato dallo statunitense Rex Stout.

Nero Wolfe non fu solo un grande detective uscito dalla penna di Rex Stout, ma anche un raffinato gourmet. E che Rex Stout avesse immesso, nel suo personaggio più conosciuto, i suoi vezzi, le sue conoscenze gastronomiche e il suo amore per la buona cucina, lo si vede dai romanzi che vedono protagonista Nero Wolfe che spesso è alle prese oltre che con le orchidee, anche con gli impareggiabili e succulenti piatti preparati da lui oppure dal suo chef personale Fritz Brenner: per esempio in NERO WOLFE, DIFENDITI! o NERO WOLFE E SUA FIGLIA o ancora NERO WOLFE, DISCOLPATI! Oppure in LA SCATOLA ROSSA. E in tanti altri, tra cui spicca il celeberrimo ALTA CUCINA, in cui è addirittura invitato per tenere un simposio alla riunione annuale dei migliori chef mondiali, nel corso della quale, uno dei rinomatissimi chef verrà trovato ucciso.

Non tutti sanno che nel 1973, Rex Stout approntò appositamente un manuale di ricette di cucina, per meglio dire piatti di altissima gastronomia (anche difficilmente replicabili in Italia visto che parecchie delle materie prime utilizzate in America, a meno di non utilizzare internet o negozi specializzati, da noi sono praticamente introvabili.

 

  

E anche se si trovassero, per es. i Ghiri, quei graziosi roditori che si trovano nei boschi, immortalati dalla inesauribile fantasia di Walt Disney in Cip e Ciop, chi mai si permettesse di utilizzarli per una ricetta, in Italia si troverebbe o rinchiuso in una clinica psichiatrica oppure in galera. Ma va da sé che l’America è un altro mondo), piatti di cui lo stesso autore talora aveva accennato nei suoi romanzi, tal’altra no. Comunque di queste ricette, alcune furono inserite in uno splendido Omnibus Mondadori del 1975, concepito come un cofanetto : NERO WOLFE ARCHIE GOODWIN&COMPANY + LE RICETTE DI NERO WOLFE, come pure un altro fu dedicato all’altra passione di Nero Wolfe, le Orchidee : NELLA SERRA DEL CRIMINE, Omnibus Mondadori del 1976 (questo lo posseggo).

Il bello è che parecchi ignorano che tale manuale di Rex Stout è stato pubblicato in Italia in due differenti edizioni, peraltro ancora disponibili.

Pubblicato nel 2013, ma ancora in catalogo, Crimini e ricette. A tavola con Nero Wolfe, è un volume di 287 pagine della BEAT Edizioni ( traduzione dell’ inglese di M. Togliani), che ha il merito di riproporre il manuale gastronomico di alta cucina con le ricette di Rex Stout, dedicate al suo investigatore principe. Un volume facilmente consultabile è bene dirlo, e quindi maneggevole, di formato tascabile. E di costo neanche tanto impegnativo, alla portata di tutti.

Invece al 2007 risale un altro tentativo, più pretenzioso, della Editrice Sonzogno. Si chiamava Il Manuale di Cucina di Nero Wolfe, volume che io acquistai immediatamente all’uscita (era presentato come strenna natalizia): il volume, è bene dirlo, è ancora disponibile, ma il suo costo è superiore dell’altro volume presentato. Quali le caratteristiche editoriali che lo differenziano?nero wolfe 001

Innanzitutto il suo grande formato: non è un volume maneggevole, perché più che volume da tenere sul comodino è manuale da tenere su un piano in cucina vicino ai fornelli. Infatti le  252 pagine sono innanzitutto a colori, con splendide fotografie di molte delle ricette presentate.

Le traduzioni, sontuose, sono di Cristina Pradella e Igor Longo. All’epoca, devo dire, la notizia della pubblicazione la ebbi proprio da Igor, in quanto il volume, inspiegabilmente era passato sotto silenzio o quasi. Eppure si tratta di una bellissima edizione. Certo in questo caso, il discorso da fare è anche di scelta in base alla disponibilità economica: in questo caso il costo del volume è infatti quasi il doppio rispetto al primo.

Ma rispetto al primo, questo ha qualcosa in più: i riferimenti a singoli brani dei vari romanzi e racconti di Rex Stout in cui compare Nero Wolfe. La formula è la stessa che verrà adottata in altro volume che presento qui, ma dedicato ad Agatha Christie: c’è un riferimento letterario, un brano in cui si parla di un certo piatto, e nella stessa pagina di esso viene presentata la relativa ricetta: es. a pag. 107 c’è un brano tratto da “Morto che parla” in cui si accenna due dei piatti preferiti da Nero Wolfe: filetto di maiale impanato e frittelle di granoturco accompagnate da salsa piccante di pomodoro e formaggio; e nella stessa pagine e nella pagina accanto ci sono le ricette delle preparazioni dei piatti accennati.

Il tutto impreziosito da foto d’epoca.

Le ricette di Rex Stout è bene dirlo non sono tutte sue. Infatti alcune erano nate dall’inventiva di Sheila Ribben, un’amica di Rex Stout che aveva una rubrica di cucina molto seguita su un celebre quotidiano newyorkese.

Devo dire, avendolo consultato in qualche occasione (non è un volume da leggere ma da sfogliare e ancor più consultare), che le ricette, parecchie, ma non tutte, riflettono certe influenze della cucina francese, per esempio l’uso massivo del burro, o anche quello delle uova, probabilmente un effetto del lungo soggiorno in Francia di Rex Stout: omelette con funghi e mandorle, escargot bourguignonne, etc..

 Il volume è veramente inteso come un manuale di cucina, prevedendo sezioni dedicate alle ricette per colazioni, buffet, cene, pranzi e quant’altro. Però a me è sembrato più per cuochi esperti. 

Ci sarebbe anche un piccolo libro, di 80 pagine,  Orchidee a tavola. Le ricette di Nero Wolfe, di Enzo Tumminello. Leone Verde, 2009. E' ancora reperibile, e costa neanche dieci euro, ma rapportato agli altri volumi di cui ho parlato, è da prendere solo se non si trova altro.

Chi invece è interessato alla cucina europea,  troverà molti sfizi in due altri volumi.

 


 

Il primo, pubblicato nel 2006, fu dedicato dalla Casa Editrice Sonzogno alla cucina di Agatha Christie: di medesimo formato dell’altro dedicato a Rex Stout, e di medesima soluzione editoriale (splendide foto a colori illustranti i piatti), ha come titolo sfizioso Creme & Crimini (gioca sul termine Crimini=Cremini).

Gli autori Anne MartinettiFrançois Rivière, esperti di Agatha Christie, hanno raccolto ricette della tradizione gastronomica inglese e internazionale: ovviamente si parla di Breakfast (con piatti salato oltre che dolci), ma anche delle torte che Poirot gusta nei vari romanzi e dei pasticcini da thè che Miss Marple gusta nel corso delle sue avventure. E siccome la Christie oltre che essere una celeberrima scrittrice era anche un’instancabile viaggiatrice, compagna del secondo marito Max Mallowan in tante spedizioni archeologiche,  nel testo si trovano anche specialità esotiche che la scrittrice si era annotata, oltre che tutte le più sfiziose ricette per un altro dei momenti adorati dagli inglesi: i picnic (anche da me, mia moglie e mio figlio!!!).

La formula editoriale presenta un accostamento originale tra veleni e delitti da una parte e riferimenti culinari dall’altra: Agatha Christie, diversamente da Rex Stout non inserisce nelle proprie trame eleborazioni gastronomiche ma solo riferimenti e quindi l’estrinsecazione delle ricette ricade sulla perizia di Anne Martinetti che è anche una cuoca eccellente (così dicono le note di copertina). Se ne ricava un interessantissimo botta e risposta, un gioco continuo di letteratura e piaceri della gola, tradotti sapientemente anche qui da Cristina Pradella ed Igor Longo.

Faccio un esempio: a pag. 84 c’è un estratto da “Un delitto avrà luogo” : Ha fatto tutto il possibile pe rendere meraviglioso l’ultimo giorno di vita della  povera Bunny : una splendida festa di compleanno e un dolce squisito…Philippa rabbrividì: “Delizia Mortale”, poi nella stessa pagina la ricetta di “Delizia Mortale” che è una torta al cioccolato fondente, Cointreau, uva passa e crema inglesee nella pagina accanto una foto che occupa l’intera pagina che raffigura questa torta meravigliosa (che fa venire l’acquolina in bocca al solo vederla!). E così via, tra crumpets, canapé, pudding, muffin, confetture, anatre e paté, tacchino all’irachena, è un piacere che si rinnova pagina dopo pagina (che mette anche appetito!)

Anche questo volume ha un suo certo costo (influiscono soprattutto il grande formato editoriale e le splendide tavole a colori), anche se inferiore rispetto all’altro: è meno ponderoso e quindi ha meno ricette.

Il volume non è più in catalogo, ma a trovarlo è interessante.

Infine segnalo un saggio di Robert J. Courtine del 1992, tradotto e pubblicato nel 2000 da Guido Tommasi Editore, col titolo A cena con SIMENON ed il commissario MAIGRET.

 

Si tratta di un viaggio enogastronomico sulle ali del ricordo, un po’ alla maniera dei ricordi in Proust ( es. il ricordo del biscotto inzuppato nel thè): una serie di ricette, associate ai ricordi di Simenon della sua infanzia e giovinezza e ai bistrot e bar in cui si fermava, vengono riproposte assieme ai commenti gustosi e salaci dello stesso Maigret, tratti dai suoi romanzi, allorchè si appresta ad un pranzetto preparato da sua moglie o quando si ferma in qualche bar per mangiare un boccone: lo ricordate Gino Cervi che impersonava il commissario francese, mentre prendeva un uovo sodo per togliergli il guscio o chiedeva un bicchierino di Calvados?  E il tutto accompagnato da una serie di belle foto dei luoghi in cui Maigret soleva andare a passeggiare (vi è anche un raccontino dell’autore scritto à la maniére de Simenon).

Questo libro lo segnalo (casomai si trovasse da qualche parte) anche se non so se sia più disponibile.

Pietro De Palma