martedì 18 marzo 2025

Jonathan Stagge: Tre Cerchi Rossi (Light from a Lantern, 1943). Trad. anonima (1951). I Classici del Giallo Mondadori N.384 del 1981



Ritorniamo oggi alla coppia di autori Webb & Wheeler, che hanno firmato fino al 1953 tutti i grandi Patrick Quenti a partire dal 1934, e tutti i Jonathan Stagge. E proprio di un romanzo di questa serie parleremo oggi, forse il migliore in assoluto dell’intera serie, capolavoro riconosciuto, di atmosfere Carriane:  Tre Cerchi Rossi, 1943.

Cominciamo a dire subito che di quest’opera esistono due edizioni leggermente diverse, e già questo è strano: normalmente infatti, il testo di un romanzo è lo stesso, proposto nelle edizioni previste nei vari Stati. Ma per strano che possa sembrare è così: infatti la seconda edizione, quella britannica è leggermente diversa (significa che vi sono delle puntualizzazioni che non ci sono nell’edizione originale americana). Per quanto riguarda l’edizione italiana, essa, anche se ha come titolo Tre Cerchi Rossi, e quindi sembrerebbe che derivi dalla prima edizione, quella americana, in realtà deriva dalla seconda. Infatti in seconda pagina, il titolo originale è The Light From a Lantern. Ma, è bene precisarlo, mi sono accorto della lieve differenza tra edizioni, perché all’inizio del romanzo, in seconda pagina, che riporta cose che nella edizione americana originale stanno dopo circa nove pagine, si parla di Westlake che ricorda come la terra luogo della storia, Capo Talisman, fosse stata meta di lui e di sua moglie Paul in viaggio di nozze. Mi ha sorpreso questo nome Paul: possibile che in un romanzo degli anni 40, Webb e Wheeler, che pure erano gay, potessero parlare di una coppia omosessuale che poi si fa una figlia adolescente? Poco probabile. Molto probabile invece che Paul, fosse stato un refuso maledetto, una trasformazione di Paula. Per vederci bene, sono andato a leggermi l’edizione americana, e questa cosa non l’ho trovata. Poi ho scoperto che si trattava di traduzione da edizione britannica, introvabile. Ho chiesto allora a Mauro che è uno dei maggiori esperti al mondo su Patrick Quentin, e lui mi ha confermato che nell’edizione britannica si parla di Paula. Tutto questo mi da modo di accennare ad un problema spinoso che riguarda le opere di Patrick Quentin / Quentin Patrick/Jonathan Stagge: esse rimangono le più penalizzate riguardo alle traduzioni in italiano: solo un numero molto ridotto di romanzi è stato ritradotto o tradotto ex novo in anni recenti, risalendo la grande maggioranza del corpus, ai primi anni cinquanta, anni in cui le traduzioni spesso erano anonime e molto tagliate, e piene di refusi. E piena di errori è proprio l’edizione italiana, di cui intendo parlare; e tagliata parecchio: se l’edizione originale consta di 212 pagine, quella italiana è di 163 pagine: 51 pagine di meno. Nonostante ciò, il romanzo si legge molto bene.

Capo Talisman è un posto di mare, in cui si pratica la pesca marittima, ma che ha una bellissima spiaggia che favorisce il turismo: ma ha anche un promontorio, e poco all’interno il vecchio cimitero che sottende ad un’antica chiesa.

Westlake e lì con la figlia Dawn, a riposarsi presso il locale Hotel, proprietà di Mitchell, quando durante una passeggiata, vedono la luce rosa di una lanterna che proviene dell’antico cimitero. Weslake vi si avventura e trova una fossa scavata di fresco al fondo della quale si scorge la superficie di una vecchia cassa da morto. L’atmosfera è lugubre, e si arricchisce di echi spettrali quando il medico crede di vedere un’ombra che svanisce dietro agli alberi. Di lì a poco la luce rosa di un’altra lanterna viene trovata vicino al corpo di Nellie Wood, una gran bella ragazza che posa come modella per il pittore Virgil Fanshawe, lavorando inoltre per lui e sua moglie Marion come tata del figlioletto Bobby: Nellie è stata strangolata con una cordicella sottile, e messa in una posizione orante con le braccia conserte, vicino ad uno scoglio. Ma la cosa più orribile è che l’assassino ha disegnato con un rossetto un cerchio rosso attorno ad un neo che la vittima ha su una guancia. L’esame autoptico eseguito dal dottor Gilchrist, medico locale oltre che medico del vicino penitenziario femminile, non porta a nulla di nuovo. La rivelazione di Gilchrist che una sua paziente anni prima che era morta di parto, la Signora Casey aveva un grosso neo sulla faccia, porta tutti i presenti a pensare alle gesta di un pazzo, di qualcuno che voglia in qualche modo collegare il delitto a quella morte lontana nel tempo. Anche la bara della signora caey riposa nel vecchio cimitero. Il dottor Gilchrist, essendo il medico di tutta le gente del luogo, ha una mappa sulla base della quale può riconoscere di chi fosse la prima tomba scavata: proprio quella della Casey! E poi vicino le tombe del vecchio Fanshawe e poi del padre di Mitchell.

E’ l’inizio di una serie di omicidi, in cui le vittime (tre) saranno oltraggiate dopo essere state strangolate, con un cerchio attorno ad un neo: la seconda vittima è una delle cameriere dell’Hotel, Maggie Hillman, innamorata del maestro di nuoto dell’Hotel, Buck Valentine. Strano che però anche Nellie pare che sia stata nel raggio di Buck. E oltretutto è stata trovata nel canotto bianco del maestro di nuoto, illuminato da una lanterna rosa: il neo questa volta è su una gamba, poco sopra al ginocchio, in una porzione di gamba, molto intima. Segno che l’assassino aveva dovuto avere con la vittima una relazione molto riservata. Ma è la terza vittima che lascia interdetti: questa volta la vittima è Miss Heywood, una spacciatrice di cocaina, che riforniva di  polvere bianca la moglie del pittore. La Heywood viene trovata accanto ad una lanterna rosa, nel vecchio cimitero, in una fossa scavata di fresco, per riportare alla luce la bara del vecchio Mitchell: strangolata, le braccia incrociate sul petto, e un abbozzo di cerchio rosso sulla spalla ma intorno al nulla, nessun neo stavolta. Tutto questo dopo che Westlake, l’aveva trovata il giorno prima accanto a Buck Valentine a scavare vicino alla tomba di Mitchell. Perché? Cosa si nasconde nel vecchio cimitero?

Per riuscire a capire chi possa essere l’assassino, Westlake dovrà avviare una indagine a 360° che riguardi la figlia di Mitchell, Cora, ladra di gioielli e moglie di un ladro e assassino che era finito sulla sedia elettrica, di un enorme diamante nero, di una compagna di cella di Cora che aveva cambiato nome e fattezze, di un bambino che stranamente somigliava a qualcuno, figlio di Cora; dell’arresto di Cora fatto dall’agente Barnes, che le aveva consentito di baciare il volto del padre morto due giorni prima; cosa c’entri e se c’entri Usher, l’impresario di pompe funebri, che si aggira tra le tombe, e che ha curato tutti i funerali della zona.  Chi poteva sapere che Maggie avesse il neo in una porzione di gamba non visibile (tenendo conto che Mitchell non voleva assolutamente che il proprio personale femminile mettesse in mostra le gambe) e chi poteva sapere che sulla spalla di Heywood in origine c’era un neo, rimosso poi?

Westlake troverà l’assassino ma la prova determinante che sia lui l’assassino, gliela fornirà la figlia Dawn, che era irreperibile assieme a Bobby.

Il libro è un capolavoro assoluto, impregnato dall’inizio alla fine di un’atmosfera opprimente e macabra, che sfocia in un finale al cardiopalmo, in cui Westlake e Fanshawe ritrovano i bambini scomparsi nella vecchia chiesa del cimitero, ridotta ad un acquitrino, da un violento uragano che ha ridisegnato il promontorio e strappato alle tombe le bare dei vecchi abitanti, che galleggiano sul mare.

Il romanzo ha un’atmosfera unica, che al di là del velo fitto sulla serie di omicidi, si avvale della location : un villaggio in rovina, un vecchio cimitero quasi abbandonato, qualcuno che scava per dissotterrare vecchie bare.  Un omaggio ai tanti grandi autori contemporanei e non, dei due suoi autori: innanzitutto Carr (e come non ricordare The Three Coffins o The Sleeping Sphinx), mentre la serie di omicidi si rifa a A.B.C. Murders di Agatha Christie, che il vecchio Wheeler conosceva molto bene assieme e molti altri romanzi della scrittrice britannica: del resto A.B.C. Murders a sua volta si rifaceva a The Silk Stocking Murders di Anthony Berkeley Cox.  A quale testo famoso del passato può alludere il vecchio Usher, il becchino e impresario di pompe funebri, se non a La caduta della Casa degli Usher di Edgar Allan Poe? E ancora poi rimandi ad Ellery Queen: non diciamo a cosa, perché il lettore che non ha letto il libro ancora, non perda il piacere di scoprirlo o di indovinarlo .

Come struttura del romanzo, si può notare come accanto al plot su cui si basa il romanzo, ce ne sia un altro, che non arrischierei a definire come si suol dire, un subplot, perché lo scavo nel vecchio cimitero e il dissotterramento delle bare ivi sepolte, costituisce un motivo di trama vorrei dire di pari importanza se non maggiore: il quid intorno al quale ruota il tutto, si basa su quello che accade nel vecchio cimitero e semmai la catena di omicidi, serve se non a distogliere, almeno ad aiutare chi ne è responsabile , a continuare a farlo, aiutato dal sacro terrore degli abitanti del luogo, per quel luogo pieno di echi sinistri, in cui si dice si aggiri un fantasma grigio (che poi si vedrà, è in carne ed ossa).

E gli stessi cadaveri quando sono scoperti, rimandano, se si vede bene, alle salme quando vengono sepolte: con le braccia conserte sul petto. E il canotto con dentro il cadavere di Maggie, non è per lei forse una bara, che galleggia sul mare, come galleggiano sul mare le bare del vecchio cimitero una volta che l’uragano lo ha spazzato via? E’ come se tutto, anche inconsciamente, rimandasse al vecchio cimitero, è come se l’inconscio dell’assassino anche indicasse quel posto come la chiave del mistero.

La traduzione italiana, anonima, è stata tagliata con coscienza, eliminando cose in più che magari avrebbero strutturato maggiormente l’atmosfera del romanzo, lasciando però intatta la struttura importante, come per es. quando Westlake visita Ruth Mallory, un’assassina condannata a vita per uxoricidio con veleno, nel carcere femminile, confidente anni prima di Cora Lansky Mitchell e di Lena Darnell (nominativo originale di altro personaggio che si muove nel romanzo con nome fittizio); Ruth e la sua compagna di cella Doris, altra assassina, mi rimandano alla commedia americana che fu un grandissimo successo a Broadway, poi portata sul grande schermo da Frank Capra nel 1944, Arsenic and Old Lace

Bellissimo.

Pietro De Palma

P.S.

Il consiglio che vi può dare il sottoscritto è di reperire in fumetterie o bancarelle, o dove possiate trovarli, tutti i Patrick Quentin/Quentin Patrick/Jonathan Stagge, perchè non verranno più ripubblicati.

 

domenica 9 marzo 2025

Enrico Luceri : L'ombra dei vecchi peccati, 2025. Il Giallo Mondadori, 3249.

 

L'ultimo romanzo di Enrico Luceri, è da pochissimi giorni in edicola.

Il titolo prescelto è  L'ombra dei vecchi peccati, ma si sarebbe potuto anche chiamare L'Angelo stanco, perchè di un angelo si parla, un angelo che un bel giorno muore. Ma si sa, Enrico è un appassionato viscerale dei grandi interpreti del mystery del passato, Agatha Christie in primis, e perciò trae proprio da un romanzo della scrittrice britannica, non con Poirot ma con Miss Marple, Polvere negli occhi (A Pocked Full of Rye), il riferimento ispiratore: “Of course it’s murder. Plenty of people have wanted to murder Rex in their time. A very unscrupulous man. And old sins have long shadows, as the saying goes.”: Gli antichi peccati hanno ombre molto lunghe.

Il romanzo è parecchio complesso e si attua su tre piani temporali ben definiti. 

Il Primo, il Prologo, è l'antefatto, e risale al passato, al momento in cui un determinato evento è accaduto determinando poi tutto il succedersi di eventi posteriori:  Anna Coronato, è una povera ragazza che lavora come lavapiatti presso un ristorante e i pochi soldi che guadagna li destina in gran parte alla cura dell'anziana madre, ricoverata presso una casa di cura per disagiati. Una sera mentre sta per rincasare in bicicletta, la ragazza è vittima di un incidente mortale. Si sarebbe potuta salvare se fosse stata soccorsa? Chi avrebbe potuto salvarla, o renderle giustizia, scappa, così nessuno potrebbe mai venire incolpato.

Il Secondo, è il tempo della successione dei fatti, che va da Ferragosto a circa la fine dell'Agosto 2019. Sette persone vengono uccise con spietata ferocia: nessun indizio li metterebbe in relazione, se non la meticolosità di un assassino che cambia volto e abitudini, che non lascia indizi, e il ragionamento di un Commissario di Polizia, che non ravvisando alcun motivo pratico nell'eliminazione dei soggetti, comincia a pensare ad uno segreto. 

Buonocore, segue il filo del suo aquilone, quando è ancora in alto nel cielo, e dopo una cavalcata, riesce a trovarlo: capisce quale sia il peccato che hanno commesso e per il quale sono stati condannati a morte. Solo la settima è innocente, ma è stata uccisa per paura.

Il terzo, che è parallelo alla successione dei fatti, è quando Buonocore cerca di stabilire dei punti di contatto con la sua indagine, interrogando gente informata dei fatti, all’ Ufficio Persone Disagiate, o alla Polizia Municipale.

Ovviamente Buonocore riuscirà a fermare l'assassino diabolico, per sempre, ma basandosi oltre che su indizi, su proprie intuizioni e deduzioni, che non sembrano tali ad altri.

Romanzo bellissimo, un mystery movimentato, o noir all'italiana che dir si voglia, ma non un thriller come altri a cui ci ha abituato Luceri, mi sento di dichiarare che tra quelli letti di Enrico, questo è il migliore o uno dei migliori : era dai tempi di Luna Rossa, o anche Il Vizio del Diavolo, che non parlavo di romanzo capolavoro. Però questo in rapporto agli altri, lo è per delle caratteristiche diverse  : non c'entra la tensione, che è uno dei marchi di fabbrica dello scrittore romano, che si sviluppa nel primo grazie all'ambientazione claustrofobica di un condominio, e nel secondo di un monastero, ma le descrizioni, che qui sono portate al massimo, tutte descrizioni che servono in un modo o nell'altro a segnalare il degrado, e le ambientazioni sono tutte depresse, a indicare come questo sia un romanzo in cui la melanconia regna sovrana. Anzi, si può affermare come questo romanzo trasudi dolore e sofferenza. Molti dei suoi personaggi soffrono situazioni da cui deriva una sorta di depressione: c’è una ragazza sfortunata, che vive per la madre, ma muore in un incidente stradale; c’è una donna separata che viene in sostanza sfruttata dal suo compagno; c’è un piccolo delinquente che cerca il riscatto non trovandolo; c’è un maresciallo che vorrebbe riuscire a provare che Anna non è morta per un caso, per riuscire almeno a curare la madre di lei, non riuscendoci; c’è un funzionario che vive da solo, con due pappagallini che gli ha lasciato la figlia; c’è uno spazzino, innamorato di Anna, distrutto nell'animo dalla morte della ragazza.

Le descrizioni, come detto, puntano a raccontare situazioni di degrado umano ed ambientale: il cimitero, con le sue lapidi e statue angeliche, la tomba raminga di Anna, nella nuda terra, abbandonata da tutti, tranne che dall'assassino dei suoi carnefici; il casolare vecchio e decrepito, e sporco e trasandato del guardiano zoppo del campo sportivo di Torre Fierro; il bar di periferia, isolato e quasi buio; la clinica per anziani disagiati, molto triste, che si regge sul lavoro di poca gente, e con pochi soldi.

L'assassino non uccide per bassezza umana, per soldi, per potere, per gelosia, ma per follia, è in sostanza l'angelo vendicatore di Anna, spinto da un movente che solo Buonocore riuscirà a comprendere. Un movente nato e sviluppatosi nel dolore, che ha distrutto tuti i riferimenti possibili dell'assassino.

Non so se sia una mia interpretazione, ma il movente dell’omicida potrebbe essere analizzato nell’ambito della Teoria del Desiderio Mimetico di Renè Girard: in sostanza il killer ha patito una grande ingiustizia, che ha distrutto tutto il suo mondo. Vorrebbe scaricare la sua rabbia, avere giustizia, ma non sa come. Finchè incontra un Terzo, che come lui vorrebbe avere giustizia (anche se per un caso diverso dal suo), e come il Terzo desidera giustizia, lui comincia a desiderare quello che desidera l’Altro, il mediatore del desiderio: siccome l’Altro – che lui ha preso a modello – desidera qualcosa che il killer non ha ma che lui possiede (un teste che sa cosa sia successo di altra vicenda simile alla sua), si mette a desiderarlo anche il killer, che così desidera di mettere le mani su di esso, perché è desiderato dall’Altro.

Non sappiamo come si sarebbe comportato Buonocore, se l'assassino avesse ucciso solo i primi sei colpevoli. Probabilmente la sua indagine avrebbe comunque seguito il suo corso, ma dopo la morte del sesto, torturato a morte, Buonocore capisce che la follia ha distrutto la mente e l'animo dell'omicida, che ha perso qualsiasi residuo di umanità e di pietà. Ma è la morte del settimo, dell'innocente, che la follia ha messo sullo stesso piano dei colpevoli, ad incitarlo a fare presto, ad incalzare l'omicida e a metterlo in un angolo, perchè si è trasformato in una belva che potrebbe uccidere di nuovo (mancherebbe nella lista dei responsabili un giudice).


 

Che sia una indagine singolare, in cui tutti soffrono, commissario, assassino, vittima, e vari compagni delle vittime, lo testimonia anche la singolarità dell'azione inquirente: c'è Pierannunzi, che è il giudice sempre opposto a Buonocore, che si accontenterebbe il più delle volte di verità di comodo e scontate, e c'è Buonocore, che agisce quasi da solo, caparbio, che intuisce e postula delle tesi assolutamente non convenzionali, non tanto sulla base di prove ma di indizi flebili ma che si rivelano determinanti: qui la sua assistente di sempre Garzya non c'è, ma appare Michelino Macchia, l’assistente di Buonocore. La mancanza di elementi femminili positivi, e la presenza quasi di soli uomini, tutti accomunati dalla sofferenza, che siano elementi positivi o negativi, opprime la storia come una cappa plumbea.

Non ci dovrebbe sorprendere la tendenza della storia ad ancorare l'azione dell'assassino ad una follia partorita dalla sofferenza e dal dolore dell'anima, perchè tutti i romanzi di Enrico, trasudano dolore. Ma questo tra tutti è un unicum, perchè l'assassino, se non avesse ucciso un innocente, potrebbe anche essere capito (anche se non perdonato: la vendetta non è mai condivisibile, e in quel momento in cui l'uomo più buono del mondo diventa un giustiziere della notte, che uccide senza appello, sostituendosi a Dio, diventa più Caino di Caino), ma nel momento in cui uccide l'unica persona che cercava la verità della morte della ragazza per un ideale di giustizia, avendo timore che potesse riuscire a capire anche chi fosse lui, perde ogni possibile simpatia, e diventa un ostacolo da fermare ad ogni costo. Se non avesse ucciso la vittima innocente, avremmo anche potuto affermare che ognuno di noi avrebbe potuto identificarsi oltre che in Buonocore anche nell'assassino. Basterebbe solo che fossimo dei soggetti sofferenti per qualsiasi angustia dell'anima, per essere anche noi assassini e poliziotti, questi.

Non si è mai abbastanza ragionato sul fatto che oltre che assassini problematici, che uccidono non per motivi vili ma per vendette o per una degenerazione della mente (e quindi in un certo senso non responsabili delle loro azioni), nei romanzi di Luceri, gli stessi detectives non sono mai personaggi brillanti: non troveremo mai un saccente Philo Vance, o un macchiettistico Merrivale, o un dandy Ellery, ma poliziotti che hanno un vissuto, che vivono con disincanto le vicende di ogni giorno, e sono quindi profondamente umani. Che hanno un'anima.

Indimenticabile.

Pietro De Palma