Rogers è conosciuto soprattutto in Italia per La Rossa Mano Destra (The Red Right Hand,1945) opera che assomma in sè mistero, orrore, fantasy e una vena di bizzarria non certo poco evidente. E sicuramente quest’opera merita il favore del pubblico e della critica. Purtuttavia Rogers, non ha scritto solo quella cosa, ma..moltissimo altro. Anzi, The Red Right Hand, è solo una delle tante opere che scrisse. Rogers fu un autore non tanto di romanzi lunghi o brevi, ma di racconti: ne scrisse a centinaia. Ecco qui un’estratto di una lettera che scrisse negli anni ’60 ad un certo Mr. Vreeland:
How
did I come to write stories? In college I’d done poetry and editorials
and stories and articles for the college magazines. In the fall of ’19,
fresh from the service, jobs were scarce, and so I began writing. For
absurd magazines called Snappy Stories, and the like. Better than
working at a job, I thought. For three years I wrote a little
book-review magazine in New York, and became a kind of pundit….But I
didn’t [stay with that job], because I’d got married, and the job didn’t
pay enough. So I began writing reams and reams of imaginary war flying
stories, for swarms of magazines which were popular at the time. And
when the magazines died away, it was too late for me to get an honest
job. In fact, if one says one has been a fiction writer, it is like
saying one has been a strip-tease artist. You may have a brain, but it
is doubtful.
E lo stesso The Red Right Hand fu un ampliamento di una storia scritta e pubblicata sullo stesso magazine sul quale venne pubblicato The Hanging Rope: infatti la prima storia breve da cui fu tratto il famosissimo romanzo, fu pubblicata nel Marzo 1945 su New Detective Magazine, a differenza di The Hanging Rope che
fu pubblicato nel settembre 1946. C’è tra le tante, un’altra storia
che vale essere ricordata, di Rogers, che è il suo ultimo romanzo The Stopped Clock,
1985: un thriller mozzafiato, giocato sulla speranza che l’assassino
che ha abbandonato una donna morente non torni a finire il lavoro prima
che ella sia riuscita a barricarsi in casa (in qualche misura, il
lettore fa il tifo con la donna perché si salvi). Due romanzi quindi.
Non unici. Ci sono infatti anche altri romanzi propriamente detti di
Rogers, che sono Once In A Red Moon, e Lady With The Dice. Ci sarebbe anche Never Leave My Bed, che però pare sia una revisione di The Stopped Clock.
Però
oltre a questi romanzi, ne ha scritto anche uno breve, una sorta di
lungo racconto (ma io opterei più per l’accezione “romanzo breve” perché
di poco, ma sempre sostanzialmente, l’opera supera la soglia delle 100
pagine che è accettata come un limite perché si possa cominciare a
parlare di romanzo), The Hanging Rope. Il romanzo, è stato
dimenticato per tantissimo tempo e solo nel 1990 è stato riscoperto da
Robert Adey (autore della Bibbia delle Camere Chiuse, Locked Room Murders and Other Impossible Crimes: A Comprehensive Bibliography) e di Jack Adrian, che assieme hanno realizzato un’antologia vorrei dire storica, The Art of the Impossible,contenente
novelle e racconti di assoluto valore, in cui accanto a opere più
conosciute (ma non moltissimo) ve ne sono alcune quasi del tutto
sconosciute. E’ il caso di quest’opera di Rogers.
In
Italia, fu pubblicata nell’ambito del volume N.3 dell’edizione
italiana, approntata dall’Editrice Garden di Milano (ma come fece a
soffiarla a Mondadori?), consistente appunto in tre volumetti,
intitolati “Delitti Impossibili”. Nel terzo appunto, oltre all’opera di
Rogers, sono presenti opere di Walkmann, Perowne e Atkinson.
Daniel
McCue vive al quarto piano di un grande palazzo lussuoso, in un grande
appartamento signorile: è un ricco imprenditore che fa anche il
politicante.
Ogni
sera, e la sera del fattaccio pure, lo vanno a trovare due suoi amici:
il suo avvocato Paul Bean, che oltre che legale è anche suo amico (il
quale dopo averlo lasciato, per strada viene fatto oggetto di uno
scherzo da parte di ragazzacci, cade, si sbuccia un ginocchio e le palme
delle mani, e sanguinante torna a casa sua, senza che nessuno per
strada sia stato presente al fatto né l’abbia pertanto aiutato) e Padre
Finley, un prete devoto alla causa dei gatti abbandonati, mite e
bislacco. Entrambi tuttavia, sono usciti dal palazzo ben prima che si
appurasse che qualcuno avesse ucciso il vecchio McCue, e il testimone
che lo conferma è Boaz, l’omino dell’ascensore. E quindi parrebbe che
non c’entrino proprio con l’omicidio del vecchio compiuto con l’ausilio
di una bottiglia di champagne che l’amico oltre che ex-genero Paul Bean
gli ha portato in regalo per il compleanno, e poi con l’attizzatoio: ma,
se Paul Bean ritorna a casa con le mani insanguinate, il prete entra in
un palazzo poco distante da quello in cui è morto il vecchio McCue, in
cui lui sa che non c’è nessuno, per trovare un gatto.
Tuttavia
in quel palazzo, mezzo disabitato, in un appartamento spoglio, privo di
suppellettili che non siano quasi solo un letto, un tavolo ed una
macchina da scrivere, vive anche il famoso commediografo Kerry Ott,
sordo, lì dimorante, nel silenzio più assoluto, affinchè trovi
l’ispirazione per la sua nuova commedia.
Tuxedo
Johnny Blythe è quello che dà l’allarme. Ex tenente di polizia,
proveniente da Washington, arrivato all’appartamento di McCue, di cui è
ex genero avendo sposato la di lui figlia, prima che questa si
risposasse a Paul Bean e se ne divorziasse, trova la maniglia della
porta di casa sporca di qualcosa che sembra sangue. Spaventato dal
sangue, scende le scale e trova che il portiere, tale Ignaz Slipsky che
indossa l’uniforme della polizia di ronda, ma che anche lui dalla
polizia è uscito (ma Tuxedo non lo sa). A quello che gli conferma che
nessuno è uscito, dice che la porta è bloccata, avendo provato ad
aprirla utilizzando la sua chiave e non essendoci riuscito.
Insieme
decidono di entrare in casa e quindi dal di fuori, dai balconi. Il
custode, Rasmussen, altro tipo strano, dice loro che ha visto il diavolo
uscire dall’appartamento del vecchio Dan: vi si sarebbe recato per
riprendersi l’anima del vecchio indemoniato.
Quando
Tuxedo e Slipsky arrivano sul balcone al quarto piano grazie alla scala
antiincendio e rompono il vetro, si trovano davanti al cadavere di Dan:
con le mani rattrappite nell’atto di afferrare i bordi del Bukkara
persiano, vicino alla scrivania Luigi XV, e la nuca sfondata da una
pesante bottiglia di Champegne (che gli ha portato Paul) e da selvaggi
colpi di attizzatoio. Mentre Johnny va a vedere la porta d’ingresso (per
accertarsi se sia chiusa dall’interno) e non si accorge che dietro a
lui c’è Slipsky, si sente un grido lacerante proveniente da una delle
altre stanze. Tuxedo si slancia verso una di essa, e un secondo dopo
Slipsky lo trova frastornato presso il cadavere di Kitty Kane, la
bellissima Kitty, cui qualcuno ha reciso la giugulare: il sangue caldo
sta ancora uscendo a fiotti dalla mortale ferita del collo. Nessuno ha
però visto l’assassino, che è sfuggito ai due in un niente. Sarebbe
potuto uscire dalla porta, ma la trovano bloccata dalla catena interna, e
dal balcone non è uscito perché Rasmussen lo avrebbe visto. E allora?
Come ha fatto? Unica possibilità è la finestrella del bagno, che si
affaccia però su una parete liscia e senza appigli. L’unica possibilità
sarebbe una finestrella dirimpetto, appartenente ad un altro stabile:
guarda il caso strano, la finestra si affaccia nell’appartamento adesso
abitato dal famoso commediografo Kerry Ott, che vive in un suo mondo
privo di suoni: Ott infatti è sordo. Possibile che sia stato proprio
Ott? Oppure sono stati Padre Finley, che pochi istanti prima è stato
visto da Slipsky e Boaz, l’uomo dell’ascensore, andare via; o Paul Bean,
andato via ancora prima di Finley, da casa di McCue? Il fatto è che i
due uomini avrebbero un alibi inattaccabile che è dato proprio da
Slipsky; eppure il primo, che abita nello stesso palazzo di Ott, e sul
suo stesso pianerottolo, tra miriadi di gatti, è stato visto con i
guanti sporchi di sangue (ma lui dice che era la carne che dà ai suoi
gatti) ed uno lo ha perso a casa di Ott, dove è entrato ignorando che
l’avesse presa in affitto il commediografo, da pochi giorni; invece Bean
è stato aggredito per strada dai terribili figli di Kitty Kane,
ferendosi e venendo rapinato del borsellino, che poi viene trovato a
casa di Ott: sono stati loro a perderlo o è stato Ott, penetrato
attraverso la finestrella? Il fatto è che per porre in comunicazione le
due finestre sarebbe servita una scala o un’asse come quelle utilizzate
dai pittori per dipingere le pareti delle stanze. E in effetti una,
nell’appartamento occupato da Ott, viene trovata.
A
occuparsi delle indagini è “Big” Bat O’Brien, Ispettore della Squadra
Omicidi, che girerà, annasperà, e sarà fuorviato nelle indagini finchè
Kerry Ott, con la complicità involontaria di un’argiope, dimostrerà che
quella finestrella non sarebbe mai potuta essere utilizzata, per via
anche di una ragnatela che la ricopriva totalmente. E farà comprendere
all’ Ispettore chi mai possa essere stato a compiere due delitti
assolutamente straordinari.
Opera
di assoluto rilievo, è un vero pezzo di bravura. Possiede una tensione
che accompagna il lettore fino alla fine, fin anche dopo la stessa
individuazione dell’assassino, perché il finale è costruito come un
thriller: riuscirà l’assassino a farla franca oppure no? Riuscirà grazie
alla via di fuga che ha messo a punto, appunto una fune sospesa, ad
evitare di essere preso?
Nel
finale si risolvono anche le morti del figlio di Dan e della figlia,
sposatasi prima a Johnny Tuxedo Blythe e poi a Paul Bean, e morta a
causa di un’infezione da tetano, rimediata grazie al graffio di un
gatto, portato da Padre Finley. E lasciano intravvedere un piano
assolutamente diabolico.
Il
romanzo ha poi delle caratteristiche che lo rendono se non unico,
almeno raro: il plot ha un’atmosfera fortissima, che quasi tramuta la
vicenda poliziesca in un una di orrore, per la bizzarria della
situazione e per le componenti che Rogers lascia intravedere, curando di
dare a ciascun personaggio un’aria benevola che contrasta e stride con
una più nascosta: in questo, e nel finale per nulla scontato, può
ricordare Fredric Brown o Philip Bardin. Ma una caratteristica ancora
più diretta e riconducibile esclusivamente a lui, differenziandolo da
tutti: è il suo stile letterario, che utilizza una lingua desueta
talora, con vocaboli esclusivi. La costruzione stessa dei periodi, si
avvale di una sintassi fortemente ricercata, quasi che prima di scrivere
le frasi, ne pesasse l’impatto sul lettore. Talora possono risultare
anche grottesche se non surreali.
Una
tale prospettiva farebbe pensare ad una lentezza di scrivere, ma
evidentemente in Rogers era una caratteristica innata il saper e il
voler scrivere in siffatto modo, se pensiamo alle centinaia di racconti
che scrisse. Da un certo punto di vista, della bizzarria e dell’orrore,
le sue opere mi ricordano anche quelle di Stanley Ellin.
The Hanging Rope ,
da un altro punto di vista è una sorta di sintesi di Mystery (i due
delitti impossibili) e di Hard Boiled. Da questo secondo genere, prende
l’atmosfera claustrofobica, realizzata quasi esclusivamente in ambienti
interni, e i temi trattati:c’è il commediografo che ricorda tanto il
giornalista di turno, c’è il politicante inviso (Dan McCue), c’è la
femmina fatale (Kitty Kane), c’è l’assassino triste.
Tuttavia al di là dello stile barocco e ricercato (un esempio, a pag.93, è la descrizione della ragnatela:“Non
è la tela sciatta e disordinata, tessuta alla bell’e meglio in un
quarto d’ora da un teridio, ma il lavoro paziente di un argiope, una
tela ottagonale, geometrica, impeccabile, con quattro raggi di seta. Un
lavoro che richiede tempo. E’ un’opera di alto lavoro artistico” ), è
da dire che il modo di colloquiare, rapisce il lettore. Mi ha ricordato
– paragone certamente ardito – il modo di impostare la scrittura de À la recherche du temps perdu di
Marcel Proust, con una tortuosità semantica che gira e rigira su un
determinato fatto fino a rivelarne gli aspetti nascosti oltre che quelli
visibili. Questo girare continuo sulle situazioni, fa sì che i sospetti
siano gettati anche per le cose che apparirebbero più ovvie, su tutti i
personaggi che compaiono nella trama: per esempio Paul Bean, che cade
per strada, sbeffeggiato dai terribili figli di Kitty Kane, donna amata
in passato da più d’uno dei personaggi, e che si concede al vecchio Dan.
Non ci sarebbe nulla di strano se cadendo, Bean si fosse sbucciato le
ginocchia e si fosse graffiato le palme delle mani e quindi sanguinasse;
ma..il sospetto che gli fa cadere addosso Townsley Rogers è che quel
sangue possa essere anche quello del vecchio Dan (quindi Paul sarebbe
ritornato dopo essersene andato, nell’appartamento di Dan).
L’ultima
cosa che mi val la pena di sottolineare è che la brillantissima uscita
di Orr riguardante la tela del ragno, che in sostanza conclude ante
litteram il romanzo, perché il finale non è realizzato per catturare
l’assassino ma per far sì che egli esca di scena in modo spettacolare
(si osservi come l’incedere nella novella sul tema del sangue: sulla
maniglia della porta, sulle piastrelle del bagno, che sgorga dal collo
di Kitty, che sgorga da quello dell’assassino, è forse la caratteristica
più evidente di un barocchismo orrorifico, che è nel tempo stesso molto
spettacolare e cinematografico: ognuna delle sequenze è come se fosse
concepita come una posa ben distinta dalla successiva). Tuttavia è
interessante sottolineare il particolare della ragnatela dell’argiope in
quanto mi pare sia la diretta fonte di ispirazione per altra ragnatela
che in altro romanzo, a noi più contemporaneo, ricopre il telaio di una
finestra, come un vero vetro: sto parlando de La toile de Pénélope, di Paul Halter.
In
un colloquio che ho avuto con lui tempo fa, gli chiesi, sempre
ossessionato dalle citazioni e dai rimandi presenti nelle opere dello
scrittore alsaziano, quando egli avesse preso dalla novella di Rogers
l’idea della tela del ragno (precedentemente pensavo egli avesse
utilizzato l’idea della tela di ragno sul balcone della finestra in un
romanzo di Abbot, ma che non copriva tutto il telaio, come qui e poi nel
romanzo di Halter). La mia domando lo spiazzò, perché ignorava che un
altro romanziere avesse avuto la stessa idea. Poi si ricordò che avrebbe
dovuto avere un romanzo simile, e alla fine mi rivelò che aveva letto
il romanzo di Rogers dagli anni ’80 ma che non si ricordava proprio di
quel particolare.
Ecco la mia domanda, in inglese e risposta sua in francese (talvolta uso il francese altre l’inglese, così come mi viene):
DP – For
some time I believed that you had invented La toile de Pénélope,
applying the spider web, which is found in About the Murder of a
Startled Lady by Abbot. Instead, a few days ago I picked up a collection
edited by Adrian & Adey, and I read a short novel, of which I put
off reading for a long time, written by Townsley Rogers: “The Hanging
Rope”, in which there is a spider web which occupies the entire window,
across which would pass the murderer, if the spider had not been there.
The idea of applying the idea from Rogers was yours?
Prima mi rispose così:
PH – Bonjour Pietro
Pour répondre à votre question : non, je n’ai jamais lu ce livre.
Comme
je vous l’ai dit, l’idée vient de Vincent Bourgeois, qui pensait – j’en
suis sûr – sincèrement qu’elle était tout à fait originale. Igor
lui-même le croyait aussi après avoir lu La Toile de Pénélope.
Sur ce, je vais voir si ”The Hanging Rope” a été traduit en français…
Amicalement,
Paul
Poi, qualche giorno dopo, aggiunse:
Juste
ce petit mot pour vous dire que, chose incroyable, j’avais dans ma
bibliothèque les deux livres que vous avez cités. Ce sont les noms en
anglais qui m’ont trompé!
Ainsi,
The haning rope, de JTRogers est : Cauchemar d’une nuit d’été. Je l’ai
relu séante pour constater que, en effet, une des issues (immeuble
voisin) était bloquée par une toile d’araignée ! J’avais lu ce livre fin
des années 80 et vraiment je ne me souvenais plus de ce détail.
Traspare
la sua incredulità che un altro abbia inventato la sua cosa parecchi
anni prima. Più di quaranta! E quindi ci credo che non fingesse, per
come lo conosco. No, sicuramente non si ricordava di aver letto della
tela, quando scrisse La tela di Penelope! Ma io credo che il
riferimento si fosse comunque sedimentato in lui, inconsciamente, e poi
avesse prodotto la trovata della tela del ragno che occupa il telaio
della finestra.
Comunque
sia tuttavia i due romanzi differiscono nella soluzione che è
diametralmente opposta: in Rogers, la presenza della ragnatela impedisce
che la finestra possa essere stata utilizzata come entrata del
fantomatico assassino; in Halter, la presenza della tela del ragno non è
di per sé un fatto che impedisca l’azione, perché egli, superandone
l’ostacolo, spiega attraverso Twist come quella finestra sarebbe potuta
essere utilizzata. In sostanza in Halter c’è il superamento dell’idea
base, realizzando il “plus ultra”, rispetto all’altro, tenuto conto che
però in Rogers, a legittimare la ragnatela è poi la constatazione che la
finestra comunque era bloccata e inchiodata.
Insomma, l’idea della tela del ragno è la stessa, ma cambia tutto il resto.
Pietro De Palma
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