domenica 10 maggio 2020

Pierre Magnan : Il sangue degli Atridi (Le Sang des Artrides, 1977) - trad. Mario Morelli - Il Giallo Mondadori n. 2294 del 1993

Ritorniamo dopo qualche tempo al poliziesco francese, ma non leggendo un romanzo di Paul Halter o Pierre Boileau o Stanislas Steeman (anche se Steeman non è francese ma belga). Questa volta parliamo per la prima volta di un romanziere di cui Mondadori una ventina di anni fa pubblicò alcuni romanzi: Pierre Magnan.
La vera carriera  letteraria di Magnan cominciò tardi, alla mia età oggi, 56 anni. Fino ad allora aveva tentato la pubblicazione di romanzi senza sortire grandi effetti, anche se aveva cominciato con un successo di critica, L'Aube insolite nel 1946. Tuttavia l'accoglienza del pubblico non era stata parimenti entusiasta e la pubblicazione di altri tre romanzi non aveva avuto grandi effetti, tant'è vero che per vent'anni non aveva più provato a scriverne. Fu il suo licenziamento dall'azienza in cui lavorava da molto tempo, a dargli nel 1976 la ragione per tentare di nuovo il successo librario ed è così che nacque Le Sang des Artrides con cui Pierre Magnan  vinse il Prix du Quai des Orfèvres nel 1978. il successo fu talmente tangibile che Magnan continuò a scrivere romanzi polizieschi, sia con il Commissario Laviolette, che fu il suo personaggio  principale, sia con altri personaggi.
Nel 1984 il suo romanzo La Maison assassinée ebbe un incredibile succeso di pubblico e critica (100.000 copie vendute)
Prima di morire nel 2012, Magnan scrisse l'ultimo romanzo con Laviolette nel 2010, Élégie pour Laviolette.
Mondadori negli anni 90, pubblicò alcuni romanzi di Magnan, soprattutto quelli con Laviolette, ma non tutti, di cui segue l'elenco (sono esclusi altri romanzi con altri personaggi) qui:


Le Sang des Artrides, 1977.  Il Sangue degli Artridi, Il Giallo Mondadori n. 2294. Robin, 2005.

Le Commissaire dans la truffière, 1978 .  Il velo magico Il Giallo Mondadori n. 2327

Le Secret des andrônes, 1979 . Morirai per ultima,  Il Giallo Mondadori n. 2370

Le Tombeau d'Hélios,  1980. La Tomba di Helios, Il Giallo Mondadori n. 2383, Robin , 2004

Les Courriers de la mort,  1986 . Messaggi di morte, Il Giallo Mondadori n.2643

Les Secrets de Laviolette (recueil de trois nouvelles, Le Fanal, Guernica et L'Arbre), 1992. L’albero, Robin, 2008 - Guernica, Robin 2001

Le parme convient à Laviolette,  2000. Il commissario innamorato, Robin, 2008

Élégie pour Laviolette,  2010

Per amor di precisione, bisogna dire che l'ultimo romanzo pubblicato da Robin, cioè Il commissario innamorato, viene presentato come "L'ultima indagine di Laviolette", cosa che è non vera. Infatti l'ultimo romanzo con Laviolette è  Élégie pour Laviolette, che in Italia è inedito. Probabilmente, nel momento in cui fu pubblicato da Robin, Il commissario innamorato era davvero la sua ultima indagine. Ma poi...

Il Sangue degli Artridi è un romanzo indimenticabile. Per una certa atmosfera di fondo, mi ha ricordato She died a lady, di Carter Dickson, anche se qui non vi sono proprio delitti impossibili.

Laviolette è un antieroe, tutto il contrario direi del personaggio di Van Dine  (ma con lui vedremo ha dei contatti) eppure ha la sua importanza di detective:  è poco appariscente, basso e in sovrappeso, con le orecchie a sventola, si lamenta di non riuscire a fare più 100 metri di corsa senza l'affanno a causa delle troppe sigarette che fuma, ma ha con un glorioso passato nella Resistenza ed è dotato di raro  spirito d'osservazione e deduzione. Lo dimostra qui, assieme al Giudice Chabrand, altro personaggio scomodo, altro antieroe, chiamati assieme a gestire le indagini per una serie di omicidi strani.
Il primo a morire è un giovane di belle speranze, Jeannot Vial, figlio dell'alta borghesia, dei salotti buoni, che fa vita agiata e spensierata: viene trovato colla porzione parietale del cranio sfondato da un corpo contundente. Ai piedi delle scarpe da ciclista, nell'auto gli viene trovata una bicicletta smontata. Nessuno capisce chi possa essere stato ad ucciderlo e perchè, e soprattutto come. Soprattutto l'arma è da capire cosa fosse visto che non è stata trovata.
Mentre stanno cercando di raccapezzarsi, ecco la seconda morte: un altro giovane di belle speranze, ricco, proprietario di un hotel, che stava partecipando alle prove per una corsa rally d'automobile. Ad una doppia S l'auto è andata a finire fuori strada, precipitando in un burrone e prendendo fuoco: il cadavere estratto di Jules Payan è irriconoscibile in quanto carbonizzato. Pochissime cose si son salvate e tra queste, dei guanti mezzo bruciacchiati, e anche qui degli oggetti che rimandano ad una bicicletta.
Anche in questo caso non si capisce come possa essere morto, anche perchè non si vedono tracce di frenate e qualsiasi responsabilità di altre persone che facevano la corsa, anche se ipotizzata in un primo tempo, viene poi stralciata. E si da in un primo tempo la responsabilità ad un malaugurato incidente, fino a che qualcuno non si accorge anche qui, come, ciò che resta del cadavere presenti una grossa ferita alla parte parietale destra del cranio, alla tempia, come nell'altro caso. Solo che qui, annerito dall'incendio è stato trovato un grosso ciottolo: qualcuno l'ha lanciato..ma come? E da dove? Dopo attenti studi Laviolette ipotizza come debba essere stato ucciso: approfittando di un momento in cui le auto devono per forza rallentare ad una curva, qualcuno ha lanciato con forza il sasso alla tempia, fracassando il finestrino, determinando la morte del guidatore, e poi l'auto senza controllo è finita nel burrone.
Le indagini sembrerebbero concentrarsi nei riguardi di un giovane che pare avesse litigato con la vittima, ma poi quando il giudice deve per forza o convalidarne l'arresto oppure rilasciarlo, interviene Laviolette che riesce a dimostrare l'alibi del malcapitato.
Il mancato arresto del giovane, protetto da da un grosso nome della magistratura, determina l'affido a Laviolette, che l'avrebbe evitato, del caso assieme al suo amico il Giudice Jean Paul Chabrand. La mossa è abile: se i due riusciranno a trovare l'assassino..tanto meglio, se invece non accadrà, avranno finalmente i loro avversari la possibilità di defenestrarli. Cosa che sembra avvenire con puntualità quando, dopo un tempo estenuante in cui i due non riescono scavare un ragno dal buco, tranne un avvistamento strano nel bosco da parte di due cacciatori, muore un altro tipo: questa volta non si tratta da un giovane di famiglia benestante, ma di un timido professore di filosofia che insegna in un liceo classico: è stato trovato morto, davanti ad un monumento. Era sceso dalla bicicletta per recarsi ad un orinatoio pubblico, ma quando ne era uscito, era stato colpito ed ucciso. Ancora una volta colpito alle tempia, ma questa volta due volte: Cherubin Hospitalier si chiamava. Prima di morire, però aveva tentato  di scrivere qualcosa nella neve: le lettere OR.
Anche questa volta una bicicletta. Cosa avrebbero dovuto farci con una bicicletta le tre vittime?
Questa volta però la Polizia trova qualcosa: stampata nella neve sul monumento di Gassendi c'è un'impronta nettissima, che sembra essere stata lasciata dall'orma di uno scarponcino, di tipo vecchio. Dallo studio di esso si ricavano un presunto peso ed una presunta altezza, che collima con quella del misterioso visitatore, che due cacciatori avevano visto di spalle, dopo aver ucciso una lepre con un colpo di sasso, prima dell'omicidio di Cherubin: anche in quel caso i due, interrogati sull'identità del misterioso lanciatore, su tutto si erano trovati in disaccordo meno che sull'altezza, stimata: circa 1 metro e 58. Pigmeo o ragazzo? Questa, la seconda, è l'ipotesi sconvolgente.
Ma chi può essere stato?  
Si esamina la popolazione che abbia quell'altezza, ma senza risultato. E chi ne fa le spese? Ma Laviolette, ovviamente, dopo che una quarta vittima è trovata, uccisa nella stessa identica maniera! Questa volta si tratta di un'anziana persona, ricca anzi ricchissima, che ha inviato una lettera all'assassino, chiedendo di sapere per quale motivo abbia ucciso. Perchè lei lo conosce bene, l'ha tenuto sulle ginocchia quando era bambino. Come ha fatto a sapere? In virtù di un binocolo, appartenuto ad un certo Alcide de Térénez, un ufficiale della marina. Dalla sua casa, in collina, la vecchia signora osservava tutti i suoi vicini, e durante le sue osservazioni, aveva assisitito a qualcuno degli omicidi.
Laviolette ha capito come i sassi son stati lanciati: con una fionda. Ma quale fionda può lanciare sassi così grandi? Quella che usano i bretoni. Partendo dall'esame dei bretoni presenti in città e che potessero avere un figlio di quell'altezza, arriva alla vedova Térénez.
Chi è? Una donna agiata, bellissima, di circa 38 anni, madre di due figli, un maschio ed una femmina costretta alla sedia a rotelle sin dall'infanzia. Cosa si agita nella testa di Laviolette? Un barlume di verità: i pochi effetti personali trovati addosso alle tre vittime, portavano l'etichetta Irène de Térénez Créations. Ma anche il cappotto del giudice aveva quell'etichetta. 
Laviolette ora teme per la vita del giudice. E così si reca alla villa abitata dalla bella vedova e dai suoi figli. La porta è socchiusa, entra con circospezione. Vede un ascensore, poi sente un rumore, si nasconde e vede un ragazzo che spinge una carrozzella con una ragazza sopra. I due si fermano davnti ad un guardaroba, lo aprono vi entrano e quando ne escono sembrano piangere. Cosa ci sarà mai in quel guardaroba? Laviolette appena i due vanno via ed entrano in una sala dove c'è un miniteatro in cui cominciano a declamare i classici, va in questo guardaroba, che appare essere tale, senza nulla, finchè inavvertitamente spinge un'assicella sul pavimento ed il fondo del guardaroba scorre, liberando la visione di una camera da letto dove lui vede Irene e Chabrand che fanno l'amore.
Laviolette, comincia a pensare ad una cosa: va sopra, trova una bellissima ragazza, una domestica , che gli racconta una certa storia. 
L'epilogo sarà terribile. Un doppio epilogo: Laviolette salverà la vita al giudice, che sarebbe dovuto essere la quinta vittima, ma il sicario morirà ed dopo di lui il vero assassino verrà trovato. E si spiegherà anche cosa Cherubin avrebbe voluto scrivere : Oreste. 
Oreste, chi? Quello della tragedia degli Atridi: Clitennestra sposa di Agamennone, che lo uccise al ritorno da Troia, aiutata dall'amante Egisto, per aver offerto lui, la figlia Ifigenia, prima della partenza per Troia, alla dea Artemide. E dopo 10 anni, Oreste vendica il padre uccidendo la madre. 
Una storia di tristezza, di solitudine: una bellissima vedova, lasciata sola a badare a due figli di cui una invalida, che trovava nel sesso fugace con degli sconosciuti che andavano ad acquistare capi di moda nella sua boutique, dei momenti di felicità, che poi progressivamente  perdeva stando a badare ai figli. Ma qualcuno, la osservava, e colpiva chi con lei giaceva: in sostanza era lei che li condannava a morte, accogliendoli nel suo letto.
Un finale dolorosissimo, pieno di tristezza che lascerà l'amaro in bocca a Laviolette, mentre il giudice si dimetterà per amore della bella Iréne.
Il romanzo, pervaso di una grande malinconia, è ricco di atmosfera e di descrizioni ricche della provincia francese.
Laviolette è un commissario di polizia ma qui finiscono le rassomiglianze col più celebre Maigret: Laviolette opere a Digne, nella piccola provincia francese, mentre Maigret a Parigi. Maigret conduce le indagini quasi sempre con la sua squadra, Laviolette si affida al suo acume, al suo spirito di osservazione: i suoi subalterni non hanno nome, lui non vive con loro, lui si accompagna solo a Chabrand. E per questo è un procedural atipico.
In qualche modo mi verrebbe da dire che in qualche cosa Magnan sembra un epigono vandiniano: i riferimenti sono all'America (che talvolta viene pronunciata nel romanzo), nel fatto che  l'investigatore si accompagni ad un giudice (come Markham), anche se qui detective è più propriamente un poliziotto, come il tenente Michael Lord di Daly king oppure il Commissario Thatcher Colt di Abbot. L'elemento che più mi sembra interessante è l'identità del sicario, che richiama un altro romanzo più precisamente queeniano. E a Ellery Queen si collega anche per "Il messaggio del morente".
Tuttavia se è un mystery, è uno con un andamento molto lento: sembra ritmato come una marcia funebre. E presenta nel suo andamento ricco di pathos e oscuro dramma, un'andatura che ricorda un noir d'annata. Del resto del noir, ha uno degli elementi principali: la femme fatale, Irene, intorno a cui ruota tutta la storia. E poi la donna torbida, che odia fino alla morte. E l'assassino, che uccide per amore, per vendicare il ricordo, adottando in sostanza un transfert: non potendo uccidere Irene, ne uccide gli amanti, condannandola ad una vita che non è vita, che è come una morte apparente. E nello stesso tempo vendica qualcuno. Ma è una doppia vendetta: la sua e quella di chi gli arma la mano. Lui si vendica di Irene, vendicando un ricordo; e chi lo ha armato di odio, si vendica di Irene perchè a sua volta Irene l'ha condannata.
Lo so che non è facile capire. 
Ma chi leggerà questo romanzo, capirà anche il perchè in sostanza questo è un romanzo indimenticabile.

Pietro De Palma



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