Oggi è la volta del romanzo ultimo uscito di Domenico Carpagnano, “Son solo coincidenze”, pubblicato da Bertoni Editore nell’ottobre 2021.
Domenico, conosciuto su Facebook – ormai gli scrittori li conosco tutti lì ( da Luceri, a Calamia, al compianto Di Marino9) – da un anno, è un ex avvocato in pensione, che ha cominciato qualche anno fa, a scrivere romanzi gialli all’italiana. Nato a Barletta nel 1954, dove ha esercitato la professione, dopo il pensionamento, nel 2014 è ritornato a Perugia dove aveva fatto gli studi universitari, e lì si è dedicato a pittura e scrittura creativa, pubblicando dal 2016 quattro romanzi:
Per una vita rubata (2016)
La vita comoda (2018)
Gli occhi della basilica (2019)
Sono solo coincidenze (2021).
Sono solo coincidenze comincia con l’Avv. Pansini, un avvocato penalista piuttosto famoso, che colto da ictus e semiparalizzato , è assistito da Rosaria, la sua badante personale. Sembra un interludio completamente staccato dal resto, ma in realtà si vedrà che ha la sua importanza. Infatti il secondo capitolo, parla d’altro: del ritrovamento di un cadavere in via del Topo a Perugia. Una donna, su cui l’assassino ha infierito col coltello tanto da sfigurarla. Accanto un cellulare, di una tal Teresa, che abita là vicino. Attribuendolo al cadavere, il Commissario Anselmi, rintraccia l’abitazione, nella stessa via, che abitava la vittima e una tal Lucia. Quest’ultima gli riferisce che qualcuno ha cercato di rubare in casa loro, e la casa è a soqquadro. Ma non sa dove stia Teresa. Non sa che Teresa è morta. E’ il commissario che le da la triste notizia. A Lei e al suo ragazzo viene richiesto di riconoscere ufficialmente il cadavere, ma qui la prima sorpresa: non è Teresa. Chi è allora? perché il cellulare di Teresa è stato rinvenuto poco distante per terra? E dov’è Teresa?
Teresa non sa nulla. Ma è al centro di tutta una storia per cui vorrebbe tanto dare al Commissario un alibi valido per trarsi d’impaccio ma non vorrebbe dover dire cose che mettano nei guai altra gente, che a loro volta è connessa indirettamente coll’avv. Pansini di cui si è accennato (coincidenze). Per cui accetta di dimostrare al poliziotto la sua innocenza con un alibi inventato che la vede fare sesso con un tale conosciuto per strada, che suona la chitarra nei bar.
Solo che Anselmi fiuta l’imbroglio e quindi da addosso a Teresa e a chi lei non vorrebbe mettere nei guai. Nel mentre che viene riconosciuto il cadavere come quello di tale Chiara Palmisano, una bella ragazza, conosciuta dal dottor Bevilacqua e presentata da lui all’avv. Pansini suo amico, e di lui diventata la governante dopo la morte della moglie. In breve lei era diventata una sorta di amante di Pansini, che le aveva fatto regali costosi, era andato con lei in hotel a 5 stelle in località turistiche di grido.
Il Commissario dovrà interrogare tutti, da Maria Pansini figlia dell’avvocato al padrone del Bar dove si esibisce il chitarrista ambulante, da Teresa al medico personale di Pansini, il dottor Bevilacqua. E metterà sotto controllo pure un tale Morabito visto sovente a casa Pansini, ex cliente dell’avvocato salvato in Corte d’Assise. E interrogare persino Rosaria, attuale badante dell’avvocato, colpito da ictus poco prima che andasse via la Palmisano, e la cuoca.
E prima che capisca in che direzione muoversi per fermare l’assassino, uno dei sospetti verrà trovato impiccato in casa sua. Tra un Bacio Perugina e l’altro (viene quasi il sospetto che Carpagnano faccia pubblicità alla Nestlè, oppure sia ghiotto anche lui di cioccolatini, per quante volte il buon Anselmi li assapora: in realtà è un modo come un altro per non fumare sigarette!), però Anselmi e il suo fido Ricci alla fine imbroccherà la strada giusta
Il finale come ogni buon poliziesco che si rispetti, ci consegna il sospettato meno sospettabile in assoluto. Ma il colpo di genio, che giustifica il titolo, è dato da come il cellulare di Teresa sia finito vicino al cadavere, e come esso che si è ipotizzato ad un certo punto che potesse essere la vendetta di una moglie tradita, in realtà finisce lì per terra per effetto di una coincidenza.
Capire come il cellulare finisca lì, senza che faccia parte del marchingegno dell’omicida, e capire chi sia l’omicida, devo dire che è difficile, molto difficile.
Carpagnano mi ha detto che l’editor che ne ha curato l’editing, ha detto di averlo capito subito: io ho i miei seri dubbi: può semmai aver ipotizzato una certa cosa, e da lì aver supposto chi potesse essere nel caso in cui che.. ed essersi questo avverato. Questo sì, ma..aver capito sulla base di quello che avviene, prima che entri in ballo il secondo cellulare, tutto e anche chi sia l’assassino, è praticamente impossibile. Perché il romanzo è strutturato assai bene, e anche piuttosto complesso.
All’inizio è fatto da una serie di avvenimenti, in rapida serie, di cui ognuno è l’origine dell’altro: causa ed effetto, e l’effetto è causa di un altro effetto e così via fino ad un certo momento di stasi: dopo tutti questi avvenimenti concatenati gli uni agli altri quasi in rapida sequenza e collegati ad altri da una serie di coincidenze, comincia l’opera di indagine di Anselmi che sembra essere caotica, ma che alla fine, riesce ad imbroccare la strada giusta. Prima del finale, un altro delitto, che rimette tutto in discussione, ma che in un certo senso chiarisce anche il disegno e permette di indirizzare le indagini in una direzione precisa.
Abbiamo schematicamente:
Introduzione – 1^ delitto – causa/effetto; causa/effetto; causa/effetto/causa/effetto/causa/effetto/causa/effetto. Coincidenze: cellulare di Teresa accanto a cadavere; il coniuge di uno dei figli ha un’amante che a sua volta è sospettata; Bevilacqua ha affittato due suoi appartamenti a Teresa e Lucia a uno, e a Chiara Palmisano l’altro;– 2^ delitto – causa/effetto/causa/effetto – scoperta assassini – soluzione furto.
Come si vede un romanzo costruito secondo uno schema ben preciso. Non mi è sembrato un thriller, e neanche un mystery: è invece una sorta di fusione tra i due generi. Non ha infatti un’azione adrenalinica, ma neanche statica. Siccome il personaggio principale è un commissario, la successione degli avvenimenti e delle indagini configura un Procedural.-
Sarebbe da aprire un discorso a parte sul perché in Italia , il giallo all’italiana in massima parte si affidi a figure di commissari, ma è chiaro che tutto prende le mosse da De Angelis e dal suo Commissario De Vincenzi, che a sua volta assieme al Commissario Richard di d’Errico, sono espressione più che dei personaggi oltreoceano e britannici, del Maigret di Simenon, pur con le dovute differenze. Anzi, lo stesso impiccato appeso dopo morto, ricorda il morto appeso in L’Albergo delle Tre Rose.
Trecentodiciotto pagine effettive che si leggono non come un thriller, una dopo l’altra, ma che invece presuppongono delle pause per capire i vari interludi e le cause/effetto di cui ho parlato. Alla fine il quadro è composito, e tutte le tessere vanno a posto, anche se l’inquadramento degli assassini pur se ipotizzato, viene confermato solo con la confessione dell’ispiratore tra di essi.
La complessità del romanzo viene anche accentuata, a mio parere, da un elemento stilistico di frammentazione, dato dal numero molto rilevante dei capitoli (56), impiegati qui in sostanza al posto dei paragrafi, ma con una forma di capitoli a se stanti, ognuno separato dall’altro: in questo modo, brevi (4-6 pagine in media per capitolo) ma non consequenziali, se non pochi di essi, frammentano l’azione in tanti rivoli, collegati oppure non, che si incrociano o procedono paralleli, fino a confluire nel quadro finale.
Molto bello.
Pietro De Palma
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