lunedì 6 settembre 2021

Leo Bruce : Un Caso non concluso (Case With No Conclusion, 1939) - trad Oriella Bobba - Il Giallo Mondaodri N° 2075 del 1988

 

 


 

Case With No Conclusion (1939), Un caso non concluso, è il terzo-quarto dei romanzi col Sergente Beef, di Leo Bruce. Infatti nel 1939 furono pubblicati due romanzi: questo, e Case with Four Clowns.

Il caso ruota attorno alla incriminazione per omicidio, di Stewart Ferrers, nobiluomo di campagna. E’ stato arrestato per la morte del suo medico di famiglia, il dottor Benson, trafitto alla gola da uno stiletto, trovato sulla mensola dove è solito stare, tutto insanguinato e con le impronte di Stewart. Prove schiaccianti insomma. Per di più tutto il paese sa della tresca tra Stewart Ferrers e la moglie di Benson, Sheila. Un ottimo movente quindi. Ma, e qui sta il ma, Stewart si proclama innocente. La sua posizione nondimeno è disperata, e lo sanno bene i due suoi avvocati Nicholson e Petterie, tanto più che nelle tasche della sua giacca è stato trovato persino un biglietto con la sua ammissione di colpevolezza.

Il fratello di Stewart, Peter, per salvare il fratello si affida al sergente Beef, la cui fama di investigatore sta salendo di quotazioni, tanto più che ha già risolto due casi in cui la polizia annaspava, nonostante il suo biografo, l’amico Lionel Townsend, nei due romanzi in cui ne ha tratteggiato la figura, ne abbia sminuito il successo attribuendolo più che altro a fortuna.

Beef si mette all’opera, trasferendosi nella dimora dei Ferrers, “I Cipressi”, poco distante da Lilac Crescent. Innanzitutto vuol vedere il luogo dove è stato trovato il cadavere di Benson, e interroga la cameriera che l’ha trovato. Poi lo ispeziona, e stranamente, chiede all’attonito Townsend di procurarsi una bottiglia, nella quale scola il contenuto di una caraffa di whisky, poggiata sul tavolino, e che mette in una borsa. Infine, comincia a interrogare i vari soggetti che operano in quella villa, dal vecchio maggiordomo Duncan, a sua moglie la cuoca, all’autista Wilson, alla cameriera Rose, etc.. Tutti aggiungono poco alla vicenda. Beef sospetta vagamente di Wilson, per il modo sfuggente con cui risponde. Tuttavia passando di pub in pub, e interrogando la gente del posto, scopre che Stewart Ferrers, già in passato preda degli usurai, da un po’ di tempo prelevava dalla banca delle somme sempre uguali, ossia 500 sterline in banconote da una, segno che qualcuno lo ricattava.

Beef, scopre anche delle altre cose interessanti: innanzitutto, che Duncan, sa molto più di quanto gli voglia dire; che Sheila Benson, è più che una vedova allegra, presentandosi in vesti discinte, quasi sempre seminuda, e che a sentire il meccanico dell’auto di Benson, ha tentato di adescarlo il giorno dopo la morte del marito, cosa di cui Beef si accorge quando la cosa accade con lui; che Sheila, non era affatto ,l’amante di Stewart, che anzi ne è inorridito, ma del fratello di Stewart, Peter; che il marito, il dottor Benson, sapeva tutto, anzi se ne fregava, tanto più che lui a sua volta aveva cornificato la moglie ripetute volte; che qualcuno ha visto un uomo, la sera dell’assassinio, nascondersi in una siepe del giardino della villa; che un vagabondo ubriacone, ha trovato un bastone animato nel giardino, che a sua volta ha venduto ad un rigattiere; inoltre trova per terra la chiave della serratura Yale, che apriva il portone di casa, quando per una cosa o per l’altra, il portone non veniva sprangato dall’interno da Duncan, quando per esempio dei domestici o domestiche uscivano rincasando tardi.

Beef, scopre infine, un biglietto nella scrivania della villa, un cui si leggono le parole, vergate dal dottore: da aggiungere a ..

A questo punto ad intorbidire ancor più la faccenda si mettono: la morte di Duncan, trovato impiccato; la fuga di Wilson e di Rose all’estero, con le ultime 500 sterline che Wilson aveva trovato e che dovevano essere le ultime che Stewart avrebbe dato a Benson; la confessione del parroco, che conferma non solo la poco attendibilità di Benson come marito e di Sheila come moglie fedeli, ma anche il non essere un buon cristiano Benson per la sua campagna nei confronti dei fedeli della parrocchia, a cremare i morti, invece che seppellirli, cosa già avvenuta col padre dei Ferrers, e poi reiterata con altri parrocchiani.

Aggiungasi che qualcuno ha deposto alla polizia lo strano interesse di Stewart per il cambio a preselezione, che aveva la macchina di Benson; e che Stewart nega che Benson si sia trattenuto dopo cena e che lui lo abbia ucciso, e che anzi lo ha accompagnato alla porta; però dopo, anche alla presenza degli avvocati nella prigione in cui è detenuto, non confessa tutta la verità a Beef, che inoltre ha scoperto essere stato avvelenato con dell’arsenico il whisky che aveva prelevato, come se qualcuno avesse voluto uccidere, essere sicuro di uccidere Benson, tanto da provare non solo col liquore avvelenato ma poi trafiggendolo con lo stiletto. Inoltre un cuscino presenta delle tracce di sangue, incompatibili col fatto che lo stiletto riconosciuto arma del delitto, sia tutto imbrattato di sangue.

Nonostante tutto questo Beef non riesce a trarre fuori dall’impaccio Stewart, che viene impiccato.

Sembra essere un Caso senza conclusione, il primo fiasco di Beef, anche pomposamente esaltato da un giornale locale che si fa beffe di Beef, il quale però un giorno, trovando il suo amico, gli rivela tutta la verità: che Stewart ha taciuto cose importanti che lo avrebbero potuto far riconoscere innocente, per una ragione molto precisa, che non era la protezione di qualcun altro;  che non c’è stato uno, ma due delitti; e che c’è stato anche un complice dell’assassino, che però è morto. E che lui, scoperto il vero assassino, lo ha lasciato andare via, perché non è più della polizia ma un semplice investigatore privato, e perché per la polizia il caso era concluso, essendo stato impiccato l’assassino del dottore.

Il romanzo, è uno dei più spassosi di Bruce, veramente godibilissimo, ma al contempo un romanzo molto complesso, con una serie di false piste, di indizi veri nascosti e indizi falsi evidenti, e due finali con due assassini, uno falso, e uno vero. Insomma un piccolo capolavoro, della immensa produzione negli anni ’30, di mystery straordinari.

Il successo del romanzo, che poi è anche il successo della serie, sta nel rapporto conflittuale tra la spalla (Townsend) e il detective (Beef) e nell’uscita di Bruce che invece di riproporre pedissequamente la coppia sherlockiana con le sue variazioni vandiniane, in cui la spalla riporta le impressioni e le deduzioni del detective, esaltandolo, Bruce inverte questo rapporto, attribuendo alla spalla, uscite che in altri casi sarebbero state ascritte al primo attore.  E al primo attore, uscite da spalla. Non a caso Townsend che è la spalla di Beef, è distinto, elegante nelle espressioni e ligio alla legge, e va a braccetto con le deduzioni della polizia, e sistematicamente almeno nei primi romanzi, invece di esaltare il detective di cui scrive le gesta, le “riduce” attribuendo a mera fortuna i successi di Beef. Che al contempo e diversamente dalla sua spalla, è rozzo, popolano, grasso nelle battute, poco elegante, ma intelligentissimo, quello insomma che definiremmo “scarpa grossa e cervello fino”. Per di più questo rapporto conflittuale è alla base di uno stile divertentissimo, fatto di battute e di paradossi. Che non sembrerebbe neanche la base su cui possa innestarsi un romanzo che parla di morte, ma che invece lo è. “Tutti i romanzi con Bruce, sono versioni in chiave satirica della detective novel  di marca britannica. Il contrasto tra lo snob Townsend, il narratore, e il plebeo Beef,  e le loro dispute sui casi di cui si occupano, sono le armi di cui Bruce si serve per prendere in giro il genere giallo…nello stesso tempo i complicati e impeccabili mystery che Beef risolve sono talmente ben congegnati che vanno al di là della satira. Anzi sono superbi esempi di narrativa poliziesca” (Earl F. Bargainnier: The Self-Conscious Sergeant Beef Novels of Leo Bruce. The Armchair Detective 18, Spring, 1985).

Sottolineo inoltre un altro aspetto interessante, che ho già introdotto parlando dei romanzi di Crispin con Fen e di Boucher con Sorella Ursula: cioè la capacità di contestualizzare la vicenda, facendo dei detective di carta, dei personaggi invece di carne ed ossa, le cui vicende sarebbero state magari anche romanzate essendo però vere. Anche Bruce si allinea su questo falso rigo: infatti Beef rimprovera a Townsend di averlo troppo sbeffeggiato nei suoi romanzi, cosicchè per dei casi in cui lui avrebbe potuto fare bella figura, sono stati scelti Nigel Strangeways, il detective le cui gesta sono narrate da Nicholas Blake, o l’Anthony Getryn di Philip MacDonald. Insomma, Beef non sarebbe un personaggio inventato, ma nella finzione letteraria uno reale di cui lo scrittore sarebbe solo un relatore delle gesta.

Nel caso di questo romanzo, la vicenda è quanto mai complicata:

secondo le indagini e le risultanze della polizia (qui non c’è l’Ispettore Stute ma l’Ispettore Arnold) la vicenda sarebbe di una ovvietà disarmante: c’è l’arma, imbrattata di sangue, con le impronte di Stewart Ferrers; in tasca di una giacca dell’imputato viene trovata una confessione con la sua scrittura; tra l’imputato e la moglie della vittima c’era una tresca di cui tutto il paese mormora; pare che la vittima ricattasse l’assassino. Ma invece, se si scava più a fondo emerge un altro quadro:

la ferita mortale farebbe pensare che non una ma due volte lo stiletto sia stato usato per conficcarlo in gola; su un cuscino vi sono strane macchie di sangue, come se l’arma fosse stata ripulita, ed invece viene ritrovata lorda di sangue; oltre che lo stiletto, la caraffa di whisky era avvelenata con arsenico; un bastone animato proveniente dal padiglione di caccia della villa viene trovato nel negozio di un rigattiere; Sheila non è affatto l’amante di Stewart ma del fratello Peters; vi sono non due morti ma tre, una nascosta, rivelata da Beef e altre due evidenti; per la prima morte, il complice è morto, e l’assassino muore. Il movente della morte di Benson non è la gelosia oppure sfuggire ad un ricatto, ma la vendetta. L’assassinio di Benson per di più ascrivibile al vero assassino, si è sovrapposto ad un tentativo di omicidio che non si è però tradotto in assassinio. Insomma un insieme di false piste e vere, che nascondono il fine astutissimo di un assassino vendicativo, in grado di uccidere e determinare la morte di un altro, al contempo però in certo senso scusato da Beef.

Beef che, prima di spiegare la faccenda al suo biografo, gli rinfaccia la colpa dell’impiccagione di Stewart. In cosa Townsend potrebbe essere stato visto come il responsabile dell’insuccesso di Beef (che poi non è stato in realtà come lui poi rivela)? Se si capisce questo, si capisce tutto. Anche chi sia l’assassino. Il perché invece deriva dalla storia narrata nel romanzo.

Una perla sconosciuta, questo Case With No Conclusion.

Pietro De Palma

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