domenica 9 marzo 2025

Enrico Luceri : L'ombra dei vecchi peccati, 2025. Il Giallo Mondadori, 3249.

 

L'ultimo romanzo di Enrico Luceri, è da pochissimi giorni in edicola.

Il titolo prescelto è  L'ombra dei vecchi peccati, ma si sarebbe potuto anche chiamare L'Angelo stanco, perchè di un angelo si parla, un angelo che un bel giorno muore. Ma si sa, Enrico è un appassionato viscerale dei grandi interpreti del mystery del passato, Agatha Christie in primis, e perciò trae proprio da un romanzo della scrittrice britannica, non con Poirot ma con Miss Marple, Polvere negli occhi (A Pocked Full of Rye), il riferimento ispiratore: “Of course it’s murder. Plenty of people have wanted to murder Rex in their time. A very unscrupulous man. And old sins have long shadows, as the saying goes.”: Gli antichi peccati hanno ombre molto lunghe.

Il romanzo è parecchio complesso e si attua su tre piani temporali ben definiti. 

Il Primo, il Prologo, è l'antefatto, e risale al passato, al momento in cui un determinato evento è accaduto determinando poi tutto il succedersi di eventi posteriori:  Anna Coronato, è una povera ragazza che lavora come lavapiatti presso un ristorante e i pochi soldi che guadagna li destina in gran parte alla cura dell'anziana madre, ricoverata presso una casa di cura per disagiati. Una sera mentre sta per rincasare in bicicletta, la ragazza è vittima di un incidente mortale. Si sarebbe potuta salvare se fosse stata soccorsa? Chi avrebbe potuto salvarla, o renderle giustizia, scappa, così nessuno potrebbe mai venire incolpato.

Il Secondo, è il tempo della successione dei fatti, che va da Ferragosto a circa la fine dell'Agosto 2019. Sette persone vengono uccise con spietata ferocia: nessun indizio li metterebbe in relazione, se non la meticolosità di un assassino che cambia volto e abitudini, che non lascia indizi, e il ragionamento di un Commissario di Polizia, che non ravvisando alcun motivo pratico nell'eliminazione dei soggetti, comincia a pensare ad uno segreto. 

Buonocore, segue il filo del suo aquilone, quando è ancora in alto nel cielo, e dopo una cavalcata, riesce a trovarlo: capisce quale sia il peccato che hanno commesso e per il quale sono stati condannati a morte. Solo la settima è innocente, ma è stata uccisa per paura.

Il terzo, che è parallelo alla successione dei fatti, è quando Buonocore cerca di stabilire dei punti di contatto con la sua indagine, interrogando gente informata dei fatti, all’ Ufficio Persone Disagiate, o alla Polizia Municipale.

Ovviamente Buonocore riuscirà a fermare l'assassino diabolico, per sempre, ma basandosi oltre che su indizi, su proprie intuizioni e deduzioni, che non sembrano tali ad altri.

Romanzo bellissimo, un mystery movimentato, o noir all'italiana che dir si voglia, ma non un thriller come altri a cui ci ha abituato Luceri, mi sento di dichiarare che tra quelli letti di Enrico, questo è il migliore o uno dei migliori : era dai tempi di Luna Rossa, o anche Il Vizio del Diavolo, che non parlavo di romanzo capolavoro. Però questo in rapporto agli altri, lo è per delle caratteristiche diverse  : non c'entra la tensione, che è uno dei marchi di fabbrica dello scrittore romano, che si sviluppa nel primo grazie all'ambientazione claustrofobica di un condominio, e nel secondo di un monastero, ma le descrizioni, che qui sono portate al massimo, tutte descrizioni che servono in un modo o nell'altro a segnalare il degrado, e le ambientazioni sono tutte depresse, a indicare come questo sia un romanzo in cui la melanconia regna sovrana. Anzi, si può affermare come questo romanzo trasudi dolore e sofferenza. Molti dei suoi personaggi soffrono situazioni da cui deriva una sorta di depressione: c’è una ragazza sfortunata, che vive per la madre, ma muore in un incidente stradale; c’è una donna separata che viene in sostanza sfruttata dal suo compagno; c’è un piccolo delinquente che cerca il riscatto non trovandolo; c’è un maresciallo che vorrebbe riuscire a provare che Anna non è morta per un caso, per riuscire almeno a curare la madre di lei, non riuscendoci; c’è un funzionario che vive da solo, con due pappagallini che gli ha lasciato la figlia; c’è uno spazzino, innamorato di Anna, distrutto nell'animo dalla morte della ragazza.

Le descrizioni, come detto, puntano a raccontare situazioni di degrado umano ed ambientale: il cimitero, con le sue lapidi e statue angeliche, la tomba raminga di Anna, nella nuda terra, abbandonata da tutti, tranne che dall'assassino dei suoi carnefici; il casolare vecchio e decrepito, e sporco e trasandato del guardiano zoppo del campo sportivo di Torre Fierro; il bar di periferia, isolato e quasi buio; la clinica per anziani disagiati, molto triste, che si regge sul lavoro di poca gente, e con pochi soldi.

L'assassino non uccide per bassezza umana, per soldi, per potere, per gelosia, ma per follia, è in sostanza l'angelo vendicatore di Anna, spinto da un movente che solo Buonocore riuscirà a comprendere. Un movente nato e sviluppatosi nel dolore, che ha distrutto tuti i riferimenti possibili dell'assassino.

Non so se sia una mia interpretazione, ma il movente dell’omicida potrebbe essere analizzato nell’ambito della Teoria del Desiderio Mimetico di Renè Girard: in sostanza il killer ha patito una grande ingiustizia, che ha distrutto tutto il suo mondo. Vorrebbe scaricare la sua rabbia, avere giustizia, ma non sa come. Finchè incontra un Terzo, che come lui vorrebbe avere giustizia (anche se per un caso diverso dal suo), e come il Terzo desidera giustizia, lui comincia a desiderare quello che desidera l’Altro, il mediatore del desiderio: siccome l’Altro – che lui ha preso a modello – desidera qualcosa che il killer non ha ma che lui possiede (un teste che sa cosa sia successo di altra vicenda simile alla sua), si mette a desiderarlo anche il killer, che così desidera di mettere le mani su di esso, perché è desiderato dall’Altro.

Non sappiamo come si sarebbe comportato Buonocore, se l'assassino avesse ucciso solo i primi sei colpevoli. Probabilmente la sua indagine avrebbe comunque seguito il suo corso, ma dopo la morte del sesto, torturato a morte, Buonocore capisce che la follia ha distrutto la mente e l'animo dell'omicida, che ha perso qualsiasi residuo di umanità e di pietà. Ma è la morte del settimo, dell'innocente, che la follia ha messo sullo stesso piano dei colpevoli, ad incitarlo a fare presto, ad incalzare l'omicida e a metterlo in un angolo, perchè si è trasformato in una belva che potrebbe uccidere di nuovo (mancherebbe nella lista dei responsabili un giudice).


 

Che sia una indagine singolare, in cui tutti soffrono, commissario, assassino, vittima, e vari compagni delle vittime, lo testimonia anche la singolarità dell'azione inquirente: c'è Pierannunzi, che è il giudice sempre opposto a Buonocore, che si accontenterebbe il più delle volte di verità di comodo e scontate, e c'è Buonocore, che agisce quasi da solo, caparbio, che intuisce e postula delle tesi assolutamente non convenzionali, non tanto sulla base di prove ma di indizi flebili ma che si rivelano determinanti: qui la sua assistente di sempre Garzya non c'è, ma appare Michelino Macchia, l’assistente di Buonocore. La mancanza di elementi femminili positivi, e la presenza quasi di soli uomini, tutti accomunati dalla sofferenza, che siano elementi positivi o negativi, opprime la storia come una cappa plumbea.

Non ci dovrebbe sorprendere la tendenza della storia ad ancorare l'azione dell'assassino ad una follia partorita dalla sofferenza e dal dolore dell'anima, perchè tutti i romanzi di Enrico, trasudano dolore. Ma questo tra tutti è un unicum, perchè l'assassino, se non avesse ucciso un innocente, potrebbe anche essere capito (anche se non perdonato: la vendetta non è mai condivisibile, e in quel momento in cui l'uomo più buono del mondo diventa un giustiziere della notte, che uccide senza appello, sostituendosi a Dio, diventa più Caino di Caino), ma nel momento in cui uccide l'unica persona che cercava la verità della morte della ragazza per un ideale di giustizia, avendo timore che potesse riuscire a capire anche chi fosse lui, perde ogni possibile simpatia, e diventa un ostacolo da fermare ad ogni costo. Se non avesse ucciso la vittima innocente, avremmo anche potuto affermare che ognuno di noi avrebbe potuto identificarsi oltre che in Buonocore anche nell'assassino. Basterebbe solo che fossimo dei soggetti sofferenti per qualsiasi angustia dell'anima, per essere anche noi assassini e poliziotti, questi.

Non si è mai abbastanza ragionato sul fatto che oltre che assassini problematici, che uccidono non per motivi vili ma per vendette o per una degenerazione della mente (e quindi in un certo senso non responsabili delle loro azioni), nei romanzi di Luceri, gli stessi detectives non sono mai personaggi brillanti: non troveremo mai un saccente Philo Vance, o un macchiettistico Merrivale, o un dandy Ellery, ma poliziotti che hanno un vissuto, che vivono con disincanto le vicende di ogni giorno, e sono quindi profondamente umani. Che hanno un'anima.

Indimenticabile.

Pietro De Palma

Nessun commento:

Posta un commento