domenica 25 marzo 2018

Il Philo Vance di Giorgio Albertazzi: un trionfo della RAI di un tempo


 


La canarina assassinata è in certo modo meno problematica, meno cerebrale del terzo capitolo, La Fine dei Greene. E anche nell’ambito dei tre sceneggiati, tutto ciò si nota. Purtuttavia, nel corso delle tre avventure interpretate da Albertazzi, l’interprete riesce, proprio in un inciso de La Canarina assassinata, all’inizio, a rivelare con la sua straordinaria arte drammatica la natura nascosta di Philo Vance, la sua anima problematica e sensibile, che volutamente copre con una maschera di cinismo.
Il passo trova la sua collocazione all’annuncio della morte della “canarina”, fattagli dal Procuratore Markham. Vance è in chimono (rosso? Il bianco nero fa supporre il colore ma non ne da certezza), ed è di spalle. Si volta, la telecamera fa un primo piano del volto di Albertazzi, col monocolo incastonato nell’orbita. Esso è forse il solo brano in cui l’interpretazione è volutamente tetra: “Me la ricordo in un ballo che definirei..ornitologico, adatto alle follie, in un locale di second’ordine. Indossava un costume di piume giallo, intornato ai suoi capelli biondi”.
Per ammirare e potersi fare un’idea dell’aristocrazia scenica di Albertazzi, che è anche aristocrazia intellettuale, si veda per esempio l’etereo “L’année dernière à Marienbad” di Alan Resnais di qualche anno prima: se proprio quell’Albertazzi avesse interpretato Philo Vance, a parer mio, sarebbe stata un’interpretazione forse maggiormente interessante. Tanto più che quando girò il film di Resnais si può dire che anche come età sua, fosse molto vicino alla figura di carta. Infatti, all’inizio de La canarina assassinata, vien riportato che “Philo Vance non aveva ancora compiuto trentacinque anni”, e quando girò il suo film Resnais, Albertazzi più o meno tanti ne aveva. Non invece quando interpretò il Philo Vance televisivo. Non è un’osservazione da poco: in quanto cinquantenne, non si sarebbe mai vestito come si veste il più giovane Philo Vance. Almeno così la penso io; ma neanche forse avrebbe interpretato il suo personaggio allo stesso modo. Di solito, man mano che l’età avanza, ci si modera.
Direi che in questo caso la resa televisiva abbia sorpassato quella romanzesca: infatti, le parole che nello sceneggiato vengono pronunciate da Vance, quasi un epitaffio recitato ricordando “La canarina”, originariamente trovano spazio proprio all’inizio del romanzo, nel primo capitolo, quando il ricordo del caso non è stato ancora affrontato ma solo accennato: “..Margaret Odell aveva ricevuto il soprannome di Canarina in seguito a una parte sostenuta in un elaborato balletto orni­tologico delle Folies, dove ogni ragazza aveva una gonna che richiamava qualche uccello. A lei era toccato il ruolo della ca­narina; e il suo costume di satin bianco e giallo, insieme alla massa di luminosi capelli biondi e la carnagione bianca e ro­sea, l’avevano distinta agli occhi degli spettatori come una creatura di notevole fascino. Prima che trascorressero 15 giorni, tanto concordi erano stati gli elogi della critica e così regolari gli applausi del pubblico che il Balletto degli uccelli divenne il Balletto della canarina e la signorina Odell fu pro­mossa al rango di quella che caritatevolmente potrebbe esser definita première danseuse, con l’attribuzione di un valzer in assolo e una canzone1 interpolata appositamente perché desse prova delle sue molteplici grazie e talenti.
Alla chiusura della stagione, la ballerina aveva lasciato le Folies e, durante la successiva e spettacolare carriera nei luo­ghi di ritrovo della vita notturna di Broadway divenne popo­larmente e familiarmente nota come la Canarina. Fu così che, quando la trovarono brutalmente strangolata nel suo apparta­mento, il delitto fu definitivamente denominato: l’omicidio della Canarina” (S.S. Van Dine, “La Canarina Assassinata”, trad. Pietro Ferrari, Il Giallo del Lunedì, L’Unità/Mondadori, 1992, pag.7). Ecco allora spiegato il nome di “Canarina”, dato alla sfortunata Margaret Odell, attricetta e soubrette di locali di serie B.
Faccio tuttavia notare una cosa che mi si è mostrata lampante e a cui anni fa, quando lessi per la prima volta il romanzo, non detti importanza : la somiglianza, sicuramente non casuale, tra Margaret Odell, ballerina in rapida ascesa, e la Principessa Odette, interprete del famoso balletto musicato da Tchaikowsky, “Il lago dei cigni”.
Odette-Odell, non sono solo due parole molto simili, ma sono anche collegabili, la prima alla seconda, anche per il fatto che si richiamano a due volatili: una canarina e un cigno. E ovviamente, sono due ballerine, anche se diversamente, quasi in maniera antitetica: per la prima dal dramma scaturisce il ballo (la Principessa Odette), per l’altra è il dramma che scaturisce dal ballo: infatti, Odell aspira ad una posizione sociale diversa da quella di una ballerina, e il dramma del suo assassinio deriverà dalle amicizie che lei ha costruito sulla sua attività di ballerina.
Prima d’ora, nessuno che io sappia, aveva posto a confronto Odette e Odell. Eppure, credo che la somiglianza tra Odell-Odette non sia affatto casuale: Odell è una Canarina, Odette è un cigno ed entrambe si trasformano di sera, perchè in entrambe c’è un doppio: principessa- cigno in Odette, canarina-donna della buona società in Odell; ed entramebe aspirano ad identificarsi e ad essere associate al loro doppio umano: Odell si serve della sua carriera di ballerina, in quanto canarina, per arrivare ad una posizione sociale rispettabile; Odette vuole abbandonare la propria natura di cigno a fronte dell’appropriarsi in toto della sua natura umana. E in entrambe c’è un uomo,che dovrebbe mediare la loro trasformazione: solo che per Odette la dualità tra il principe ed il mago, viene risolta a favore del primo; per Odell è il mago che vince. E vince con un’autentica magia: quella che giustifica l’avento impossibile di una voce che non vi dovrebbe essere. Tuttavia, Odette e Odell, sono raffrontabili solo attraverso un’ altra personalità: Odile. Così abbiamo : Odell che si avvicina moltissimo ora a Odile, e Odette: Odell – Odile – Odette. Attraverso la mediazione di Odile, la figlia del mago, rappresentata nel balletto, dal cigno nero, possiamo veramente ora capire il tentativo di Odell di trasformarsi in Odette: nel balletto, a rappresentare Odile e Odette è la stessa ballerina, così da far capire come una stessa persona a seconda di mutevoli condizioni possa essere vista in modi differenti. Così, come Odile è la principessa nera, quella che in virtù della magia del padre, ambirebbe a esser scambiata in Odette da Siegfred, così Odell vorrebbe essere trasformata da ballerina di varietà, ammirata ma niente più di tanto, a donna rispettata della buona società. E così la parabola di Odell-Odile potrebbe essere spiegata come la parabola di un canarino che ambisce a diventare il cigno-Odette, non perchè lo diventi in realtà ma perchè Siegfred la veda trasformata. Solo che Odell come Odile finisce la sua storia allorquando Siegfred non la vede più come cigno, trasformazione, ma quello che è: una donna che voleva diventare altro, ricorrendo anche al sotterfugio: Odile grazie alle arti magiche del padre, Odell grazie al ricatto.
A parte ciò, è da notare la curiosa esibizione della canarina sul palco del locale: Odell-Virna Lisi, splendida (non aveva ancora quarant’anni), canta seduta su un’altalena (anche nelle gabbie dei canarini ce ne sono), mentre delle ballerine la attorniano: quello che vorrei far notare è come le ballerine indossino degli improbabili pantaloncini, tipo shorts, che sicuramente in quel tempo (ricordiamo che La canarina assassinata è del 1927) non ci si sarebbe mai sognato di indossare. Avendo infatti il balletto una certa connotazione erotica, si sarebbe mostrato qualcosa in più che tuttavia la RAI di quegli anni non si sarebbe mai sognata di autorizzare.
Altra cosa che è censurata, nello sceneggiato, è la morte: se ora siamo abituati ad assistere a ben altro (vedasi per es. la serie Bones), in uno sceneggiato RAI in cui la censura era in agguato, non ci si sarebbe mai sognati di rappresentare la morte nella sua crudezza: se infatti in La strana morte del signor Benson, la macchia di sangue e materia cerebrale che il proiettile alla testa ha provocato sul tappeto, nell’originale televisivo non si vede, altrettanto accade in occasione della ripresa del corpo della povera Odell, la cui rappresentazione nel romanzo è palesemente cruda :”..La testa era voltata all’indietro..i capelli, sciolti, pendevano dietro la nuca sulla spalla nuda come la cascata raggelata di un liquido dorato. La faccia, distorta dalla morte violenta, aveva perso ogni bellezza; la pelle era terrea, gli occhi sbarrati e la bocca spalancata..” (S.S. Van Dine, “La canarina Assassinata”, op. cit., pag. 22 ), mentre nello sceneggiato semplicemente non si vede nulla, giacchè la vittima è presentata adagiata supina sul divano.
Non è tuttavia la sola cosa che viene mutata della morte. Infatti, Van Dine, quando l’assassino è secondo lui un pazzo (ma aveva le sue ragioni lucide per agire, nell’alveo della sua pazzia, è ovvio!) oppure non avrebbe avuto altra possibile via d’uscita se non uccidere, gli concede una via di fuga dalla condanna a morte e dallo scandalo del processo: il suicidio. Così concede che l’omicida de La Canarina si uccida (il finale viene mantenuto nello sceneggiato) e Philo Vance lo permetta, oppure che l’omicida responsabile dell’ecatombe di Casa Greene, si uccida col cianuro: questa volta Vance nel romanzo cercherà di impedire la morte non riuscendovi, mentre nello sceneggiato semplicemente non c’è: infatti l’omicida finirà in manicomio. Il perché Vance non intervenga nel primo caso e invece nel secondo lo faccia, è dovuto al fatto, secondo noi, che nel primo l’assassinio sia compiuto, pur in condizioni eccezionali, cioè per evitare uno scandalo, da una persona nel pieno possesso delle sue condizioni psico-fisiche, mentre nel secondo, no. Fatto sta, tuttavia che in tutti i casi, la vicenda viene notevolmente alleggerita nello sceneggiato, a confronto con la stesura originale del romanzo. Vediamo, che in alcuni casi, cambia completamente lo spirito che fa da sfondo, per non dire altro.

Pietro De Palma

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