venerdì 16 giugno 2023

Margaret Erskine : Il delitto non è il miglior compagno (Voice of Murder, 1956) - traduzione Alda Carrer - I Gialli Rizzoli n.57 del 1976

 


 

 

Margaret Erksine (alias Margaret Doris Wetherby Williams), scrisse 21 romanzi polizieschi con l’Ispettore Septimus Finch, tra il 1938 e il 1977. Nacque il 2 maggio 1901 nella città di Kingston, Ontario, Canada ma crebbe nel Devon, in Inghilterra.  Morì il 9 luglio 1984.

Si potrebbe pensare che fosse di origini canadesi, ed invece non è così: i genitori erano provvisoriamente in Canada e pertanto lì nacque, ma in realtà erano inglesi : suo padre era Thomas Wetherby Williams e sua madre Elizabeth Erskine. Per parte di padre discendeva da  Thomas Williams (1737-1802), il grande barone del rame di Llanidan sull'isola di Anglesey nel Galles,  mentre per parte di madre dagli Erskine, nobile famiglia scozzese, imparentata con gli Stuart. Anzi, è molto probabile che lei stessa discendesse da quella Margaret Erskine che fu l’amante di Giacomo  V di Scozia, padre di Maria Stuarda.

Perché Margaret Erskine, allora trentenne, iniziò a scrivere romanzi polizieschi nel 1937? La studiosa di misteri Ellen Nehr, nel 1984 affermò che Margaret Erskine una volta aveva detto di averlo fatto come una forma di rivolta contro la sua famiglia di alto nome.

 

Margaret Erskine divenne poi membro della Crime Writers Association, e morì in una Casa di Cura nel 1984 ( notizie apprese sul blog The Passing Tramp di Curtis Evans). 


Voice of Murder è un romanzo del 1956 ed è il nono della serie

 

Alice Carne, ha 48 anni ed è ancora una bella donna. Scrive una lettera di sera. La mattina dopo la ritrovano morta. Il suo medico Stephen Leighton è costretto a fare rapporto alla polizia, dei suoi sospetti: che cioè Alice sia stata assassinata, per avvelenamento da un oppiaceo, che poi si scopre essere morfina: qualcuno aveva preso le pillole della defunta signorina  Page (la governante),forzando il mobiletto dove erano riposte. Augusta Parrish, nipote della signorina Alice per parte di madre, ha assistito ad una parte del discorso che Alice ha fatto la sera prima, prima di scrivere la lettera (che poi è scomparsa), ad un individuo che lei ha identificato con  Dominick Potter , ex commilitone e amico di Charles Forrest, cugino di Augusta, salvato da Dominick durante il conflitto, anche se poi comunque morto. Alice si sarebbe scandalizzata perché pensava che lui e Barbara, la donna con cui convive, fossero sposati ed invece non lo sono, essendo lei addirittura sposata di un altro.

Ma è Dominick l’interlocutore di Alice, e probabilmente anche il suo assassino?

Non potrebbe lui essere Gordon Carne, fratello di Alice e marito di Clio, che nutre un affetto più che paterno verso la nipote Pauline Forrest, gran bella donna, anche piuttosto disinibita?

E per tutto il romanzo si parla degli amori di Pauline, e di come di lei fosse stato innamorato anche Dominick. E chi è il suo misterioso amante, con cui lei si incontra negli hotel più anonimi? Del resto anche lei deve evitare pubblicità, essendo anche lei sposata con Jack, che lavora all’estero.

E chi ha rubato i gioielli, patrimonio della famiglia O’ Hara, che abita al n.5, la villa adiacente a quella n.6 di proprietà della defunta Alice? Il furto è connesso alla vicenda? Nipote della signora O’Hara è Timothy che avrebbe dovuto sposare proprio Alice e poi il giorno del matrimonio tutto era andato in fumo e i due non si erano più visti assieme, e neanche erano rimasti amici, tanto che una palizzata era stata eretta a dividere le due proprietà, quando lei addirittura si era sposata con un altro.

A investigare viene chiamato l’Ispettore Septimus Finch, settimo di sette fratelli, figlio di avvocati, ma che aveva fatto tutta la carriera da semplice agente guadagnandosi la stima dei superiori e finendo per lavorare nel CID. Finch, assieme al sergente Gilroy, dipanerà la matassa e acciufferà un diabolico assassino, non prima però che abbia ucciso altre due volte, togliendo di mezzo pericolosi testimoni, e che attenti alla vita anche di Augusta, in un finale pirotecnico, in cui uno alla volta verranno accantonati gli altri possibili sospetti.

La storia si concluderà con un finale rosa.

Scrittrice molto fine ed elegante, Margaret Erskine ha scritto storie che spesso riguardano misteri di famiglie, con oscuri segreti che vi fanno capolino: qui vi sono relazioni extramatrimoniali che si intrecciano.

Molto abile nell’intreccio, e nella psicologia dei personaggi, mischia mystery e thriller in un amalgama irresistibile. Nei Paesi Anglosassoni, i suoi romanzi sono stati definiti gotici, non essendolo veramente, perchè sono veri romanzi polizieschi, nonostante gli orpelli li arricchiscano talora di elementi gotici ( sonnambule che camminano in vestaglia al chiaro di luna, per esempio). Anche se “gotico” è aggettivo non proprio calzante. Certo, negli anni sessanta e settanta, quando i libri di Margaret Erskine, riebbero successo, c’era la moda di libri e film che sconfinavano talora anche nel genere pseudo-erotico-horror. E quindi, definirono la sua serie con Finch, gotica. In realtà, le atmosfere gotiche dei suoi romanzi, non nascono in quanto riferite a questo filone neo.gotico anche cinematografico, ma molto prima: sin dalla fine degli anni 30 e negli anni 40 e 50, Margaret quando vuole instillare la paura e la tensione descrive sempre paesaggi notturni, con i suoni e i colori della notte; e questa tendenza a recuperare questo tipo di paura del buio, è in lei un effetto dell’aver letto nella sua giovinezza, i tanti libri che la enorme biblioteca del padre le aveva messo a disposizione.

Non sappiamo se aveva letto le storie di fantasmi di Henry James, di Montague Rhode e quelle dei vampiri e doppelganger di Joseph Le Fanu; certo è che Margaret Erskine, si era appropriata di quel modo di scrivere, di evocare atmosfere tenebrose e notturne, che solo così già instillavano paura nelle sue pagine.

Non sappiamo se avesse letto John Dickson Carr o J.J. Connington, ma è certo che come loro sapeva padroneggiare con nonchalance i fremiti, i sospiri e i sussulti, e non solo il canto delle upupe e delle civette, ma anche di altri uccelli, se fatto di notte, diventa presagio di sventura: non a caso, la morte della zia Alice, avviene quando? Di sera tardi. E quando lei vede una faccia sbarrata e gonfia che cerca di scrutarla dal di fuori della finestra della cucina? Di sera tardi. Quando c’è buio. E quando sente distintamente che c’è qualcuno alle sue spalle che la osserva, mentre sta scrivendo le lettere con cui si offre alla polizia come testimone, e quando esce sul pianerottolo, cosa vede? Il buio che la inghiotte. E ha paura. Perché sospetta che lì nell’ombra ci sia chi la osserva. E non ha torto, perché pochi minuti dopo quando risale, la lettera è scomparsa dallo scrittoio.

La profondità psicologica è un altro dei punti di forza dei suoi romanzi e in questo si nota subito: tutto è il contrario di tutto. Nessuno può dirsi innocente, finchè Finch non lo mette da parte. Ogni soggetto è quello che dice di essere, ma anche quello che non dice di essere: Alice a parole odia Timothy, e Timothy a parola odia Alice, perché l’ha tradito mettendosi con un altro. Ma.. poi convolano a nozze, di nascosto. E qualcuno li uccide. Ma non per il movente del denaro. Il movente del danaro, se pur viene sventolato in largo, non è quello giusto. Qui si agita quello del profondo sud, della vergogna di una unione segreta, della amoralità di una unione more uxosio che non è matrimoniale. Certo che tutti se ne fregherebbero della morale bigotta della neanche cinquantenne Alice, se non dipendessero da lei tutti, per i suoi soldi: Gordon e la moglie, per aprire una scuola più grande per ragazzi handicappati; Dominick Potter per il lascito di cinquemila sterline; Pauline Forrest, per continuare a spendere in cappelli, profumi, borse, scarpe e vestiti; Augusta e sua madre per il lascito di ventimila sterline.

Non sarà Augusta, la quarta vittima non riuscita, a ricordare le parole che l'assassino pensa che abbia sentito e invece non ha udito perchè già sconvolta dalla rivelazione della zia, che suo padre si era ucciso per la vergogna di una relazione extramatrimoniale rivelata da letetre anonime, è fuggita al primo piano e si è rinchiusa in camera. Ma Barbara, la compagna svergognata di Potter che avendo seguito il compagno da Alice, rivelerà le ultime parole dell'assassinop inchiodandolo alle sue responsabilità.

Inoltre la lettura e la felice fine “rosa” con Augusta che parte, assieme ad un gongolante Septimus Finch, mi hanno riportato alla memoria il plot di altro romanzo, di vent’anni prima: Artists in Crime, di Ngaio Marsh. In verità non solo Margaret Erskine prende da Marsh, le descrizioni mozzafiato, ma anche l’amore tra un Ispettore del CID e l’eroina di turno: lì Roger Alleyn e Agatha Troy, qui Septimus Finch e Augusta, evento non certo usuale nella letteratura poliziesca.

 

Corsi e ricorsi storici.

 

Pietro De Palma

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