giovedì 1 maggio 2025

Jonathan Stagge: Dolce vecchia canzone di morte (DEATH'S OLD SWEET SONG: A Doctor Westlake Story, 1946) - trad.Marcella Dallatorre. I Classici del Giallo Mondadori n. 206, 1974

 


 

Recensione oggi per un altro romanzo firmato Jonathan Stagge. Per questo invero, al di là dei pregi narrativi, basterebbe la copertina, che è un vero capolavoro, di una espressività rara, firmata Roger Barcilon (che firmava le copertine dei Classici del Giallo, all'inizio degli anni 70).

Per quanto riguarda invece il romanzo in se stesso, diciamo subito, prima ancora di introdurlo, che si tratta di un ulteriore capolavoro, forse il massimo cui arrivò la coppia Wheeler-Webb secondo alcuni, per quanto riguarda la serie di Westlake: DEATH'S OLD SWEET SONG: A Doctor Westlake Story. Nell'ambito della produzione firmata Jonathan Stagge, questo è il penultimo romanzo (l'ultimo fu Le tre paure, The Three Fears, del 1951, in cui però non compare il deus ex machina della serie, cioè la dodicenne figlia di Westlake, Dawn) ad essere stato pubbblicato, nel 1946. E' ambientato a Skipton, una fantomatica cittadina nelle Berkshires,  (le colline del Massachusets, dove Webb e Wheeler in effetti risiedettero per una ventina d'anni, posti che quindi loro conoscevano bene).

Il dottor Westlake e sua figlia Dawn, stanno trascorrendo le vacanze a Skipton una piccola località collinare del Massachussets, dove abita la ricca ereditiera Ernesta Brady, il soggetto più chiacchierato del posto per la sua opulenza e munificità. Ernesta non è sola: abitano infatti a Skipton anche sua figlia Lorie, e sua sorella Phoebe Stone, col figlio Caleb. I due ragazzi da sempre si amano, ma su di loro pesa l'eredità difficile da gestire della nonna materna, internata in ospedale psichiatrico per aver tentato di uccidere il marito, durante ripetuti raptus di pazzia. Per questo Ernasta non vuole che la filgia si sposi con Caleb, perchè questa tara familiare potrebbe evidenziarsi sia in Lorie, sia nei figli. Per di più Caleb, è un ex marine, che dopo la Battaglia di Okinawa è stato licenziato dal servizio e rimandato a casa, per una psicosi sviluppatasi in lui: in sostanza ha terrore folle del buio.

Ernesta è andata a New York qualche giorno, e ha raccontato alla figlia che il motivo è legato, ad una splendida collana di giada che ha ricevuto in dono, che vuol far riannodare. In realtà è andata anche per un esame ginecologico, perchè ha scoperto di essere incinta: qualche mese prima, all'insaputa di tutti, si è sposata con Renton Forbes, e sta attendendo di renderlo pubblico.

Renton a sua volta ha fama di donnaiolo, e prima che si sposasse con Ernesta, aveva collezionato avventure con più donne, l'ultima delle quali è una certa Mabel Raynor, pseudonimo Avril Lane, una famosa scrittrice di Gialli. Mabel invero pensa ancora di essere nei pensieri di Renton e fa di tutto per ingelosire il suo devoto maritino, George. A completare l'affresco, c'è anche Love Drummond, organista della chiesa di cui è Pastore Hilary Jessup: Love ha accettato di tenersi per l'estate due pestiferi nipotini, che le hanno rotto le porcellane di casa e continuamente sfottuto il gatto. 

Un bel giorno, mentre Ernesta è via a New York, si organizza un bel pic nic che però viene tenuto in altro posto scelto da Lorie: vicino ad una vecchia segheria, nel bosco, un luogo pittoresco. Al picnic partecipano tutti i soggetti citati. E mentre ciò accade, e già prima , la figlia di Westlake ripete ossessivamente una vecchia ballata, che ha adattato a suo modo, includendovi le due pesti.

Accade dopo il picnic che le due pesti non si trovino, dopo che una delle due, ha regalato una biglia rossa alla fidanzatina, Dawn. Partono le ricerche che coinvolgono tutti. Vanno alcuni persino alla segheria che è stato l'ultimo posto dove sono stati visti i due fratellini. Ma non si trovano. Finchè per caso li trova Westlake, nello stagno di cui si parla nella ballata: qualcuno li ha colpiti violentemente alla nuca, buttati in acqua e lì sono morti per annegamento.

Alla morte dei due fratellini, seguiranno altre: quella di George Raynor, colpito alla nuca e lasciato morire di asfissia da gas nella cucina della sua casa, mentre la moglie era su in soffitta a scrivere il suo ultimo giallo; quella del prete, accoltellato in chiesa, e quella di Love Drummond, soffocata in casa sua.

Westlake e Cobb, il suo fido amico ispettore si troveranno a mal partito, sospettando si tratti di un maniaco che uccide seguendo i versi della ballata, prima di osservare che il coltello che è stato usato per uccidere il reverendo, proviene da casa Brady, e quindi semmai si tratta di qualcuno della cerchia degli intimi che sta uccidendo seguendo la ballata determinate persone. Non si capisce il movente, finchè prima che uccida anche Dawn, la coppia Westlake-Cobb, riuscirà a venirne a capo, esaminando il caso da una diversa prospettiva e capendo che tutto era cominciato alla segheria, ancor prima che capitassero là i due fratellini ammazzati come cani. Tutto era accaduto per impedire che si conoscesse la verità su quanto accaduto alla segheria. E cosa avevano scatenato la furia omicida,  non di un maniaco ma di un assassino diabolico ? Qualcosa che non è ciò che si pensava fosse. L'assassino verrà presentato nelle ultime pagine, e sarà uno shock (ma io c'ero già arrivato).

Il romanzo è  notevolissimo. 

Al di là del fatto che è scritto meravigliosamente (era Wheeler che scriveva), il romanzo ha una tensione che non accenna a diminuire, dall'inizio alla fine.

Si tratta di un romanzo basato su una serie di delitti, si può dire sette, in cui un serial killer uccide le sue vittime basandosi su una vecchia ballata popolare. Già il tema del serial killer, alla base del più grande bestseller della storia del mystery,  And Then There Were None di Agatha Christie (1939), e di altri: Murder Gone Mad, di Philip MacDonald (1931), The A.B.C. Murders di Agatha Christie (1936), The Invisible Host di Bristow & Manning (1930), poteva rappresentare un soggetto intrigante, capace di catturare l'interesse del pubblico. Se poi ad esso poteva essere aggiunto quello di una ballata (simile ad una filastrocca), il successo sarebbe stato assicurato. E così fu. Wheeler che si trasferì del 1942 in USA mentre Richard Webb pure britannico di nascita, già vi lavorava, doveva conoscere bene Agatha Christie. Nel 1946, quando decisero di pubblicare questo romanzo, parecchie opere di Agatha Christie, e anche di Ellery Queen, che per di più era autore statunitense e quindi di maggior presa diretta da parte di un lettore americano, erano state basate su filastrocche. Se nel caso della scrittrice inglese la cosa è piùttosta acclamata (basti ricordare And Then There Were None, basata su Ten Little Indians;  One, Two, Buckle My Shoe, su cui viene scandita la successione dei capitoli (nel mondo anglosassone è una flastrocca usata per insegnare la numerazione ai bambini) di Poirot non sbaglia (1940); This Little Piggy, usata per contare sulle dita, viene ricordata da Poirot nel romanzo Il ritratto di Elsa Greer; Little Boy Blue, filastrocca comunicata in seduta spiritica nel romanzo Alla Deriva; There Was a Crooked Man, è usata per dare il titolo ad un romanzo, The Crooked House (È un problema); nel romanzo Polvere negli occhi, la filastrocca citata è Sing a Song of Sixpence, etc..), anche Ellery Queen la usa: come non ricordare Double, Double (1949) in cui Ellery Queen investiga su una serie di omicidi basati sulla filastrocca Tinker, Tailor? Ma soprattutto un romanzo pubblicato prima del loro, There Was an Old Woman, 1943, in cui vengono citate almeno due filastrocche: Five Little Pigs e One Two Buckle My Shoe?

La filastrocca, usata nel romanzo, in sostanza è una ballata popolare inglese, che viene canticchiata e in parte adattata da Dawn, la figlia di Westlake, mentre sta al picnic. Si tratta, come ha scoperto Curtis Evans, di Green Grow the Rushes-O. Si tratta di un'antica canzone popolare inglese "Green Grow the Rushes, O" (in alternativa "Ho" o "Oh") (conosciuta anche come "The Twelve Prophets", "The Carol of the Twelve Numbers", "The Teaching Song", "The Dilly Song" o "The Ten Commandments"):

I'll sing you twelve, O
Green grow the rushes, O
What are your twelve, O?
Twelve for the twelve Apostles
Eleven for the eleven who went to heaven,
Ten for the ten commandments,
Nine for the nine bright shiners,
Eight for the April Rainers.
Seven for the seven stars in the sky,
Six for the six proud walkers,
Five for the symbols at your door,
Four for the Gospel makers,
Three, three, the rivals,
Two, two, the lily-white boys,
Clothed all in green, O
One is one and all alone
And evermore shall be so.

Il primo capitolo dell'edizione in inglese si apre con la strofa:

Two, two the lily-white boys,
Clothed all in green-O.
One is one
And all alone
And ever more shall be-O

I primi a venire uccisi sono "i due ragazzi bianchi di giglio vestiti tutti di verde" che quindi troverebbero il loro riferimento nella strofa. Quello però su cui nel romanzo stranamente Westlake non si sofferma ( e che si capisce alla fine del romanzo) è  quella terzina di versi  

One is one
And all alone
And ever more shall be-O
.

Uno è uno, a tutto solo, sempre di più sarà (così). Perchè Westlake non ragiona su questi tre versi? Se vi è una successione di morti, basati sui versi delle strofe, allora sarebbe dovuto partire da questi e chiedersi: perchè i due ragazzi che vengono citati dopo vengono prima, e non si da' giustezza ai versi canticchiati prima? Infatti se si vede la numerazione va dal basso in altro: ciascuna strofa è costruita sulla precedente e a questa aggiunta. Lo si vedrà alla fine perchè. Un piccolo bug nella trama che mi ha fatto riflettere. 

Per quanto attiene alla tecnica, il romanzo si divora, perchè ha il merito di variare continuamente lo stato dei fatti, e delle situazioni che avvengono: possiamo distinguere un plot ben definito su cui agiscono vari subplots quasi tutti falsi o comunque che  hanno il compito di distogliere il lettore, dall'unica strada che si dovrebbe percorrere per giungere alla verità . I subplots ingannevoli sono;

la ballata canticchiata da Dawn e poi commentata da Westlake; il maniaco omicida che venendo dall'esterno ha sentito enunciare la ballata e l'ha seguita fedelmente; la successione delle morti; quanto viene raccontato sulle tresche che hanno luogo nella cittadina; i disturbi psicotici ereditati dai Brady e quelli acquisiti in guerra.

I personaggi non sono solo abbozzati, ma descritti vivamente, nelle varie sfaccettature delle loro figure: Renton, il donnaiolo che ha messo la testa a posto sposando Ernesta; George, il marito fedele ad  Mabel, che giunge a fare da sguattero a patto che il genio della moglie trionfi; Ernesta, che ha fatto mugnifici regali alla comunità in cui vive (tra cui l'organo Hammond alla chiesa), ma la gente del posto spettegola sui suoi reali scopi; Westlake che non è tanto il medico condotto vedovo (padre della piccola Dawn, vero deus ex machina della storia), ma il vero detective, al di là delle doti del suo amico Cobb, con le sue illuminanti abduzioni; Lorie, ragazza timida e vissuta all'ombra della madre, che diventa un'altra quando vede la madre in altra luce; e Caleb, io direi il soggetto maggiormente analizzato, soprattutto per la sua fuga dalla guardia alla chiesa che costa la morte al reverendo Jessup, che rivela i suoi gravi problemi psicotici. La figura di Caleb, ricalca nella sua figura e nei suoi problemi traumatici post-guerra, un determinato soggetto, preso a prestito da molti autori, in romanzi scritti dopo la prima e seconda guerra mondiale, non solo quindi da Webb-Wheeler, ma anche da altri, primo fra tutti Ellery Queen: come non ricordare The Murderer is a Fox, il cui protagonista il Cap. Davy Fox torna dalla guerra con l'impulso di uccidere?  Oppure The Unpleasantness at the Bellona Club di Dorothy Sayers in cui si parla di Shell-Shock a proposito di certi atteggiamenti di Lord Peter Wimsey; o anche A Test of Wills di Charles Todd, in cui si parla dei problemi da PSTD o Shell-Shock dell'Ispettore Ian Rutledge? 

Come si vede, di false piste ce ne sono in abbondanza. E come sempre tra tanti indizi ingannevoli, l'unico che avrebbe portato alla verità, è bene occultato, perchè non viene svolto nella sua semplicità, anche se è presente fin dall'inizio: se venisse preso nerlla giusta luce all'inizio, ci si chiederebbe: ma se è davvero quello che parrebbe essere, significa che una certa persona, non è dove si pensa che sia. Uno potrebbe pensare a questo punto: l'unico soggetto che è assente dall'nizio del romanzo è Ernesta Brady. Che ha ereditato la malattia tara della madre e ha paura che si possa rivelare nella figlia, e quindi quale miglior assassino può essere uno che sino dall'inizio del romanzo si afferma che sta a New York ? Un po' quello che accade in Dieci piccoli indiani, o ne L'assassino invisibile.. No, lo dico qui, ed è quello che chiunque leggendo il romanzo saprà: Ernesta non è l'assassino, anche se ad un certo punto sembra che lo sia. 

E allora? 

Non resta che leggere questo straordinario romanzo, per capire come determinate cose, analizzate nella giusta luce, rivelino storie che non sono quelle che si riteneva che fossero.

 

Pietro De Palma

 



 

 

giovedì 17 aprile 2025

Michael Innes : Delitto ad Elvedon Court (Appleby’s Other Story, 1974) – trad. Anna Ponti; I Gialli di Qualità N.21, Rizzoli, 1975.



 
Di John Innes Mackintosh Stewart abbiamo già parlato quando abbiamo analizzato l’unico romanzo pubblicato da Mondadori, “Meglio erede che morto” (The Gay Phoenix, 1976). Quindi..tireremo innanzi. Tuttavia, rimarchiamo la pochezza dei romanzi di questo straordinario autore britannico pubblicati in Italia a fronte dei molti invece tradotti di Nicholas Blake (pseudonimo di Cecil Day-Lewis, e come lui, cattedratico: solo 5.  Un po’ poco, se si considera la grande qualità di questo romanziere.
Nel 1975 fu pubblicato da Rizzoli, nell’ambito della sua collana “I Gialli di Qualità” (comprendente tra l’altro, oltre a Innes, altri ottimi scrittori, talora assolutamente sconosciuti in Italia), “Delitto ad Elvedon Court” (Appleby’s Other Story, 1974). E’ un’altra avventura di Appleby, anche questa volta piuttosto tarda. E’ curioso rammentare come i romanzi di Innes siano stati pubblicati in Italia solo a partire dagli anni settanta, e, cosa ancora più curiosa, sono stati pubblicati suoi romanzi allora relativamente recenti, come se i precedenti romanzi della sua produzione, quelli più rinomati, soprattutto i primi quattro, Death at the President’s Lodging (1936) conosciuto anche come  Seven Suspects; Hamlet, Revenge! (1937); Lament for a Maker (1938); Stop Press (1939; anche come The Spider Strikes), e i molti ottimi, tra cui altre eccellenze, non fossero mai stati stampati. Una cosa ben strana!
Il primo romanzo di Innes ad essere pubblicato in Italia, nell’agosto 1966, fu “La moglie immortale” (The New Sonia Wayward,1960), nell’ambito della collana Feltrinelli “Il Brivido e l’avventura”. Seguirono “Per quarantott’ore silenzio” ( Silence Observed, 1961) pubblicato nel 1972 dalle Edizioni Paoline; poi quello che presento oggi; ed infine il romanzo pubblicato da Mondadori nel 1976, “Meglio erede che morto” (The Gay Phoenix, 1975). Qualche anno fa, anche Polillo ha voluto dire la sua, pubblicando l’opera prima di Innes, “Morte nello studio del rettore”, Death at the President’s Lodging (1936).
“Delitto ad Elvedon Court” comincia con un omicidio.
John Appleby ex Commissario Capo ora in pensione, assieme al suo amico Colonnello Tommy Pride, Capo della Polizia di Contea, si sta recando ad Elvedon Court, antica residenza di campagna, di proprietà di Maurice Tytherton, uomo d’affari e grande collezionista di quadri. Il segreto intendimento di Pride, che ha allegramente coinvolto Appleby, ben contento di risvegliarsi dal torpore della pensione, è quello di ottenere un parere dall’amico in merito ad una faccenda avvenuta qualche anno prima: la scomparsa di alcuni quadri di valore dalla magione di Elvedon Court, ben pagata dalla assicurazione di turno. Comunque a Pride qualcosa non quadra in quella sparizione e così i due si stanno recando dal collezionista. Sfortuna vuole che lo trovino già morto e stecchito: è stato ammazzato nella notte con un colpo di pistola, all’interno del suo studio.
Pride, chiede ad Appleby, con la benevolenza dell’Ispettore Henderson, ben contento di ottenere una consulenza prestigiosa come quella dell’ex Commissario, di occuparsene discretamente.
L’ambiente in cui la polizia deve muoversi è nebuloso, ben oltre le più rosee aspettative: gli abitanti della casa, dai familiari ai domestici, sono quanto di più infido possa esistere.
La moglie di secondo letto di Maurice Tytherton, Alice, è bellissima ma gelida e distante: è interessata al buon nome della proprietà, ad essere ben considerata dalla società, e sfrutta le sostanze del marito in maniera considerevole, vivendo agiatamente. Per quanto si sappia i suoi rapporti col marito sono freddi: il marito ha un’amante, Cynthia Graves, una tipa di assai dubbia moralità, una cortigiana di lusso, una mantenuta insomma, che non disdegna di riscaldare il letto non solo dell’amante ma anche del nipote di questi, Archie, altro tipo debosciato, la cui attività preferita è quella di fare sesso con chiunque tizia gli capiti a tiro, comprese le cameriere; ma anche lei, Cynthia, in fondo, non ha perso tempo: ha una relazione extraconiugale col Dottor Carter, eminente chirurgo. Insomma una famiglia in cui “le corna” sono vicendevoli e anche ben conosciute.
Oltre agli stretti familiari, altri personaggi strani si muovono nella casa: Raffaello, strano mediatore di opere d’arte, dalla fedina penale non proprio immacolata, coinvolto nel passato di Appleby in inchieste riguardanti sparizioni di opere d’arte e ricettazione, che si aggira nelle enormi e molteplici stanze della villa, pare invitato dallo stesso padrone di casa; Miss Kentwell, altro strano personaggio, la cui occupazione sembra essere quella di spillare soldi per beneficenza; e infine il maggiordomo, Catmull, e la sua consorte, entrambi viscidi, molto interessati alle proprietà di casa, e pettegoli. Infine c’è anche il figliol prodigo, appena tornato a casa, Mark, unico figlio di Maurice, che Appleby trova nel bosco attorno alla casa, e che pare sia stato a casa la sera prima poco prima che suo padre fosse ucciso, e che avesse avuto con lui una furiosa lite, conclusasi con la fuga nel bosco. Il motivo di tanto astio? I gioielli della madre, prima moglie di Maurice, monili di gran valore, tra cui una parure di diamanti, che in quanto di sua proprietà e non donategli dal marito, dovrebbero essere propri del figlio ed invece sono finiti, nonostante le aspirazioni a possederli da parte di Alice, nelle mani della puttana di Maurice, Cynthia, che in ogni occasione non perde mai occasione di far capire come per lei il sesso sia un’occupazione e una possibilità di successo.
Oltre a questi “esempi di moralità”, altri due personaggi girano nel tourbillon dell’entourage: il vicario Voysey, e il segretario di Maurice, Ronnie Ramsden, altro personaggio alquanto ambiguo.
Le indagini di Appleby e Harrison si presentano subito alquanto complesse: Ramsden e Miss Kentwell, hanno la sera prima fatto un giro nella casa, con destinazione i tetti, salendo e discendendo scale interne, per godersi la luna piena. Prima si sono affacciati nello studio al primo piano, non trovandovi Maurice Tytherton, poi, quando sono ridiscesi, lo hanno trovato morto: particolare curioso è il vassoio col brandy che invece di trovarsi sulla mensola del caminetto è in altro posto come se Maurice avesse ricevuto una visita. Inoltre, la prima volta che sono entrati nello studio, si è sentito l’urlo di un pavone, e affacciandosi lo hanno visto stazionare sulla testa della statua di Ermete, proprio sotto la finestra, mentre la seconda volta non l’hanno sentito.
Il lasso di tempo è di venti minuti, in cui chiunque della casa avrebbe potuto compere il delitto senza essere visto: i due che verosimilmente, per quanto detto, sono esclusi a priori sono Ramsden e Kentwell, che in quanto assieme, forniscono ognuno all’altro un alibi inattaccabile (sempre però che non l’abbiano ucciso assieme!). Comunque sia non si capisce per quale motivo avrebbe dovuto sopprimere il suo padrone Ramsden, e ancor più la Kentwell che è apparentemente in quella casa per reperire fondi di beneficenza: avrebbe dovuto uccidere “la sua gallina dalle uova d’oro”. Per quale motivo?
Appleby comincia ad indagare. E ben presto capisce che ognuno dei soggetti di questo dramma presenta due o tre diverse facce, ognuno mentendo e nello stesso tempo presentando le verità che più fanno comodo. E capisce che tra i vari moventi: gelosia (nei confronti del nipote o della moglie: Maurice aveva chiesto il pomeriggio stesso della sua morte, al suo legale, di cambiare il testamento), cambiamento del testamento (nipote, moglie, figlio), possesso dei gioielli della moglie (figlio, moglie, amante), quadri rubati (Raffaello), icone sottratte all’URSS e finite nelle mani di Maurice, e del cui ritrovamento si occupa Miss Kentwell, detective privata sotto mentite spoglie, la cui doppia occupazione in quella casa era quella di controllare Alice per parte del marito, per comprovarne il tradimento e nel tempo stesso cercare le icone rubate, di nascosto a Maurice, una doppiogiochista scaltra e furba, il movente determinante è quello delle opere d’arte. E nell’arco di un giorno perviene alla soluzione del caso, dopo aver fatto il giro dell’immensa villa e aver visitato tutte le stanze e i piani e persino esser stato nelle soffitte; dopo aver trovato della carta stracciata, nel locale deputato alla spazzatura; dopo aver sentito del grido di un pavone, nella notte dell’omicidio; dopo aver trovato le icone rubate, dietro a degli innocenti quadretti.
Ci troviamo dinanzi ad un romanzo di altissima classe, con una tensione che non si allenta un attimo. Varie sono le caratteristiche che individuo.
Innanzitutto l’assenza di un prologo, di una parte introduttiva al delitto: Innes, pur essendo un puro britannico, e quindi inserito nel filone della detective story di marca anglosassone, alla Christie o alla Heyer insomma, si comporta invece come soleva fare Carr: inserire il proprio personaggio a delitto avvenuto, il più delle volte, estraneo al contesto in cui è maturato il delitto, imparziale, “super homines” e quindi in grado di valutare le mezze verità anche come mezze bugie.
Poi la presenza di figure retoriche sparse qua e là, tra cui alcune rappresentazioni allegoriche molto efficaci.
 John Innes Mackintosh Stewart era un cattedratico di grande cultura umanistica, qualità che si poteva apprezzare nella tendenza più volte espressa nei suoi romanzi, al riferimento letterario di opere di autori latini e britannici del passato: anche qui, ogni tanto, emergono le sue conoscenze letterarie.
All’inizio del romanzo, c’è un passo emblematico: “Il boschetto ammicca al boschetto, ogni sentiero ha il suo gemello, e metà della piattaforma rispecchia l’altra metà”, che il lettore non molto curioso, potrebbe falsamente attribuire a William Blake che viene citato qualche rigo più sotto, e che soprattutto potrebbe attribuire ad uno sfoggio assolutamente vanitoso di cultura poetica.
In realtà, “Grove nods at grove, each alley has a brother,
And half the platform just reflects the other”
, che è un passo tratto da “Epistles to Several Persons: Epistle IV, To Richard Boyle” (Moral Essays, ep.
IV, l. 117) di Alexander Pope, a parere mio sottende ad altro ragionamento.
Come avevo supposto per The Gay Phoenix, anche qui Michael Innes sfrutta le sue conoscenze umanistiche utilizzandole anche in preziosismi lessicali ed enigmatici riferimenti, che, quando inserite nel dialogo, mai sono avulse dal contesto del plot ma anzi anticipano la natura della rivelazione e le deduzioni successive. Così, se il titolo del romanzo del 1975 alludeva non tanto ad una qualità della Fenice quanto ad una sottile allusione alla natura omosessuale di uno dei protagonisti, così anche qui in più occasioni, Innes si serve di figure retoriche per rivelare talune caratteristiche del plot. L’allegoria che è insita nel distico di Pope, può esser riferita oltre che alla doppiezza psicologica dei personaggi, anche alla doppia natura di una caratteristica del plot che sarà alla base della rivelazione finale. Non credo proprio sia una mia personale supposizione, tant’è vero che l’inizio del distico “Grove nods at grove” viene ripetuto più in là nel prosieguo del romanzo, quasi a cadenzarne il significato nascosto.
Tuttavia Innes inserisce altre figure retoriche nella tessitura narrativa del romanzo: una similitudine tra il modo di sbucciare la mela del reverendo Voysey e la leggiadria con cui sale la rampa delle scale di Elvedon Court: “Gli rammentava assurdamente il modo in cui il reverendo Voysey aveva sbucciato la mela, con tanta delicatezza, tanto elegante era la sua aggraziata spirale in pietra di Bath finemente intagliata” (cap.4 pag 75); oppure un’altra allegoria, quella riferita al sogno di Archie: “Il tavolo da biliardo diventava sempre più grande e così le stecche. E le palle alla fine erano come palle da cannone, e lui doveva continuamente farle sbattere di qua e di là, freneticamente” (cap. 3 pag. 41). In questo caso l’allegoria è chiara, a parere mio: alluderebbe ad una rappresentazione dell’amplesso, in una figurazione anche piuttosto oscena: il tavolo da biliardo potrebbe essere l’amante o il letto, le stecche sono spesso rappresentazioni figurate del membro maschile,le palle dei testicoli. Il loro movimento frenetico figurativamente esprime proprio la foga di un amplesso, in una rappresentazione estremamente plastica.
E anche descrive meravigliosamente la figura di Archie, legando la comprensione della sua natura psicologica ad una rappresentazione che è anche visiva, esplicativa nella sua volgarità e associabile ad un tipo di persona particolare.
Un passo celebrativo è quello presente nel cap.4 della traduzione italiana del libro, pag.92:
“Tenete alte le vostre spade lucenti o la rugiada le farà arrugginire”. Il distico è riferito al celebre discorso che l’Otello di Shakespeare fa e che in inglese recita: “Keep up your bright swords, for the dew will rust them” (William Shakespeare : Othello, Atto 1, Scena II, verso 60).
Il matterello levato in aria dalla moglie del maggiordomo Catmull e pronto a colpire, richiama la spada levata in aria da Otello. Qui l’immagine epica del discorso shakespeariano, assume un tono assolutamente e volutamente più ruspante: perché al guerriero del mare è contrapposta una guerriera della cucina. La rugiada, che come si sa si posa sui fiori e sull’erba, quindi su qualcosa che è in basso. Se non si usa sovente la spada, quella resterà inoperosa, infilata nel fodero, e potrà correre il rischio di arrugginirsi. Se invece la si usa, combattendo, essa non potrà arrugginirsi, perché sarà sempre usata, e quindi pulita e affilata.
Altra figura retorica che mi appare è la circonlocuzione: la frase presa in esame è “L’assoluta inutilità dei regni sommersi”, a pag. 114 del cap. 6^ del romanzo nella versione italiana, con cui Appleby commenta tra sé e sé il suo errare nelle soffitte di Elvedon Court. Comunque sia, la frase nella sua versione originale è “The superannuations of sunk realms”, ha significato ben diverso dalla sua resa in italiano, direi alquanto strana: infatti, se volessi letteralmente tradurre il verso inglese, che è tratto da “The Fall of Hyperion – A dream” di John Keats (1, 66), scriverei “L’obsolescenza (o il pensionamento) di reami irrecuperabili”. Solo in questa resa si potrebbe apprezzare il senso della perifrasi citata da Innes perché in questo caso meglio si accorderebbe con una soffitta polverosa in cui sono accatastate tante cose oramai messe in pensione perchè non più utilizzabili oppure passate di moda.
Tuttavia queste figure retoriche ed espressioni, che ogni tanto si incontrano, hanno tutte un’aria molto ironica, classica estrinsecazione dell’humour britannico, una risata a denti stretti, che sgrava la tensione, mitigandola con la battuta dell’uomo colto.
Il risultato nella sua complessità, è una scrittura non molto facile da interpretare, preziosa nei suoi giochi di parole, nei suoi significati, molto spesso doppi, difficile e quindi anche lenta nel suo incedere, assimilabile a quella lentezza dell’incedere con cui una persona anziana, come Appleby, si muove e parla: insomma una similitudine nascosta nella stessa natura stilistica del modo di scrivere..
Altro significato nascosto mi parrebbe essere il riferimento all’urlo del  pavone appollaiato sulla testa della statua di Hermes: come lo stesso Innes dice, citando la natura di Psicopompo di Hermes: “ E’ Ermes, signorina Kentwell. Conduce le anime dei morti nell’Ade, ed è perciò indicato con l’attributo di psychopompos dagli antichi greci…con un chiaro di luna come quello vedemmo subito di che si trattava: il grido era stato lanciato da un pavone, appollaiato sulla testa della statua.” (pag.101, cap.5). Infatti Hermes era l’accompagnatore degli spiriti dei morti, nel viaggio per il mondo sotterraneo dell’aldilà: quindi, il riferimento di Hermes e del pavone, sarebbe un’allusione ricercata: il pavone che urla (di notte, anche l’upupa urla, ed è un simbolo di morte), appollaiato sulla testa di una divinità , con valenza di divinità dell’oltretomba, alluderebbe alla morte di qualcuno, in questo caso di Maurice. In altre parole, quando il pavone urla appollaiato sulla testa della statua di Hermes, Maurice è già morto e Hermes lo sta conducendo nel Regno dei Morti.
Tuttavia, la classe di Innes sta nel servirsi di queste sottigliezze della pratica poetica, e di queste citazioni dotte, non come abbiamo detto prima, per sfoggiare solamente la propria cultura, ma soprattutto per sottolineare talune caratteristiche del romanzo. In questo, quindi, ancora una volta, il romanzo rivela dei tesori, non così palesi alla prima interpretazione.
Il romanzo infine possiede anche delle citazioni molto significative, di autori polizieschi: esse sono manifeste, quando cita “Il problema sul ponte della Thor” di Conan Doyle da Il taccuino di Sherlock Holmes, e celate, quando molto probabilmente si rifa nella soluzione, ad un celeberrimo racconto di John Dickson Carr.
 
Pietro De Palma

giovedì 3 aprile 2025

Philip MacDonald : I nove volti dell'assassino (The List of Adrian Messenger, 1959) - trad. Lidia Ballanti. I Classici del Giallo Mondadori, seconda edizione, 2025

 


Philip MacDonald è in edicola per qualche altro giorno, con I nove volti dell'assassino (The List of Adrian Messenger, 1959). L'edizione originale italiana risale al 1964, poi ripubblicata una prima volta del 1983 e una seconda ora. Probabilmente seguì il film di John Huston, tratto da esso, I cinque volti dell'assassino, del 1963, gran bel film e con un cast stellare per l'epoca: Kirk Douglas, Tony Curtis, Dana Wynter, Burt Lancaster, Frank Sinatra, Robert Mitchum, George G. Scott (che impersona Anthony Gethryn).

 

 


 

Il Generale Firth, vicecapo del CID di Scotland Yard, raccoglie una richiesta piuttosto insolita dell'amico Adrian Messenger, scrittore inglese, con un passato da militare, e imparentato con i Marchesi De Gleneyre: investigare con discrezione, su una lista di dieci nomi, raccogliendo materiale su di essi. La ragione dietro sarebbe una presunta colpa "ben più vecchia di qualsiasi macchinazione politica". Adrian parte per l'America (la California) e il Canada, dove dovrebbe trovare risposte ai suoi sospetti, ma proprio lui al ritorno, rimane vittima di un attentato sull'aereo su cui viaggia: l'aereo si schianta in mare, ma si salva lui, una donna, e un giornalista, Raoul St. Denis. Tuttavia , dopo che Messenger come in trance, ha ripetuto molte volte delle parole senza senso,  muore in mare, mentre Raoul si salva e con lui la donna.

Il Generale Firth si rivolge quindi al suo diretto superiore del CID, il comandante del CID, Sir Egbert Lucas, sottoponendogli quanto gli aveva chiesto Messenger, tanto più che più di una fonte sostiene che proprio Messenger fosse l'oggetto dell'attentato (che però ha ucciso altre 43 persone). A sua volta Lucas si rivolge ad Anthony Gethryn, che più volte ha lavorato con successo presso il CID, sbrogliano più di una matassa. Con i risultati già raccolti da Firth, e tramite l'aiuto di più subordinati (il giornalista Flood, il Soprintendente del CID Pyke e il Sergente Seymour) riesce a dare una spiegazione della lista: quasi tutti, 9 della lista, sono morti tutti in circostanze accidentali (ascensore, auto, deragliamento di treno, naufragio, etc..) tranne uno, Slattery, che pur mutilato di guerra, è vivo. Slattery è l'unico che ha combattutto in Francia, mentre tutti gli altri 9 hanno combattutto in India e Birmania. Quando stanno cercando di proteggere Slattery pensando che potrebbe essere l'ultima vittima, accade che si accorgano che questo tale Slattery non è quello che Messenger aveva indicato, ma il cugino: il vero Slattery era anche lui morto in circostanze accidentali, e anche lui aveva combattutto in Birmania, contro i Giapponesi. Stabilita una connessione tra i 10, si viene a sapere che anche Messenger aveva combattuto con loro in Birmania. Chi mai aveva interesse ad uccidere 11 persone, e per ucciderle non ha badato a sopprimere altre 60 persone circa innocenti?

Gethryn comincerà una indagine poliziesca a 360°, che decifrando le ultime parole dette in mare da Messenger, lo porterà sulle tracce di un romanzo di vita militare che Messenger stava completando per pubblicarlo, e su foto compromettenti, che avranno come conseguenze, un'altra vittima (la dattilografa- segretaria di Messenger). Si scoprirà che un appartenente al reggimento in cui  avevano prestato servizio gli 11 uccisi, li aveva traditi vendendoli ai giapponesi. poi a distanza di anni li aveva uccisi: perchè? Ci si sarebbe aspettato il contrario, come rinfaccia a Gethryn, Sir Lucas: che i traditi avessero deciso di vendicarsi del traditore, ed invece.. Ma perchè avviene questo? Gethryn scoprirà il vero motivo. una successione ereditaria che avrebbe portato il criminale a diventare Marchese, dopo aver eliminato anche il vecchio marchese e cercato di eliminare il visconte quindicenne, erede al marchesato, se Gethryn non lo avesse scoperto ed in un convulso finale, costretto ad una fuga senza ritorno.  

Si tratta di una specie di summa di MacDonald: lui che si può dire abbia inventato il serial killer, in Murder Gone Mad, e in X v. Rex, crea in questo romanzo, l'omicidio e l'assassino perfetti, quando lo si era solo ipotizzato tante volte ma mai realizzato: risultato di un piano perfetto costruito a tavolino, svoltosi in più anni, con il solo scopo di ritornare a detenere quel potere che suo padre aveva perso. Sì perchè, in questo romanzo, oltre ad esserci quello che sembra un serial killer ma non  lo è, ed invece è un supercriminale, per il quale cinque,dieci, venti cinquanta, sessanta vittime non sono nulla, forse solo un numero - parafrasando una vecchia frase celebre: una morte è una tragedia, un milione di morti una statistica - se si vuole conseguire il premio tanto agognato, c'è anche il ritorno dell'erede, uno dei motivi più ricorrenti del mystery britannico più classico. Ma c'è anche la storia d'amore tra Raoul St Denis, giornalista francese, e Jocelyn Messenger, cognata di Adrian e vedovo di suo fratello. E anche una serrata indagine poliziesca (vorremmo dire un classicissimo precedural ?), che si avvale dell'acume di Gethryn, ma anche della collaborazione dei suoi più stretti aiutanti, che si recano in vari posti della Gran Bretagna, per raccogliere informazioni. Sarà Gethryn, che nelle ipotesi di risoluzione delle frasi dette da Messenger e capite male da Raoul che è francese, che ne ha dimenticate alche altre vitali per la risoluzione del significato, a decrittare poco alla volta il vero significato, fino a scoprire un piano diabolico. In cui tutta la carneficina non aveva avuto altro scopo che eliminare dei possibili testimoni di un fattaccio avvenuto una quindicina di anni prima, che magari non avrebbero mai saputo dell'esistenza del loro delatore, ma che se l' avessero saputo, sarebbero potuti diventare dei pericolossimi testimoni e far fallire l' ascesa al marchesato del loro ex commilitone.

E quello che sarebbe potuto diventare, secondo i piani dell'assassino, l'ultimo atto, cioà la morte del giovanissimo erede, per un incidente matittimo, si trasforma  in una clamorosa vittoria di Gethryn, con la disordinata fuga dell'assassino che poi muore in un incidente di macchina. Che però, non sembrerebbe essere un incidente casuale: Gethryn con l'aiuto di suoi amici partigiani francesi, fa in modo che uno che non sarebbe potuto essere mai condannato per i suoi numerosi crimini, perchè aveva badato a non lasciare tracce del suo passaggio, si tolga dalle scatole? Philip MacDonald non lo dice chiaramente. A me sembra però che lui, a conclusione della sua esperienza letteraria, imitando la Christie che aveva fatto uccidere l'assassino perfetto, da un Poirot molto avanti negli anni, in Curtain, arrivi alle stesse conclusioni, o meglio sembrerebbe arrivarvi. Lo ripeto. L'interpretazione della morte del kiler è affidata alla sensibilità del lettore . 

In altre parole, per sconfiggere l'assassino perfetto, e fermarlo e fargli pagare quello che nessun giudice terreno potrà mai fare, MacDonald a differenza di Agatha che dice chiaramente che Poirot uccide l'assassino perfetto, è più diplomatico, vorremmo dire più sornione, e non dice che è Gethryn a provocarne la morte, ma lo fa intendere. Non dice neanche come sia avvenuta. 

Però la frase finale è sibillina: in italiano, la traduttrice scrive: "Ha avuto per così dire pan per focaccia", ma in inglese  chi ha orecchie per intendere, intenda. E del resto. Gethryn e i suoi vecchi alleati Maquis, attendono di poter sentire il rombo dell'auto che si allontana, e poi di non sentirlo più:  "It was Raoul who broke the silence which followed. He said, “So
his death is through explosive accident——” He was philosophic.
“What you would call, I think, a justice poetic. . .”
Così la sua morte è avvenuta con un incidente esplosivo, dice Raoul. Ma la jeep prima di cadere nel burrone, è esplosa come ha testimoniato un ragazzo, oppure è esplosa dopo essere caduta?

Il romanzo è l'ultimo capolavoro di MacDonald, direi quasi il suo vero capolavoro: un libro che dopo quasi settant'anni si legge ancora benissimo, e possiede una sua energia catalizzante. Un mystery che diviene poco a poco un thriller. E che ha un finale da thriller.

La traduzione italiana è quasi integrale, in un tempo in cui nessuna o quasi lo era, e fatta molto bene. L'unico appunto che fa storcere il naso, è l'utilizzo, nella traduzione del testo, e non in note a piè pagina, di riferimenti fonetici e di traduzione di parole dall' inglese in italiano, come se nel testo inglese, qualcuno si fosse preoccupato di far capire, che una cosa intraducibile in un'altra lingua straniera, potesse avere invece un proprio significato in inglese.

 

Pietro De Palma


martedì 18 marzo 2025

Jonathan Stagge: Tre Cerchi Rossi (Light from a Lantern, 1943). Trad. anonima (1951). I Classici del Giallo Mondadori N.384 del 1981



Ritorniamo oggi alla coppia di autori Webb & Wheeler, che hanno firmato fino al 1953 tutti i grandi Patrick Quenti a partire dal 1934, e tutti i Jonathan Stagge. E proprio di un romanzo di questa serie parleremo oggi, forse il migliore in assoluto dell’intera serie, capolavoro riconosciuto, di atmosfere Carriane:  Tre Cerchi Rossi, 1943.

Cominciamo a dire subito che di quest’opera esistono due edizioni leggermente diverse, e già questo è strano: normalmente infatti, il testo di un romanzo è lo stesso, proposto nelle edizioni previste nei vari Stati. Ma per strano che possa sembrare è così: infatti la seconda edizione, quella britannica è leggermente diversa (significa che vi sono delle puntualizzazioni che non ci sono nell’edizione originale americana). Per quanto riguarda l’edizione italiana, essa, anche se ha come titolo Tre Cerchi Rossi, e quindi sembrerebbe che derivi dalla prima edizione, quella americana, in realtà deriva dalla seconda. Infatti in seconda pagina, il titolo originale è The Light From a Lantern. Ma, è bene precisarlo, mi sono accorto della lieve differenza tra edizioni, perché all’inizio del romanzo, in seconda pagina, che riporta cose che nella edizione americana originale stanno dopo circa nove pagine, si parla di Westlake che ricorda come la terra luogo della storia, Capo Talisman, fosse stata meta di lui e di sua moglie Paul in viaggio di nozze. Mi ha sorpreso questo nome Paul: possibile che in un romanzo degli anni 40, Webb e Wheeler, che pure erano gay, potessero parlare di una coppia omosessuale che poi si fa una figlia adolescente? Poco probabile. Molto probabile invece che Paul, fosse stato un refuso maledetto, una trasformazione di Paula. Per vederci bene, sono andato a leggermi l’edizione americana, e questa cosa non l’ho trovata. Poi ho scoperto che si trattava di traduzione da edizione britannica, introvabile. Ho chiesto allora a Mauro che è uno dei maggiori esperti al mondo su Patrick Quentin, e lui mi ha confermato che nell’edizione britannica si parla di Paula. Tutto questo mi da modo di accennare ad un problema spinoso che riguarda le opere di Patrick Quentin / Quentin Patrick/Jonathan Stagge: esse rimangono le più penalizzate riguardo alle traduzioni in italiano: solo un numero molto ridotto di romanzi è stato ritradotto o tradotto ex novo in anni recenti, risalendo la grande maggioranza del corpus, ai primi anni cinquanta, anni in cui le traduzioni spesso erano anonime e molto tagliate, e piene di refusi. E piena di errori è proprio l’edizione italiana, di cui intendo parlare; e tagliata parecchio: se l’edizione originale consta di 212 pagine, quella italiana è di 163 pagine: 51 pagine di meno. Nonostante ciò, il romanzo si legge molto bene.

Capo Talisman è un posto di mare, in cui si pratica la pesca marittima, ma che ha una bellissima spiaggia che favorisce il turismo: ma ha anche un promontorio, e poco all’interno il vecchio cimitero che sottende ad un’antica chiesa.

Westlake e lì con la figlia Dawn, a riposarsi presso il locale Hotel, proprietà di Mitchell, quando durante una passeggiata, vedono la luce rosa di una lanterna che proviene dell’antico cimitero. Weslake vi si avventura e trova una fossa scavata di fresco al fondo della quale si scorge la superficie di una vecchia cassa da morto. L’atmosfera è lugubre, e si arricchisce di echi spettrali quando il medico crede di vedere un’ombra che svanisce dietro agli alberi. Di lì a poco la luce rosa di un’altra lanterna viene trovata vicino al corpo di Nellie Wood, una gran bella ragazza che posa come modella per il pittore Virgil Fanshawe, lavorando inoltre per lui e sua moglie Marion come tata del figlioletto Bobby: Nellie è stata strangolata con una cordicella sottile, e messa in una posizione orante con le braccia conserte, vicino ad uno scoglio. Ma la cosa più orribile è che l’assassino ha disegnato con un rossetto un cerchio rosso attorno ad un neo che la vittima ha su una guancia. L’esame autoptico eseguito dal dottor Gilchrist, medico locale oltre che medico del vicino penitenziario femminile, non porta a nulla di nuovo. La rivelazione di Gilchrist che una sua paziente anni prima che era morta di parto, la Signora Casey aveva un grosso neo sulla faccia, porta tutti i presenti a pensare alle gesta di un pazzo, di qualcuno che voglia in qualche modo collegare il delitto a quella morte lontana nel tempo. Anche la bara della signora caey riposa nel vecchio cimitero. Il dottor Gilchrist, essendo il medico di tutta le gente del luogo, ha una mappa sulla base della quale può riconoscere di chi fosse la prima tomba scavata: proprio quella della Casey! E poi vicino le tombe del vecchio Fanshawe e poi del padre di Mitchell.

E’ l’inizio di una serie di omicidi, in cui le vittime (tre) saranno oltraggiate dopo essere state strangolate, con un cerchio attorno ad un neo: la seconda vittima è una delle cameriere dell’Hotel, Maggie Hillman, innamorata del maestro di nuoto dell’Hotel, Buck Valentine. Strano che però anche Nellie pare che sia stata nel raggio di Buck. E oltretutto è stata trovata nel canotto bianco del maestro di nuoto, illuminato da una lanterna rosa: il neo questa volta è su una gamba, poco sopra al ginocchio, in una porzione di gamba, molto intima. Segno che l’assassino aveva dovuto avere con la vittima una relazione molto riservata. Ma è la terza vittima che lascia interdetti: questa volta la vittima è Miss Heywood, una spacciatrice di cocaina, che riforniva di  polvere bianca la moglie del pittore. La Heywood viene trovata accanto ad una lanterna rosa, nel vecchio cimitero, in una fossa scavata di fresco, per riportare alla luce la bara del vecchio Mitchell: strangolata, le braccia incrociate sul petto, e un abbozzo di cerchio rosso sulla spalla ma intorno al nulla, nessun neo stavolta. Tutto questo dopo che Westlake, l’aveva trovata il giorno prima accanto a Buck Valentine a scavare vicino alla tomba di Mitchell. Perché? Cosa si nasconde nel vecchio cimitero?

Per riuscire a capire chi possa essere l’assassino, Westlake dovrà avviare una indagine a 360° che riguardi la figlia di Mitchell, Cora, ladra di gioielli e moglie di un ladro e assassino che era finito sulla sedia elettrica, di un enorme diamante nero, di una compagna di cella di Cora che aveva cambiato nome e fattezze, di un bambino che stranamente somigliava a qualcuno, figlio di Cora; dell’arresto di Cora fatto dall’agente Barnes, che le aveva consentito di baciare il volto del padre morto due giorni prima; cosa c’entri e se c’entri Usher, l’impresario di pompe funebri, che si aggira tra le tombe, e che ha curato tutti i funerali della zona.  Chi poteva sapere che Maggie avesse il neo in una porzione di gamba non visibile (tenendo conto che Mitchell non voleva assolutamente che il proprio personale femminile mettesse in mostra le gambe) e chi poteva sapere che sulla spalla di Heywood in origine c’era un neo, rimosso poi?

Westlake troverà l’assassino ma la prova determinante che sia lui l’assassino, gliela fornirà la figlia Dawn, che era irreperibile assieme a Bobby.

Il libro è un capolavoro assoluto, impregnato dall’inizio alla fine di un’atmosfera opprimente e macabra, che sfocia in un finale al cardiopalmo, in cui Westlake e Fanshawe ritrovano i bambini scomparsi nella vecchia chiesa del cimitero, ridotta ad un acquitrino, da un violento uragano che ha ridisegnato il promontorio e strappato alle tombe le bare dei vecchi abitanti, che galleggiano sul mare.

Il romanzo ha un’atmosfera unica, che al di là del velo fitto sulla serie di omicidi, si avvale della location : un villaggio in rovina, un vecchio cimitero quasi abbandonato, qualcuno che scava per dissotterrare vecchie bare.  Un omaggio ai tanti grandi autori contemporanei e non, dei due suoi autori: innanzitutto Carr (e come non ricordare The Three Coffins o The Sleeping Sphinx), mentre la serie di omicidi si rifa a A.B.C. Murders di Agatha Christie, che il vecchio Wheeler conosceva molto bene assieme e molti altri romanzi della scrittrice britannica: del resto A.B.C. Murders a sua volta si rifaceva a The Silk Stocking Murders di Anthony Berkeley Cox.  A quale testo famoso del passato può alludere il vecchio Usher, il becchino e impresario di pompe funebri, se non a La caduta della Casa degli Usher di Edgar Allan Poe? E ancora poi rimandi ad Ellery Queen: non diciamo a cosa, perché il lettore che non ha letto il libro ancora, non perda il piacere di scoprirlo o di indovinarlo .

Come struttura del romanzo, si può notare come accanto al plot su cui si basa il romanzo, ce ne sia un altro, che non arrischierei a definire come si suol dire, un subplot, perché lo scavo nel vecchio cimitero e il dissotterramento delle bare ivi sepolte, costituisce un motivo di trama vorrei dire di pari importanza se non maggiore: il quid intorno al quale ruota il tutto, si basa su quello che accade nel vecchio cimitero e semmai la catena di omicidi, serve se non a distogliere, almeno ad aiutare chi ne è responsabile , a continuare a farlo, aiutato dal sacro terrore degli abitanti del luogo, per quel luogo pieno di echi sinistri, in cui si dice si aggiri un fantasma grigio (che poi si vedrà, è in carne ed ossa).

E gli stessi cadaveri quando sono scoperti, rimandano, se si vede bene, alle salme quando vengono sepolte: con le braccia conserte sul petto. E il canotto con dentro il cadavere di Maggie, non è per lei forse una bara, che galleggia sul mare, come galleggiano sul mare le bare del vecchio cimitero una volta che l’uragano lo ha spazzato via? E’ come se tutto, anche inconsciamente, rimandasse al vecchio cimitero, è come se l’inconscio dell’assassino anche indicasse quel posto come la chiave del mistero.

La traduzione italiana, anonima, è stata tagliata con coscienza, eliminando cose in più che magari avrebbero strutturato maggiormente l’atmosfera del romanzo, lasciando però intatta la struttura importante, come per es. quando Westlake visita Ruth Mallory, un’assassina condannata a vita per uxoricidio con veleno, nel carcere femminile, confidente anni prima di Cora Lansky Mitchell e di Lena Darnell (nominativo originale di altro personaggio che si muove nel romanzo con nome fittizio); Ruth e la sua compagna di cella Doris, altra assassina, mi rimandano alla commedia americana che fu un grandissimo successo a Broadway, poi portata sul grande schermo da Frank Capra nel 1944, Arsenic and Old Lace

Bellissimo.

Pietro De Palma

P.S.

Il consiglio che vi può dare il sottoscritto è di reperire in fumetterie o bancarelle, o dove possiate trovarli, tutti i Patrick Quentin/Quentin Patrick/Jonathan Stagge, perchè non verranno più ripubblicati.