sabato 8 giugno 2019

Saburo Koga - The Spider, 1930 - in Foreign Bodies (British Library Crime Classics), 2018




Saburo Koga è un nome sconosciuto in Occidente.
Qualcuno potrebbe obbiettare che lo siano parecchi autori giapponesi e che in generale, prima che le proprie opere si cominciasse a tradurre in occidente, anche gli autori più conosciuti, come Keigo Higashino, Shimada Soji e Yokomizo Seishi, lo fossero anche loro. Verissimo! E’ innegabile però che alcuni autori lo siano più di altri. E Saburo Koga è uno di questi.


Suo vero nominativo era Haruta Yoshitame (1893–1945). Fu contemporaneo dell’altro grande scrittore giapponese conosciuto come Edogawa Rampo (pseudonimo creato guardando ad Edgar Allan poe) il cui vero nome era Taro Hirai, che pubblicò il suo primo grande romanzo nel 1923: "The Two-Sen Copper Coin". Prendendo le mosse da Rampo, Koga Saburo cominciò anche lui a scrivere storie, tra cui quella presentata qui, molto popolare in Giappone.

Il principale merito per cui tuttavia Koga Saburo è tuttoggo ricordato, tuttavia è l’aver coniato il termine Honkaku, cioè ortodosso, per indicare le storie di Golden Age giapponese, nello stesso anno in cui Berkeley fondò il Detection Club a Londra. E non a caso L’Honkaku Mystery Writers of Japan su quello londinese fu plasmato nel 1970 e continua ad esistere e produrre narrativa.

"The Spider" risale al 1930, e non è un normale "whodunit", ma piuttosto una piacevole fusione di elementi della narrativa macabra e del classico rompicapo investigativo. La traduzione presentata qui è stata intrapresa da Ho-Ling Wong e curata da John Pugmire.
Il Professor Tsujikawa era un celebre scienziato di Chimica fisica, da tutti ammirato per la sua scienza. Aveva destato quindi clamore e sconcerto la sua decisione di lasciare la cattedra universitaria per dedicarsi alla ricerca sui ragni. Per farlo, si era fatto costruire un bizzarro laboratorio che si ergeva su un pilastro all’altezza di nove metri d’altezza: aveva la forma di un cilindro di circa 4,5 metri di larghezza e 2,7 metri di altezza e un soffitto rotondo, e le finestre, tutte della stessa dimensione, erano intervallate a intervalli regolari.
Poi aveva cercato un bel po’ di ragni di tutte le specie, anche velenosi, li aveva sigillati in tanti contenitori e si era messo a studiarli.
Erano passati circa sei mesi e il mondo si era dimenticato del suo Professor Tsujikawa e del suo strano laboratorio; ma la morte di un amico del professore, il professor Shiomi, sembrò ridestare l’interesse dei media.
Il narratore della storia è colui che era presente quel giorno: è uno studente di zoologia, parecchio ferrato nello studio e classificazione degli artropodi. Normale quindi che il Professor Tsujikawa si fosse avvalso di lui per delle chiarificazioni; era anche lui però molto curioso sulle ragioni per cui lo scienziato si fosse deciso a studiare i ragni abbandonando la sua branca di successo, e glielo avevo chiesto, senza però ottenere risultati.
Si diceva che Sia il Professor Shiomi che il Professor Tsujikawa fossero in cattivi rapporti, a causa di continui pettegolezzi e battute anche caustiche profferite da Shiomi, ma quando il narratore che è assistente del laboratorio di zoologia, si reca al laboratorio del Professor Tsujikawa, dal tono dei commenti e delle battute, e dal tono di colloquialità dei due, capisce che è tutta una bouchade: appena apre la porta, si trova davanti il Professor Tsujikawa seduto alla scrivania di fronte alla porta, mentre Shiomi è pure seduto di fronte a lui, dando le spalle alla porta.
Si instaura un colloquio tra i tre, anche se ad un certo punto sono lui e Shiomi che conversano, mentre il Professor Tsujikawa comincia a chattare. Poco tempo dopo avviene la tragedia: un ragno botola, che dai colori potrebbe essere confuso con un ragno velenoso si avvicina alle scarpe di Shiomi e allora lui spaventatissimo fa un balzo verso la porta per uscire, ma scivola sul piccolo pianerottolo e cade lungo la ripida scala in cemento, morendo.
Il giovane vorrebbe prestargli soccorso ma il Professor Tsujikawa pur affranto per quanto successo lo ferma al volo, ammonendo il giovane che la scala ripida potrebbe, nell’eccitazione del momento, causare un altro incidente: meglio fermarsi un poco e far sbollire l’eccitazione. Tanto..Shiomi è morto.
La notizia della morte, riporta il laboratorio al centro dell’attenzione con conseguente indagine della polizia e curiosità generale: ma l’inchiesta non può che accertare l’estraneità in qualsiasi modo del Professor Tsujikawa, tanto più che un testimone oculare la testimonia assolutamente. Quindi incidente.
Passa del tempo, e il professore è sempre più occupato nei suoi studi sui ragni. Un bel giorno avviene qualcosa che riporta il laboratorio all’attenzione generale: il Professore viene morso da un ragno velenoso, e dopo un decorso ospedaliero incerto..muore.
Rimane il laboratorio coi suoi ragni.
La famiglia del professore, anche per ragioni di pubblica incolumità, accetta la proposta del giovane di occuparsene, tanto più che alcuni contenitori non chiusi bene hanno permesso la fuoriuscita dei loro ospiti che hanno costruito delle ragnatele sul soffitto.
Il giovane così riscontra ragni delle specie più varie: I had visited the place several times when the professor was alive, and I was also a student of zoology, especially arthropods, so I should have been quite used to the sight; nevertheless it still gave me the shivers and I was rooted for a moment to the spot. Inside hundreds of bottles lining the walls, eight-legged monsters were running around and spinning their webs. Big Oni-gumo and Jorō spiders, yellow with blue stripes; Harvestmen with legs ten times longer than their bodies; Cellar spiders with yellow spots on their backs. The grotesque Kimura spider and trapdoor spiders, Ji-gumo, Ha-gumo, Hirata-gumo, Kogane-gumo: all these different kinds of spider had not been fed for about a month and, having lost most of their flesh, were looking around with shiny, hungry eyes for food. Some jars had not been properly sealed, and the escaped spiders had spun their webs on the ceiling and in the corners of the room. Countless numbers of the ghastly creatures were crawling around on the walls and ceiling.
Tuttavia nessun ragno velenoso è scappato. Quindi dev’essere morto quello che aveva punto il Professore. Tuttavia cercandolo, il giovane fa una strana scoperta: dietro la scrivania, su una delle gambe posteriori del mobile, trova un interruttore. Solo che azionato, le luci non si spengono, né se ne accendono altre. Passano i minuti, fuma non so quante sigarette, e intanto ricorda quella piacevole discussione finita nel dramma. Decide di andare via, apre la porta (che si apre verso l’interno) e fa appena in tempo ad aggrapparsi al telaio della porta, per evitare di cadere lui giù e fare la fine di Shiomi: qualcuno ha fatto fuori la scala, che non c’è più.
Riuscirà a venirne fuori e a capire chi o cosa avrebbe potuto ucciderlo così come aveva ucciso Shiomi, dopo che avrà trovato un libriccino in cui l’assassino concepiva il suo piano delittuoso.
E l’assassino? Nel frattempo anche lui sarà morto.
Piccolo capolavoro del delitto impossibile, il racconto di Koga Saburo, tradisce la sua origine: il delitto della camera che uccide. E quindi in sostanza Phillpotts. Ma il trucco è veramente originale : non ho citato un particolare per non togliere il piacere al lettore di immaginarlo. E pensare che eravamo nel 1930 : i giapponesi hanno davvero una fantasia sconfinata!
Due storie ci sono che ricordano questa, ma sono tutt’e due di oltre il 1930: La porta sull’abisso (The Door to Doom, 1935) di Carr, e La stanza maledetta (Murder in Room 913, 1937) di Woolrich.
Saburo (nella premeditazione del delitto, scritta su un libro che il narratore della storia poi scopre) fa allusione ad un racconto da cui avrebbe tratto ispirazione, e che si sviluppa invece su vari piani di un edificio, una soluzione che ricorda ed anticipa di molto sia Sladek che Innes  che Carr; un racconto che se davvero esistente, sarebbe dovuto essere precedente al 1930 e assolutamente sconosciuto. Di precedente a Carr che tratti di due ambienti assolutamente identici, c’è il romanzo di Leblanc che fu alla base probabilmente di Ellery Queen e Carr: La Demeure mystérieuse. Ma parliamo sempre di due ambienti identici ma lontani, non di qualcosa che sia situato nel medesimo stabile. A meno che egli non si sia inventato tutto (e allora sarebbe il primo ad aver pensato ad una soluzione del genere), oppure abbia preso da un racconto scritto da un altro giapponese, e allora…
Tuttavia stranamente noto come sia Carr sia Saburo nei due loro racconti, oltre che inventare una soluzione semplicemente perfetta di Delitto Impossibile, introducono degli elementi sovrannaturali: anche nel racconto giapponese, infatti c’è un fantasma,  che nel nostro caso  è quello di Shiomi, che ha preso il controllo di un ragno.
Nella costruzione di questo delitto impossibile, una importanza particolare l’hanno le sedie: perché se Shiomi fosse stato rivolto alla porta, sicuramente non sarebbe morto. Muore, stando di spalle alla porta, e quindi alle finestre, perché non si è accorto che…la scala non è più lì ma altrove. Come è possibile? 
E' possibile solo se si pensa ad una possibilità che è un po' all'opposto di quello a cui ognuno di noi penserebbe: che è la risposta all'impossibile spostamento e riposizionamento di  una scala in cemento armato


Pietro De Palma

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