Qualcuno potrebbe obbiettare che lo siano parecchi
autori giapponesi e che in generale, prima che le proprie opere si cominciasse
a tradurre in occidente, anche gli autori più conosciuti, come Keigo Higashino,
Shimada Soji e Yokomizo Seishi, lo fossero anche loro. Verissimo! E’ innegabile
però che alcuni autori lo siano più di altri. E Saburo Koga è uno di questi.
Suo
vero nominativo era Haruta Yoshitame (1893–1945). Fu contemporaneo dell’altro
grande scrittore giapponese conosciuto come Edogawa Rampo (pseudonimo creato
guardando ad Edgar Allan poe) il cui vero nome era Taro Hirai, che pubblicò il
suo primo grande romanzo nel 1923: "The Two-Sen Copper Coin".
Prendendo le mosse da Rampo, Koga Saburo cominciò anche lui a scrivere storie,
tra cui quella presentata qui, molto popolare in Giappone.
Il principale merito per cui tuttavia Koga
Saburo è tuttoggo ricordato, tuttavia è l’aver coniato il termine Honkaku, cioè
ortodosso, per indicare le storie di Golden Age giapponese, nello stesso anno
in cui Berkeley fondò il Detection Club a Londra. E non a caso L’Honkaku
Mystery Writers of Japan su quello londinese fu plasmato nel 1970 e continua ad
esistere e produrre narrativa.
"The Spider" risale al 1930, e non
è un normale "whodunit", ma piuttosto una piacevole fusione di
elementi della narrativa macabra e del classico rompicapo investigativo. La
traduzione presentata qui è stata intrapresa da Ho-Ling Wong e curata da John
Pugmire.
Il
Professor Tsujikawa era un celebre scienziato di Chimica fisica, da tutti
ammirato per la sua scienza. Aveva destato quindi clamore e sconcerto la sua
decisione di lasciare la cattedra universitaria per dedicarsi alla ricerca sui
ragni. Per farlo, si era fatto costruire un bizzarro laboratorio che si ergeva
su un pilastro all’altezza di nove metri d’altezza: aveva la forma di un
cilindro di circa 4,5 metri di larghezza e 2,7
metri di altezza e un soffitto rotondo, e le finestre, tutte della stessa
dimensione, erano intervallate a intervalli regolari.
Poi
aveva cercato un bel po’ di ragni di tutte le specie, anche velenosi, li aveva
sigillati in tanti contenitori e si era messo a studiarli.
Erano
passati circa sei mesi e il mondo si era dimenticato del suo Professor Tsujikawa e del suo strano laboratorio; ma la
morte di un amico del professore, il professor Shiomi, sembrò ridestare
l’interesse dei media.
Il
narratore della storia è colui che era presente quel giorno: è uno studente di
zoologia, parecchio ferrato nello studio e classificazione degli artropodi.
Normale quindi che il Professor Tsujikawa si fosse avvalso di lui per delle
chiarificazioni; era anche lui però molto curioso sulle ragioni per cui lo
scienziato si fosse deciso a studiare i ragni abbandonando la sua branca di
successo, e glielo avevo chiesto, senza però ottenere risultati.
Si
diceva che Sia il Professor Shiomi che il Professor Tsujikawa fossero in
cattivi rapporti, a causa di continui pettegolezzi e battute anche caustiche
profferite da Shiomi, ma quando il narratore che è assistente del laboratorio
di zoologia, si reca al laboratorio del Professor Tsujikawa, dal tono dei
commenti e delle battute, e dal tono di colloquialità dei due, capisce che è
tutta una bouchade: appena apre la porta, si trova davanti il Professor
Tsujikawa seduto alla scrivania di fronte alla porta, mentre Shiomi è pure
seduto di fronte a lui, dando le spalle alla porta.
Si
instaura un colloquio tra i tre, anche se ad un certo punto sono lui e Shiomi
che conversano, mentre il Professor Tsujikawa comincia a chattare. Poco tempo
dopo avviene la tragedia: un ragno botola, che dai colori potrebbe essere
confuso con un ragno velenoso si avvicina alle scarpe di Shiomi e allora lui
spaventatissimo fa un balzo verso la porta per uscire, ma scivola sul piccolo
pianerottolo e cade lungo la ripida scala in cemento, morendo.
Il
giovane vorrebbe prestargli soccorso ma il Professor Tsujikawa pur affranto per
quanto successo lo ferma al volo, ammonendo il giovane che la scala ripida
potrebbe, nell’eccitazione del momento, causare un altro incidente: meglio
fermarsi un poco e far sbollire l’eccitazione. Tanto..Shiomi è morto.
La
notizia della morte, riporta il laboratorio al centro dell’attenzione con
conseguente indagine della polizia e curiosità generale: ma l’inchiesta non può
che accertare l’estraneità in qualsiasi modo del Professor Tsujikawa, tanto più
che un testimone oculare la testimonia assolutamente. Quindi incidente.
Passa
del tempo, e il professore è sempre più occupato nei suoi studi sui ragni. Un
bel giorno avviene qualcosa che riporta il laboratorio all’attenzione generale:
il Professore viene morso da un ragno velenoso, e dopo un decorso ospedaliero
incerto..muore.
Rimane
il laboratorio coi suoi ragni.
La
famiglia del professore, anche per ragioni di pubblica incolumità, accetta la
proposta del giovane di occuparsene, tanto più che alcuni contenitori non
chiusi bene hanno permesso la fuoriuscita dei loro ospiti che hanno costruito
delle ragnatele sul soffitto.
Il giovane così riscontra ragni delle specie più
varie: I had visited the place several
times when the professor was alive, and I was also a student of zoology, especially
arthropods, so I should have been quite used to the sight; nevertheless it
still gave me the shivers and I was rooted for a moment to the spot. Inside
hundreds of bottles lining the walls, eight-legged monsters were running around
and spinning their webs. Big Oni-gumo and Jorō spiders, yellow with blue
stripes; Harvestmen with legs ten times longer than their bodies; Cellar
spiders with yellow spots on their backs. The grotesque Kimura spider and
trapdoor spiders, Ji-gumo, Ha-gumo, Hirata-gumo, Kogane-gumo: all these
different kinds of spider had not been fed for about a month and, having lost
most of their flesh, were looking around with shiny, hungry eyes for food. Some
jars had not been properly sealed, and the escaped spiders had spun their webs
on the ceiling and in the corners of the room. Countless numbers of the ghastly
creatures were crawling around on the walls and ceiling.
Tuttavia
nessun ragno velenoso è scappato. Quindi dev’essere morto quello che aveva
punto il Professore. Tuttavia cercandolo, il giovane fa una strana scoperta:
dietro la scrivania, su una delle gambe posteriori del mobile, trova un
interruttore. Solo che azionato, le luci non si spengono, né se ne accendono
altre. Passano i minuti, fuma non so quante sigarette, e intanto ricorda quella
piacevole discussione finita nel dramma. Decide di andare via, apre la porta
(che si apre verso l’interno) e fa appena in tempo ad aggrapparsi al telaio
della porta, per evitare di cadere lui giù e fare la fine di Shiomi: qualcuno
ha fatto fuori la scala, che non c’è più.
Riuscirà
a venirne fuori e a capire chi o cosa avrebbe potuto ucciderlo così come aveva
ucciso Shiomi, dopo che avrà trovato un libriccino in cui l’assassino concepiva
il suo piano delittuoso.
E
l’assassino? Nel frattempo anche lui sarà morto.
Piccolo
capolavoro del delitto impossibile, il racconto di Koga Saburo, tradisce la sua
origine: il delitto della camera che uccide. E quindi in sostanza Phillpotts.
Ma il trucco è veramente originale : non ho citato un particolare per non
togliere il piacere al lettore di immaginarlo. E pensare che eravamo nel 1930 :
i giapponesi hanno davvero una fantasia sconfinata!
Due
storie ci sono che ricordano questa, ma sono tutt’e due di oltre il 1930: La
porta sull’abisso (The Door to Doom, 1935) di Carr, e La stanza
maledetta (Murder in Room 913,
1937) di Woolrich.
Saburo (nella premeditazione del delitto, scritta
su un libro che il narratore della storia poi scopre) fa allusione ad un
racconto da cui avrebbe tratto ispirazione, e che si sviluppa invece su vari
piani di un edificio, una soluzione che ricorda ed anticipa di molto sia Sladek
che Innes che Carr; un racconto che se
davvero esistente, sarebbe dovuto essere precedente al 1930 e assolutamente
sconosciuto. Di precedente a Carr che tratti di due ambienti assolutamente
identici, c’è il romanzo di Leblanc che fu alla base probabilmente di Ellery
Queen e Carr: La Demeure mystérieuse. Ma parliamo sempre di due ambienti identici
ma lontani, non di qualcosa che sia situato nel medesimo stabile. A meno che
egli non si sia inventato tutto (e allora sarebbe il primo ad aver pensato ad
una soluzione del genere), oppure abbia preso da un racconto scritto da un
altro giapponese, e allora…
Tuttavia stranamente noto come sia Carr sia Saburo
nei due loro racconti, oltre che inventare una soluzione semplicemente perfetta
di Delitto Impossibile, introducono degli elementi sovrannaturali: anche nel
racconto giapponese, infatti c’è un fantasma,
che nel nostro caso è quello di Shiomi,
che ha preso il controllo di un ragno.
Nella costruzione di questo delitto impossibile,
una importanza particolare l’hanno le sedie: perché se Shiomi fosse stato
rivolto alla porta, sicuramente non sarebbe morto. Muore, stando di spalle alla
porta, e quindi alle finestre, perché non si è accorto che…la scala non è più lì ma altrove. Come è possibile?
E' possibile solo se si pensa ad una possibilità che è un po' all'opposto di quello a cui ognuno di noi penserebbe: che è la risposta all'impossibile spostamento e riposizionamento di una scala in cemento armato
E' possibile solo se si pensa ad una possibilità che è un po' all'opposto di quello a cui ognuno di noi penserebbe: che è la risposta all'impossibile spostamento e riposizionamento di una scala in cemento armato
Pietro
De Palma
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