Oggi parliamo di un romanzo assolutamente
sconosciuto, pubblicato nel 1954 da Gherardo Casini Editore nella grande
serie di romanzi polizieschi, “I Gialli del Secolo”, che è bene dirlo
subito, passano alla storia anche per essere essere stati stra-tagliati:
si tratta di romanzi in fascicolo di poco più di 90 pagine, formato di
impaginazione a due colonne, come i vecchi Gialli Mondadori fino agli
anni ‘80, caratteri più piccoli, riportanti autori molto spesso
dimenticati e romanzi oramai entrati solo nella memoria di chi, come il
sottoscritto, è interessato a conoscere anche e soprattutto gli autori
sconosciuti, anche a prezzo di leggere romanzi da altri buttati. Erano
pubblicazioni non certo da poter essere paragonati alla pari a “I Gialli
del Veliero”, o agli ancor più precedenti “I Libri Gialli” della
Mondadori o “I Gialli della Sfinge” della Salani, romanzi che ancor
oggi, a fronte della preziosità della loro confezione e delle bellissime
copertine, possono costare parecchio; invece nei Casini, le copertine
non sono mai originali, ma presentano fotogrammi tratti da famosi films
dell’epoca che nella situazione possono ricordare il titolo del romanzo:
nel nostro caso ad esempio, l’immagine di copertina è tratta da “Neve
Rossa”. L’attore con in mano il telefono è il grande Robert Ryan,
indimenticabile protagonista del film sopra citato, uno dei più bei Noir
degli anni ’50, On Dangerous Ground, “Neve Rossa” (1951), di Nicholas Ray.
In questi romanzi molto spesso l’atmosfera
delle descrizioni è stata sacrificata a favore del nudo fatto
poliziesco: può essere un vantaggio od uno svantaggio. Discutevamo tempo
fa sul Blog Mondadori proprio di questo, riguardo alla traduzione di un
Herbert Brean, e Luca Conti si lamentava del fatto che l’ovvietà e la
semplicità del romanzo nella traduzione italiana contrastava con la
bellezza della versione originale. Ora questa caratteristica è presente
molto spesso nei Casini, che sono purtuttavia l’unica chance in nostro
possesso per acquisire informazioni su autori dimenticati.
Il romanzo in questione è di Alexis Gensoul,
scrittore francese attivo dopo la seconda guerra mondiale e ricordato
ancor oggi in taluni ambienti per una splendida Camera Chiusa scritta in
collaborazione con Charles Grenier, La Mort vient de nulle part (1945) e per un’altra scritta da lui solo nel medesimo anno, 1945, L’Énigme de Téfaha.
Dev’essere
stato un anno molto fecondo il 1945, anno della fine della seconda
Guerra mondiale nella produzione di Gesoul, perchè dello stesso anno è
anche Gribouille est mort, tradotto da Casini con “Un morto al telefono”.
Alexis Gensoul
di cui le notizie biografiche latitano, si sa solo che fu medico e che
tra il 1945 e il 1946 pubblicò quattro romanzi presso lo stesso editore
S.T.A.E.L, tre nel 1945 ed uno nel 1946: di questi il primo fu L’Enigme de Tefaha,
che presenta una Camera Chiusa piuttosto semplice, il secondo fu il
lavoro scritto con Grenier che ancor oggi si pone come una delle Camere
Chiuse miglori scritte nel dopoguerra, il terzo fu Gribouille est Mort, un grande romanzo con delitto impossibile, il quarto un romanzo più sull’avventuroso, L’Affaire de la maison Faroux (1946).
Sarebbe una Camera Chiusa questo Gribouille est Mort, se
non avesse la finestra aperta, ma le altre condizioni ci sono tutte per
il delitto impossibile: porta chiusa, arma mancante e soprattutto, dato
che contraddistingue questo romanzo, il morto, Gréje, che profetizza prima la propria morte, scrivendo la lettera a un suo conoscente, Godinet,
e che telefona e parla con un poliziotto suo amico, Corbellet,
poliziotto alquanto sprovveduto, allorchè era già morto, la casa
disseminate di false prove ed indizi strani, quando non anche di burle.
Inoltre c’è un tale, Ternaud, con gli stivali gialli che tutti
cercano perchè è stato visto sul luogo del delitto, fuori della casa e
che se l’è data a gambe; fuori dallo staccato di recinzione della casa
c’è l’intera scolaresca di una colonia che disegna, e l’istruttore, Tresquat,
non è altri che il figlio illegittimo della vittima e unico erede di
una fortuna di duecentomila franchi dell’epoca, anche lui ovviamente
sospettato, anche se nessuno l’ha visto scavalcare lo staccato, perchè
ad un certo punto si è allontanato dalla sua scolaresca con la scusa di
andar a cercare funghi nel bosco; c’è anche chi deve aver telefonato
alla locale stazione di polizia dalla casa di Greje per denunciare l’omicidio, ma non è l’assassino; c’è un vicino curioso, Gourgeot; poi c’è un’arma trovata da un poliziotto dilettante, Vérannes, alla presenza di Corbellet,
una pistola da donna, di calibro piccolo, con attaccato ancora un pezzo
di corda; e molti personaggi che fanno da corollario: il commissario Estreval
poco fortunato nelle sue mosse, e che per di più deve i suoi pochi
successi alla collaborazione sotterranea di uno Sherlock Holmes
nell’ombra, che firma i suoi suggerimenti e le sue lettere col nomignolo
allusivo di Perspicax; e un giudice che si ritiene furbo, tale Blacy. Tutti inseguono Ternaud, poi cercano di incriminare Tresquat,
poi trovano Ternaud e vorrebbero che si proclamasse colpevole per
toglierli dall’imbarazzo di un’indagine che non va avanti, tanto più che
la finestra aperta, l’unica via possible di fuga dell’assassino sia
affaccia su un piccolo giardino davanti al quale c’è il famoso staccato
oltre cui vi sono tanti piccolo ragazzi intenti a disegnare, tutti
testimoni del fatto che nessuno può averlo saltato. Eppure l’assassino è
saltato dalla finestra: vi sono le sue impronte nel terreno. Ad un
certo punto c’è una rivelazione: un tale Godinet conoscente della
vittima rivelerà qualcosa alla polizia; ma come nei migliori drammi, il
prezioso testimone viene ritrovato in fondo ad un burrone nella macchina
in fiamme.
A questo punto
occorre trovare il colpevole e allora si affrontano ancora una volta,
come già menzionato nel romanzo recensito giorni fa, di Wally, più
ricostruzioni: quella di Estreval che tende a incolpare Ternaud, quella
di Vérannes che inquadra non l’omicidio ma uno spettacolare suicidio con
tanto di corvo svolazzante sulla scena del delitto e fondamentale
perchè una certa cosa non si trovi; e infine la spiegazione finale di
Perspicax che rivela come Ternaud non fosse assassino ma ricattatore, a
sua volta del vero assassino che è..il meno sospettabile.
Grande prova di
bravura di Gensoul nell’aver creato un romanzo che si avvicina
all’impossibile senza mai varcarlo, illustrando con vivacità la
provincia francese e sottile psicologia i vari personaggi.
Tuttavia noto
in questo romanzo la dipendenza dal romanzo poliziesco britannico: la
soluzione di Perspicax è identica a quella di Evil under the Sun, di
Agatha Christie, romanzo scritto nel 1941, nel particolare in cui la
vittima si è messa d’accordo col suo ignoto collaboratore col quale
vuole giocare uno scherzo ad altri, nel far finta di essere morto: solo
che l’omicida rientra non atteso dalla vittima e l’uccide.
E la soluzione del delitto impossibile, è quasi una variazione, di The Problem of Thor Bridge, di Conan Doyle.
E la soluzione del delitto impossibile, è quasi una variazione, di The Problem of Thor Bridge, di Conan Doyle.
La soluzione finale, finissima, fa da
contr’altare alle altre due soluzioni (non meno efficaci, in particolare
quella di Vérannes): l’omicida ha ucciso Gréje spinto da vendetta e
Perspicax dice che in pratica avrebbe rinunciato ad indicarlo come il
vero assassino (sentiva nei suoi confronti “una simpatia istintiva ed
inspiegabile”) se quello non si fosse macchiato della seconda morte,
quella di Godinet, per cui non poteva venir assolto. Una scelta che fa
di Perspicax più che un investigatore vero e proprio una sorta di
giustiziere nell’ombra, molto vicino all’Arsene Lupin di Maurice
Leblanc.
Pietro De Palma
Pietro De Palma
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