Ricordo di averne parlato con Mauro Boncompagni forse quattro cinque anni fa. In precedenza ne avevo accennato sul Blog Mondadori, ai tempi
di Altieri: sto parlando del romanzo di Clifford Orr, The Rock Wailing Murders. Il romanzo fa parte di una nutrita
schiera che Roland Lacourbe stilò a margine del suo Meeting del 2007. L’elenco
è in rete, per opera di uno dei partecipanti a quel meeting, il mio buon
conoscente John Pugmire: ricordo che ancora quando non lo conoscevo, mi servivo
di quell’elenco come promemoria di tutto quello che avrei voluto leggere. Ecco
perché a ogni occasione li rammentavo, quando parlavo sul Blog.
Quando ne parlai con Mauro privatamente
chiedendogli perché mai Polillo non lo
pubblicasse, Mauro mi rispose che il romanzo di Orr era un gran bel romanzo.
Questo finchè lo stesso non mi ha rivelò “in camera caritatis” che
Polillo avrebbe pubblicato il romanzo di Orr, cosa confermatami più tardi dallo
stesso editore, con la preghiera tuttavia di non divulgare la notizia finchè
non fosse stata sicura.
Clifford Orr: chi mai fu costui? Attingo dalla succinta
biografia pubblicata in calce al volume da Polillo: “Clifford Orr (1899-1951), nato a Portland, nel Maine, manifestò una
precoce vocazione per la scrittura e, mentre frequentava la Dartmouth
University, firmò come librettista diversi musical messi in scena dagli
studenti del corso di teatro. Dopo aver lasciato l’università (senza una laurea
benché avesse completato i previsti 4 anni), continuò saltuariamente a scrivere
testi di canzoni, una delle quali venne portata al successo da Doris Day. Per
alcuni anni lavorò come giornalista presso il Boston Evening Transcript e in seguito andò a dirigere la libreria
di Wall Street della casa editrice Doubleday, Doran. Nel 1929 esordì con il
giallo The Dartmouth Murders,
che conquistò vasta popolarità grazie all’ambientazione inconsueta, il campus
di un celebre college dove tre studenti vengono ammazzati. A questo mystery
piuttosto convenzionale seguì The
Wailing Rock Murders (La casa
sulla scogliera - I bassotti n. 185), un romanzo ben più originale che
per molti versi rimanda all’opera del contemporaneo John Dickson Carr.
Nonostante avesse annunciato un terzo libro, Orr abbandonò la carriera
letteraria e per i successivi vent’anni fece l’editorialista per la rivista The New Yorker. Omosessuale e
alcolista, ebbe una vita privata infelice e morì a Hanover, New Hampshire, sede
della sua università, poco prima di compiere 52 anni.”
Aggiungo che sia The
Rock Wailing Murders, sia il precedente The Dartmouth Murders, sono disponibili in lingua madre, su
Amazon, segno che è un romanziere che ancora si legge.
Comincio col dire che “La
casa sulla scogliera” è sicuramente un eccellente romanzo, che deve parte della
sua notorietà all’atmosfera che lo pervade, in sintonia coi coevi romanzi di
John Dickson Carr: vi è una scogliera che a causa di uno scherzo di natura geo
morfologica, emette in particolari momenti un rumore che sembra un grido.
Quando in passato è stato emesso questo grido, una morte è avvenuta: la
conseguenza diretta è che gli hanno attribuito un nefasto presagio. L’ultima
volta che ciò pare che si sia verificato, è stato undici anni prima, quando è
morto un marinaio. Il fatto è che la scogliera emette di nuovo il lacerante
grido poco prima che sia scoperta una nuova morte. Di chi? Di Garda Lawrence,
pupilla e protetta di Spaton Meech, detto Spider per una sua mostruosa
deformità : una testa sproporzionata, che pende incurvando la schiena in una
gobba, e delle braccia tanto lunghe da arrivare alle ginocchia. Garda Lawrence
era stata invitata dai coniugi Farnol, Creamer e Vera e dalla loro figlia
Patricia: era un’amica della figlia che le aveva consentito di portare due
amici, Philip Masterson e Victor Millard. Nella casa poi c’erano degli altri
ospiti, amici dei Farnol: Richard ed Helen St.John. Garda aveva invitato anche
il suo patrigno Spaton Meech, che è un famoso detective, che ha aiutato la
polizia in casi intricati.
Tutto sembrava andare bene,
finchè si verifica l’evento tragico: Spaton va a fare un giro in spiaggia (la
casa torreggia sulla scogliera) e vede che la luce nella stanza di Garda, nella
cupola posta nella parte più alta della casa, è spenta, mentre nell’altra casa
gemella (la casa dei Farnol è separata da circa un chilometro di scogliera, da
un’altra casa gemella in tutto e per tutto, pure di proprietà dei Farnol,
disabitata da molti anni) vi è una luce accesa. Poi si accende la luce nella
stanza di Garda e allora lui comincia a correre volendo parlare con la ragazza
prima che essa venga di nuovo spenta: sale le scale, arriva alla porta, bussa
ripetutamente, vede dalla toppa della serratura il buio per cui pensa che sia
infilata dall’altra parte una chiave: chiama senza risposta. Chiama altri
ospiti e decidono di abbattere la porta: la finestra è aperta e il forte vento
dell’oceano fa vorticare carte in mezzo a loro. Accesa la luce gli si presenta
una scena raccapricciante: qualcuno ha sgozzato la ragazza. E’ avvenuto già
parecchio tempo primo come dimostra il sangue già coagulato: eppure qualcuno è
ritornato sul luogo del delitto. Dall’altra parte della porta non è infilata
alcuna chiave né è per terra.
Spaton viene incaricato
delle indagini, in quanto detective esterno che ha collaborato parecchie volte
con la polizia: già questo è una stranezza, che avrà delle ripercussione sul
corso delle indagini, perché quando l’investigatore è direttamente coinvolto in
indagini su questioni personali o familiari, perchè l’indagine sia il più
imparziale possibile, viene svolta da altro soggetto. Qui invece è lui che
assume direttamente le indagini, coadiuvato dallo sceriffo. Innanzitutto per
avere un quadro della situazione interroga i presenti, tra i quali deve esservi
per forza l’assassino, che ha operato sicuramente o prima o dopo che Vera
Farnol le ha portato il vassoio della cena, giacchè aveva rinunciato a cenare
con gli altri: il vassoio viene trovato ancora fuori della porta.
Per evitare che qualcuno
possa andarsene Spider rinchiude i presenti nelle loro camere da letto, e così
si accorge su un’altra camera che a detta del padrone di casa dovrebbe
contenere masserizie e ciarpame e che invece nasconde un’altra bella stanza
ammobiliata. Tuttavia in quel frangente è ancora chiusa.
Siccome ci sono anche lo
sceriffo ed il vice sceriffo che presidiano la casa, Spider da la sua stanza
allo Sceriffo mentre lui ottiene dopo varie insistenze che il padrone di casa
gli consegni la chiave del portone di casa, della casa gemella. Che dovrebbe
essere disabitata e dove invece ha visto un chiarore. Vi si reca e..trova
Philip Masterson, uno degli amici della sua protetta, che dopo un colloquio,
inaspettatamente, gli confessa di aver ucciso Garda. E gli da pure l’arma del
delitto, un coltello affilatissimo in un astuccio d’argento. Spider vince la
sua rabbia e la sua voglia di ucciderlo, ma il suo bastone da passeggio
infrange il vetro della finestra della cupola e cade dabbasso. Spider, chiude
il giovane nella stanza e va ad avvisare lo sceriffo, e anche a recuperare il
bastone. Quando invece…qualcuno con lo stesso legno lo tramortisce. Si sveglia,
assistito dallo sceriffo e viene a sapere che qualcuno mentre lui era svenuto,
sicuramente il suo assalitore, ha ucciso Masterson. Il fatto è tuttavia che
tutti avevano un alibi al momento della morte, in quanto erano nelle loro
stanze e Masterson è scappato da una di esse per via di un terrazzino, che non
hanno le altre. Sicuramente pensa Spaton Meech che qualcuno è riuscito a uscire
con un artifizio dalla sua camera. Viene a sapere anche che c’è stata una
sparatoria a casa Farnol, tra il vice sceriffo e qualcuno che si aggirava nei
pressi della casa: questa persona è rimasta ferita, come testimoniano delle
macchie di sangue. Quindi, siccome l’unico che può essere rimasto ferito, è chi
lo ha aggredito e quindi ha ucciso Masterson, gli si mette alla ricerca.
Individua del sangue sulla spalla della signora St.John, e partendo dal
presupposto che solo il marito l’avrebbe toccata lì, ipotizza che l’assassino
sia Richard St.John. In questo caso si
prospetterebbe un tipico caso della Camera Chiusa, per come egli avrebbe fatto
ad uscire dalla sua camera al primo piano dei Farnol e poi rientrarvi lasciando
inserita dall’esterno finanche la chiave. Ma poi, scoprendo in Sutton l’uomo
che l’ha lasciata, si convince della sua colpevolezza.
A questo punto, ecco che l’attenzione
viene spostata altrove. E se Masterson avesse mentito per proteggere qualcuno? Chi
potrebbe essere?
Tuttavia Spider non trova la
sua torcia tascabile, e Sutton giura che non è stato lui. A questo punto il delitto
di Masterson diverrebbe un delitto impossibile perché nessuno dei presenti in
casa Farnol avrebbe potuto ucciderlo in quanto rinchiusi nelle rispettive camere,
e avendo giurato a Sutton a Spider di non essere stato lui ad ucciderlo, né ad
aver preso la sua torcia, né il suo bastone da passeggio.
Che vi sia altra carne sul
fuco è testimoniato dall’affare del campanello. Un campanello suona in casa Farnol
mentre è in casa Spider, e siccome nessuno può aver usato un apparecchio in
casa in quanto sorvegliati, è evidente che qualcun altro lo debba aver fatto.
Dopo una certa indagine si scopre che nell’altra casa gemella in una camera è
tenuta segregata un’autentico orrore di donna, un essere talmente brutto e
deforme che solo con Spider potrebbe fare coppia: è la madre di Vera Farnol,
Vera Darlow. Che accusa il genero di un delitto perpetrato undici anni prima:
il marinaio, era invece figlio di Vera
Darlow, erede della fortuna, di cui si era impossessato Creamer Farnol.
Successivamente si viene a
scoprire invece che ad uccidere l’uomo, non era stato Creamer ma la moglie. Ma
che al contempo essa era non responsabile dell’atto compiuto in quanto “incapace
di intendere e volere” normalmente, in quanto vittima di uno sdoppiamento di
personalità: due diverse Vere, una mite, l’altra feroce e assassina, interprete
dell’odio che la sorella covava verso il fratello ma teneva a freno.
A questa seconda possibile
pista (una persona con sdoppiamento della personalità avrebbe potuto uccidere Garda,
se una sua parte del subconscio l’avesse odiata? Tanto più che ella era andata
su da Garda lasciando il vassoio. E se questo fosse stato solo una scusa per
andare da lei ed ucciderla?), Spider
viene anche portato dalla confessione di Patricia Farnol, coinvolta nell’omicidio
di Garda dal ritrovamento si sue impronte insanguinate sulla maniglia interna
della porta: sarebbe stata lei ad accendere la luce nella stanza. Assassina o
visitatrice? La confessione indirizza le indagini verso la seconda ipotesi, ma
nel contempo la ragazza avvalora l’ipotesi che la madre possa essersi macchiata
dell’omicidio anche di Garda.
In un crescendo di tensione,
avverrà un suicidio non previsto ed una verità sconvolgente si affaccerà nel
finale spettacolare che conclude il romanzo, in cui l’indizio della torcia tascabile
di Spider illuminerà un assassino insospettabile, mentre con una piroetta degna
di un grande virtuosista, ritornerà ad affermare una verità detta all’inizio
del romanzo, sulla base del raffronto tra due esempi di scrittura attribuiti
alla stessa mano.
Questo è un vero capolavoro
da pochi conosciuto, e grande merito va ascritto alla collana fondata da Marco
Poilillo nell’averlo proposto.
E’ un romanzo spettacolare
per varie cose.
Innanzitutto la narrazione in prima persona di Spider in
quello che può esser considerato una specie di diario, una rendicontazione di
qualcosa che si sia vissuto e che abbia lasciato degli strascichi, in una sorta
di “delirio onirico” come si è espresso l’altro giorno Mauro Boncompagni
parlando col sottoscritto. In cui, l’elemento fantastico, seppure in secondo
piano, diventa il responsabile di una mente malata. Elemento fantastico che accomuna
ovviamente Or r a Carr
Non è il solo elemento di
interesse però, e anzi ve ne sono molteplici, perché questo romanzo non solo ha
utilizzato materiale preesistente ma ha anche influenzato , mi parrebbe di
dire, alcuni romanzi successivi: rappresenta cioè una sorta di anello di
congiunzione tra alcuni romanzieri famosi ed altri.
Vediamoli approfonditamente.
Innanzitutto vi sono due
case gemelle, che erano state date a detta di Creamer Farnol da un padre a due
figli. Quale opera vi fa venire in mente? A me una, ovviamente: The Lamp of
God di Ellery Queen, 1935. Può aver influenzato Ellery Queen, il romanzo di
Orr che è del 1932? Secondo me sì, visto che questo romanzo americano ebbe una
vasta eco: anche lì due case gemelle, distanziate da circa un chilometro, e
donate da un padre a due figli.
Poi vi è una casa in cui
accadono una serie di delitti: a quel tempo, l’opera che sicuramente ha
influenzato Orr è stata The Greene Murder Case di S.S.Van Dine del 1928,
un’opera che è da sempre uno dei pilasti del romanzo mystery. Dell’opera di van
Dine, vari sono gli elementi che vengono ripetuti: il detective che si avvale
come spalla di un elemento della polizia (lo sceriffo qui, il Vice Procuratore
Distrettuale lì); l’assassino instabile di mente; la presenza di un saggio tedesco
di psicologia applicata alla criminologia: lì l’ Handbuch
fur Untersuchungsrichter di Hans Gross, qui Das Verbrechen und Die Geistesunterstromung
del Dottor Bernd; l’assassino che si suicida.
Due dei tre assassini hanno uno
sdoppiamento in due personalità distinte, che è una delle caratteristiche per es.
del romanzo di Helen McCloy, Through
a Glass Darkly (1950). E la stessa atmosfera allucinatoria, può aver
influenzato The Red Right Hand, del 1945 di Joel Townsley Rogers o anche
The Deadly Percheron del 1946 di John Franklin Bardin.
La rivelazione finale ha l’origine
indubbiamente in uno dei capolavori di Agatha Christie; e verrà ripresa anche
dallo stesso Joel Townsley Rogers. Anche se qui, il colpevole non sa
di esserlo, perché è vittima di uno sdoppiamentro della personalità.
Potrebbe addirittura aver influenzato L’Albergo delle tre rose di Augusto De
Angelis, del 1935. E l’ipotesi non mi sembra neanche tanto strampalata: lì una
pensione, qui una casa, ma su un piano della quale si affacciano tante camere.
E tra le tante, anche una che dovrebbe contenere masserizie e ciarpame, una
sorta di ripostiglio. Se De Angelis conosceva The Devil Drives di Virgil Markham e Obelists Fly High, di
Charles Daly King, perché non ipotizzare la conoscenza di altri capolavori
americani di quel periodo?
Vi sono qua e là delle note un po’ stonate, tuttavia,
accanto ad una profusione di indizi e di false piste: c’è un plot principale
(la morte di Garda e la confessione di Masterson seguita dalla sua morte), e
poi ci sono due subplot distinti: il sonnambulismo di Vera Farnol, che è spiegabile
come uno stato di incoscienza in cui il soggetto viva un’esperienza parallela rispetto
a quella che vive in ogni altro momento della giornata; e la mostruosità fisica
della madre, Vera Darlow, spiegabile come una somatizzazione della pazzia. E
accanto ad una soluzione certa, un’altra ipotizzabile ma falsa ed una infine
non presa in esame ma esatta. La nota stonata, che è stata rimarcata anche dal
mio conoscente Noah Stewart, e che rivela una cerca immaturità di Orr nella realizzazione
di piantine in calce a romanzi, è l’assenza di un qualsivoglia bagno anche
comune, su un piano su cui si affacciano le camere degli ospiti. Se ci pensate,
l’osservazione è quantomai stringente.
A Roland Lacourbe questo romanzo piace e lo testimonia
l’averlo inserito nella sua appendice di 99 Camere
Chiuse e Delitti Impossibili, risultato del Meeting del 2007, nonostante in
se stesso il crimine impossibile e una pretesa Camera Chiusa che non lo è, non
siano il massimo; nondimeno ai suoi amici, gli esperti “tecnici”, Soupart,
Bourgeoise e Fooz, lo stesso romanzo non è altrimenti molto piaciuto giacchè
gli hanno assegnato il minimo di valutazione in 1001 Chambres Ecloses. La
doppia opinione rispecshia l’ambivalenza del romanzo: se lo si vede come un’opera
delirante, allucinatoria, piena di vere e false piste, dal fascino unico, ha
ragione il primo; se lo si vede invece come un’opera rappresentativa del
sottogenere di Locked Room and Other
Impossible Crimes, parafrasando Bob Adey, allora il romanzo esce
notevolmente ridimensionato.
A me il romanzo è piaciuto moltissimo. E lo testimonia
la velocità con cui l’ho letto, segno anche di un livello emotivo e di tensione
altissimo.
L’ultima volta che ho letto un libro con una tale
velocità, è stato trentaquattro anni fa, quando lessi Il nome della rosa di Umberto Eco.
Pietro De Palma
Pietro De Palma
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