domenica 19 aprile 2020

Clifford Orr : La casa sulla scogliera (The Wailing Rock Murders, 1932) – trad. Dario Pratesi – I Bassotti, Polillo, 2017

Ricordo di averne parlato con Mauro Boncompagni forse quattro cinque anni fa. In precedenza ne avevo accennato sul Blog Mondadori, ai tempi di Altieri: sto parlando del romanzo di Clifford Orr, The Rock Wailing Murders. Il romanzo fa parte di una nutrita schiera che Roland Lacourbe stilò a margine del suo Meeting del 2007. L’elenco è in rete, per opera di uno dei partecipanti a quel meeting, il mio buon conoscente John Pugmire: ricordo che ancora quando non lo conoscevo, mi servivo di quell’elenco come promemoria di tutto quello che avrei voluto leggere. Ecco perché a ogni occasione li rammentavo, quando parlavo sul Blog.
Quando ne parlai con Mauro privatamente chiedendogli  perché mai Polillo non lo pubblicasse, Mauro mi rispose che il romanzo di Orr era un gran bel romanzo. Questo finchè lo stesso non mi ha rivelò “in camera caritatis” che Polillo avrebbe pubblicato il romanzo di Orr, cosa confermatami più tardi dallo stesso editore, con la preghiera tuttavia di non divulgare la notizia finchè non fosse stata sicura.
Clifford Orr: chi mai fu costui? Attingo dalla succinta biografia pubblicata in calce al volume da Polillo: “Clifford Orr (1899-1951), nato a Portland, nel Maine, manifestò una precoce vocazione per la scrittura e, mentre frequentava la Dartmouth University, firmò come librettista diversi musical messi in scena dagli studenti del corso di teatro. Dopo aver lasciato l’università (senza una laurea benché avesse completato i previsti 4 anni), continuò saltuariamente a scrivere testi di canzoni, una delle quali venne portata al successo da Doris Day. Per alcuni anni lavorò come giornalista presso il Boston Evening Transcript e in seguito andò a dirigere la libreria di Wall Street della casa editrice Doubleday, Doran. Nel 1929 esordì con il giallo The Dartmouth Murders, che conquistò vasta popolarità grazie all’ambientazione inconsueta, il campus di un celebre college dove tre studenti vengono ammazzati. A questo mystery piuttosto convenzionale seguì The Wailing Rock Murders (La casa sulla scogliera - I bassotti n. 185), un romanzo ben più originale che per molti versi rimanda all’opera del contemporaneo John Dickson Carr. Nonostante avesse annunciato un terzo libro, Orr abbandonò la carriera letteraria e per i successivi vent’anni fece l’editorialista per la rivista The New Yorker. Omosessuale e alcolista, ebbe una vita privata infelice e morì a Hanover, New Hampshire, sede della sua università, poco prima di compiere 52 anni.”
Aggiungo che sia The Rock Wailing Murders, sia il precedente The Dartmouth Murders, sono disponibili in lingua madre, su Amazon, segno che è un romanziere che ancora si legge.
Comincio col dire che “La casa sulla scogliera” è sicuramente un eccellente romanzo, che deve parte della sua notorietà all’atmosfera che lo pervade, in sintonia coi coevi romanzi di John Dickson Carr: vi è una scogliera che a causa di uno scherzo di natura geo morfologica, emette in particolari momenti un rumore che sembra un grido. Quando in passato è stato emesso questo grido, una morte è avvenuta: la conseguenza diretta è che gli hanno attribuito un nefasto presagio. L’ultima volta che ciò pare che si sia verificato, è stato undici anni prima, quando è morto un marinaio. Il fatto è che la scogliera emette di nuovo il lacerante grido poco prima che sia scoperta una nuova morte. Di chi? Di Garda Lawrence, pupilla e protetta di Spaton Meech, detto Spider per una sua mostruosa deformità : una testa sproporzionata, che pende incurvando la schiena in una gobba, e delle braccia tanto lunghe da arrivare alle ginocchia. Garda Lawrence era stata invitata dai coniugi Farnol, Creamer e Vera e dalla loro figlia Patricia: era un’amica della figlia che le aveva consentito di portare due amici, Philip Masterson e Victor Millard. Nella casa poi c’erano degli altri ospiti, amici dei Farnol: Richard ed Helen St.John. Garda aveva invitato anche il suo patrigno Spaton Meech, che è un famoso detective, che ha aiutato la polizia in casi intricati.
Tutto sembrava andare bene, finchè si verifica l’evento tragico: Spaton va a fare un giro in spiaggia (la casa torreggia sulla scogliera) e vede che la luce nella stanza di Garda, nella cupola posta nella parte più alta della casa, è spenta, mentre nell’altra casa gemella (la casa dei Farnol è separata da circa un chilometro di scogliera, da un’altra casa gemella in tutto e per tutto, pure di proprietà dei Farnol, disabitata da molti anni) vi è una luce accesa. Poi si accende la luce nella stanza di Garda e allora lui comincia a correre volendo parlare con la ragazza prima che essa venga di nuovo spenta: sale le scale, arriva alla porta, bussa ripetutamente, vede dalla toppa della serratura il buio per cui pensa che sia infilata dall’altra parte una chiave: chiama senza risposta. Chiama altri ospiti e decidono di abbattere la porta: la finestra è aperta e il forte vento dell’oceano fa vorticare carte in mezzo a loro. Accesa la luce gli si presenta una scena raccapricciante: qualcuno ha sgozzato la ragazza. E’ avvenuto già parecchio tempo primo come dimostra il sangue già coagulato: eppure qualcuno è ritornato sul luogo del delitto. Dall’altra parte della porta non è infilata alcuna chiave né è per terra.
Spaton viene incaricato delle indagini, in quanto detective esterno che ha collaborato parecchie volte con la polizia: già questo è una stranezza, che avrà delle ripercussione sul corso delle indagini, perché quando l’investigatore è direttamente coinvolto in indagini su questioni personali o familiari, perchè l’indagine sia il più imparziale possibile, viene svolta da altro soggetto. Qui invece è lui che assume direttamente le indagini, coadiuvato dallo sceriffo. Innanzitutto per avere un quadro della situazione interroga i presenti, tra i quali deve esservi per forza l’assassino, che ha operato sicuramente o prima o dopo che Vera Farnol le ha portato il vassoio della cena, giacchè aveva rinunciato a cenare con gli altri: il vassoio viene trovato ancora fuori della porta.
Per evitare che qualcuno possa andarsene Spider rinchiude i presenti nelle loro camere da letto, e così si accorge su un’altra camera che a detta del padrone di casa dovrebbe contenere masserizie e ciarpame e che invece nasconde un’altra bella stanza ammobiliata. Tuttavia in quel frangente è ancora chiusa.
Siccome ci sono anche lo sceriffo ed il vice sceriffo che presidiano la casa, Spider da la sua stanza allo Sceriffo mentre lui ottiene dopo varie insistenze che il padrone di casa gli consegni la chiave del portone di casa, della casa gemella. Che dovrebbe essere disabitata e dove invece ha visto un chiarore. Vi si reca e..trova Philip Masterson, uno degli amici della sua protetta, che dopo un colloquio, inaspettatamente, gli confessa di aver ucciso Garda. E gli da pure l’arma del delitto, un coltello affilatissimo in un astuccio d’argento. Spider vince la sua rabbia e la sua voglia di ucciderlo, ma il suo bastone da passeggio infrange il vetro della finestra della cupola e cade dabbasso. Spider, chiude il giovane nella stanza e va ad avvisare lo sceriffo, e anche a recuperare il bastone. Quando invece…qualcuno con lo stesso legno lo tramortisce. Si sveglia, assistito dallo sceriffo e viene a sapere che qualcuno mentre lui era svenuto, sicuramente il suo assalitore, ha ucciso Masterson. Il fatto è tuttavia che tutti avevano un alibi al momento della morte, in quanto erano nelle loro stanze e Masterson è scappato da una di esse per via di un terrazzino, che non hanno le altre. Sicuramente pensa Spaton Meech che qualcuno è riuscito a uscire con un artifizio dalla sua camera. Viene a sapere anche che c’è stata una sparatoria a casa Farnol, tra il vice sceriffo e qualcuno che si aggirava nei pressi della casa: questa persona è rimasta ferita, come testimoniano delle macchie di sangue. Quindi, siccome l’unico che può essere rimasto ferito, è chi lo ha aggredito e quindi ha ucciso Masterson, gli si mette alla ricerca. Individua del sangue sulla spalla della signora St.John, e partendo dal presupposto che solo il marito l’avrebbe toccata lì, ipotizza che l’assassino sia Richard St.John.  In questo caso si prospetterebbe un tipico caso della Camera Chiusa, per come egli avrebbe fatto ad uscire dalla sua camera al primo piano dei Farnol e poi rientrarvi lasciando inserita dall’esterno finanche la chiave. Ma poi, scoprendo in Sutton l’uomo che l’ha lasciata, si convince della sua colpevolezza.
A questo punto, ecco che l’attenzione viene spostata altrove. E se Masterson avesse mentito per proteggere qualcuno? Chi potrebbe essere?
Tuttavia Spider non trova la sua torcia tascabile, e Sutton giura che non è stato lui. A questo punto il delitto di Masterson diverrebbe un delitto impossibile perché nessuno dei presenti in casa Farnol avrebbe potuto ucciderlo in quanto rinchiusi nelle rispettive camere, e avendo giurato a Sutton a Spider di non essere stato lui ad ucciderlo, né ad aver preso la sua torcia, né il suo bastone da passeggio.
Che vi sia altra carne sul fuco è testimoniato dall’affare del campanello. Un campanello suona in casa Farnol mentre è in casa Spider, e siccome nessuno può aver usato un apparecchio in casa in quanto sorvegliati, è evidente che qualcun altro lo debba aver fatto. Dopo una certa indagine si scopre che nell’altra casa gemella in una camera è tenuta segregata un’autentico orrore di donna, un essere talmente brutto e deforme che solo con Spider potrebbe fare coppia: è la madre di Vera Farnol, Vera Darlow. Che accusa il genero di un delitto perpetrato undici anni prima: il marinaio, era invece  figlio di Vera Darlow, erede della fortuna, di cui si era impossessato Creamer Farnol.
Successivamente si viene a scoprire invece che ad uccidere l’uomo, non era stato Creamer ma la moglie. Ma che al contempo essa era non responsabile dell’atto compiuto in quanto “incapace di intendere e volere” normalmente, in quanto vittima di uno sdoppiamento di personalità: due diverse Vere, una mite, l’altra feroce e assassina, interprete dell’odio che la sorella covava verso il fratello ma teneva a freno.
A questa seconda possibile pista (una persona con sdoppiamento della personalità avrebbe potuto uccidere Garda, se una sua parte del subconscio l’avesse odiata? Tanto più che ella era andata su da Garda lasciando il vassoio. E se questo fosse stato solo una scusa per andare da lei ed ucciderla?),  Spider viene anche portato dalla confessione di Patricia Farnol, coinvolta nell’omicidio di Garda dal ritrovamento si sue impronte insanguinate sulla maniglia interna della porta: sarebbe stata lei ad accendere la luce nella stanza. Assassina o visitatrice? La confessione indirizza le indagini verso la seconda ipotesi, ma nel contempo la ragazza avvalora l’ipotesi che la madre possa essersi macchiata dell’omicidio anche di Garda.
In un crescendo di tensione, avverrà un suicidio non previsto ed una verità sconvolgente si affaccerà nel finale spettacolare che conclude il romanzo, in cui l’indizio della torcia tascabile di Spider illuminerà un assassino insospettabile, mentre con una piroetta degna di un grande virtuosista, ritornerà ad affermare una verità detta all’inizio del romanzo, sulla base del raffronto tra due esempi di scrittura attribuiti alla stessa mano.
Questo è un vero capolavoro da pochi conosciuto, e grande merito va ascritto alla collana fondata da Marco Poilillo nell’averlo proposto.
E’ un romanzo spettacolare per varie cose.
Innanzitutto  la narrazione in prima persona di Spider in quello che può esser considerato una specie di diario, una rendicontazione di qualcosa che si sia vissuto e che abbia lasciato degli strascichi, in una sorta di “delirio onirico” come si è espresso l’altro giorno Mauro Boncompagni parlando col sottoscritto. In cui, l’elemento fantastico, seppure in secondo piano, diventa il responsabile di una mente malata. Elemento fantastico che accomuna ovviamente Or r a Carr
Non è il solo elemento di interesse però, e anzi ve ne sono molteplici, perché questo romanzo non solo ha utilizzato materiale preesistente ma ha anche influenzato , mi parrebbe di dire, alcuni romanzi successivi: rappresenta cioè una sorta di anello di congiunzione tra alcuni romanzieri famosi ed altri.
Vediamoli approfonditamente.
Innanzitutto vi sono due case gemelle, che erano state date a detta di Creamer Farnol da un padre a due figli. Quale opera vi fa venire in mente? A me una, ovviamente: The Lamp of God di Ellery Queen, 1935. Può aver influenzato Ellery Queen, il romanzo di Orr che è del 1932? Secondo me sì, visto che questo romanzo americano ebbe una vasta eco: anche lì due case gemelle, distanziate da circa un chilometro, e donate da un padre a due figli.
Poi vi è una casa in cui accadono una serie di delitti: a quel tempo, l’opera che sicuramente ha influenzato Orr è stata The Greene Murder Case di S.S.Van Dine del 1928, un’opera che è da sempre uno dei pilasti del romanzo mystery. Dell’opera di van Dine, vari sono gli elementi che vengono ripetuti: il detective che si avvale come spalla di un elemento della polizia (lo sceriffo qui, il Vice Procuratore Distrettuale lì); l’assassino instabile di mente; la presenza di un saggio tedesco di psicologia applicata alla criminologia: lì l’ Handbuch fur Untersuchungsrichter di Hans Gross, qui Das Verbrechen und Die Geistesunterstromung del Dottor Bernd; l’assassino che si suicida.
Due dei tre assassini hanno uno sdoppiamento in due personalità distinte, che è una delle caratteristiche per es. del romanzo di Helen McCloy,  Through a Glass Darkly (1950). E la stessa atmosfera allucinatoria, può aver influenzato The Red Right Hand, del 1945 di Joel Townsley Rogers o anche The Deadly Percheron del 1946 di  John Franklin Bardin.
La rivelazione finale ha l’origine indubbiamente in uno dei capolavori di Agatha Christie; e verrà ripresa anche dallo stesso Joel Townsley Rogers. Anche se qui, il colpevole non sa di esserlo, perché è vittima di uno sdoppiamentro della personalità.
Potrebbe addirittura aver influenzato L’Albergo delle tre rose di Augusto De Angelis, del 1935. E l’ipotesi non mi sembra neanche tanto strampalata: lì una pensione, qui una casa, ma su un piano della quale si affacciano tante camere. E tra le tante, anche una che dovrebbe contenere masserizie e ciarpame, una sorta di ripostiglio. Se De Angelis conosceva The Devil Drives di Virgil Markham e Obelists Fly High, di Charles Daly King, perché non ipotizzare la conoscenza di altri capolavori americani di quel periodo?
Vi sono qua e là delle note un po’ stonate, tuttavia, accanto ad una profusione di indizi e di false piste: c’è un plot principale (la morte di Garda e la confessione di Masterson seguita dalla sua morte), e poi ci sono due subplot distinti: il sonnambulismo di Vera Farnol, che è spiegabile come uno stato di incoscienza in cui il soggetto viva un’esperienza parallela rispetto a quella che vive in ogni altro momento della giornata; e la mostruosità fisica della madre, Vera Darlow, spiegabile come una somatizzazione della pazzia. E accanto ad una soluzione certa, un’altra ipotizzabile ma falsa ed una infine non presa in esame ma esatta. La nota stonata, che è stata rimarcata anche dal mio conoscente Noah Stewart, e che rivela una cerca immaturità di Orr nella realizzazione di piantine in calce a romanzi, è l’assenza di un qualsivoglia bagno anche comune, su un piano su cui si affacciano le camere degli ospiti. Se ci pensate, l’osservazione è quantomai stringente.
A Roland Lacourbe questo romanzo piace e lo testimonia l’averlo inserito nella sua appendice di  99 Camere Chiuse e Delitti Impossibili, risultato del Meeting del 2007, nonostante in se stesso il crimine impossibile e una pretesa Camera Chiusa che non lo è, non siano il massimo; nondimeno ai suoi amici, gli esperti “tecnici”, Soupart, Bourgeoise e Fooz, lo stesso romanzo non è altrimenti molto piaciuto giacchè gli hanno assegnato il minimo di valutazione in 1001 Chambres Ecloses. La doppia opinione rispecshia l’ambivalenza del romanzo: se lo si vede come un’opera delirante, allucinatoria, piena di vere e false piste, dal fascino unico, ha ragione il primo; se lo si vede invece come un’opera rappresentativa del sottogenere di Locked Room and Other Impossible Crimes, parafrasando Bob Adey, allora il romanzo esce notevolmente ridimensionato.
A me il romanzo è piaciuto moltissimo. E lo testimonia la velocità con cui l’ho letto, segno anche di un livello emotivo e di tensione altissimo.
L’ultima volta che ho letto un libro con una tale velocità, è stato trentaquattro anni fa, quando lessi Il nome della rosa di Umberto Eco.

Pietro De Palma

Nessun commento:

Posta un commento