Norman Berrow è un nome sconosciuto ai più:
neozelandese, al pari di Ngaio Marsh, ma meno noto al pubblico degli
amanti del giallo classico, conserva però un suo posto nella letteratura
di genere, avendo cercato una sua risposta a John Dickson Carr: terreno
di sfida è il delitto impossibile e, talora, la Camera Chiusa.
Non
si sa quando sia nato, né tantomeno quando sia morto, e dove. La
mancanza così vasta di note anagrafiche potrebbe anche far pensare
che il nominativo fosse uno pseudonimo; ma al di là di questo, e del
fatto che fosse neozelandese, che si fosse sposato e avesse dimorato a
Gibilterra, anche per del tempo, visto che alcuni dei suoi romanzi là
sono ambientati, e che avesse combattuto nel secondo conflitto mondiale,
al di là della foto, che alleghiamo, non si sa altro. Quello che si sa è
che, in determinati ambienti, Berrow e i suoi romanzi furono molto
amati: The Bishop’s Sword, Ghost House, The Three Tiers of Fantasy, The Footprints of Satan, sono alcuni dei titoli più rappresentativi dei venti complessivi che fino agli anni ’50 gli furono pubblicati.
Se
per alcuni è un nome completamente sconosciuto, ad onor del vero
bisogna dire che “Le orme di Satana” non sono il primo titolo in
assoluto di Berrow ad essere pubblicato in Italia: infatti, nel lontano
1958, I Gialli del Triangolo, avevano pubblicato di Norman Berrow, “La
belva di San Roque”, The Claws of the Cougar. Attualmente tutte
le opere di Norman Berrow, sono disponibili presso Ramblehouse, una
casa editrice americana, specializzata in opere di autori negletti.
Norman
Berrow cercò di emulare Carr, creando una serie di situazioni che
spesso lo richiamavano: la sparizione di una strada, in The Three Tiers of Fantasy, ci porta alla memoria l’uguale sparizione di una strada in The Lost Gallows di Carr; la sparizione di un’antica spada da una teca sigillata (The Bishop’s Sword), ci può richiamare la sparizione carriana di una coppa da una stanza (The Cavalier’s Cup)e
così via. E’ da dire che però l’inventiva di Berrow non si può dire
proprio che fosse povera. Parecchi sono i temi bizzarri che si trovano
nelle sue opere: un pollice gigante che uccide (The Spaniard’s Thumb), la stanza che canta (The Singing Room), gli omicidi di un demonio detto “The Black” (Oil under the Window).
Il romanzo pubblicato da Shake, “Le orme di Satana”, The Footprints of Satan,
presenta la spiegazione berrowiana di un fatto effettivamente accaduto
nel 1855 in alcuni posti sperduti d’Inghilterra, quando, furono trovate
impronte di piede caprino impresse nella neve, e in posti inaccessibili,
quali dei tetti molto spioventi o anche sopra gli alti muri di
recinzione dei possedimenti. Del caso se ne occuparono illustri giornali
britannici quali il Times, che pur prendendo timidamente posizione in
tal senso, ammisero la possibilità che Belzebù in persona, non si sa per
quale motivo, avesse voluto far visita a quelle sperdute lande nella
stessa notte.
Norman
Berrow parte dal fatto storico, per costruire la sua storia: nella
cittadina di Winchingham, sulla salita di Steeple Thelming, in una notte
d’inverno, mentre tutti i compaesani sono lì rannicchiati sotto le
coperte e al calduccio, appaiono delle inconfondibili impronte di piede
caprino nella neve: possibile che Satana abbia deciso di farsi una
passeggiata? Fatto sta che la cosa avrebbe destato solo un certo
interesse come un secolo prima, se la cosa non fosse stata connessa alla
scoperta di un impiccato. Infatti la comunità locale fa chiamare la
polizia per accertare che non si tratti di uno scherzo di pessimo gusto,
e i poliziotti testimoniano, fotografandole, che quelle sono proprio
impronte di piede caprino. La cosa strana è che le impronte, che in un
primo momento sembrano messe a caso, seguono invece un ordine: è come
una processione. Di casa in casa, le orme si snodano per tutto il paese:
qua e là scompaiono, per apparire a distanza di qualche passo, su tetti
e muri (anche in posti inaccessibili), finchè vengono notate impronte
umane, seguite da quelle caprine, fino alla collina, laddove in uno
spiazzo desolato, vien trovato impiccato ad un albero morto, un uomo
morto, Mason, vestito con un completo grigio a doppiopetto con una
cravatta vistosa (anche qui possiamo trovare riferimenti carriani: per
es. l’uomo trovato pugnalato,vestito di nero, con un cilindro, una barba
posticcia ed un manuale di cucina inArabian Nights Murder).
Il
fatto inspiegabile è che tutt’intorno all’albero ci siano solo le
impronte dell’uomo e quelle del..caprone, e nessun altra. Per risolvere
l’arcano mistero, chiamano l’Ispettore Lancelot Carolus Smith, che dovrà
dibattersi tra reali impronte caprine, apparizioni di un essere
soprannaturale detto “La Dama Blu”, personaggi bislacchi come Jake
Popplewell ed il suo vecchio somaro Boomer, la signorina Forbes, Greg
Cushing (nipote di Jake), i coniugi Croxley, i coniugi Maltravers
Un
bel giorno trovano Croxley, che si era allontanato da casa dicendo alla
moglie che si recava al posto di polizia, in mezzo ad un campo, ucciso
da una “zoccolata”: anche qui non ci sono altre impronte che le sue e
quelle dell’essere con gli zoccoli. Lancelot Carolus Smith che già
brancolava nel buio dopo il primo delitto e la scoperta di orme di
zoccoli sul davanzale di una finestra della casa di Mason, finestra
chiusa e sbarrata dal di dentro, ora rischia di stramazzare, fino a
quando, improvvisamente vede la luce. E individua l’assassino.
Diciamo
subito che la dote principale di questo romanzo è l’atmosfera: greve e
incombente, attanaglia il lettore, almeno fino a quando, il lettore
scaltro e rotto ad ogni tipo di soluzione gialla (la minoranza) capisce
cosa Berrow ha nascosto; e quando ha capito cosa , per forza di cose si
capisce in quale cerchia debba essere trovato l’assassino.
Quello
che manca, invece, a mio parere, è l’incastro perfetto tra complessità
del plot e complessità d’atmosfera: se l’atmosfera è assai efficace, in
virtù di un sapiente mixaggio dei vari elementi, ad essa non corrisponde
fino alla fine la complessità del plot; aggiungerei, che il fatto che
si rifaccia a Carr, individua anche un’altra pecca, che è di tipo
caratteriale-psicologico: Berrow secondo me non doveva essere fino in
fondo molto soddisfatto di sé, letterariamente parlando, e quindi
cercava sempre di rifarsi agli altri, a quelli che avevano successo
oltre Carr : come dice Boncompagni…Quentin, Wallace, Oppenheim, Woolrich
(ed io aggiungerei anche Downing).
L’atmosfera
di Carr introduce ad un mistero che è tale davvero, e che si dispiega
per tutto il romanzo, e che trova la risposta solo alla fine, e questo
perché Carr presenta un parco di personaggi relativamente ampio; Berrow,
almeno nei romanzi che ho letto io, ne presenta di meno. Ciò se da un
lato gli consente di focalizzare l’attenzione esclusivamente sulla
messinscena del delitto, dall’altro, presentando un parco ristretto di
sospettabili, finisce per far capire al lettore supersmaliziato (quello
principiante e medio non corrono pericoli), molto prima di quanto accada
in Carr, chi possa essere il responsabile. Questo accade perché cambia
la prospettiva dell’impianto generale della messinscena: Carr guarda a
360°, Berrow a 180°: il primo impianta una storia e sopra ci tesse un
romanzo ampio, il secondo impianta una storia ma pur se essa è di
grandissima inventiva e qualità, tuttavia non riesce oppure non vuole
gestire un parco ampio di sospettati. E quindi il romanzo a mio parere
perde in intensità, soprattutto nel finale, laddove il lettore si
aspetterebbe un exploit ed invece il tutto finisce con uno sgonfiamento
della tensione, non con uno scoppio.
Inoltre,
al personaggio di Norman Berrow, manca un caratteristico modo di
parlare che lo identifichi (le bestemmie per Fell o Merrivale, le
allusioni forbite per Appleby, le frequenti espressioni francesi di
Poirot) e lo stesso suo nome può essere nient’altro che una somma di
nomi di altri investigatori celebri (il Lancelot Priestley di John Rhode
e il Carolus Deene di Leo Bruce.
Al
di là di questo, il romanzo si impone per una qualità d’atmosfera rara,
e per una spiegazione sorprendente dei due delitti impossibili : io
qualcosa l’avevo indovinata, per es. l’assassino. Scoprire invece il
movente e la spiegazione della camera chiusa invece è molto più
difficile, e qui Berrow vince. Alla grande.
P. De Palma
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