Richard Connell è un nome praticamente sconosciuto per chi legge romanzi polizieschi. La ragione è che non fu un autore prolifico di romanzi, ed è invece conosciuto maggiormente per la sua attività di sceneggiatore cinematografico e televisivo: non a caso firmò la scneggiatura di Arriva John Doe (Meet John Doe) di Frank Capra, per cui ebbe una nomination agli Oscar. In campo narrativo, scrisse quattro romanzi, ma solo uno di questi è di genere poliziesco, ed è quello che Polillo ha ripubblicato recentemente nella collana de I Bassotti. La cosa strana è che il romanzo ha in copertina il talloncino NOVITA', e quindi si presume sia nuovo. In realtà andando a leggere in seconda, si vede che esso sarebbe uscito una prima volta nel 2017 e poi ripubblicato nel 2022: ma allora per quale motivo presentarlo come una novità? Io una spiegazione l'avrei, ed è legata ai diritti.
Delitto in mare, vede in azione il detective dilettante Matthew Kelton che collabora saltuariamente con la polizia. Per le sue condizioni di salute, decide di imbarcarsi sul piroscafo Pendragon per fare un viaggio in mare fino alle Bermude dove riposarsi e curarsi. Il bello è che, appena imbarcato, e appena la nave ha cominciato il suo viaggio, viene disturbato dal capitano Gavin che gli rivela come uno stewart di bordo, adibito ad una delle cabine, vi ha trovato il cadavere dell'uomo che vi aveva preso possesso, tale Samuel Cleghorn, un importante uomo d'affari socio di una famosa ditta che vende caffè all'ingrosso, con il cranio spappolato. L'ora della morte presumibile dovrebbero essere le 17 o poco più, perchè a quell'ora lo stewart aveva parlato con Cleghorn e quindi era ancora vivo. Kelton incaricato dal capitano di sbrogliare la matassa prima che la nave arrivi alle Bermuda, deve capire chi dopo quell'ora (presumibilmente le ore 17, 15-17,20 perchè alle 18 quando è stato scoperto il corpo, esso già presentava rigor mortis) possa aver compiuto l'omicidio. E quindi comincia le sue indagini tra gli altri viaggiatori, di cui tre sono insegnanti, c'è un tale Westervelt che è sfuggente, e tale è anche Varga, poi c'è la signorina Imlay e il signor Sangerson, Miss Royd (dama di compagnia) e Lady Esther Yate invalida, e infine Mr Mond, un tale logorroico, che si scoprirà dopo essere stato in cura presso un ospedale psichiatrico.
Kelton viene a trovarsi in un autentico ginepraio, perchè parecchi viaggiatori riferiscono che degli occhi scintillanti li hanno fissati nel buio, occhi da folle, solo che non si trova nessuno che li abbia; eppure il soggetto in questione, si è persino calato lungo la fiancata della nave per guardare in un oblò, di notte. Qualcuno poi ha distrutto gli apparecchi radio della nave per isolarla, e se non la stessa persona, un'altra sottrae dalle cabine costose boccette di profumo, di proprietà dei passeggeri.
Nel prosieguo della storia Kelton verrà a sapere che la vittima, di cui nessuno conosceva il passato, in realtà prima di diventare ricca, era stata un commerciante di attrezzi agricoli nello Yorkshire, col nome di Jack Murdo e qui aveva conosciuto una ragazza di cui si era invaghito, per poi abbandonarla sottraendole il loro figlio, e ripresentandosi in America come Cleghorn, socio di una ditta di vendita caffè. Questa triste storia di rapimento di minore, coinvolge tre persone presenti sulla nave, e a turno loro tre e una quarta, legata da un profono legame ad una delle tre, si confessano autori del delitto. Purtuttavia Kelton, a causa dei racconti lacunari e che pongono l'azione in tempistiche non coincidenti con quelle presupposte per il delitto, accantona queste quattro confessioni, e dopo aver eliminato il possessore degli occhi scintillanti, che non c'entra nulla col delitto, e aver dato un nome al ladro di profumi, che neanche c'entra col delitto, riuscirà in un sorprendente finale ad indicare l'omicida, nostante tutti o quasi i viaggiatori solo in un secondo tempo abbiano effettivamente rivelato particolari utili alle indagini.
Romanzo del 1929, Murder at Sea, non è come potrebbe sembrare a prima vista un romanzo nella scia di Van Dine, perchè il detective non ha nessuno dei caratteri tipici di Philo Vance. Piuttoso direi potrebbe aver seguito in qualche modo la falsa riga dei romanzi di Rufus King, altro autore molto famoso in quegli anni, che ambientava le sue storie quasi esclusivamente in mare. La trama è particolarmente ricca di colpi di scena, e data l'attività principale dello scrittore, ben si sarebbe prestata ad essere la base di una pellicola cinematografica, perchè oltre ad un delitto, nel romanzo si miscela avventura, per un animale sfuggito al serraglio tempo prima, che si nasconde nella nave, e tutta una serie di avvenimenti intrecciati tra loro ma assolutamente fuorvianti, come ad esempio il ladro di profumi, il distruttore di radio, la presenza di un poliziotto e di un ladro in incognito, e due coppie di amanti per di più tra di loro collegate, e l'ora della morte che poi si capisce non essere quella effettiva. Il risultato è che l'omicida, non è nessuno di coloro che erano stati oggetto dell'indagine, ma altra persona, che diversamente da quando dice Van Dine, non compare nell'azione del romanzo, se non per un ciuffo di peli che viene ritrovato nel bagno della vittima, e pur citato in maniera estemporanea nel romanzo, cade letteralmente dal cielo, nel finale del romanzo.
Altra stranezza del romanzo, è che se l'omicida deve essere salito a bordo prima che la nave prendesse il largo e poi sceso, come può a lui risalire Kelton che non l'ha visto nè conosciuto? Perchè Kelton si serve di un tale Mr Hong di Chinatown, che è il suo informatore privilegiato, a capo di una organizzazione che vende segreti e informazioni; ed è a lui che Kelton si rivolge durante il viaggio per chiedergli, tramite auna radio ausiliaria, informazioni su chi conosceva Cleghorn e sui vari viaggiatori del Pendragon.
Ne esce un romanzo ricco di azione, scritto con uno stile brillante e stilisticamente assai fluente, che si legge in una giornata, ma che poi, pur avendo risolto i vari quid in maniera esauriente, non lascia impressione di essere un romanzo che lasci il segno, ma più uno che serva a distrarsi.
Pietro De Palma
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