Premetto che tutto ciò che viene creato mettendo insieme più generi, non è che incontri la mia approvazione incondizionata, perché molto difficilmente vien su un’opera intelligente e creativa. Mi vien da pensare, a questo proposito, a tutte quelle Melanges o Fantasie o Pot Pourri musicali, in cui i musicisti “à la page” del primo ottocento, mettevano di tutto: dagli inni nazionali alle melodie e canzoni più in voga a quel tempo, dai temi delle opere liriche più gettonate a quelli delle opere dei musicisti più noti. Potevano beninteso essere anche delle composizioni piacevoli e alcune avere l’estro del genio, ma tutte avevano un unico denominatore: riutilizzavano temi di altri o preesistenti, secondo i propri stilemi.
Tutto ciò talora è stato applicato anche alla
Letteratura di genere: pur in misura molto minore, anche qui, i
Pastiches quando son stati creati, hanno utilizzato ambientazioni di
altri o temi preesistenti: sovente, alcuni scrittori hanno utilizzato
per esempio le ambientazioni “alla Christie” e il suo modo peculiare di
risolvere i delitti, per propri romanzi; altri hanno preso a prestito
singoli detectives, inventando delle parodie (es. “Un caso per tre
detectives”, di Leo Bruce); e si sono creati anche dei pastiches
originali, affidando un capitolo o paragrafo ad un diverso autore, così
da creare dei collages in cui ciascun capitolo per stile e prospettiva,
fosse diverso dagli altri (es. i romanzi del Detection Club).
Il titolo originariamente fu pubblicato nella
mitica serie Garzanti de “Le tre scimmiette” col numero di serie 105,
nel 1957: la serie Garzanti al tempo raccoglieva alcune delle opere
migliori in circolazione, molte delle quali sono poi riapparse in
Mondadori (alcuni Ellery Queen, Boileau & Narcejac, Frederic Brown, etc..), e le traduzioni erano molto buone.
Questo romanzo poliziesco della Mainwaring (il secondo, dopo Murder at Midyears del 1953), scrittrice famosa soprattutto per aver completato il romanzo The Buccaneers di Edith Wharton, è uno splendido esempio di Pastiche, anzi, tra tutti quelli letti, è forse il migliore.
Parla di una traversata in mare a bordo del
Florabunda una splendida nave da crociera. Oltre molti altri passeggeri,
per un caso vi si trovano radunati alcuni dei migliori detectives in
circolazione. E neanche a farlo apposta, vengono coinvolti ovviamente,
quando a bordo viene assassinato un cronista, tale Paul Price, ucciso
con un mortale colpo di sfollagente alla testa: particolarità rilevante è
che sotto al cadavere, viene trovata una sciarpa gialla e rossa ed una
pipa; nella sua cabina un assegno firmato da altro passeggero; e poi
possibili ricatti dello stesso assassinato ad altri personaggi, tra cui
la nobildonna Lady Chip-Ebberly; e ancora altri possibili indiziati, tra
cui la nipote del cronista, il commissario di bordo, il capitano della
nave (un pazzoide), il primo ufficiale Waggish, il medico di bordo (che
compone e declama improbabili versi), un’attrice di costumi alquanto
facili.
Due vecchiette credono di aver sentito
intorno alla mezzanotte ed un quarto, il rumore come di qualcosa che
veniva trascinato (probabilmente il corpo): sono queste le prime
testimonianze. Poi sono trovati degli appunti che fanno pensare a del
contrabbando di armi nucleari, salvo poi accorgersi che si trattava solo
di giochi riservati ai bambini.
Intanto c’è gente che cade per le scale,
gente che scivola, gente che incespica; l’assegno di quindicimila
dollari firmati da Anderson, un uomo d’affari americano, viene da questi
buttato controvento in mare, per venire poi ributtato sulla nave; la
sciarpa, trovata, viene rubata.
Ai nove detectives il compito di fare
chiarezza, ma..come? Ecco allora la trovata della Mainwaring: non solo
ogni detective si vedrà riservato un capitolo, e condurrà le indagini a
modo suo, scovando col proprio metodo d’indagine, ciò che gli altri
hanno tralasciato, ma di ognuno di essi cioè Trajan Beare, Spike
Bludgeon, Mallory King, Sir John Nappleby, Jerry Pason, Atlas Poireau,
Lord Simon Quinsley, Miss Fan Sliver, Broderick Tournier, sarà imitato
alla perfezione lo stile letterario, utilizzato dai rispettivi autori;
così la immedesimazione dei personaggi parodistici è totale: essi
parlano, si muovono e investigano, utilizzando la stessa padronanza
lessicale e gli stessi procedimenti deduttivi delle copie da cui
prendono le mosse.
Una mimesi stilistica in cui emergono
prepotentemente le figure, argutamente tratteggiate, di Miss Fan Sliver
che come Miss Silver della Wentworth, sferruzza a maglia; di Atlas
Poireau che riserva alle sue cellule grigie il compito di fare ordine
nel caos, come il Poirot di Agatha Christie; di Sir John Nappleby che
come l’Appleby di Michael Innes, è versato ad una cultura non di
maniera, citando a piene mani scrittori e poeti; fino al Mallory King,
che come il suo originario Ellery Queen (King-Queen), vede l’indagine
come una concatenazione di indizi, spesso segreti, magari legati da una
filastrocca. Accanto a questi vi sono gli altri: efficacissimo è lo
stile con cui Mainwaring, imitando lo stile Hard Boiled, descrive Spike
Bludgeon (che come il suo Spike Hammer vorrebbe sistemare tutte le cose
solo con la propria pistola e i suoi cazzotti), e il mondo che lo
circonda (“la nebbia era simile ad un sudore grigio..l’oceano ad una
brodaglia unta..che danno alla Bowery con lo spezzatino da due soldi”, pag. 156);
le verità e mezze verità che solo un grande avvocato come Jerry Pason
(ovviamente deriva dal Perry Mason di Gardner) riesce a distillare; o
anche il rigore con cui i fatti vengono esposti e riassunti dal
mastodontico Trajan Beare che come l’originario Nero Wolfe ( Bear= Orso,
Wolf=Lupo) di Rex Stout, è allergico al movimento fisico e neanche
parteciperebbe alle indagini se Ernie Woodbin (Archie Goodwin) non gli
ricordasse che se il delitto non potesse essere risolto la stessa nave
verrebbe messa in quarantena e quindi non potrebbe attraccare allo
scalo.
Molto efficaci anche gli stili con cui
vengono tratteggiati Broderick Tournier (dal Roderick Alleyn di Ngaio
Marsh) e Lord Simon Quinsley (dal Lord Peter Wimsey di Dorothy Sayers).
Anzi sarà proprio quest’ultimo a riunire le esperienze deduttive
maturate dagli altri: la sciarpa di lana gialla e rossa era stata fatta a
mano ed era di proprietà di un giovane cameriere che poi, persala e
vistala sotto il cadavere, per timore di essere collegato alla vicenda
l’aveva rubata; la sciarpa era stata trovata dall’assassino e posta
sotto il cadavere perché potesse ispirare qualcuno dei detectives (la
vittima era stata paragonata ad un topo, e allora viene alla mente il
Pifferaio di Hamrin che col suo piffero uccideva i topi buttandoli in
mare: egli aveva una sciarpa gialla e rossa con attaccata ad una
estremità una pipa; su un articolo che viene attribuito alla stessa
vittima, c’è un pezzo apocrifo che fa riferimento a Gib, un tale
criminale che Price avrebbe scoperto a bordo, che poi si scopre essere
un modo per dire Gatto. Il gatto mangia i topi, cioè Price. C’è un
tentativo di contrabbandare dei diamanti ed anche questo Price aveva
scoperto e stava utilizzando per altro ricatto: il tentativo viene
rivelato grazie ad un gomitolo di lana grigia, etc etc.
Lord Quinsley individuerà l’assassino, il
meno individuabile ( dopo aver sentito declamare il medico di bordo, ma
non è lui), che riuscirà a scappare e rifugiarsi su un’isola fuori delle
rotte e nota solo a lui, grazie ad una scialuppa di salvataggio.
Il romanzo è assai godibile, e come detto,
godibile è soprattutto la maniera con cui la Mainwaring imita lo stile
che gli scrittori originari hanno usato per rappresentare le storie dei
propri eroi.
Direi però, ai lettori che si accingessero a
leggere il romanzo, di non leggerlo in una botta sola, ma capitolo per
capitolo: perché solo così possono godere della mimesi stilistica di
ciascuno dei personaggi originari, immergendosi e gustando, vorrei dire
centellinando, l’atmosfera artificiosa ma splendidamente ricreata da
Marion Mainwaring.
E anche per un altro motivo, molto più legato
alla lettura: il continuo salto di stile da capitolo a capitolo può
tendere a far perdere il filo logico del ragionamento, che non è mai
uno, ma molteplice. Quindi secondo me, in un romanzo quale questo,
andare piano e leggere con attenzione, magari facendo il punto ogni
volta che si passa di palo in frasca, è quantomeno utile. In questo
modo, il finale, che sembra cadere dal cielo (Quinsley individua delle
cose che solo lui vede, mentre il povero lettore può solo accettare la
soluzione così come viene prospettaa, senza tentare minimamente di
batterlo sul tempo), non coglierà del tutto impreparati.
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