giovedì 29 novembre 2018

Philip MacDonald : Fine di un sogno (Dream No More, 1956) - Edgar Award


Mi ha particolarmente colpito un racconto lessi una domenica mattina, mentre anni fa facevo compagnia alla mia anziana madre.
A casa dei miei ho una ricchissima collezione oltre che di romanzi gialli, anche di stagioni mondadoriane, per cui, quando mi trovo lì e voglio ingannare il tempo, sovente ne prendo una e scelgo a caso un racconto. Il racconto preso in esame è stato uno di Philip MacDonald : “Fine di un sogno”, Dream no more, su Estate Gialla 1968.
Dico subito che eccezionalmente, sviscererò i due racconti dall’inizio alla fine, perché trattasi di una riflessione testuale, e quindi rivelerò la fine. Quindi nel caso ci sia chi non voglia saperla prima di aver letto i racconti (sempre che possegga le fonti, già cosa alquanto difficile) è pregato di non leggere oltre.
Il racconto mi ha spiazzato non poco. E non a caso: nel 1956 vinse l'Edgard Allan Poe per the Best Short Story.

John Garroway e Gavin Rhodes si stanno dirigendo alla villa sul mare di proprietà dei Garroway: nella splendida villa a picco sul mare, con cui comunica per tramite di una scala ripida tagliata anche nella roccia e che ha una piccola spiaggia privata, vive la madre di John. Sola, con una donna mulatta che le fa da governante, dopo la morte del padre di John.
Arrivati lì, ben presto si instaura una tensione palpabile tra la madre di John e Gavin, professore di inglese di John, e laureato in filosofia, che pare avere sull’amico un certo potere: lui sa tutto, è un conversatore brillante e riesce persino in un momento a diventare amicone del cane dei Garroway, un Rottweiler, tanto che quello si dimentica subito dei padroni per stare con lui; la padrona di casa invece inspiegabilmente gli è ostile, tanto da divenire persino villana, cosa che non è da lei. Rimbrottata dal figlio, si scusa con l’ospite, invitato anche da lei ora a rimanere presso di loro.
I giorni trascorrono incantevoli a El Morro Beach, in un luogo di sogno e le vecchie acredini sembrano sorpassate. Un bel giorno qualcosa incrina questo sogno: John ha uno spaventoso incidente con la vecchia auto della madre e per poco non resta ucciso. Sia la madre di John che Gavin rimangono estremamente colpiti dalla dinamica. Comunque sia, pare che il rapporto tra Gavin e la madre di John, più o meno della stessa età, 50 anni lei e 44 lui, sia destinato a calmarsi: lui ha fatto in modo che John uscisse con Betty Lou una ragazza innamoratissima di lui e poi qualche giorno dopo, uscendo e andando in città, ha comprato dei regali per i due. Ha comprato però anche dell’altro: una capsula gialla, e dei cristalli da un emporio di articoli per il giardino e la casa. Un po’ del contenuto lo metterà poi nella capsula sigillandola. La capsula è dello stesso colore e forma di alcune capsule di vitamine che assume la madre di John. Tutto il resto del contenuto viene bruciato da Gavin nell’inceneritore. Il fine è chiaro: avvelenare la madre. Coglie l’occasione qualche tempo dopo quando “casualmente” fa rovesciare il contenuto del flacone delle capsule, sostituendo la capsula venefica con una normale, che poi distrugge. A questo punto è chiaro che anche l’incidente con l’auto è stato da lui premeditato, tramite un sabotaggio dei freni. Cosa può avere Gavin contro John e contro la madre?
Fatto sta che alla morte della signora Garroway Gavin non assiste, perché scendendo senza pensieri la scala che dalla villa conduce al mare, inciampa e si spezza l’osso del collo. Casualità? Nient’affatto! La madre di John, accorsa sul luogo della caduta, prima di chiamare il figlio dopo essersi accertata della morte di Gavin, toglie il fil di ferro che ha lasciato teso a livello del gradino per poi occultarlo nella cesta del giardino assieme alle cesoie.
Poi di notte, dopo che il cadavere è stato rimosso, dopo che Mollie e John sono aletto sotto l’azione di un sedativo prescritto dal medico di famiglia, la madre va in cucina e nel lavabo, acceso il distruttore dei rifiuti, versa il contenuto del flacone e attende fino a quando l’ultima capsula è ridotta in polvere. Poi fa scorrere l’acqua e va via.
Dicevo che il racconto mi ha spiazzato non poco.
Innanzitutto un contrasto fortissimo tra l’idillio di un luogo  da sogno, El Morro Beach (località che compare anche in un romanzo) e il contrasto sotterraneo ma violentissimo tra la Signora Garroway e Gavin Rhodes: oggetto del contendere è il figlio, John. Vari i sentimenti che si oppongono: l’amore e la gelosia. La madre è gelosa del rapporto tra Gavin e John e teme che la influenza psicologica fortissima, una sorta di plagio, che Gavin ha su John, possa avere come contraccolpo la sua eliminazione e quella di Betty Lou, la fidanzata di John. John  rimprovera alla madre l’eccessivo contrasto nei confronti dell’amico, e l’amico ha nei confronti della madre quasi identici motivi, resi più violenti dalla volontà di divenire lui padrone di quel posto, eliminando fisicamente la donna che si oppone al suo rapporto col figlio, ed ereditando il tutto.
Ma alla base di tutto cosa c’è? Perché si comporta così Gavin e perché la madre di John non lo sopporta ? Alla prima lettura non l’ho capito, anzi posso dire che il mio senso di disorientamento è stato fortissimo perché ad un certo punto non si riesce proprio capire perché sia un racconto poliziesco; poi improvvisamente assistiamo ad una spirale di violenze e ad atteggiamenti che apparentemente non avrebbero una spiegazione. Spiegazione che si trova, solo rileggendo il brano, stando attenti non a quello che fanno due galli del pollaio, ma a quello che dice la gallina, cioè John. La sua difesa appassionata di Gavin, i suoi commenti estatici (per esempio…“Che uomo straordinario!”) che noi aspetteremmo da una donna, ci fanno comprendere l’ambivalenza del loro rapporto, che ha connotati ambiguamente omosessuali. Una volta che si capisce questo, si è capito tutto. L’autore però non dice mai espressamente che si tratta di un rapporto omosessuale, semmai attraverso il suo stile letterario interviene qua e là a insinuare con atteggiamenti psicologici l’esistenza di un quid da non sottovalutare. Che a sua volta spiega anche l’atteggiamento protezionistico della madre.
In fin dei conti i due elementi forti sono Gavin e la madre e in mezzo c’è il figlio ventenne, cresciuto senza padre. Philip MacDonald senza mai esaltare l’atteggiamento della madre, tuttavia da a Gavin una connotazione negativa: è lui che tenta di uccidere la donna riuscendo quasi ad uccidere John e quando capisce tragicamente di aver sbagliato la sua reazione fa capire che a John ci tiene veramente, anche se a lui interessa veramente che il potere che lui manifesta nei confronti di John non venga affievolito dall’intervento di altri. Ora  che si tratti di atteggiamento omosessuale o no (conversando con Mauro Boncompagni lui mi ha confermato che i sottili indizi di cui parlava lui in uno Speciale circa tredici anni fa, andavano in questa direzione), il corruttore, l’istigatore che istiga facendo in modo che ad agire sia sempre l’altro, è sempre lui. La madre agisce negativamente certo, ma pur sempre si potrebbe associare al suo atteggiamento quello di una legittima difesa: legittima difesa dell’identità psicologica del figlio (debole ed incapace di capire) e legittima difesa della sua vita. Anche se un ulteriore aspetto dell’atteggiamento protezionistico della madre si potrebbe spiegare con la reazione a chi ti voglia portare via da te, il tuo unico bene: non a caso in un inciso all’inizio del racconto lei rimprovera al figlio di averle tolto tutte le speranze che lei coltivava da tempo di poter avere il figlio tutto per sé. E del resto non si potrebbe capire, se non si prendesse in esame il rapporto omosessuale, in cui Gavin è parte attiva e John parte passiva, il perché Gavin ambisca, eliminando la madre di John, a El Morro Beach.
Nell’ambito dello scontro tra i due personaggi dominanti (Gavin che non vuole rinunciare alla sudditanza psicologica di John e alla sua vicinanza, la madre che non vuole rinunciare alla sua importanza nella vita affettiva del figlio), in un punto però MacDonald tende ad attribuire all’uomo una sincerità d’intenti quasi provocatoria, sarcastica direi, che la donna non esprime, quando lui afferma che la fatale credenza per cui gli individui che sono simpatici ai bambini (John) e ai cani (Gill) siano individui schietti e fidati, non elimina la possibilità che lui abbia intenzione magari di compiere un reato: qualcosa più su vasta scala, rispetto a rubare l’argenteria.
Un’altra cosa insinua il sospetto che il rapporto a due sia di natura omosessuale: il fatto che non vi siano altri personaggi femminili nella storia, oltre alla madre. Betty Lou fugacemente è ricordata, ma non prende parte agli eventi, e una sera esce con John solo perché Gavin gli ha detto di farlo. E se Gavin non è legato a lui da un rapporto omosessuale, è tuttavia legato da un rapporto dominante-dominato.
A questo punto è chiaro che l’indizio sottilissimo che via via si manifesta, pur restando sempre alquanto impalpabile, vista la scabrosità soprattutto nei tempi in cui viene ambientato, gli anni ’50, è l’omosessualità maschile, di cui in questi due racconti si esplora soprattutto il rapporto di sudditanza psicologica, di dominazione, esistente tra i due soggetti. Gavin domina psicologicamente l’amico più fragile: è lui l’individuo dominante nella coppia mentre l’altro è il soggetto passivo, più fragile. Il trasporto con cui ne parla alla madre, insinua subito in lei (il famoso sesto senso femminile) il sospetto che i due più che essere amici siano amanti. E quindi la donna decide di rompere quel rapporto perché sa che il figlio ama anche la ragazza Betty Lou. Così se  Gavin è probabilmente un omosessuale convinto, John è un bisex, oppure è solo attratto dalla forza mascolina. Gavin vuole evitare che la parte etero abbia il sopravvento in John e perciò deve eliminare la causa, cioè deve eliminare la madre di John: così facendo, unisce ad un desiderio che è quello di possesso del giovane, anche quello del luogo, cioè l’interesse economico. Che non è detto che non sia secondario al primo.
Solo che la madre di John ha capito tutto in occasione dell’incidente dell’auto, e decide di rispondere colpo a colpo a Gavin: capisce cioè di essere stata la vittima predestinata salva per miracolo e quindi passa all’azione, uccidendolo in maniera subdola.
Racconto veramente mirabile nella resa e nella scrittura, colpisce come un pugno nello stomaco, soprattutto per la freddezza della donna, che riesce a simulare più di quanto abbia fatto il suo antagonista, e a mettere in piedi un delitto perfetto, mascherato da incidente.

Pietro De Palma

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