Mi
ha particolarmente colpito un racconto lessi una domenica mattina, mentre anni
fa facevo compagnia alla mia anziana madre.
A
casa dei miei ho una ricchissima collezione oltre che di romanzi gialli, anche
di stagioni mondadoriane, per cui, quando mi trovo lì e voglio ingannare il
tempo, sovente ne prendo una e scelgo a caso un racconto. Il racconto preso in
esame è stato uno di Philip MacDonald : “Fine di un sogno”, Dream no more, su
Estate Gialla 1968.
Dico
subito che eccezionalmente, sviscererò i due racconti dall’inizio alla fine,
perché trattasi di una riflessione testuale, e quindi rivelerò la fine. Quindi nel caso ci sia chi non voglia saperla prima di aver
letto i racconti (sempre che possegga le fonti, già cosa alquanto difficile) è
pregato di non leggere oltre.
Il racconto mi ha spiazzato non poco. E non a caso: nel 1956 vinse l'Edgard Allan Poe per the
Best Short Story.
John
Garroway e Gavin Rhodes si stanno dirigendo alla villa sul mare di proprietà
dei Garroway: nella splendida villa a picco sul mare, con cui comunica per
tramite di una scala ripida tagliata anche nella roccia e che ha una piccola
spiaggia privata, vive la madre di John. Sola, con una donna mulatta che le fa
da governante, dopo la morte del padre di John.
Arrivati
lì, ben presto si instaura una tensione palpabile tra la madre di John e Gavin,
professore di inglese di John, e laureato in filosofia, che pare avere
sull’amico un certo potere: lui sa tutto, è un conversatore brillante e riesce
persino in un momento a diventare amicone del cane dei Garroway, un Rottweiler,
tanto che quello si dimentica subito dei padroni per stare con lui; la padrona
di casa invece inspiegabilmente gli è ostile, tanto da divenire persino
villana, cosa che non è da lei. Rimbrottata dal figlio, si scusa con l’ospite,
invitato anche da lei ora a rimanere presso di loro.
I
giorni trascorrono incantevoli a El Morro Beach, in un luogo di sogno e le
vecchie acredini sembrano sorpassate. Un bel giorno qualcosa incrina questo
sogno: John ha uno spaventoso incidente con la vecchia auto della madre e per
poco non resta ucciso. Sia la madre di John che Gavin rimangono estremamente
colpiti dalla dinamica. Comunque sia, pare che il rapporto tra Gavin e la madre
di John, più o meno della stessa età, 50 anni lei e 44 lui, sia destinato a
calmarsi: lui ha fatto in modo che John uscisse con Betty Lou una ragazza
innamoratissima di lui e poi qualche giorno dopo, uscendo e andando in città,
ha comprato dei regali per i due. Ha comprato però anche dell’altro: una
capsula gialla, e dei cristalli da un emporio di articoli per il giardino e la
casa. Un po’ del contenuto lo metterà poi nella capsula sigillandola. La
capsula è dello stesso colore e forma di alcune capsule di vitamine che assume
la madre di John. Tutto il resto del contenuto viene bruciato da Gavin
nell’inceneritore. Il fine è chiaro: avvelenare la madre. Coglie l’occasione
qualche tempo dopo quando “casualmente” fa rovesciare il contenuto del flacone
delle capsule, sostituendo la capsula venefica con una normale, che poi
distrugge. A questo punto è chiaro che anche l’incidente con l’auto è stato da
lui premeditato, tramite un sabotaggio dei freni. Cosa può avere Gavin contro
John e contro la madre?
Fatto
sta che alla morte della signora Garroway Gavin non assiste, perché scendendo
senza pensieri la scala che dalla villa conduce al mare, inciampa e si spezza
l’osso del collo. Casualità? Nient’affatto! La madre di John, accorsa sul luogo
della caduta, prima di chiamare il figlio dopo essersi accertata della morte di
Gavin, toglie il fil di ferro che ha lasciato teso a livello del gradino per
poi occultarlo nella cesta del giardino assieme alle cesoie.
Poi
di notte, dopo che il cadavere è stato rimosso, dopo che Mollie e John sono
aletto sotto l’azione di un sedativo prescritto dal medico di famiglia, la
madre va in cucina e nel lavabo, acceso il distruttore dei rifiuti, versa il
contenuto del flacone e attende fino a quando l’ultima capsula è ridotta in
polvere. Poi fa scorrere l’acqua e va via.
Dicevo
che il racconto mi ha spiazzato non poco.
Innanzitutto
un contrasto fortissimo tra l’idillio di un luogo da sogno, El Morro
Beach (località che compare anche in un romanzo) e il contrasto sotterraneo ma
violentissimo tra la Signora Garroway e Gavin Rhodes: oggetto del contendere è
il figlio, John. Vari i sentimenti che si oppongono: l’amore e la gelosia. La
madre è gelosa del rapporto tra Gavin e John e teme che la influenza
psicologica fortissima, una sorta di plagio, che Gavin ha su John, possa avere
come contraccolpo la sua eliminazione e quella di Betty Lou, la fidanzata di
John. John rimprovera alla madre l’eccessivo contrasto nei confronti dell’amico,
e l’amico ha nei confronti della madre quasi identici motivi, resi più violenti
dalla volontà di divenire lui padrone di quel posto, eliminando fisicamente la
donna che si oppone al suo rapporto col figlio, ed ereditando il tutto.
Ma
alla base di tutto cosa c’è? Perché si comporta così Gavin e perché la madre di
John non lo sopporta ? Alla prima lettura non l’ho capito, anzi posso dire che
il mio senso di disorientamento è stato fortissimo perché ad un certo punto non
si riesce proprio capire perché sia un racconto poliziesco; poi improvvisamente
assistiamo ad una spirale di violenze e ad atteggiamenti che apparentemente non
avrebbero una spiegazione. Spiegazione che si trova, solo rileggendo il brano,
stando attenti non a quello che fanno due galli del pollaio, ma a quello che
dice la gallina, cioè John. La sua difesa appassionata di Gavin, i suoi
commenti estatici (per esempio…“Che uomo straordinario!”) che noi aspetteremmo
da una donna, ci fanno comprendere l’ambivalenza del loro rapporto, che ha
connotati ambiguamente omosessuali. Una volta che si capisce questo, si è
capito tutto. L’autore però non dice mai espressamente che si tratta di un
rapporto omosessuale, semmai attraverso il suo stile letterario interviene qua
e là a insinuare con atteggiamenti psicologici l’esistenza di un quid da non
sottovalutare. Che a sua volta spiega anche l’atteggiamento protezionistico
della madre.
In
fin dei conti i due elementi forti sono Gavin e la madre e in mezzo c’è il
figlio ventenne, cresciuto senza padre. Philip MacDonald senza mai esaltare
l’atteggiamento della madre, tuttavia da a Gavin una connotazione negativa: è
lui che tenta di uccidere la donna riuscendo quasi ad uccidere John e quando
capisce tragicamente di aver sbagliato la sua reazione fa capire che a John ci
tiene veramente, anche se a lui interessa veramente che il potere che lui
manifesta nei confronti di John non venga affievolito dall’intervento di altri.
Ora che si tratti di atteggiamento omosessuale o no (conversando con
Mauro Boncompagni lui mi ha confermato che i sottili indizi di cui parlava lui
in uno Speciale circa tredici anni fa, andavano in questa direzione), il
corruttore, l’istigatore che istiga facendo in modo che ad agire sia sempre
l’altro, è sempre lui. La madre agisce negativamente certo, ma pur sempre si
potrebbe associare al suo atteggiamento quello di una legittima difesa:
legittima difesa dell’identità psicologica del figlio (debole ed incapace di
capire) e legittima difesa della sua vita. Anche se un ulteriore aspetto dell’atteggiamento
protezionistico della madre si potrebbe spiegare con la reazione a chi ti
voglia portare via da te, il tuo unico bene: non a caso in un inciso all’inizio
del racconto lei rimprovera al figlio di averle tolto tutte le speranze che lei
coltivava da tempo di poter avere il figlio tutto per sé. E del resto non si
potrebbe capire, se non si prendesse in esame il rapporto omosessuale, in cui
Gavin è parte attiva e John parte passiva, il perché Gavin ambisca, eliminando
la madre di John, a El Morro Beach.
Nell’ambito
dello scontro tra i due personaggi dominanti (Gavin che non vuole rinunciare
alla sudditanza psicologica di John e alla sua vicinanza, la madre che non
vuole rinunciare alla sua importanza nella vita affettiva del figlio), in un
punto però MacDonald tende ad attribuire all’uomo una sincerità d’intenti quasi
provocatoria, sarcastica direi, che la donna non esprime, quando lui afferma
che la fatale credenza per cui gli individui che sono simpatici ai bambini
(John) e ai cani (Gill) siano individui schietti e fidati, non elimina la
possibilità che lui abbia intenzione magari di compiere un reato: qualcosa più
su vasta scala, rispetto a rubare l’argenteria.
Un’altra
cosa insinua il sospetto che il rapporto a due sia di natura omosessuale: il
fatto che non vi siano altri personaggi femminili nella storia, oltre alla
madre. Betty Lou fugacemente è ricordata, ma non prende parte agli eventi, e
una sera esce con John solo perché Gavin gli ha detto di farlo. E se Gavin non
è legato a lui da un rapporto omosessuale, è tuttavia legato da un rapporto
dominante-dominato.
A
questo punto è chiaro che l’indizio sottilissimo che via via si manifesta, pur
restando sempre alquanto impalpabile, vista la scabrosità soprattutto nei tempi
in cui viene ambientato, gli anni ’50, è l’omosessualità maschile, di cui in
questi due racconti si esplora soprattutto il rapporto di sudditanza
psicologica, di dominazione, esistente tra i due soggetti. Gavin domina
psicologicamente l’amico più fragile: è lui l’individuo dominante nella coppia
mentre l’altro è il soggetto passivo, più fragile. Il trasporto con cui ne
parla alla madre, insinua subito in lei (il famoso sesto senso femminile) il
sospetto che i due più che essere amici siano amanti. E quindi la donna decide
di rompere quel rapporto perché sa che il figlio ama anche la ragazza Betty
Lou. Così se Gavin è probabilmente un omosessuale convinto, John è un
bisex, oppure è solo attratto dalla forza mascolina. Gavin vuole evitare che la
parte etero abbia il sopravvento in John e perciò deve eliminare la causa, cioè
deve eliminare la madre di John: così facendo, unisce ad un desiderio che è
quello di possesso del giovane, anche quello del luogo, cioè l’interesse
economico. Che non è detto che non sia secondario al primo.
Solo
che la madre di John ha capito tutto in occasione dell’incidente dell’auto, e
decide di rispondere colpo a colpo a Gavin: capisce cioè di essere stata la
vittima predestinata salva per miracolo e quindi passa all’azione, uccidendolo
in maniera subdola.
Racconto
veramente mirabile nella resa e nella scrittura, colpisce come un pugno nello
stomaco, soprattutto per la freddezza della donna, che riesce a simulare più di
quanto abbia fatto il suo antagonista, e a mettere in piedi un delitto
perfetto, mascherato da incidente.
Pietro
De Palma
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