E’ il ventiquattresimo romanzo con protagonista Sir Roderick Alleyn, di origini nobili, prima Ispettore e ora Sovrintendente di Scotland Yard. E anche questa volta, come in altre passate, ha a che fare con un delitto maturato in una comunità teatrale.
Mary Bellamy è un’attrice di teatro molto nota, che recita con un contratto esclusivo, per la Compagnia di Marchant. Il marito, Sir Charles Templeton è maggiore azionista della società di Marchant, ed è lui che in un momento di difficoltà della Compagnia, immediatamente dopo il secondo conflitto mondiale, è venuto incontro a Marchant sorreggendone le possibilità e permettendo alla sua compagnia di reagire ed affermarsi. E Mary Bellamy recita solo per loro.
Il giorno del compleanno di Bellamy, viene organizzata una sontuosa festa a casa sua e oltre a molti invitati importanti della finanza e dell’aristocrazia, vi sono gli amici più stretti: il regista Timon Gantry; il costumista Bertie Saracen; l’attrice più giovane e partner sulle scene di Bellamy, Pinky Cavendish; il figlioccio di Bellamy e Templeton, Richard Dakers, commediografo; la sua fidanzata Anelida nipote di Octavius Brown, antiquario e libraio, e il colonnello Warrender, amico intimo dei Templeton. Tuttavia il Fato bussa alle porte, perché proprio in quel giorno in cui tutto dovrebbe andare bene… Bellamy prima litiga con Bertie e Pinky nella serra, dopo che lei gli ha regalato il costosissimo profumo “Indifesa”, per ragioni di gelosia (Bellamy vuole essere la Prima Donna della compagnia e non permette che altre possano insidiare la sua posizione di prestigio e predominio nella Compagnia e al tempo stesso pretende che tutti anche i costumisti debbano vestire bene solo lei), poi litiga con Timon, Richard e Anelida, quando viene a sapere che l’ultima commedia scritta da Richard non è stata come le altre dedicata a lei, ma alla fidanzata ed è lei che dovrebbe recitarla, mentre regista ed impresario si darebbero da fare per farla affermare: anche questi passi vengono intesi come un tradimento ed una congiura, per cui bene preso l’atmosfera si arroventa e Anelida e lo zio vengono messi alla porta: se ne va Richard, accompagnando la ragazza e lo zio, e tutti gli altri manifestano segni di insofferenza nei confronti di Mary.
La festa va avanti, e tra i flash dei fotografi ufficiali e i cocktails preparati dai barman, la tragedia si consuma: poco prima dell’apertura dei regali, Florence, la cameriera personale di Mary, grida che la padrona sta molto male e chiede un medico: l’ha trovata per terra agonizzante ma ancora viva. Il tempo che arrivi un dottore presente in sala, ancora brillo, e la tragedia è finita: Mary Bellamy viene ritrovata morta, con il volto distorto in una smorfia orribile, con la lattina dello Slaypest, un insetticida estremamente efficace ma anche estremamente pericoloso, vicino. Sul volto, sul vestito, dappertutto, tracce e rivoli di insetticida, come se la morta se lo si fosse spruzzato per disattenzione addosso. Ma è evidente che questo non sarebbe potuto mai accadere perché Mary era innamorata di se stessa: piuttosto l’avrebbe spruzzato addosso ad altri. L’Ispettore Fox, subdorando qualcosa, chiama immediatamente il suo diretto superiore e amico, il Sovrintendente Alleyn, che comincia col conoscere l’ambiente e poi prosegue interrogando i presenti, mentre Fox si occupa invece della servitù. Emerge che pochi istanti prima che venisse udito dalla governante Old Ninn e dalla cameriera Florence, prima un sibilo e poi un tonfo, era uscito di corsa dalla camera della madre adottiva Richard visibilmente scosso, che poi era scappato via di casa.
E’ inevitabile che i sospetti si appuntino su di lui, anche se non ci si capacita per quale motivo avrebbe ucciso la tutrice; e soprattutto come, visto che dopo la sua andata via, la madre era rimasta avvelenata, e non prima. Tuttavia ben presto Alleyn deve cominciare a districarsi da una foresta di bugie, di mancate ammissioni e di strani comportamenti: innanzitutto benchè prima fossero molto intimi, dopo il ricevimento e prima della morte di Mary, Warrender e Richard da una parte e Templeton dall’altra rifiutano di vedersi in faccia; Old Ninn sospetta di Florence e Florence sospetta di Old Ninn; Florence sospetta anche e soprattutto di Richard; Gantry, Cavendish e Saracen sarebbero esclusi perché erano innanzitutto d’abbasso e per di più non avevano conoscenza degli ambienti della casa; Templeton dopo la morte di Mary ha un collasso e il dottore che aveva rilevato la morte di Mary, il dottor Harkness, che è il medico di Templeton , lo assiste perché non abbia altri più pericolosi attacchi di cuore.
Alleyn
sospetta che non possa essere altro che un omicidio, supposizione già
espressagli dal suo fido Fox: potrebbe essersi trattato in alternativa
di un incidente, ma di suicidio proprio no. Manca infatti una qualsiasi
lettera di addio, e del resto perché avrebbe dovuto farlo nel bel mezzo
di una festa organizzata da lei per il suo trionfo? Restano in piedi le
due ipotesi del delitto e dell’incidente: la seconda supposizione per
quanto possibile, non raccoglie tuttavia le simpatie dei due funzionari
di polizia. Infatti l’insetticida che ha determinato la morte
dell’attrice non è stato irrorato semplicemente ma è stato spruzzato da
vicino, quasi reiterando con uno spruzzo continuo l’azione. Ricadremmo
così nel suicidio, che abbiamo eliminato con altro ragionamento. Ne
consegue che la sola ipotesi attuabile è l’omicidio: solo che manca
l’assassino. Infatti la presenza delle due donne sul pianerottolo, a
meno di non considerarne una delle due l’effettivo omicida, rende la
cosa inattuabile e impossibile.
Roderick è quindi ad un punto morto.
Ci sono poi delle cose che non capisce: sulla toeletta viene ritrovato un mazzetto dio violette, fiori che la morta detestava, e nessuno degli invitati afferma di aver portato, perché tutti sapevano che non piacevano a Bellamy; prima che la morte arrivasse, è stata udita la frase “Il che ti dimostra quanto ti sbagli. Te ne puoi andare quando ti piace e più presto lo farai meglio sarà” pronunciata ad alta voce dall’attrice in modo che tutti sentissero: ma a chi era rivolta?
In più una delle due donne di servizio afferma che il vecchio Templeton è entrato in un certo momento, mentre la moglie era già morta, nella loro camera da letto, cosa che lui si è scordato di dire, per fare qualcosa in bagno (probabilmente per usare il WC), dato che la cameriera ha sentito il rumore del lavandino.
Viene ritrovato nello studio la carta copia di una lettera di Richard che lui si ostina a negare di avere scritto e che Roderick Alleyn ricostruisce con il suo acume; nello studio di casa viene ritrovato un volume sui veleni, in cui è segnata l’informativa sullo Slaypest; Mary Bellamy, prima di scendere giù dagli invitati si era fatto spruzzare addosso il profumo che le aveva regalato Pinky, in gran quantità non dal marito, ma da Warrender, di fronte a lui: perché? Perché Warrender e non il marito? Inoltre, perché sulla toeletta era stato ritrovato il profumo quasi del tutto finito, quando in occasione dell’episodio appena citato, ce n’era ancora parecchio nel flacone?
E soprattutto, come è stato perpetrato l’omicidio, se di omicidio si è trattato?
E quale è stato il movente dell’omicida? Soldi? A ereditare sarebbe il marito, che purtuttavia è favolosamente ricco di suo. Gelosia? Il marito stravedeva per la moglie e le soddisfava tutti i capricci. Malvagità ? Sì indubbiamente. Ma malvagia era diventata lei, la vittima. Anche in questo caso ci troviamo infatti dinanzi ad una vittima che è più malvagia di l’ha uccisa, perché il movente qui è la rabbia, l’odio puro. Scaturito tuttavia da una manifestazione della vittima: se lei non si fosse comportata in un certo modo, se non avesse spifferato una verità tenuta troppo tempo dentro, l’assassino non l’avrebbe soppressa.
Tuttavia il quid maggiore perché si possa arrivare ad individuare l’omicida è l’arma oltre che il movente: qual è stato il mezzo usato per uccidere la donna?
Quando Alleyn capisce di cosa si tratti, lo invierà alla polizia scientifica, che accerterà consistenti tracce dell’insetticida. Ovviamente, a questo punto l’indagine andrà avanti più spedita, perché l’acquisizione dell’arma eliminerà dalla lista dei sospetti alcune persone e ne aggiungerà altre. Finchè in un colpo di scena finale, dopo che è stata data ai lettori in pasto un’altra falsa pista, Alleyn rivelerà il nome dell’assassino.
Romanzo splendido.
Mi stupisco ancora della maestria della Marsh nel riuscire a trattare in maniera tanto sapiente tanti personaggi, dando ad ognuno un suo rilievo e una sua funzione: qui, anche quelli che per la stessa azione della tragedia, e per i paletti imposti dalla sceneggiatura, non prendono parte attiva all’azione delittuosa anzi ne sono estromessi sin dall’inizio, ossia Gantry, Cavendish e Saracen, hanno una loro parte ben precisa nel definire la personalità di Mary e le sue peculiarità in quanto dirigente della compagnia: infatti, le azioni che deteneva all’inizio Charles, sono state da questi, per le sue precarie condizioni cardiache, trasferite alla moglie, temendo di morire, lasciando sulla strada Mary. Quindi è lei ad influire sulle scelte della compagnia, e quelle che sembravano delle bizze e delle prese di posizione da Prima Donna, alla fine, proprio per l’atteggiamento di Gantry, Cavendish e Saracen, e per l’intervento tardivo di Montague Marchant, vengono definite nella giusta luce. E hanno anche loro la loro importanza nel far schiarire i contorni del dramma.
E’ un romanzo più classico che non si può, sempre nell’ottica dei romanzi della Marsh: c’è una introduzione in cui vengono presentati i vari personaggi del dramma, poi l’azione vera e propria in cui si delineano le linee guida dell’azione delittuosa; e qui termina la prima parte. La seconda comincia con l’entrata in scena di Alleyn e comincia l’indagine: viene adombrato un primo colpevole e presentata una prima falsa pista, poi si punta sulla presenza di due persone sul pianerottolo e quindi vengono presentate altre due false piste, per arrivare quindi ad insinuare che l’omicida possa essere un altro ancora, fino ad arrivare all’individuazione del vero. Tuttavia la catarsi, come ogni tragedia, qui non c’è, o meglio non c’è un secondo finale più sereno: qui il secondo finale (il primo è coinciso con l’individuazione dell’assassino) coincide con la cerimonia del funerale, e il romanzo finisce con una nota mesta ma d’effetto.
Mike Grost, uno dei più grandi critici americani, lo definisce il capolavoro della Marsh: “It combines a well constructed, intricate plot with a delightful look at theater people”. Io non so se sia il migliore, ma sicuramente è uno dei migliori. Possiede un plot molto intricato, in cui gli indizi sono di natura psicogica più che reale, e cosa interessante, ha una struttura che ricorda un altro romanzo basato su un ambiente teatrale, ma di Crispin: The Gilded Fly. Anche lì la vittima che è la prima donna, è un mostro in grado di fagocitare e distruggere tutti, finche uno dei tanti, un cane di paglia, che non avrebbe mai fatto quello che fa se il mostro non avesse suscitato in lui la rabbia, prende fuoco ed elimina il mostro. E l’azione fino al delitto è molto simile, seppure con tutti i distinguo: è l’assassino che è diverso, e quindi anche l’indagine.
La caratteristica tuttavia che mi sembra più interessante è quella del ritorno dell’erede, una peculiarità che è tipica dei romanzi classici britannici: da Heyer a Christie, ad altri autori, fa sempre capolino l’elemento dalla doppia personalità che pertanto entra al momento opportuno nella scena, condizionando la risoluzione. Qui la particolarità risiede nel fatto che non c’è il ritorno dell’erede, perché il figlio acquisito c’è già, quanto invece il ritorno dei genitori, i due Dakers, che ritenuti morti, invece…non lo erano affatto. Il bello è che nessuno dei due è l’assassino, ma proprio l’apparizione degli effettivi genitori scatenerà la rabbia e l’odio dell’assassino.
L’assassino in fondo è un personaggio molto umano: la Marsh è come se lo scusasse, perché, come in molti altri romanzi di altri autori, forse l’assassino è meno colpevole della sua vittima, e la sua stessa azione riprovevole (la morte con un veleno quale il tetrafosfato di esaetile è rapida ma estrememente dolorosa) in fondo viene vista come un’azione necessaria e derivata dalla peronalità disturbata della Bellamy. E mai come in questo romanzo, l’assassino è il personaggio meno presente e la cui personalità è la meno pronunciata dell’intero parco dei personaggi. E come un cane di paglia che prende fuoco ma consuma se stesso, così l’assassino oltre a determinare l’altrui distruzione completerà la sua, consumandosi.
Un ultima nota riguarda la cattivera e la caustica ironia della Marsh nell’aver scelto lo Slaypest quale arma di morte: come lo Slaypest viene usato nel romanzo per eliminare gli insetti che possano infestare le azalee, così Mary Bellamy viene eminata perchè non infesti l’ambiente delle persone che la circondano. In sostanza Mary Bellamy viene paragonata ad un insetto infestante.
Nessun commento:
Posta un commento