sabato 12 gennaio 2019

Clayton Rawson – Da un’altro mondo (From Another World, 1948) - trad. Attilio Veraldi - in "La Quintessenza di Ellery Queen" a cura di Anthony Boucher - Feltrinelli, 1965

Tra tutti i racconti presentati nell’antologia italiana (ridotta), tratta da quella approntata da Boucher, io parlerò del racconto di Clayton Rawson.
Per me Rawson è il solo autore, che nell’ambito dei misteri della Locked Room, possa stare e storicamente e inventivamente alla pari di Carr, sullo stesso suo piano. In sostanza, Rawson, che ha un evidente gap di qualità letteraria delle sue storie, sempre troppo fredde, prive di quell’afflato divino che hanno le opere carriane, dense di straordinarie atmosfere, annullano il gap in forza di una straordinaria inventiva che ammutolisce i più scettici, derivante dall’attività principale di Rawson, quella di illusionista.
Alcuni critici, soprattutto americani, per esempio Mike Grost, lo sottovalutano, perché nella struttura del testo, non dà importanza a determinati soggetti, per esempio i testimoni, o non enfatizza le descrizioni, sminuendo queste componenti all’essenziale e concentrando invece tutta la sua attenzione sull’immaginazione del plot. Rawson, in altre parole, focalizza la sua attenzione sulla ricerca di tutti quegli effetti atti a stupire a tutti i costi il lettore proponendo delle sfide impossibili, fatte di piccoli particolari, che rendono però le sue opere, a mio parere, assolutamente visionarie. Un po’ come quello che accade in certi romanzi di Paul Halter, scrittore che condivide una certa dicotomia di giudizi, alcuni troppo entusiastici, altri troppo critici. Non a caso l’illusione entra di prepotenza in molte sue opere che sono dei veri e propri capisaldi del mystery più cerebrale, quello della Camera Chiusa.
Tra i racconti presentati nella straordinaria antologia di Boucher, La Quintessenza di Ellery Queen, definita al tempo della pubblicazione, dal New York Times, “The best anthology of mystery stories that has ever been published”, quello che per me, meglio può rappresentare la visionarietà più estrema dell’immaginazione, è lo strepitoso From Another World (inserito nella raccolta, pubblicata postuma, del 1979, “The Great Merlini”, ma pubblicato originariamente nel 1948), tradotto in italiano col titolo “Da un altro mondo”.
Qui in sostanza c’è un mistero proposto a Il Grande Merlini, un grande illusionista, che ogni tanto aiuta la polizia, al risolvere autentiche sfide impossibili.
Andrew Drake è un riccone, che, come tutti i ricconi in America, fa beneficenza. Si è messo prima a strombazzare che sovvenzionerà ricerche sul cancro della portata di 15 milioni di dollari, ma ora si è messo in testa di sovvenzionare la PES (o ESP), cioè le Percezioni Extra Sensoriali. Qualcuno gli sta cercando di far credere che potrebbe, con la forza del pensiero, materializzare dal nulla delle cose reali: è Rosa Rhine, una famosa medium. Rosa mira però a ben altro: vorrebbe irretirlo, per riuscire a sposarlo e sistemarsi “vita natural durante”. Perciò organizza un bello spettacolino: alla presenza di Drake, materializzerà delle cose che non esistono nella stanza. Tuttavia, qualcosa non va nel verso giusto. Infatti, Ross, amico di  Merlini e narratore delle avventure di quello, è invitato a casa Drake, ma, giunto dinanzi alla porta di casa, si trova un tal Garrett, medico, che sta cercando di suonare al campanello di casa, estremamente preoccupato. Gli racconta di aver ricevuto una telefonata poco prima da Drake che, rantolando, gli mormorava di stare per morire.
Entrati in casa, si trovano dinanzi ad una prima impossibilità: Drake è chiuso nella sua stanza e non c’è modo di entrarvi. Per cui, cercano di entrare abbattendo la porta. Quando vi riescono, Ross sente un rumore di carta stracciata. Immediatamente dopo entrambi sono dentro la stanza, e trovano Drake morto, pugnalato, con un telefono rovesciato vicino, due lumache sul tavolo, e la bella Rosa Rhine, in un costume da bagno aderentissimo, svenuta. Nessun altro nella stanza. Ross Harte, il narratore, amico di Merlini, quando è entrato nella stanza, si è accorto che l’unica finestra è stata sigillata con carta gommata, e che pure la porta lo era, prima che loro entrassero, sfondando porta e stipite. Appena cercano di risvegliare la bella medium, quella comincia a gridare a più non posso, segno di shock.ellery_queens_mystery_194806.jpg
Ovviamente, Homer Gavigan, Ispettore della Polizia di New York, non crede alla sua innocenza; l’unico che prenda in esame la sua estraneità alla vicenda è Merlini. Tuttavia la bella Rosa stava cercando di buggerare il vecchio Drake col trucco delle cose ingoiate e poi ributtate fuori, quando dev’essere accaduto qualcosa: lei si ricorda solo che il vecchio aveva un’espressione sorpresa e spaventata (poco prima che lei perdesse i sensi, per un colpo alla nuca) per qualcosa che aveva visto alle spalle di lei. Gavigan non ci crede, mentre Merlini è perplesso.
Le prove a discapito della bella Rosa sembrerebbero schiaccianti : è stata trovata assieme al cadavere del vecchio, in una stanza non chiusa semplicemente ma sigillata dal di dentro, senza che altri siano stati trovati al di dentro o che siano potuti scappare; non ci sono aperture o porte segrete nascoste; per sigillare la stanza è stata usata della carta gommata, poi trovata lacerata intorno alla sagoma della porta; l’arma dell’assassinio infine è stata trovata: si tratta di un tagliacarte di bronzo sporco di sangue. Cosa volere di più? Dirà Ross Harte all’amico: “…Una stanza sigillata, Merlini. Una stanza sigillata che sfida tutte le stanze sigillate” (op. cit. pag.129). Come dire insomma..”il massimo del genere”.
Ma la cosa strana agli occhi di Merlini (e anche del lettore) è che Rosa Rhine era forse l’unica persona nel parco di quelle con un qualche interesse per la morte del vecchio Drake, a non averne: è evidente che uccidendolo, uccideva “la sua gallina dalle uova d’oro”. Mentre per Paul Kendrick, innamorato di Elinor Drake, la morte del vecchio spiana il suo matrimonio con Elinor, che il milionario non accettava. E ovviamente anche Elinor in fondo trae benefici dalla morte del padre. E Isabelle Potter, la segretaria della Società di Ricerche Psichiche, che ha accompagnato a casa Drake, Rosa, c’entra qualcosa? Aveva parlato di entità maligne che avrebbero sopraffatto quelle benigne evocate dall’amica e poi ucciso Drake. E Garrett c’entra qualcosa? Ma se il vecchio fosse morto lui avrebbe ricevuto un danno, perché perorava le ricerche sul cancro. Insomma..un bel coacervo di sospetti, sospettabili e innocenti, non si sa fino a che.
 E’ evidente che per venirne a capo Il Grande Merlini dovrà estrarre dal suo cappello a cilindro una soluzione a prova di bomba, che soddisfi le due impossibilità:
1) stanza chiusa dal di dentro anzi sigillata con carta gommata
2) nessun altro al dentro della stanza eccetto il cadavere ed il(la) probabile assassino(a).
La due impossibilità diventano addirittura tre quando si scopre dall’autopsia che il colpo inferto al torace a Drake, ha colpito una costola: l’arma in altre parole si è spuntata. Non ci sarebbe grande stupore se non si scoprisse che..la punta di metallo estratta dalla costola non è di bronzo ma di acciaio. Insomma…un’arma trovata che sembrerebbe ora non essere l’arma dell’omicidio ed un’altra arma..fantasma, sparita dalla scena del delitto. Così le impossibilità diventano tre:
1) stanza chiusa dal di dentro anzi sigillata con carta gommata
2) nessun altro al dentro della stanza eccetto il cadavere ed il(la) probabile assassino(a).
3) arma fantasma.
Il Grande Merlini risolverà il rompicapo fornendo una spiegazione semplicissima, perché in sostanza tutto il plot – egli spiegherà – si basa su un’illusione. Dopo aver escluso via via gli altri, indicherà in X il vero assassino, partorendo una soluzione, che in fondo tiene conto dello storico detto holmesiano, datato ma sempre valido: “When you have eliminated the impossible, whatever remains, however improbable, must be the truth (=Quando hai eliminato l’impossibile, ciò che rimane, per quanto improbabile, deve essere la verità) . La celebre sentenza di Holmes, verrà migliorata da Merlini che esclamerà : “Non credere a tutto ciò che vedi è un ottimo consiglio; ma ce n’è uno ancora migliore: Non credere a ciò che pensi” (op. cit. pag.143).
E’ opinione diffusa che Clayton Rawson abbia eccelso nei racconti, perché probabilmente soddisfacevano alla sua volontà di creare un problema virtualmente irrisolvibile, per poi fornirne la soluzione, in poche pagine, senza stare a dilungarsi in descrizioni psicologiche e di luoghi, in artifici di stile, in stravolgimenti della trama che generassero tensione, perché non ne possedeva le qualità, cioè non era un romanziere. Questa opinione è parecchio squilibrata, perché il suo primo romanzo, Death From a Top Hat, che un giorno esaminerò, pur essendo in effetti un po’ gelido, è un fuoco pirotecnico di impossibilità e di artifici spacca-cervelli, che mettono alla prova anche il più dotato dei cervelloni; e mantiene la tensione fino alla fine.
 Per me, Death From a Top Hat è non solo tra le Camere Chiuse, un capolavoro assoluto.
Ma anche questo racconto lo è.
5055802.jpgProbabilmente, potrebbe essere stata la risposta di Clayton Rawson a He Woluldn’t Kill Patience, uno strepitoso capolavoro di Carter Dickson (John Dickson Carr), pubblicato nel 1944, in cui la vittima è uccisa in una Camera non chiusa solamente, ma sigillata, tanto che neanche l’aria ne esce fuori.
Normalmente, quando si legge una Camera Chiusa, nella storia è messo in atto sempre un trucco (l’unica volta che non c’è, è quando si verifica una casualità che pone in essere una Camera Chiusa, allorché non ci sarebbe dovuta essere: per esempio, se una corrente d’aria fa sbattere una porta chiudendola, oppure se qualcuno avendo in mano la cordicella per aprire una finestra viene sparato e cadendo lasci la presa della cordicella, determinando la chiusura della finestra. E così via..). Ora questo trucco può riguardare la manomissione del chiavistello o di quant’altro della porta o delle finestre; oppure è legato a qualcosa che si sia visto per cui si esclude che qualcuno sia potuto uscire (per es. in It Walk by Night di Carr, dei testimoni sono pronti a giurare che le aperture alla sala dove è avvenuto il delitto, erano ambedue sorvegliate continuamente; oppure qualcuno è stato indotto a credere che quel che ha visto era una cosa ed invece non lo era: per es. in The Wrong Shape di Chesterton ) essendosi escluso il suicidio.
Ma in questo racconto per la prima volta, che io ne sappia, è messo in atto un trucco riguardante non la vista del testimone, ma..l’udito. Cioè un elemento sensoriale che il più delle volte non entra in scena per quanto riguarda la chiusura di una porta o finestra, ma solo nella determinazione di quanto sia accaduto (un urlo, rumori di lotta, uno sparo) cioè con l’omicidio o con la sparizione di qualcosa in una stanza chiusa dall’interno. Il solo rumore che sia in relazione diretta con la chiusura della porta, è di solito quello prodotto dalla porta e dallo stipite che vengono sfasciati, insieme o l’uno escludendo l’altro, per l’azione di qualcosa che venga usato per abbatterli: qualcuno che si lanci contro, oppure una panca usata come ariete. Quando ci sia un’illusione, essa è associata, semmai al rumore di uno sparo, che serva a dilazionare l’azione, attribuendola ad un tempo in cui si sia premeditata la testimonianza magari in buona fede, di chi giuri che l’assassino era con lui quando si sia sentito lo sparo. Qui, invece, il suono dello strappo della carta gommata usata per sigillare porte e finestre della stanza, viene associato direttamente all’impossibilità che l’assassino (a) sia potuto uscire dalla stanza. Ci sarebbe, è vero, anche la possibilità che in una camera Chiusa si oda il rumore del chiavistello, o della chiave che viene girata, e questi sono suoni che sono connessi anche con la chiusura della porta dall’interno, ma…servono solo a convincere che la porta sia stata chiusa. Qui invece la porta si sa che è chiusa, ma anche se non lo fosse, ci penserebbe la carta gommata a instaurare una impossibilità evidente, che non è tanto evitare che qualcuno o qualcosa entri (dentro la stanza, annullando l’esperimento di PES) presenti Drake e la Rhine, ma piuttosto qualcuno o qualcosa esca, determinando la possibilità che la Camera Chiusa non sia più tale. Del resto, un chiavistello si può truccare, ma come si può truccare un semplicissimo rotolo di carta gommata?
Ecco l’abilità di Clayton Rawson, nel convincere che l’illusione non ci sia mentre esiste. Eccome!
La soluzione, semplicissima (tanto che si rimane a bocca aperta), soddisfa tutte e tre le impossibilità prima indicate, fornendo una soluzione immaginifica ed inchiodando il meno probabile degli assassini alla prova delle ipotesi, ma il più probabile anzi l’unico, a quella dei fatti.
A voler analizzare poi, ancor più nel dettaglio, la soluzione proposta da Merlini, vediamo che essa in pratica non è che una variazione ingegnosa ( e più complicata, perché presenta l’illusione auditiva) del trucco adottato da Hake Talbot nella Camera Chiusa inventata nel suo primo romanzo.

Pietro De Palma

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