L’ultima donna nella sua vita (The Last Woman in His Life)
è il penultimo romanzo della ditta Ellery Queen, formata dai due cugini
Frederic Dannay e Manfred Bennington Lee, tanto uniti che si solevano
chiamare anche Danny e Manny.
Venne pubblicato nel 1970 e, contrariamente a quanto era accaduto con la serie inaugurata nel 1961 con L’eredità che scotta (Dead Man’s Tale)
– che aveva visto l’uscita di scena di Dannay e la realizzazione di una
serie di romanzi, ognuno scritto da un autore diverso che però non
compariva col proprio nome (ma diversi autori firmarono più romanzi) ma
con lo pseudonimo Ellery Queen, in quanto alla fine, prima della
pubblicazione, il romanzo veniva sottoposto a Manfred Lee che lo
leggeva, lo cambiava laddove ne ravvisava la necessità ed infine,
approvando, dava il via alla pubblicazione – il testo venne approntato
da entrambi i cugini. Del resto il sodalizio si era riformato già
precedentemente, tre anni prima, con il romanzo Face to Face, pubblicato in Italia col titolo Ellery Queen e la parola chiave, romanzo che aveva ottenuto entusiastici giudizi sia da critici che da colleghi, primo fra tutti John Dickson Carr.
Prima ancora, Ellery Queen era ritornato a far parlare di sé
arrivando finalista all’Edgar nel 1964, con un romanzo pubblicato l’anno
prima, Bentornato, Ellery (The Player on The Other Side, 1963).
Tuttavia questo romanzo, se aveva spezzato il periodo di inattività
della coppia di cugini, iniziato 5 anni prima con quella che sarebbe
dovuto essere l’ultimo loro romanzo, Colpo di Grazia (The Finishing Stroke,
1958), come altri romanzi, aveva seguito la falsa riga di un romanzo
approntato da un autore estraneo, però che questa volta aveva imbastito
il romanzo non su una propria trama originale, ma seguendo una traccia
di Dannay di circa settanta pagine.
Così, prima Face to Face e dopo The Last Woman in His Life, riportarono la coppia a scrivere un romanzo assieme. Ho parlato di Face to Face, perché
dove questo finisce, comincia il successivo: nello stesso luogo, nello
stesso giorno, Ellery e suo padre Richard Queen stanno in aeroporto:
alla fine di Face to Face accompagnavano l’amico di Ellery, Burke, ad imbarcarsi su un aereo diretto in Scozia; all’inizio di The Last Woman in His Life,
nello stesso luogo, nello stesso giorno, alla stessa ora, Ellery vede
poco lontano due uomini che conosce: uno è il miliardario John Levering
Benedict III, chiamato anche Johnny-B, uno degli uomini più ricchi
d’America; l’altro è Al Marsh, suo avvocato, e anche lui molto abbiente
per origini familiari. La differenza tra i due: ad uno il lavoro non
importa (Benedict), per l’altro è un modo di svagarsi (Marsh).
Parlando con loro, a Ellery che avrebbe bisogno di una vacanza, in
quanto il precedente caso lo ha svuotato di energie, Benedict offre la
permanenza in una sua casa tra i boschi, vicino ad un torrente pieno
zeppo di pesci, desiderosi di essere pescati. Così accettano. Comincia
la vacanza, ma un bel giorno si presenta Benedict tutto accigliato e
chiede a padre e figlio di fargli un favore che i due non sanno
rifiutare: far da testimoni e apporre le loro firme in calce ad una
copia di testamento di Benedict, che dovrebbe stravolgere se non
annullare del tutto il precedente, per il quale ognuna delle tre
ex-mogli di Benedict, qualora non si fossero risposate, in caso di morte
del miliardario, avrebbero ereditato un milione di dollari ciascuna.
Ora invece, Benedict, vorrebbe cambiare le sue disposizioni
testamentarie, lasciando sì 4000 dollari al mese alle tre ex-mogli e
riducendo, in caso di morte, il premio finale del 90%, portandolo a
100.000 dollari.
Le tre mogli stanno per ritornare, tutte e tre: anche se la decisione
è già presa, le tre cercheranno di far leva sulle loro grazie per
portare Benedict dallo loro parte.
Arrivate a destinazione, Ellery fà conoscenza separata delle tre in
quanto accade una cosa strana: qualcuno ruba un indumento a ciascuna di
loro: ad Audrey Weston scompare l’abito da sera, a Marzia Kemp una
parrucca verde, ad Alice Tierney dei lunghi guanti bianchi. Per quale
ragione qualcuno dovrebbe rubare un indumento?
Ellery comincia a sentire puzza di bruciato. Così, se il padre vuole
andare in paese (è Wrightsville, la cittadina dover si svolge il
dramma, che già altre volte è stata teatro di avventure di Ellery) a
vedere un film erotico (Ellery commenta sul risveglio della libido nel
vecchietto),Ellery invece rumina sulla sparizione dei tre indumenti, e
perciò prende la decisione di ritornare alla casa padronale di Benedict
ad Inver Lodge (loro due alloggiano in una casetta appartata), dove
assiste ad una scenata tra Benedict e le tre ex-mogli, presente Al
Marsh.
Qualche ora dopo, mentre dorme, Ellery è svegliato da uno squillo
prolungato di telefono: all’altro capo è Benedict che con voce ansimante
dichiara di essere stato ucciso e fornisce un indizio: Inver. Per quale
ragione vuol ribadire di stare ad Inver Lodge? Fatto sta che padre e
figlio andati sul posto lo trovano ormai morto, col cranio sfondato da
un pesante soprammobile a forma di tre scimmiette di cui una non sente,
una non parla e la terza non vede.
Altro fatto sconcertante: nella stessa stanza trovano per terra gli
indumenti rubati precedentemente. Per quale ragione qualcuno vuole
addossare la colpa sulle tre donne? Oppure è stata una di loro a mettere
anche il suo indumento per coprire sé stessa davanti alle altre? E per
quale motivo? Oppure tutte e tre hanno agito contro il miliardario a
difesa dei propri interessi?
Un ulteriore fatto sconcertante avviene alla lettura del testamento,
affidato precedentemente ad Al Marsh: nessuna delle clausole
precedentemente affrontate verbalmente da Benedict con le sue ex-mogli
viene citata, ma solo che nel caso Bendict fosse morto senza essersi
ancora sposato con Laura, tutto sarebbe andato alla cugina Leslie: chi è
Laura, l’ultima donna nella vita di Benedict?
Fatto sta che ad ereditare tutto pare sia la cugina Leslie che, da
povera in canna (la madre era stata diseredata dalla famiglia), si
ritrova stra-arci-ultra milardaria. Possibile che sia stata lei? Alibi
di ferro.
Si ricomincia daccapo ed Ellery è sempre più sconsolato perché non
vede la luce, finchè avvengono dei fatti che alla fine accenderanno la
fatidica lampadina: si scopre che Marzia non è affatto vedova, ma si è
sposata tempo prima con un piccolo delinquente. Dopo che i due sono
apparsi davanti alle autorità, accade che proprio Bernie Faulks, il
marito di Marzia Kemp, viene ucciso: il sospetto è che abbia voluto
ricattare qualcuno: chi se non l’assassino?
Sempre più buio pesto per Ellery. Il quale accusa un ultimo colpo di
scena a cui non poteva essere preparato: contrariamente a quanto si
sarebbe mai aspettato, a pochi giorni dalla morte di Faulks, Marzia Kemp
si risposa. E con chi? Con Al Marsh, l’avvocato di Benedict. Possibile
che Marsh celi qualcosa? Qualche affare poco chiaro, un’appropriazione
indebita, qualcosa insomma che sia stato all’origine del delitto?
Nemmeno su Marsh hanno trovato nulla: è ricco, spaventosamente ricco, e
la sua situazione finanziaria è ottima.
Ma è proprio durante il matrimonio tra Al e Marzia che scocca la
scintilla, che si accende la famosa lampadina: un attimo, la situazione
vista da un’altra prospettiva e…la verità esplode nella testa di Ellery.
Riuscirà ad inchiodare l’omicida, a dare una spiegazione del perché
gli indumenti fossero stati rubati, spiegando al contempo perché il
Messaggio del Morente facesse riferimento ad Inver (Lodge). Tuttavia non
consegnerà l’omicida alla polizia, perchè questo avrà l’opportunità di
avvelenarsi col cianuro.
Straordinario romanzo della coppia di cugini, The Last Woman in His Life,
ha ancora una volta una soluzione che spiazza con la sua logica
inoppugnabile e con la sua capacità di penetrazione psicologica che
rimette a posto le carte sparpagliate, spiegando il tutto con quella che
parrebbe una spiegazione impossibile. A sorprendere è soprattutto il
ragionamento che è alla base del “Dying Message”: per quale motivo, nel
momento in cui stava per morire, Benedict non ha rivelato direttamente
il nome dell’omicida, ma ha dato un indizio criptico, affidandosi su una
capacità unica, quella di Ellery Queen, di riuscire a capire quello che
è incapibile da parte di altri? Perché poteva, per varie ragioni,
essere inteso diversamente, finendo per accusare persone che erano
invece innocenti. Ma, una volta capita la natura dell’indizio, Ellery
con un ragionamento che è puramente deduttivo, riesce prima a ritrovare
la famosa Laura, e poi a trovare le prove che inchiodano l’omicida: un
abito, che Ellery aveva visto indosso alla vittima durante la sua spiata
fuori della casa, la notte dell’assassinio, e che poi, al sopralluogo
della polizia non era stato ritrovato, particolare che Ellery aveva
messo a fuoco solo prima di aver compreso la verità, e del perché
l’omicida avesse ucciso Benedict.
Il romanzo è legato al precedente, e ad altri due, da vari fattori
che si affacciano prepotentemente nell’ultima fase della stagione
creativa dei due cugini, e che ineriscono alla sfera della sessualità.
Del resto questi sono gli anni della Beat-generation, dei figli dei
fiori, della scoperta della sessualità manifestata soprattutto con libri
e films, con l’apparizione roboante della pornografia cinematografica.
Già in uno degli ultimi cosiddetti apocrifi queeniani (che poi non lo
erano perché venivano rivisti da Lee, che era uno dei Queen) il tema
della sessualità e della pornografia era stato affrontato direttamente:
infatti Ed Hoch (uno degli ultimi grandi maestri della Camera Chiusa)
aveva firmato The Blue Movie Murders. Evidentemente vi erano
delle ragioni perché i due Queen trattassero di sesso negli ultimi
quattro romanzi: essi sono intimamente connessi, anche da particolari di
natura crittografica. Del resto una accentuazione dei temi sessuali nei
loro romanzi, era una cosa nuova, visto che mai precedentemente, se non
nei casi da me ricordati, e quantomai nella prima produzione degli anni
’30, era mai stato fatto accenno a situazioni che anche lontanamente
potessero raccordarsi con la sessualità.
Non vado oltre, accennando ad altre ipotesi che a me sembrano
sensatissime, perché parlandone, svelerei anticipatamente l’identità
degli assassini degli altri tre romanzi, con cui questo di oggi, forma
una ideale tetralogia.
Ne parlerò a trattazione avvenuta di tutti e quattro.
Dico solo che l’omicida è una persona a tutto tondo, una vittima in
sostanza, uno dei pochi colpevoli che forse Ellery non avrebbe voluto
mai acciuffare, a cui chiede persino per quale ragione non si sia
disfatto dell’abito color nocciola che mancava tra i capi di
abbigliamento presenti nello spogliatoio della vittima, perchè così a
lui sarebbe mancata la prova decisiva (il sangue della vittima sulla
stoffa) per incriminarlo.
Pietro De Palma
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