giovedì 23 febbraio 2017

Jonathan Stagge : Quelle care figliole (Death, My Darling Daughters , 1945) – trad. Salvatore Beretta – I Classici del Giallo No.662, Mondadori, 1992.



Come abbiamo detto altrove, anche Jonathan Stagge come Patrick Quentin o Quentin Patrick, non fu solo pseudonimo, ma anche ditta, formata di volta in volta dall’unione di 4 coppie di scrittori, che si firmarono diversamente: quella più prolifica fu formata da Richard Wilson Webb (1901 – 1966) e Hugh Callingham Wheeler  (1912 – 1987), che firmarono assieme alcuni romanzi con la sigla Quentin Patrick, quasi tutti con Patrick Quentin, e tutti con Jonathan Stagge: in pratica, l’inizio di questa fortunatissima collaborazione data il 1936, quando Webb, che, firmandosi Quentin Patrick, aveva scritto alcuni romanzi sia  con Martha Mott Kelley (1906–2005) che con  Mary Louise White Aswell (1902 – 1984), ritrovò Wheeler, un suo vecchio amico. Va detto che sia Sia Webb che Wheeler, erano britannici per nascita, ma poi, in seguito, emigrando ambedue negli Stati Uniti, ne erano diventati cittadini.
Delle tre serie, quella firmata Jonathan Stagge non riservò mai sorprese di sorta: infatti a lei fecero capo sempre sia Webb che Wheeler, sin dal loro primo romanzo, Murder Gone to Earth – 1936 , also The Dogs Do Bark (in italiano, E i cani abbaiano), fino all’ultimo  The Three Fears, 1949 (in italiano: Le tre paure). Dei nove romanzi pubblicati con questo pseudonimo, Death, My Darling Daughters  (also Death and the Dear Girls) è il settimo e risale al 1945.
E’ finita la guerra e Kenmore, la cittadina in cui il dottor Westlake è medico condotto, sta ritornando alla vita. Soprattutto è stata riaperta la residenza storica, quella in cui soggiornava d’estate un vice-presidente degli Stati Uniti d’inizio secolo, Benjamin Hilton.
La figlia di Hilton, Emily, e le sue due figlie, Perdita e Rosalind, vi stanno soggiornando e così hanno invitato altri parenti ed amici: lo scopo è che la residenza del defunto Benjamin ritorni ad essere il simbolo di Kenmore. Tra questi, gli altri due figli di Benjamin: la sorella di Emily, Belle, con suo marito, il celebre tossicologo Kenton-Oakes; e soprattutto il fratello George, scienziato, con la moglie Janie e la figlia Melena. Poi vi sono amici, tra cui la dottoressa Stahl, profuga austriaca che sta studiando una serie di veleni a base di cianuro contro i topi, e che lavora nel fienile; l’assistente di George Hilton, Vic Roberts, e il dottor Westlake con sua figlia Dawn.
Tra cene e concerti, sembrerebbe che la vita nella residenza degli Hilton scorresse placida e ridente; e invece nella cenere cova l’odio: il testamento del patriarca ha escluso dai lasciti le due sorelle e favorito solo il figlio maschio che è diventato erede della fortuna degli Hilton. Solo lui è ricco e gli altri dipendono da lui; certo se lui morisse, i soldi verrebbero divisi tra moglie e figlia, sorella e nipoti. Ma senza che morisse, se lui fosse un po’ più generoso, nessuno coverebbe odio nei suoi confronti. Ma il fatto è che George è innamorato solo del suo lavoro, delle sue scoperte: è diventato famoso per un suo studio sulla penicillina e sulle possibilità di sintesi di altri antibiotici. Solo che nessuno sa la verità: non è stato lui a compiere la scoperta, ma il suo assistente Vic Roberts, che però da lui prende solo le briciole.
George ha tante persone che lo odiano e che lo vorrebbero morto.
E bisogna dire che prima che lui arrivi a Kenmore, qualcuno ha già in passato forse tentato di eliminarlo, mischiando vetro triturato alla fecola somministratogli dopo una congestione gastrica: solo la vecchia Nanny, la governante, ha capito chi possa essere stato. E pare che abbia avvisato l’attentatore di non fare altri tentativi: non è un caso quindi che un giorno Nanny muoia bevendo un tè. Corretto con cianuro.
Chi può esser stato? Ma è stato davvero omicidio o incidente? Sì perché era Nanny che lucidava l’argenteria in casa, e per farlo usava prodotti a base di cianuro: è possibile che la teiera, soprattutto sull’orlo non sia stata pulita bene e il residuo abbia ucciso la povera Nanny? Tutti lo pensano e se ne convincono.
Ma la morte di Nanny non è avvenuta per incidente: è stata assassinata. Lo prova il fatto che quando Nanny avrebbe dovuto intossicarsi mortalmente e la teiera essere uno strumento di morte, assieme a lei, a bere il tè era salita Belle: anche lei aveva bevuto il tè, ma non era morta. Quindi l’avvelenamento era stato compiuto dopo, non prima: se fosse stato il prodotto per pulire l’argenteria la causa della morte di Nanny, allora sarebbero dovute morire in due, perché Nanny l’argenteria l’aveva pulita prima e dopo no. Quindi qualcuno,dopo, aveva cosparso volontariamente l’orlo della teiera di prodotto al fine di ucciderla. Nanny sapeva delle intenzioni dell’omicida, sapeva della fecola mischiata a vetro, e quella fecola non l’aveva buttata: la teneva sempre con sé, la prova che l’attentatore già in passato aveva tentato di sopprimere George; ed è chiaro che se Nanny non ne avesse parlato a nessuno dei suoi sospetti è perché il presunto attentatore era uno dei familiari di George, e in quella casa, la casa degli Hilton, la casa aristocratica degli Hilton, gli scandali non erano ammessi.
Morta Nanny, parrebbe che l’assassino potesse riprovare a uccidere George, perché se lui muore, gli altri diventano ricchi. E così…
La tossicologa austriaca guadagna i suoi miseri soldi dando lezioni private di musica alle due figlie di Emily, e alla figlia di Westlake, Dawn, promettente musicista. Un bel giorno, viene organizzato un concerto, una specie di saggio in cui le tre possano dare prova dei miglioramenti musicali: in realtà si sentono solo dissonanze a quel concerto. George, che sa suonare il flauto, cerca di dare il suo personale contributo e quindi ha appena cominciato a emettere suoni, che uno più acuto e distorto si perde nell’aria quando lui barcolla e stramazza sul pavimento. Morto. Avvelenato. Col cianuro. Si scopre poi che il bocchino del flauto era stato impregnato di cianuro. Ma non era stato pulito anche lui col prodotto per l’argenteria? Sfortuna è, per l’assassino, che Westlake si accorga dell’incongruità della storia dell’avvelenamento di Nanny e di come Belle, sarebbe dovuta morire, se davvero l’ipotesi del lucido assassino fosse stata vera. Così messi davanti alla verità, anche gli altri capiscono che un assassino, uno di loro, ha ucciso i due.
Ma il cianuro dove se l’è procurato? Il fatto è che ve n’è una marea, a disposizione nel fienile, per studiare le reazioni sui topi, e quindi se qualcuno ne ha preso un po’ nessuno può dirlo, anche perché precauzioni affinché la sottrazione fosse impedita, non sono state messe in atto.
Toccherà a Westlake incastrare il perfido assassino, non prima che abbia colpito ancora, simulando un omicidio da suicidio e incolpato il suicida dell’omicidio delle sue vittime. Fatto sta che anche lui, l’assassino, morirà suicida, di cianuro, in un finale tragico e memorabile.
Un’ecatombe, questa di Stagge!
L’idea della famiglia in cui covano odi, gelosie e invidie, in cui i fratelli si odiano a vicenda, in cui alla base dell’odio ci siano i soldi, e un testamento bislacco da parte di un altrettanto bislacco patriarca, non sono nuove: S.S. Van Dine più di quindici anni prima aveva seminato bene i semi dell’odio familiare nel suo capolavoro sugli omicidi nella famiglia Greene!
Stagge però prende il canovaccio già messo a punto da Van Dine e lo varia con grande perizia, giocando sulla psicologia dei personaggi, mettendo in luce dei particolari che però verranno scoperti nella loro luce sinistra solo alla fine, celando e mettendo in luce, in una fiera dell’ovvietà e del sotterfugio, più moventi, assieme ad amori perduti e ritrovati, ad amanti farabutti: Vic ha una relazione extramatrimoniale con Janie; è amato da Helen e assieme dalla dottoressa Stahl. George non sapeva nulla finchè Helen rifiutata non gliel’aveva detto: si scopre alla fine che era stata lei la causa della rottura tra George e Vic. Ma l’assassino è uomo o donna? E’ Vic che ha voluto vendicarsi di George che gli aveva sottratto il successo; o Helen, che ambiva ad ereditare  i soldi del padre, odiando la matrigna? O Janie che vorrebbe liberarsi del marito e vivere con Vic? O Stahl che vuole vendicare Vic? O Emily e le sue due figlie?
E’ un romanzo mystery abbastanza classico, scritto con grande maestria: la ragione sta nella trama, che apparentemente si basa su elementi ovvi. Fa di tutto per far convergere i sospetti su determinati soggetti, poi qua e là, ecco che Stagge fa balenare delle altre idee, celando però le vere prove, gli indizi di colpevolezza alla fine.
E’ bene dirlo: sono prove schiaccianti solo se interpretate psicologicamente da Westlake, altrimenti non lo sarebbero. Wetlake si avvale però di due guizzi di genio per ribaltare l’ultimo suicidio colpevole in omicidio di un innocente: gli indizi sono due dischi su cui il falso omicida suicida avrebbe dovuto incidere la propria confessione e un colloquio che non ci sarebbe dovuto essere.
Anche se il colpo di scena finale, sul nome, è un po’ melodrammatico e abbastanza costruito: non si capisce per quale motivo una persona si sarebbe dovuta chiamare in un modo, e i suoi genitori dare quel nome, solo allo scopo di giocare col suo destino.
Misteri di un romanzo in cui, ancora una volta, Dawn dà il suo contributo al successo di suo padre, il dottor Westlake.

Pietro De Palma

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