Steve Fisher fu un grande autore hard-boiled, uno dei grandi autori degli anni ’40.
Da noi è conosciuto principalmente per “Quando sarò
impiccato” (I Wake up Screaming, 1941), un grande capolavoro noir;
anche se, diversamente da quanto si legge nei pochi siti in cui si parla
di lui, cioè che questo romanzo sarebbe l’unico dell’autore pubblicato
in Italia, qualcos’altro fu pubblicato cinquant’anni fa, nel 1960, da
Giumar: No House Limit, da
noi pubblicato come “Tre giorni a Las Vegas”. Basterebbe però solo
“Quando sarò impiccato”, poi base per due films di cui con Victor
Mature, a inserirlo nel piccolo Olimpo dei grandi scrittori noir; anche per via delle numerose allusioni contenute al suo interno.
Nonostante però che Fisher sia conosciuto per via
dei suoi romanzi hard-boiled, non tutti sanno che i suoi esordi furono
legati al Giallo Classico: infatti cominciò in pratica la sua carriera
di autore (se si eccettua Satan’s Angel del 1935) con Murder of the
Admiral, 1936 (firmato Stephen Gould) seguito da Murder of the Pigboat Skipper (titolo alternativo Murder on the S-23), 1937, in cui faceva esordire un ufficiale di marina, il cui volto era irriconoscibile a causa di un incidente.
Steve Fisher (morto nel 1980) è conosciuto per
essere stato uno degli amici storici di Cornell Woolrich; anzi, si
legge, che proprio a Woolrich lui si sarebbe ispirato per la parte di Ed
Cornell[1].
Va detto altresì, cosa che Luca (Conti) mi ha detto
proprio ieri, e che non sapevo, che questo romanzo ha avuto una
tormentata vita: è stato infatti pubblicato in due differenti versioni. E
la seconda, degli anni ’60, quella che prenderò in esame, quella cioè
dei Classici del Giallo, pare sia diversa dalla prima: pare che la
differente versione fosse dovuta alla necessità di aggiornare qualcosa,
tanto più che proprio questo è stato il romanzo di Fisher più famoso.
Non è ovviamente un caso unico: anche Horatio McCoy, che mi ricordi,
approntò due diverse edizioni, del suo capolavoro, “Il sudario non ha
tasche”, No pocket in a Shroud
Quello che si nota
subito, è il taglio cinematografico del romanzo e mi piacerebbe leggere
la prima versione, per appagare dei miei dubbi: cioè capire se anche la
prima versione era così “cinematografica”, oppure più essenziale, più
diretta, come lo era anche quella di McCoy rispetto alla seconda. I
dubbi nascono dal fatto che Fisher, prima di avere il grande successo
che si meritava, proprio con la pubblicazione di questo romanzo, e di
approdare alla grande industria del cinema, in qualità di sceneggiatore,
un grandissimo sceneggiatore è meglio dirlo, fu autore su riviste pulp e
scrittore: quanto c’è del linguaggio filmico in questo romanzo? Molto,
secondo me.
Innanzitutto la
storia: uno sceneggiatore di successo un bel giorno vede una ragazza che
fa la segretaria, negli Studios, e se ne invaghisce: è bella, semplice,
diretta. Ovviamente il primo fine è sempre quello: fare sesso e
allora..finiscono a letto: lei non vorrebbe, ma lui ci sa fare, e
quindi..però poi subentra qualcos’altro. Insomma lui se ne innamora.
Vecchia la storia. Però stavolta, la cosa è rovesciata: normalmente per
andare a letto con una tizia che sogna di fare spettacolo, le si
promette mare e monti se..; qui è il contrario. L’idea di farne una
stella viene dopo, e lui Peg ci si mette di’mpegno assieme a tre altri
tizi: Lanny Craig, un suo amico, sceneggiatore di film si serie B; Robin
Ray, un attore la cui carriera è continuamente messa alla prova “dalle
sue conquiste” quando lo lasciano; e Hurt Evans, un regista conosciuto,
ma sempre in bolletta, per la paga irrisoria che gli danno, e conosciuto
anche perché continuamente ci prova, nell’adescamento sessuale, con le
attricette. Vicky Lynn, la segretaria che vorrebbe fare l’attrice, ha
capito che per il lancio serve il gossip, cioè far sapere in giro che
Robin Ray si sia innamorato di lei: solo che questa cosa poi comincia a
dare ai nervi di Peg, molto geloso.
Vicky ha una
sorella, Jill, assai simile a lei, e anzi parecchio più bella. Peg, pur
innamorato di Vicky è sensibile all’avvenenza della cognata, però ora è
tutto preso da Vicky. Però un bel giorno, andandola a trovare alle sei
del pomeriggio, la trova morta nel suo appartamento: è stata uccisa
mediante un oggetto contundente con cui è stata colpita alla testa: non
uno squarcio, niente sangue, solo un livido, ma quanto è bastato ad
ucciderla. Subito dopo l’ingresso della sorella, di Jill che prima
l’accusa, ma poi a mentre fredda, gli crede, crede all’innocenza di Peg.
Lei però, non la polizia, che in un posto di polizia in campagna, lo
sottopone ad un terzo grado, “un quarto grado” per meglio dire, dopo il
quale Peg, si ritrova con guai alla mandibola, bruciature sulla mano e
varie ecchimosi e ferite in faccia. Un quarto grado non autorizzato
però. Così va a finire che i responsabili vengono sospesi, lui viene
liberato con le scuse del Procuratore. Anzi, ora i sospetti si
concentrano sul portiere dell’albergo, un tipo stolido; portiere che
sembra essere scappato.
Ora che Vicky non
c’è più, l’amopre segreto e inconfessabile, la grande passione che li ha
divorati segretamente, esplode e Jill e Peg si ritrovano ben presto
legati da un grande amore. E Vicky? Vicky in qualche modo è già
dimenticata.
Da lui, da lei, ma
non da Ed Cornell, detective della squadra omicidi, un tipo tosto, uno
di quelli che lo hanno “torturato” e che ora è stato preventivamente
sospeso: Ed è convinto contro ogni ragionevole dubbio che egli sia
l’assassino. Da quel momento comincia una caccia all’uomo: Ed che
raccoglie prove a carico di Peg per farlo condannare a morte, e Peg che
non capisce l’accanimento di Ed nei suoi confronti.
Il portiere non si
trova e qualcuno comincia a pensare che sia morto; e Peg ricomincia ad
essere sospettato e qualcuno comincia a pensare che Ed non sia del tutto
suonato. Intanto però anche gli altri tre soci di Peg nel lancio di
Vicky avevano buoni motivi per ucciderla: Lanny perché improvvisamente
ha firmato un contratto riguardante Vicky che servirebbe alla moglie per
divorziare da lui; Hunt ha firmato una polizza sulla vita di Vicky di
cinquantamila dollari, che gli servirebbero eccome per sollevare le sue
magre finanze; e Robin perché se lei l’avesse lasciato, sarebbe stato un
colpo mortale per la sua carriera.
Peg è sospettato per
la sua gelosia: in alcuni momenti ha detto che avrebbe ucciso Vicky
piuttosto che lei…ma la caccia che gli da Ed ha del paranoico. Del
resto, che sia un tipo “parecchio andato” lo si evince da come Fisher lo
descrive: “..rosso
di capelli, bianchissimo di pelle, dall’aspetto malaticcio e quasi di
cadavere, con i vestiti sbagliati e una bombetta in testa”; inoltre
è sessualmente impotente (lo dicono a Peg i suoi stessi colleghi), e
abita in un vecchio hotel, rintanato, in una stanza conciata come un
santuario, adornata di fotografie, campioni di profumo, e feticci vari
di Vicky: Ed da una caccia forsennata a Peg, una caccia “da
psicopatico”, perché ha notato come morta Vicky, lui e Jill si siano
messi assieme; che, cioè, Vicky sia stata dimenticata, quasi fosse un
peso. E quindi l’accanimento è meggiore: si ha quasi l’impressione, ad
un certo punto della storia, che Ed conoscesse Vicky, da prima. Non a
caso, alla fine del libro, si dice che lui avesse nel portafogli una “vecchia e consunta fotografia di Vicky”.
Insomma
ad un certo punto, la caccia che Ed da a Peg, è divenuta un motivo di
vita, sorretta da un odio implacabile: Ed lo vuole morto, e
pazientemente costruisce un castello indiziario accusatorio senza scampo
per Peg. Finchè quest’ultimo viene arrestato. Ma prima che possa essere
portato in Centrale, ecco che Jill passa all’azione, tramortisce Ed con
un soprammobile, mentre il secondo poliziotto viene messo fuori
combattimento, e i due fuggono: comincia così una fuga rocambolesca, una
caccia all’uomo “da Pericolo Pubblico n.1”, con lui prima ammanettato e
Jill attenta a non farlo riconoscere, poi libero, ma sempre in pericolo
con lei, di pensioni in pensioni, sempre più sordide e malandate.
Finchè a Peg gli si accende la lampadina e così riesce a dare un volto
al suo assassino. Anche prevedibile.
Tuttavia
il romanzo ha un suo peso specifico non indifferente: presenta,
ritratti, parecchi personaggi del tempo, contiene allusioni dirette ad
altri scrittori (Horace McCoy), a alcune indirette: Luca (Conti) in un
suo bell’articolo di qualche anno fa, diceva che il riferimento nella
realizzazione del personaggio di Ed a Cornell Woolrich era lampante:“Era
alto – ricorda Fisher – tutto pelle ed ossa, rosso di capelli, molto
pallido; l’unico uomo di mia conoscenza che, in quegli anni, portasse
una bombetta”; il suo
isolamento e la sua vita dedicata in maniera ossessiva alla celebrazione
di sua madre, è l’isolamento di Ed, un personaggio che è solo in un
mondo che lui non capisce e che non lo capisce e che si serve di lui per
suoi scopi (il procuratore che deve dare una risposta all’opinione
pubblica).
Ed
è il “doppelganger” di Peg, è la morte che lo perseguita,
ossessivamente, convinto nel midollo che lui e non altri sia
l’assassino; convinzione che assume poi rilievi penali, quando si viene a
sapere che Ed aveva già capito chi fosse l’assassino vero, coprendolo,
allo scopo di stornare i sospetti ed indirizzare invece tutti verso peg,
perché è lui che deve morire, perché ha tradito Vicky.
L’odio
di Ed verso Peg ha i rilievi anche di un odio “sociale”: Ed è il povero
investigatore, che ama il suo lavoro, eppure è pagato poco, è costretto
a turni massacranti, vive in una topaia, è malato di TBC, ed è pure
impotente, il che lo rende un soggetto evitato dalle donne; egli però
non le odia, ma odia chi da loro è amato, odia chi è fortunato più di
lui; odia lo scrittore e sceneggiatore di successo, che riesce a far
innamorare le donne che seduce, che se le porta a letto, che guadagna in
una settimana ciò che lui non guadagna in un mese, e che è pure
affascinante.
E
nel romanzo, come dicevamo, una serie di luoghi comuni ce il cinema ci
ha consegnato più volte: il detective che si sorbisce nottate e freddo
per pedinare un sospetto, quasi da buscarsi una polmonite (come non
ricordare per esempio Gene Hackmann in Il Braccio violento della Legge,
di John Frankenheimer?), due sorelle quasi identiche, il fidanzato della
morta che si innamora della cognata, la fuga con la polizia alle
calcagna, il poliziotto psicopatico.
Ma
l’odio sembra anche dettato da rilievi personali: Ed conosceva Vicky,
sicuramente, ne era segretamente innamorato, forse anche respinto tempo
prima perché impotente.
Forse
nella stesura iniziale quest’amore sarebbe stato maggiormente in vista,
forse si sarebbe pensato ad uno scambio di persona tra Vicky e Jill
(perché allora far notare in un passo che al buio erano quasi identiche,
quasi che l’assassino si fosse sbagliato?), forse lo stesso assassino
sarebbe potuto essere Ed, che accusa Peg per salvarsi. Forse, tanti
forse, troppi.
Quel
che resta è un assassino prevedibile, troppo; ed un finale bello ma..un
po’ scontato, quasi che l’assassino fosse solo un ripiego, utilizzato
in una stesura diversa da quella originale, anche se perfetto in un noir
così intenso (venato di Giallo Classico, meno però di quelli di
Jonathan Latimer, grandissimo scrittore anche lui imprestato alle
sceneggiature cinematografiche).
Ed il ritratto impietoso a volte e duro, della Mecca del cinema e del mondo dorato in cui Steve Fisher operava.
Un’ultima cosa. Il
titolo dell’edizione italiana recita “Quando sarò impiccato”, il titolo
originale è I Wake up Screaming, che significa “Mi sveglio urlando”, e
già non c’entra nulla; potrebbe avere un qualche significato se si
intendesse lo svegliarsi urlando, l’atto prima di una condanna capitale,
forse. Ma.. perchè impiccato? Ed Cornell promette a Peg in tutte le
occasioni di mandarlo alla camera a gas. Mi sorge un dubbio: chi coniò
il titolo, il romanzo l’aveva letto bene?
Pietro De Palma
Nessun commento:
Posta un commento