venerdì 2 giugno 2017

Steve Fisher: Quando sarò impiccato (I Wake up Screaming, 1941), trad. Giuseppe Settanni – I Classici del Giallo Mondadori, N. 615 del 1990.


Steve Fisher fu un grande autore hard-boiled, uno dei grandi autori degli anni ’40.
Da noi è conosciuto principalmente per “Quando sarò impiccato” (I Wake up Screaming, 1941), un grande capolavoro noir; anche se, diversamente da quanto si legge nei pochi siti in cui si parla di lui, cioè che questo romanzo sarebbe l’unico dell’autore pubblicato in Italia, qualcos’altro fu pubblicato cinquant’anni fa, nel 1960, da Giumar: No House Limit, da noi pubblicato come “Tre giorni a Las Vegas”. Basterebbe però solo “Quando sarò impiccato”, poi base per due films di cui con Victor Mature,  a inserirlo nel piccolo Olimpo dei grandi scrittori noir; anche per via delle numerose allusioni contenute al suo interno.
Nonostante però che Fisher sia conosciuto per via dei suoi romanzi hard-boiled, non tutti sanno che i suoi esordi furono legati al Giallo Classico: infatti cominciò in pratica la sua carriera di autore (se si eccettua Satan’s Angel del 1935) con Murder of the Admiral, 1936 (firmato Stephen Gould) seguito da Murder of the Pigboat Skipper (titolo alternativo Murder on the S-23), 1937, in cui faceva esordire un ufficiale di marina, il cui volto era irriconoscibile a causa di un incidente.
Steve Fisher (morto nel 1980) è conosciuto per essere stato uno degli amici storici di Cornell Woolrich; anzi, si legge, che proprio a Woolrich lui si sarebbe ispirato per la parte di Ed Cornell[1].
Va detto altresì, cosa che Luca (Conti) mi ha detto proprio ieri, e che non sapevo, che questo romanzo ha avuto una tormentata vita: è stato infatti pubblicato in due differenti versioni. E la seconda, degli anni ’60, quella che prenderò in esame, quella cioè dei Classici del Giallo, pare sia diversa dalla prima: pare che la differente versione fosse dovuta alla necessità di aggiornare qualcosa, tanto più che proprio questo è stato il romanzo di Fisher più famoso. Non è ovviamente un caso unico: anche Horatio McCoy, che mi ricordi, approntò due diverse edizioni, del suo capolavoro, “Il sudario non ha tasche”, No pocket in a Shroud
Quello che si nota subito, è il taglio cinematografico del romanzo e mi piacerebbe leggere la prima versione, per appagare dei miei dubbi: cioè capire se anche la prima versione era così “cinematografica”, oppure più essenziale, più diretta, come lo era anche quella di McCoy rispetto alla seconda. I dubbi nascono dal fatto che Fisher, prima di avere il grande successo che si meritava, proprio con la pubblicazione di questo romanzo, e di approdare alla grande industria del cinema, in qualità di sceneggiatore, un grandissimo sceneggiatore è meglio dirlo, fu autore su riviste pulp e scrittore: quanto c’è del linguaggio filmico in questo romanzo? Molto, secondo me.
Innanzitutto la storia: uno sceneggiatore di successo un bel giorno vede una ragazza che fa la segretaria, negli Studios, e se ne invaghisce: è bella, semplice, diretta. Ovviamente il primo fine è sempre quello: fare sesso e allora..finiscono a letto: lei non vorrebbe, ma lui ci sa fare, e quindi..però poi subentra qualcos’altro. Insomma lui se ne innamora. Vecchia la storia. Però stavolta, la cosa è rovesciata: normalmente per andare a letto con una tizia che sogna di fare spettacolo, le si promette mare e monti se..; qui è il contrario. L’idea di farne una stella viene dopo, e lui Peg ci si mette di’mpegno assieme a tre altri tizi: Lanny Craig, un suo amico, sceneggiatore di film si serie B; Robin Ray, un attore la cui carriera è continuamente messa alla prova “dalle sue conquiste” quando lo lasciano; e Hurt Evans, un regista conosciuto, ma sempre in bolletta, per la paga irrisoria che gli danno, e conosciuto anche perché continuamente ci prova, nell’adescamento sessuale, con le attricette. Vicky Lynn, la segretaria che vorrebbe fare l’attrice, ha capito che per il lancio serve il gossip, cioè far sapere in giro che Robin Ray si sia innamorato di lei: solo che questa cosa poi comincia a dare ai nervi di Peg, molto geloso.
Vicky ha una sorella, Jill, assai simile a lei, e anzi parecchio più bella. Peg, pur innamorato di Vicky è sensibile all’avvenenza della cognata, però ora è tutto preso da Vicky. Però un bel giorno, andandola a trovare alle sei del pomeriggio, la trova morta nel suo appartamento: è stata uccisa mediante un oggetto contundente con cui è stata colpita alla testa: non uno squarcio, niente sangue, solo un livido, ma quanto è bastato ad ucciderla. Subito dopo l’ingresso della sorella, di Jill che prima l’accusa, ma poi a mentre fredda, gli crede, crede all’innocenza di Peg. Lei però, non la polizia, che in un posto di polizia in campagna, lo sottopone ad un terzo grado, “un quarto grado” per meglio dire, dopo il quale Peg, si ritrova con guai alla mandibola, bruciature sulla mano e varie ecchimosi e ferite in faccia. Un quarto grado non autorizzato però. Così va a finire che i responsabili vengono sospesi, lui viene liberato con le scuse del Procuratore. Anzi, ora i sospetti si concentrano sul portiere dell’albergo, un tipo stolido; portiere che sembra essere scappato.
Ora che Vicky non c’è più, l’amopre segreto e inconfessabile, la grande passione che li ha divorati segretamente, esplode e Jill e Peg si ritrovano ben presto legati da un grande amore. E Vicky? Vicky in qualche modo è già dimenticata.
Da lui, da lei, ma non da Ed Cornell, detective della squadra omicidi, un tipo tosto, uno di quelli che lo hanno “torturato” e che ora è stato preventivamente sospeso: Ed è convinto contro ogni ragionevole dubbio che egli sia l’assassino. Da quel momento comincia una caccia all’uomo: Ed che raccoglie prove a carico di Peg per farlo condannare a morte, e Peg che non capisce l’accanimento di Ed nei suoi confronti.
Il portiere non si trova e qualcuno comincia a pensare che sia morto; e Peg ricomincia ad essere sospettato e qualcuno comincia a pensare che Ed non sia del tutto suonato. Intanto però anche gli altri tre soci di Peg nel lancio di Vicky avevano buoni motivi per ucciderla: Lanny perché improvvisamente ha firmato un contratto riguardante Vicky che servirebbe alla moglie per divorziare da lui; Hunt ha firmato una polizza sulla vita di Vicky di cinquantamila dollari, che gli servirebbero eccome per sollevare le sue magre finanze; e Robin perché se lei l’avesse lasciato, sarebbe stato un colpo mortale per la sua carriera.
Peg è sospettato per la sua gelosia: in alcuni momenti ha detto che avrebbe ucciso Vicky piuttosto che lei…ma la caccia che gli da Ed ha del paranoico. Del resto, che sia un tipo “parecchio andato” lo si evince da come Fisher lo descrive: “..rosso di capelli, bianchissimo di pelle, dall’aspetto malaticcio e quasi di cadavere, con i vestiti sbagliati e una bombetta in testa”; inoltre è sessualmente impotente (lo dicono a Peg i suoi stessi colleghi), e abita in un vecchio hotel, rintanato, in una stanza conciata come un santuario, adornata di fotografie, campioni di profumo, e feticci vari di Vicky: Ed da una caccia forsennata a Peg, una caccia “da psicopatico”, perché ha notato come morta Vicky, lui e Jill si siano messi assieme; che, cioè, Vicky sia stata dimenticata, quasi fosse un peso. E quindi l’accanimento è meggiore: si ha quasi l’impressione, ad un certo punto della storia, che Ed conoscesse Vicky, da prima. Non a caso, alla fine del libro, si dice che lui avesse nel portafogli una “vecchia e consunta fotografia di Vicky”.
Insomma ad un certo punto, la caccia che Ed da a Peg, è divenuta un motivo di vita, sorretta da un odio implacabile: Ed lo vuole morto, e pazientemente costruisce un castello indiziario accusatorio senza scampo per Peg. Finchè quest’ultimo viene arrestato. Ma prima che possa essere portato in Centrale, ecco che Jill passa all’azione, tramortisce Ed con un soprammobile, mentre il secondo poliziotto viene messo fuori combattimento, e i due fuggono: comincia così una fuga rocambolesca, una caccia all’uomo “da Pericolo Pubblico n.1”, con lui prima ammanettato e Jill attenta a non farlo riconoscere, poi libero, ma sempre in pericolo con lei, di pensioni in pensioni, sempre più sordide e malandate. Finchè a Peg gli si accende la lampadina e così riesce a dare un volto al suo assassino. Anche prevedibile.
Tuttavia il romanzo ha un suo peso specifico non indifferente: presenta, ritratti, parecchi personaggi del tempo, contiene allusioni dirette ad altri scrittori (Horace McCoy), a alcune indirette: Luca (Conti) in un suo bell’articolo di qualche anno fa, diceva che il riferimento nella realizzazione del personaggio di Ed a Cornell Woolrich era lampante:“Era alto – ricorda Fisher – tutto pelle ed ossa, rosso di capelli, molto pallido; l’unico uomo di mia conoscenza che, in quegli anni, portasse una bombetta”; il suo isolamento e la sua vita dedicata in maniera ossessiva alla celebrazione di sua madre, è l’isolamento di Ed, un personaggio che è solo in un mondo che lui non capisce e che non lo capisce e che si serve di lui per suoi scopi (il procuratore che deve dare una risposta all’opinione pubblica).
Ed è il “doppelganger” di Peg, è la morte che lo perseguita, ossessivamente, convinto nel midollo che lui e non altri sia l’assassino; convinzione che assume poi rilievi penali, quando si viene a sapere che Ed aveva già capito chi fosse l’assassino vero, coprendolo, allo scopo di stornare i sospetti ed indirizzare invece tutti verso peg, perché è lui che deve morire, perché ha tradito Vicky.
L’odio di Ed verso Peg ha i rilievi anche di un odio “sociale”: Ed è il povero investigatore, che ama il suo lavoro, eppure è pagato poco, è costretto a turni massacranti, vive in una topaia, è malato di TBC, ed è pure impotente, il che lo rende un soggetto evitato dalle donne; egli però non le odia, ma odia chi da loro è amato, odia chi è fortunato più di lui; odia lo scrittore e sceneggiatore di successo, che riesce a far innamorare le donne che seduce, che se le porta a letto, che guadagna in una settimana ciò che lui non guadagna in un mese, e che è pure affascinante.
E nel romanzo, come dicevamo, una serie di luoghi comuni ce il cinema ci ha consegnato più volte: il detective che si sorbisce nottate e freddo per pedinare un sospetto, quasi da buscarsi una polmonite (come non ricordare per esempio Gene Hackmann in Il Braccio violento della Legge, di John Frankenheimer?), due sorelle quasi identiche, il fidanzato della morta che si innamora della cognata, la fuga con la polizia alle calcagna, il poliziotto psicopatico.
Ma l’odio sembra anche dettato da rilievi personali: Ed conosceva Vicky, sicuramente, ne era segretamente innamorato, forse anche respinto tempo prima perché impotente.
Forse nella stesura iniziale quest’amore sarebbe stato maggiormente in vista, forse si sarebbe pensato ad uno scambio di persona tra Vicky e Jill (perché allora far notare in un passo che al buio erano quasi identiche, quasi che l’assassino si fosse sbagliato?), forse lo stesso assassino sarebbe potuto essere Ed, che accusa Peg per salvarsi. Forse, tanti forse, troppi.
Quel che resta è un assassino prevedibile, troppo; ed un finale bello ma..un po’ scontato, quasi che l’assassino fosse solo un ripiego, utilizzato in una stesura diversa da quella originale, anche se perfetto in un noir così intenso (venato di Giallo Classico, meno però di quelli di Jonathan Latimer, grandissimo scrittore anche lui imprestato alle sceneggiature cinematografiche).
Ed il ritratto impietoso a volte e duro, della Mecca del cinema e del mondo dorato in cui Steve Fisher operava.
Un’ultima cosa. Il titolo dell’edizione italiana recita “Quando sarò impiccato”, il titolo originale è I Wake up Screaming, che significa “Mi sveglio urlando”, e già non c’entra nulla; potrebbe avere un qualche significato se si intendesse lo svegliarsi urlando, l’atto prima di una condanna capitale, forse. Ma.. perchè impiccato? Ed Cornell promette a Peg in tutte le occasioni di mandarlo alla camera a gas. Mi sorge un dubbio: chi coniò il titolo, il romanzo l’aveva letto bene?
Pietro De Palma

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