Parecchi autori di mystery, durante la guerra, confezionarono prodotti che utilizzavano sia gli scenari di guerra che il sottobosco spionistico per fare breccia nel pubblico e inserirsi in un contesto che era generale: quello della lotta al nemico. Così, come Carter Dickson giocò la carta del delitto impossibile in uno scenario di guerra (Murder in the Submarine Zone,1940) così altri scrittori giocarono la carta dello spionaggio: per es. Helen McCloy (Panic, 1944), Agatha Christie (N or M?, 1941). E’ il caso anche di The Penthouse Mystery, 1941 di Ellery Queen.
Gordon Cobb, famoso ventriloquo americano trapiantato in Cina e divenuto amico delle più importanti personalità cinesi del tempo, deve tornare in patria: con l’occasione, porterà una preziosa collana di giada rosa in regalo alla figlia Sheila. Durante il viaggio di ritorno, nel transatlantico Manciuria, conosce dei personaggi curiosi: la bella Otero, una esule apolide e il conte Simon Brett (che non gli riesce comunque molto simpatico), che vengono ad abitare come fa lui, all’ Hotel Hollingsworth, uno dei più lussuosi di New York, al piano attico: compagni di viaggio, finiscono per diventare anche compagni di piano. Fatto sta, comunque, che il Ventriloquo, conosciuto in Asia con il suo nome d’arte, VENTRO, dopo aver dato al facchino degli abiti da lavare, scompare misteriosamente. La figlia Sheila, preoccupata, si confida la sua amica Nikki Porter, segretaria e dattilografa di Ellery Queen, che cerca di coinvolgere il suo datore di lavoro in tale caso. Inizialmente Ellery non ha alcuna intenzione di cimentarvisi, ma poi l’aggressione di Sheila ed il tentativo di rubargli al borsetta, proprio nel suo studio, convincono Ellery a vedere più in fondo alla cosa. Entrato nell’attico, trovano tutto a posto; per di più un fattorino, in presenza loro, consegna gli abiti che Cobb aveva richiesto che fossero lavati e stirati. Solo una cosa è fuori posto: il grosso baule, in cui erano contenuti tutti gli abiti, le scarpe ed il vestiario e gli effetti personali di Cobb. Un altro facchino si presenta, per ritirare il baule: lo stesso Cobb ha richiesto che venisse inviato per corrispondenza a Chicago, almeno così pare. Ellery si insospettisce quando il facchino fa fatica a sollevare il baule, che dovrebbe essere vuoto. Liquidatolo con una scusa, lo apre e da esso rotola sul pavimento il cadavere di Cobb, morto da due giorni: è stato strangolato. Inoltre, presenta uno strano graffio, che coincide con quello che ha procurato l’aggressore ignoto a Sheila durante l’aggressione nello studio di Ellery. Questi pertanto si convince che autore dei due gesti è la stessa persona.
Chiamati in causa l’Ispettore Queen, della Omicidi di New York, e i suoi fidi assistenti, primo fra tutti il sergente Velie, cominciano gli interrogatori. Emergono subito delle discrepanze e comportamenti sospetti dei due vicini, tanto che Ellery decide di sorvegliarli: il primo, il Conte Brett, viene sorpreso nell’atto di introdursi nell’appartamento di Cobb, l’altra per il suo atteggiamento ambiguo induce Ellery ad introdursi furtivamente nel suo appartamento e scoprire nella sua valigia un intero kit per lo scassinamento di serrature.
Altri personaggi si muovono nell’ombra.
Innanzitutto il fattorino che ha consegnato gli abiti, che insospettisce Ellery per via del suo portamento. Investigato su di lui, ecco che si viene a sapere che è in realtà un giornalista che sotto falso nome si è imbarcato sul Manciuria e poi con una lettera di raccomandazione di un tale del transatlantico, è stato assunto, proprio in concomitanza con l’arrivo di Cobb. Tale Sanders, rivela una serie di circostanze molto interessanti, da cui si apprende che Cobb, con il ritorno in patria, avrebbe portato con sé, non si sa in cosa, una certa quantità di antichi e preziosissimi monili delle più ricche famiglie nobili cinesi, del valore di svariati milioni di dollari, allo scopo, d’accordo con i poteri più forti della Cina, di comprare medicinali e vettovaglie da inviare alle popolazioni in difficoltà, sotto occupazione dei Giapponesi. Tuttavia, lo stesso fattorino ha un atteggiamento ambiguo tale da ipotizzare che al di là delle notizie per uno scoop, egli insegua altri fini, tra cui magari impadronirsi dei gioielli.
Poi la bella Otero, che si finisce per capire che lavori al soldo dello spionaggio giapponese, desideroso di sventare il piano di aiuti alle popolazione da parte dei ribelli.
Ancora c’è il Conte Brett, che, sorpreso a pedinare Sheila, finisce per essere pedinato a sua volta da Ellery, che scopre come sia al centro di una organizzazione, dedita al raggiro di ingenui “polli” mediante l’organizzazione di partite truccate di poker, e anche al furto. Il suo capo è un certo Mister Smith, e agisce assieme ad un tale Ritter, che in realtà è un vecchio illusionista, tale Corri.
Infine c’è Walsh, l’agente di Cobb, che afferma di aver saputo dell’arrivo di Cobb il giorno stesso dell’arrivo di quegli a New York, mentre in seguito si viene a scoprire che l’aveva saputo ben due giorni prima. E quindi, meglio di altri, avrebbe potuto approfittare dell’ evenienza ed impadronirsi dei gioielli.
Tuttavia tutti dimostrano coi loro atteggiamenti, che i famosi gioielli non sono stati ancora trovati.
Ellery riuscirà a ritrovarli nascosti nell’unica cosa che mancava nell’appartamento che egli ha cercato da quel momento, cioè il fantoccio usato per lo spettacolo di Cobb. E a inchiodare un astuto assassino, non prima che abbia ucciso Ritter e abbia lasciato nuovamente la sua firma: un graffio. Determinanti come prova, saranno le carte che venivano segnate durante le partite coi “polli”.
Novella parecchio movimentata, in realtà, più che romanzo, si tratta di una novelization, approntata dai due cugini, come pubblicazione della sceneggiatura originale, da loro scritta, per il film Ellery Queen’s Penthouse Mystery, sempre del 1941.
Abbiamo quindi un primo punto fermo: non è un romanzo. E questo ha la sua importanza perchè l’uso ed il fine per cui la sceneggiatura originale fu scritta, influì certamente sul prodotto finale. In un film, era necessario che si mettessero in rilievo dei fattori che nel romanzo giallo classico possono anche non esserci:
innanzitutto un chè di movimentato, che nel film avrebbe evitato che l’azione troppo statica annoiasse lo spettatore, ed in realtà di azione qui ce n’è parecchia; anche troppa, rispetto ad un romanzo queeniano. Già ciò dimostra quanto questo prodotto fosse diverso da un romanzo tipico dei due cugini, in cui l’unica azione costante è quella delle cellule cerebrali di Ellery sempre in movimento (tranne casi sporadici: mi vien da pensare per es. a The Egyptian Cross Mystery, ma solo perché i tre fratelli Van abitano in tre diversi posti e quindi Ellery deve materialmente spostarsi da uno all’altro);
poi la mancanza di un problema cervellotico, che era il marchio di fabbrica della ditta Queen, che avrebbe potuto appesantire l’azione filmica, e la proposizione di un tema che avvincesse lo spettatore medio, con un a trama anche in un certo senso attuale rispetto al tempo in cui il film venne proiettato: il film è del 1941, marzo del 1941, e già nove mesi prima dell’attacco a Pearl Harbor, “il pericolo giallo” era attualissimo nelle cronache americane, tanto più che il Giappone aveva invaso la Cina nel 1937 e la Manciuria già nel 1931. Ecco allora, che nel film venne inserito un plot secondario che si incentrava su presunte manovre da parte dello spionaggio giapponese al fine di impedire rifornimenti di viveri e medicinali in Cina: una serie di circostanze avventurose che ben si confacevano ad un film;
infine, l’elemento romantico, diciamo rosa, che sarebbe potuto piacere ad un pubblico anche femminile rappresentato dalla figura di Nikki Porter, personaggio molto conosciuto al pubblico soprattutto della radio, per i numerosi gialli radiofonici in cui era presente, che accompagna una figura di Ellery Queen che se non è caricaturale, comunque viene notevolmente ridimensionata rispetto a quella che conosciamo e che emerge soprattutto dai primi dieci romanzi della produzione queeniana.
A questo proposito, ricordiamo come questa novelization fà pendant assieme a The Door Between, proprio per la proposizione del personaggio di Nikki Porter, che non si troverà più nei romanzi; e ci dà il modo di osservare come il personaggio di Ellery Queen non si sia mantenuto inalterato nel tempo, come accadrà a quello di Merrivale o di Fell o di Poirot (tranne ovviamente l’invecchiamento di quest’ultimo), ma invece sia cambiato sostanzialmente: mentre infatti nei primissimi romanzi, Ellery viene tratteggiato come un clone di Philo Vance (in possesso di una cultura enciclopedica) e si afferma come essi siano rievocazioni di fatti lontani, giacchè Ellery è sposato e padre di un bambino e vive in Italia, successivamente l’uomo che era sposato e già padre, perde figlio e moglie e diventa impenitente scapolone, celibe (non separato), nel corso della grande messe dei dieci romanzi iniziali, almeno intorno al 1936; poi a partire dal 1937, si assiste ad una sempre più marcata trasformazione di Ellery, che perde i connotati che ne avevano fatto il campione del romanzo puzzle super-deduttivo degli anni ’30, trasformandosi in un personaggio più simpatico e dimesso, in certo senso anche gigione, che ha rapporti con le donne meno misogini di quanto non apparisse precedentemente: insomma, in questo secondo periodo, si strizza l’occhio al pubblico femminile e quindi si confezionano storie che abbiano meno marcati caratteri tipicamente maschili (l’enigma super-deduttivo) e più espliciti femminili, aprendosi per di più ad ambienti connessi con l’industria cinematografica (i romanzi della serie di Hollywood); infine si abbandona questo tratto queeniano (che peraltro non aveva avuto il successo che si ipotizzava) e si arriva alla terza fase, quella caratterizzata da romanzi basati su elementi esplicitamente psicologici. L’unico carattere che si manifesta comune ai tre momenti non è tanto la figura di Ellery quanto quella del padre, che è come se facesse da collante alle tre fasi.
Nonostante vi siano degli sprazzi, neanche il plot, in questa novelization, si manifesta del tutto riuscito: non solo perché l’azione investigativa (con pedinamenti, inseguimenti, penetrazioni in appartamenti) sostituisce quasi del tutto l’azione deduttiva, ma anche perché, saputo l’assassino, si rimane un po’ con l’amaro in bocca, in quanto abituati, dai primi romanzi queeniani, a super-assassini, con cui si ingaggiavano battaglie di logica, mentre qui l’assassino è un personaggio che sembra estraneo alla vicenda e che invece si apparenta tale solo nelle batture finali.
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