In Italia, recependo immediatamente il grande successo americano, il soggetto fu pubblicato su Il Romanzo Mensile N.3 Anno XXXV (dell’Era Fascista) – Marzo 1937. Questa è la versione da me presa in esame, quella originale. Tuttavia, non è l’unica. Infatti, siccome l’ultimo capitolo lasciava la vicenda di Giacomo Blake “appesa” , parecchio tempo dopo, in America, si pensò di darvi una legittima conclusione. Così, nel 1967, il romanzo fu ripubblicato con una introduzione di Arthur Schlesinger Jr. ed un finale postumo, approntato all’uopo da Erle Stanley Gardner (creatore di Perry Mason). Questa è la veste del soggetto tradotto ad A.Ghilardelli e pubblicato nel 1982 da Mondadori nella sua collana, “Gli Oscar del Giallo”. Successivamente le Edizioni Olivares, nel 1993, ne approntarono un’ulteriore traduzione (sempre della versione postuma non originale), affidandola a T. Guiducci.
Come già detto, l’inizio della storia, La voce dell’altro, che dovesse sviluppare il nocciolo di plot proposto dal Presidente Roosvelt, fu affidato a Rupert Hughes (sceneggiatore e scrittore).
Jim Blake è a capo di una famosa ditta di pratiche legali. E’abbastanza ricco, e ha sposato Ilka Varaska, una sedicente russa espatriata e riparata in Occidente dopo la Rivoluzione d’Ottobre. Nonostante Jim la ami, tuttavia ben preso i rapporti si incrinano quando risulta che la coppia non è allietata dalla nascita di figli e che la stessa Ilka si rifiuta di adottarne. Per di più Jim, notevole filantropo, mecenate soprattutto di sportivi in erba, poveri e senza prospettive di successo, ne accoglie uno persino a casa sua, un tennista promettente di nome Earle Marshall, che come ringraziamento non solo vive e sbafa senza neanche ringraziare Jim, ma per di più si sbatte la moglie fedifraga, Ilka. Jim non sospetta nulla, ma della tresca è a conoscenza Carlotta Hope, la sua socia dello studio legale, ventiseienne, che lo ama segretamente ma è al tempo stesso conscia del legame matrimoniale che lega Jim ad Ilka, e nonostante sia a conoscenza dei rapporti dei due amanti, non dice nulla a Jim. Ma un giorno, per caso, Jim capisce di essere stato tradito dai due. Pertanto comincia a pensare di rifarsi una vita – visto che la moglie non vuole divorziare – e per questo, innazitutto vuole cambiare voce: pertanto fa ricercare un ventriloquo che gli insegni l’arte di cambiar voce. Questa sua iniziale decisione diventa una certezza quando, approfittando dell’assenza di Marshall, una sera chiama a casa sua la moglie, imitando alla perfezione la voce del tennista, e così apprende con sua grande paura, che i due folli amanti stanno progettando di ucciderlo. Lui vorrebbe sbattere la cornetta in faccia alla moglie ma poi, cambiando voce ed assumendo una dal timbro femminile, le rinfaccia di conoscere quanto lei ha appena detto. Inoltre Carlotta, nonostante lo ami, fà capire a Jim che in realtà ha un suo innamorato, e così quello capendo di non avere più ancore, né la moglie né l’amata, si fissa di non avere altra chance se non quella di fuggire via.
Il capitolo due, La prima vita finisce, affidato a Hopkins Adams (giornalista e scrittore), è in sostanza lo sviluppo della risoluzione di Jim: assume un vecchio attore teatrale perché gli dia lezioni di recitazione; assume come proprio primo modello, per poter applicare i suggerimenti del ventriloquo e dell’attore, un certo Fillinson, suo conoscernte; si fa liquidare cinque milioni in contanti dalla sua banca; prende contatti con il chirurgo plastico Grimshaw chiedendogli, in cambio di 70.000 dollari, di rifargli un’identità facciale; e sbriga ogni giorno fino a notte fonda gli affari dell’ufficio, così da ottenere la massima liquidità possibile. Le sue assenze da casa si fanno così frequenti che la moglie, che aveva abbandonato il proposito di assassinio, spaventata dal fatto che qualcuno al di fuori dell’amante sapesse del loro piano, ma che purtuttavia aveva preso l’abitudine di chiudere la propria stanza a chiave, quando viene a sapere che pure il marito chiude la porta dalla parte sua, si fissa che la cosa accada perché è lui a non amarla più e ciò perché ama Carlotta. Così intima alla socia del marito di dirgli cosa il marito faccia la sera, non ricevendo alcuna risposta e per di più mette in allarme Carlotta, quando questa sa da lei che non c’è nessuna vacanza che Ilka e Jim stiano per iniziare, come invece Jim le ha detto motivando il superlavoro in ufficio. Ritornando in ufficio, scopre la lettera con cui Jim le dà il suo addio.
Il Capitolo tre, Verso l’ignoto, fu scritto da Fulton Ousler (Anthony Abbot). In pratica Jim Blake chiusa la sua precedente esistenza, sotto il falso nome di Carter, si dirige verso la clinica del dottor Grimshaw, dove trova tanta povera gente ferita, dolente e terrorizzata, che grida, che piange, che si lamenta. E quindi rimane molto scosso: comincia solo ora a capire cosa lo aspetti, ma trovata la stanza riservatagli, estremamente accogliente, solo quando vi si abbandona, si rilassa. Nei giorni successivi, espone le sue aspettative a Grimshaw che gli chiede un modello. Jim, dopo un’indagine affidata ad una agenzia investigativa, trova un modello perfetto, Frank Carter: una persona che sta per morire, che ha grande reputazione, che non ha parenti, originaria del Canada, a cui Jim chiede di cedergli la sua identità, in cambio di una cospicua somma con cui potrà beneficiare la sorella ed il nipote che non riesce a trovare. Jim viene sottoposto ad una serie di interventi operatori che ne modificano radicalmente l’aspetto, e in più con l’uso di lenti colorate, cambia anche il tono degli occhi. Inoltre tramite un’agenzia specializzata, Jim Blake con la nuova identità di Frank Carter (il vero FranK Carter nel frattempo è morto ed è stato seppellito come Jim Blake) rileva una Ditta di Toronto, “Noble & Scarf” Ltd. rilevando il 51% delle azioni. Intanto Carlotta, trovando delle indicazioni di Grimshaw, in ufficio, è arrivata in clinica proprio mentre è presente Jim: egli ha paura di rivederla perché teme che lei possa riconoscerlo, ma è Grimshaw stesso che lo convince ad incontrarla perché solo così saprà se l’intervento di plastica è perfettamente riuscito.
Quarto capitolo è L’Alba di Frank Carter, elaborato da Rita Weiman (una famosa sceneggiatrice cinematografica del tempo): Jim incontra Carlotta, ma quando lei lo vede non lo riconosce quindi pensa di avere preso una cantonata; nonostante ciò Jim cerca di consolarla. Avendo capito che l’intervento è perfettamente riuscito, vuole morire del tutto e quindi riesce a prendere contatto con un giovane studente di medicina, oberato da debiti di gioco, affinchè in cambio del saldo dei debiti, gli procuri un cadavere della sua corporatura. La notte prevista, avvenuta la consegna, facendosi forza, Jim ripone i suoi effetti personali su di lui e gli fa indossare i suoi indumenti, poi si mette al volante dell’auto che come Jim Blake aveva lasciato ad un’autorimessa e che lì ha ripreso, e si dirige ad un posto prefissato, lì dove c’è un burrone, dove lancia nel vuoto l’auto finchè di essa e del corpo che contiene non restano solo fumo e cenere. Intanto Ilka, che sapeva dell’auto lasciata da Jim e del tempo in cui lui l’avrebbe ripresa, l’ha seguito ad una debita distanza, fino a che assiste alla sceneggiata ordita dal marito e assiste alla di lui “morte”, rallegrandosi di essere finalmente rimasta sola a godersi la fortuna del marito, col suo amante.
Il quinto e penultimo capitolo fu affidato a S.S. Van Dine: L’imprevisto. Jim Blake prende possesso della sua nuova identità a Toronto e lì si dedica alal sua nuova occupazione, Nonostante ciò sente il bisogno di andare a vedere chi lo pianga al “suo” funerale, accorgendosi di quanto la moglie finga e di come invece sia addolorata Carlotta. Tuttavia un imprevisto scombussola quelli che erano i piani sia di Jim, che avrebbe voluto rifarsi una vita, sia della moglie Ilka che si sta apprestando a godere di quella che ritiene una grossa eredità: la moglie, avvisata del fatto che in realtà della eredità originale rimanga solo la nuda proprietà, che Jim le ha intestato prima di scomparire, con la scusa di facilitazioni fiscali, accusa Carlotta di sapere dove Jim abbia messo i soldi, venendo accusata di rimando di aver ucciso il marito. Infatti Carlotta si è accorta che Ilka è mancata alcuni giorni ed è ritornata proprio in coincidenza della morte del marito. Rosa da questa eventienza, Carlotta si reca alla polizia, dall’Ispettore Markham al quale confessa le sue perplessità, e la velata accusa che Ilka abbia ucciso Jim, sulla base dell’infedeltà manifesta di cui lei era stata testimone. L’Ispettore ci vuol vedere chiaro e così comunica la sua decisione di voler riesumare la salma, chiedendo al dottor Doremus di apprestarsi ad una autopsia del cadavere. I risultati sono assolutamente sconcertanti: nel cranio della vittima viene rinvenuta una pallottola calibro 5,5. Guarda caso Ilka aveva proprio una pistola di quel calibro a casa sua, ma, sconsideratamente, accusata da Carlotta, aveva chiesto al suo amante di disfarsene. Ora che la polizia, che sa dell’esistenza di una pistola a casa sua, chiede di vederla, lei non può acconsentire, ed offre quindi su un piatto d’argento la prova della sua presunta colpevolezza. Ilka viene arrestata per omicidio di primo grado e condannata a morte. In attesa di notizie, essendo venuto a sapere che pure la domanda di grazia è stata respinta e che quindi Ilka è avviata alla sedia elettrica, Jim decide di fare marcia indietro e di confessare tutto alla polizia. Per questo, decide di chiamare al telefono Carlotta, che lì per lì, prima di capire che Jim è vivo, pensa di star parlando ad un fantasma.
Il capitolo finale, La prova, fu scritto da John Erskine, un grande scrittore del tempo. Jim non vede altra alternativa che coinvolgere Carlotta nel suo tentativo di salvare Ilka, nonostante ella non sia una “stinco di santo” e abbia tentato di ucciderlo in passato. Ora si confessano vicendevolmente e finalmente Jim ha la prova dell’amore di Carlotta perché lei butta al vento ogni remora. Il tentativo per salvare Ilka non può che far capo al Governatore dello Stato di New York, il quale, solo lui, può annullare la sentenza capitale. Jim e Carlotta lo vanno a trovare e nonostante egli dubiti fortemente che quella persona, così diversa fisiognomicamente sia Jim, che egli ha conosciuto personalmente in passato, conunque, sulla base di ricordi comuni, che Jim gli rivela, acconsente all’estrema richiesta che gli viene formulata: l’unico che possa riconoscere Jim, lui ne è sicuro, è il cane, Tinker, che giace malato presso il suo casolare. Il guardiano, Patrick, come il Governatore, non riconosce Jim anzi si mostra decisamente indisponente, ma quando viene a sapere che quello sconosciuto vuol vedere Tinker e sa come si chiami, rimane sbalestrato: Tutti lo chiamano per nome ma il cane non risponde; ma quando Jim lo accarezza come solo lui sapeva fare, il cane in un ultimo guizzo di vita, si alza, lo lecca per poi accasciarsi senza vita. Solo a questo punto il Governatore crede alla storia di Jim e dà ordine di annullare la sentenza capitale. Jim si aspetterebbe di venir inquisito, ma anche qui vi è un imprevisto, questa volta a suo favore: il Governatore gli comunica che nessuno gli farà nulla, e che non ha da temere nulla, neanche da Ilka, visto che si è scoperto come la stessa non fosse affatto vedova, prima di sposarsi con Jim, ma avesse ancora il proprio vero marito vivo e vegeto a Varsavia: quindi il suo successivo matrimonio non è valido, e lei potrebbe essere accusata di bigamia. Solo allora Jim e Carlotta si baciano e finisce con un Happy End il romanzo.
E’ evidente, leggendo la storia, che scrivere a dodici mani non è la stessa cosa che scrivere da soli: è estremamente più difficoltoso, perché ciascun o deve imbastire la propria storia sulla base di quello che ha scritto quello prima di lui; tuttavia la storia non ha mai un andamento costante, ma ha alti e bassi. Con tutta franchezza i capitoli più entusiasmanti sono il primo, il quarto, il quinto e il sesto, cioè quelli scritti da scrittori di professione, o da sceneggiatori cinematografici: sono i capitoli che hanno un respiro più ampio e posseggono indubbiamente un piglio e un taglio assolutamente spettacolari. In particolare, il quarto, il quinto, e il sesto sono in assoluto i migliori, perché danno una sterzata al romanzo, che fino ad allora sembra una storia di appendice, trasformandolo in un thriller atipico in cui il morto è tale per opera di ignoti e il fine è quello di salvare la vita ad una assassina potenziale da parte di chi, essendo una persona buona, non può vivere col rimorso di aver mandato a morte chi in effetti non l’aveva ucciso, Si noti come Van Dine usi dei suoi personaggi della serie di Philo Vance: il dottor Doremus e Markham che qui è un Ispettore mentre lì è un Procuratore Distrettuale, come se avesse fatto carriera, laureandosi in legge. Comunque sia, magistrale è l’invenzione della finta morte con un cadavere preso in prestito, come pure magistrale è l’invenzione del proiettile nel cranio del cadavere preso in prestito, che determina l’accusa di omicidio di primo grado. Infine, il finale ha un peso letterario molto ampio ed è teatrale: il cane che riconosce il suo padrone. Dico che ha un peso letterario non di poco conto, perché mi pare che il finale ripeta esattamente un altro celeberrimo ritorno a casa, in uno dei Poemi più famosi in assoluto: l’Odissea. Anche lì Ulisse, badate bene, sotto mentite spoglie, sotto cioè un aspetto che non è il suo, come accade per Jim, si presenta a casa sua ma nessuno lo riconosce: così come Patrick, il guardiano del suo casale nei confronti di Jim, così Eumeo non riconosce Ulisse. Ma in tutti e due i casi è il cane che riconosce il padrone, seppure si presenti sotto mentite spoglie: Argo riconosce Ulisse, Tinker riconosce Jim.
E Roosvelt? Mah. Sicuramente fu migliore come Presidente che come scrittore di polizieschi. E anche se questo viene chiamato Il romanzo del Presidente, The President Mystery Story, in realtà converrà con me chi mi legge che il suo contributo fu assolutamente irrisorio, anche se il fine ultimo fu grande: si mise a punto un progetto per aiutare i bambini affetti da paralisi, che opera ancor oggi.
In quanto all’edizione italiana, mi vien da dire una cosa: la traduzione del testo è una delle migliori per resa in italiano che io abbia mai potuto vedere, tanto più se si pensa che risale al 1937, e la sua resa è in tale italiano fluido che si potrebbe pensare sia risalente a questi giorni; inoltre, individuo una caratteristica peculiare: in quei tempi, si tendeva a italianizzare tutti i nomi stranieri possibili, ma in questo testo assistiamo ad una procedura singolare: non so se per precisa decisione editoriale o per una presa di posizione rispetto alle direttive centrali e politiche dell’editoria, si tende a conservare dei nomi stranieri la formazione originaria: Franco Carter, viene indicato come Carter in tutto il romanzo per non indicarlo come Franco; Carlotta come Carlotta; Patrick come Patrick; “Giacomo (detto Jim)” Blake, viene indicato come Jim per tutta la durata del romanzo, invece che come Giacomo; Earle è Earle; Ilka è Ilka. Insomma, è la prima volta che mi trovo dinanzi ad una evenienza del genere ed è per questo che l’ho fatta notare.
Al di là del testo in sè per sè, comunque, il giallo può essere visto, come un Giallo nel Giallo, ad uno strato più profondo: Schlesinger Jr. nella prefazione all’edizione del 1967, avanzò l’ipotesi tutta da provare, ma suggestiva e secondo me assai verosimile, che il soggetto inventato dal Presidente non fosse stato altro che la proiezione di se stesso secondo la tesi di Sigmund Freud secondo cui i racconti, come i sogni, “possono essere una proiezione, la rivelazione di un processo interiore e cosi’ svelare qualche particolarita’ insospettabile del narratore”. Secondo questa ipotesi il preteso cambiamento di identità del ricco Jim Blake, sarebbe stato specularmente il cambiamento di identità del Presidente Roosvelt: anche lui appartenente all’Alta Borghesia, disprezzava la classe sociale da cui proveniva . E sognava un’altra vita che si materializzò nella scelta politica. Cioè con altre parole “hating the falsity of his existence, the meaninglessness of his career, the sameness of his middle-aged routine, the absence of purpose and the boredom with his marriage”.
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