giovedì 24 agosto 2017

Anthony Berkeley : Il caso dei cioccolatini avvelenati (The Poisoned Chocolates Case, 1929) – Traduz. Francesca Santini – I Classici del Giallo Mondadori, N. 414 del 7 dicembre 1982 – Prima Edizione, Pagg. 166


Anthony Berkeley Cox è uno dei grandi specialisti del romanzo poliziesco di quella che comunemente vien definita la “Golden Age”, L’Età dell’Oro. Cominciò a scrivere romanzi alla metà degli anni ’20, e il primo caso con Roger Sherringham, il suo personaggio più famoso, fu The Layton Court Mystery ( 1925), un inizio col botto, visto che decise di cominciare con un classico delitto della Camera Chiusa. A questo seguirono molti altri romanzi, alcuni di eccellente fattura, per es. il successivo, The Wychford Poisoning Case (1926), che non ricevette critiche entusiastiche e che solo alla lunga ha dimostrato il suo valore; e parecchi altri, tra cui Trial and Error (1937) in cui l’assassino cerca di persuadere le autorità che ad uccidere è stato lui e non un innocente.
Utilizzò sia lo pseudonimo con cui è più conosciuto, cioè Anthony Berkeley, sia quello di Francis Iles con cui firmò 3 romanzi (Malice Aforethought ,1931; Before the Fact , 1932; As For The Woman, 1939) in cui trattava molti temi morali schiettamente: per es. la materia sessuale, senza quel falso moralismo tipico di quegli anni, tanto che, J.D. Beresford in una recensione per “The Manchester Guardian”di As For The Woman (1939) senza mezzi termini bollò Berkeley di essere “frank to the point of indecency”. Tuttavia, Anthony Berkeley deve la sua notorietà durante gli anni della Golden Age, e anche dopo, fino ai giorni d’oggi, a The Poisoned Chocolates Case(1929), Il Caso dei Cioccolatini Avvelenati.
Un giorno qualcuno invia una scatola di cioccolatini della ditta Mason, a Sir Eustace Pennefather, membro del cosiddetto Club del Crimine; a lui però i cioccolatini non piacciono e così regala la scatola al suo amico, il criminologo Graham Bendix: questi ne mangia uno e finisce all’ospedale in gravi condizioni, mentre la moglie Joan, golosa, ne mangia parecchi e..muore.
Responsabile della morte è un veleno, il nitrobenzolo, talora utilizzato nella produzione di cioccolatini di qualità scadente: è stato un incidente o un omicidio? A propendere decisamente per la seconda ipotesi è il rinvenimento in ciascuno dei cioccolatini rimasti, di un minuscolo forellino, segno che qualcuno/a vi ha iniettato il veleno.
Incaricato delle indagini è l’Ispettore Capo Moresby che, pur credendo all’ipotesi del pazzo omicida, non può non rallegrarsi dell’iniziativa del Club del Crimine, che ha deciso di cercare di individuare l’omicida sulla base delle qualità individuali dei suoi membri, tutti in un modo o nell’altro capaci di togliere la polizia da una situazione difficile dinanzi all’opinione pubblica
Toccherà quindi al Club del Crimine e ai suoi aderenti, scoprire l’identità dell’assassino, in un gioco di società che assume i connotati dell’indagine poliziesca. Innanzitutto, bisognerà capire se il bersaglio dell’azione era proprio Joan Bendix, o suo marito, o come sembra Pennefather, o altri; e una volta inquadrato il bersaglio, bisognerà anche individuare a chi effettivamente faceva comodo che morisse, la risposta cioè del “Cui Prodest?” latino. Ciascuno dei membri potrà condurre le indagini secondo i propri metodi, induttivi o deduttivi, per poi presentare al termine, entro la giornata loro affidata, i risultati della propria indagine. L’ordine secondo il quale i membri del Club del Crimine, esporranno le loro tesi, è il seguente: Sir Charles Wildman, avvocato; Mabel Fielder-Flemming, commediografa; Morton Harrogate Bradley, scrittore di gialli; Roger Sheringham, presidente del piccolo Club del Crimine; Alicia Dammers, scrittrice di romanzi;  e Ambrose Chitterwick (quest’ultimo compare anche in alcuni romanzi in cui protagonista non è Sherringham), uomo insignificante e modesto. 
Ne risulteranno, straordinariamente per il tempo in cui il romanzo fu scritto, sei differenti deduzioni, soluzioni sempre differenti dello stesso problema.
Sherringham, che è il quarto a parlare, elaborerà una teoria che seguendo ed interpretando secondo logica gli indizi, dovrebbe portare come conseguenza ad una certa verità: cioè che omicida è il marito di Joan, Graham Bendix che ha deciso di togliere di mezzo la moglie; solo che Berkeley, inaspettatamente ha affidato non a Sherringham, pomposo Presidente del Club del Crimine, ma all’insignificante Ambrose Chitterwick, sconosciuto tra i più famosi suoi compagni, la potestà di riuscire ad individuare l’omicida – rivelando come riconosceranno i presenti, che tra loro c’era “un criminologo praticante” - rifiutando i dati errati e acquisendo quelli giusti di ciascuna ipotesi, dopo che ha affidato ad Alicia Dammers il compito di disfare il castello di ipotesi proprio di Sherringham; e a dare una ragionevole risposta ai quesiti proposti, indicando il sicuro omicida.
La popolarità di questo romanzo deriva dalla straordinarietà della situazione paventata: un omicidio, delle prove, degli indizi, ma nessuna possibilità di indicare ragionevolmente e con assoluta certezza un determinato colpevole. Ecco perché la polizia sembra brancolare nel buio; ecco perché si affida a dei dilettanti, seppure di grande fama.
Fatto sta che Berkeley, diversamente da quanto si possa comunemente pensare, non crea un romanzo, ma un anti-romanzo poliziesco: a lui non tanto interessa individuare con un ragionamento che applichi abduttivamente la logica agli indizi, l’assassino, ossia risolvere un problema, quanto dimostrare che sulla base di una medesima fonte indiziaria, come le sei diverse deduzioni che vengono date del medesimo problema (l’idea del Club del Crimine può esser stata alla base del Detection Club di cui lo stesso Berkeley faceva parte, e di cui fu il propugnatore), infinite possono essere le risoluzioni; in questo modo, è come se sancisca la fine del principio secondo cui la giustizia alla fine trionfa sempre: la giustizia di chi?
Partendo da questo presupposto, ridicolizza il processo deduttivo alla base del romanzo poliziesco.
Nonostante ciò, è proprio con un ragionamento deduttivo che il più insignificante dei presenti riesce a dare uno smacco agli altri: quasi un’estrinsecazione della massima evangelica: “I primi saranno gli ultimi e gli ultimi i primi”.
Berkeley si dimostra erede di Bentley, nel fornire non una soluzione ma svariate dello stesso problema: Trent’s Last Case (1913), è il punto di partenza da cui partirà non solo Berkeley ma anche tanti altri.
Berkeley a sua volta è punto di partenza: Ellery molte volte sbaglierà nei suoi ragionamenti, giungendo solo alla fine a ricostruire il puzzle; allo stesso modo Roger Sherringham non sarà un detective infallibile, come per esempio Poirot. Da Bentley origina questo modo di trattare il proprio eroe: viene creato un anti-eroe, una cosiddetta “antithesis of Sherlock Holmes” che viene indicata in una sorta di manifesto all’inizio di The Layton Court Mystery. Ma, l’antitesi di Sherlock Holmes, non sta solo nella fallibilità materiale di Roger, quanto anche nelle sue doti umane che non sono elette come i grandi detectives del tempo: egli talvolta è rude, offensivo, schietto oltre ogni dire, anche oltre la normale decenza. Ma proprio questa sua limitazione, lo fa essere così vicino all’uomo comune del tempo.
Forse è anche per questo che i romanzi di Berkeley incontravano il favore dei lettori?
In verità parecchi dei romanzi di Berkeley si vendono tuttora, a testimoniare una fama non  immeritata, come dimostra la pubblicazione recente di L’Isola della Paura (Panic Party) da parte della Mondadori; o le pubblicazioni da parte di Polillo dello stesso “Il Caso dei cioccolatini avvelenati”, di “L’Omicidio è un affare serio” (Malice Aforethought), e recentemente di “Caffè al veleno a Piccadilly” (The Piccadilly Murder). Per non parlare dei soggetti sfruttati dal cinema, a cominciare dall’Hitchcockiano Suspicion (“Il Sospetto”) con Cary Grant e Joan Fontaine, tratto da Before The Fact.

Pietro De Palma

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