Che a me piacciano i romanzi di Ngaio Marsh è cosa risaputa. Prima
ancora che piacessero a me e che io ne parlassi, ne avevano parlato
altri, come Luca Conti, rimarcando il dato principe della prosa della
Marsh, cioè la raffinatezza dello stile. A parere mio c’è un’altra
caratteristica peculiare delle opere della Marsh, che rivela la sua
maestria nel trattare la materia: la grande varietà dei personaggi. Se
si osserva e si mette a raffronto la scuola poliziesca francese e quella
anglosassone, in generale già si noterà come i francesi degli anni ’30
creassero i loro romanzi non sulla base di molti personaggi, perchè il
loro scopo era principalmente quello di sondare un mistero, risolto il
quale, veniva inquadrato immediatamente il responsabile; il giallo
anglosassone pur con i suoi ovvi distinguo, è molto più complesso, e
sofisticato, in quanto non pone al centro del plot un mistero
partciolarmente intricato (un omicidio impossibile o una camera chiusa),
che può anche esserci, ma che non è il soggetto primo quanto invece il
prodotto delle ramificazioni di contatti tra i vari personaggi. Carr
forse sfugge a questa casistica, ma comunque, in lui, la
caratterizzazione dei personaggi è sempre mirabile. Ngaio Marsh, tra i
vari romanzieri anglosassoni, è quella che più di altri è riuscita
secondo me, nella difficilissima arte di riuscire a gestire una selva di
personaggi diversi, dando a ciascuno di essi una sua propria
caratterizzazione efficace. E “Hand in Glove“, del 1962,(I Guanti dell’assassino) è uno dei suoi romanzi migliori.
Tutto ruota in questo romanzo sulla figura di Period Pyke, un anziano
gentiluomo di nobili origini, che fa del lignaggio la sua fissazione.
Assume come dattilografa, Nicola Maitland-Mayne, nipote dell’omonimo
generale, amico di Pyke, perchè lo aiuti a scrivere un libro. Pyke
divide la sua casa con un amico, Harold Carter, un grande avvocato in
pensione, che ha pessimi rapporti con molta gente: a causa della sua
cagna, Pixie, un boxer in calore; a causa del suo rifiuto ad
acconsentire al figliastro, Andrew Bantling, di ereditare prima del
consentito, il lascito assegnatogli da suo padre Bobo Bantling, settimo
Barone di Bantling, in punto di morte: infatti Harold Carter assieme a
Period Pyke è uno dei tutori del ragazzo. Inoltre Harold è stato secondo
marito della madre Desirèe Bantling, ora sposata con Bimbo Dodds, ed è
anche con lei in rotta. E’ in non buoni rapporti anche con la sorella
Constance, a causa dell’adozione da parte di lei, di una ragazza, Mary
Ralston, detta “pupa”, che Harold giudica una poco di buona, anche a
causa dell’unione con un tipo poco raccomandabile, quale Leonard Leiss.
Non bastasse tutto questo, Harold Carter riesce anche a bisticciare
proprio con il suo ospite, Period Pyke, a causa di una sua uscita
velenosa – durante il party dato da Desirée e Bimbo che terminerà con
una caccia al tesoro – con la quale vuole attaccare coloro che
desiderosi a tutti i costi di nobili origini, sono capaci anche di
alterare documenti pubblici pur di conquistarle.
Durante il party accade un fatto che predispone ancora peggio Harold
nei confronti di Pupa e di Leiss: i due, millantando l’appoggio
inesistente da parte di Harold Carter e di Period Pyke, avrebbero voluto
cambiare la propria “carretta” con una macchina sportiva. Non bastasse
questo, durante il party, scompare il prezioso portasigarette d’oro con
brillanti che Pyke aveva avuto in dono da una nobildonna sua amica:gli
unici ad averlo avuto in mano sono stati i due giovani che però negano
ogni responsabilità nell’accaduto. Il party potrebbe a questo punto
almeno avere un termine felice, ma invece, dopo la caccia al tesoro, la
cagna di Harold, Pixie, che lui ogni notte porta a fare i bisogni,
scatena un furibondo casino, con tutti i cani del vicinato, di cui fa le
spese Bimbo, così come prima aveva fatto le spese Connie Carter, morsa
dal suo pechinese Li, anch’egli innamorato di Pixie.
L’indomani mattina, il 1 aprile, la sorella di Harold riceve una
lettera di condoglianze splendida, da parte di Pyke, famoso nel
ristretto ambito nobiliare della provincia, per le sue condoglianze. Ma
condoglianza per chi? Per Harold sembrerebbe, perchè si parla del
fratello. Ma Harold è vivo. Anzi no. Viene trovato sepolto nel fango
putrido di uno scavo che operai stanno compiendo sul terreno adiacente
alla villa dove lui vive assieme a Pyke, per la costruzione di uno
scarico fognario: qualcuno lo ha fatto cadere nella buca, cambiando la
posa delle assi a protezione del fosso. E poi gli ha fatto rotolare
addosso il collettore che gli ha sfondato il cranio e affondandogli il
volto nel fango, lo ha soffocato. Come sapeva Period della sua morte
prima che la scoprissero altri? Chi gli ha fatto uno scherzo d’aprile,
orribile?
Non è questo l’unico quesito a cui Roderick Alleyn, fratello di un
baronetto, e sovrintendente di Scotland Yard, dovrà dare una risposta.
Dovrà anche scoprire chi abbia rubato il portasigarette, e se siano
stati effettivamente i due ragazzacci, visto che anche quello è stato
trovato nel fango vicino alla vittima. E dovrà capire perchè Period
abbia spedito, prima della scoperta del cadavere, una seconda lettera di
condoglianze a Connie, esattamente identica alla prima. E quale
significato abbia un’altra lettera ma di tenore assai diverso,
riguardante il suo lignaggio, che Period Pyke ha spedito a Desirée
Bantling. Roderick farà un salto nella canonica della città natale di
Pyke per controllare il libro battesimale e controllare in effetti i
suoi natali. Dovrà anche dare anche un nome a tutti coloro che hanno
sostato vicino al fosso nelle immediate vicinanze temporali a quelle
stabilite per la morte di Harold: in partica pare che tutti si siano
dati appuntamento lì, per una ragione o per l’altra, per ricordare una
guerra in atto tra Desirée e il suo secondo marito a riguardo della
negata eredità del figliastro, oppure solo per baciarsi (Nicola e
Andrew), o anche per ritrovare il famoso ultimo indizio che porta al
tesoro, una bottiglia di spumante tenuta bagno nello sciacquone del
water di casa Bantling.
E dovrà anche capire chi si sia appropriato dei pesanti guanti da
guida del fidanzato di Pupa, che i due pensano abbia sottratto proprio
lui assieme all’ispettore Fox e ai sergenti investigativi, perchè quei
due guanti sono stati probabilmente usati per compiere l’omicidio.
Non prima di essere accorso a casa di Period che gli voleva parlare
perchè ha sentito qualcosa di allarmante al telefono: troverà il vecchio
riverso sulla scrivania: qualcuno gli ha lanciato un fermacarte a forma
di pesce (il suo stemma araldico) volendolo centrare alla testa. Non è
morto ma ha una grave commozio cerebrale: riuscirà a parlare di un
motivetto che qualcuno canticchiava al party e poi la notte
dell’omicidio di Carter presso il fosso. Nella sorpresa generale,
eliminando tutti coloro che per un potivo o per l’altro non potevano
aver commesso il fatto, inchioderà il più insospettabile degli
assassini.
Stupendo romanzo. Si contraddistingue per una prosa estremamente raffinata, che affascina. Cito uno dei tanti passaggi: “Nicola
avrebbe appreso ben presto che la compilazione delle lettere era una
materia di vitale importanza per il signor Pike Period. Perchè lui, in
effetti, andava famoso per le sue lettere di condoglianze” (pag.22).
Quando leggi questo passaggio ti chiedi – mi son chiesto – cosa
c’entrassero le lettere di condoglianze: eppure le lettere di
condoglianze, le due che arrivano a Connie Carter, hanno un’importanza
strategica. Assieme ai guanti. Per il contenuto delle lettere ed il
contenuto dei guanti.
E’ bene dire che le due lettere arrivano per sbaglio, almeno una:
l’altra era rivolta a Desirée perchè ex signora Carter, in qaunto anche
lei aveva perso un fratello, Ormsbury. Nel romanzo accadono tantissime
altre cose che non cito, e alcune hanno importanza nella soluzione,
altre no. Per esempio c’è anche il maggiordomo, Alfred Belt, che ha
motivi di rancore nei confronti della vittima, per essere stato
accusato, assieme a Leiss, di essersi appropriato del famoso
portasigarette d’oro. Del resto nelle tasche di uno dei sospettati verrà
trovato del tabacco turco, delle sigarette contenute nel gingillo di
Period.
L’inizio del romanzo è lento ma affascinante: una serie infinita di
chiacchiere, che celano però motivi più che validi per sopprimere una
persona. Poi c’è il party, e poi..le conseguenze del party. Poi altre
cinque parti. Alleyn, il deus ex machina compare nella terza parte, ma
ancora prima che egli appaia nelle parti di funzionario di Scotland
Yard, la sua presenza viene invocata da Nicola, amica della moglie di
Roderick, la pittrice Troy. La settima parte è addirittura dedicata alla
pestifera cagna di Harold che è essenziale per la storia in quanto
troverà i guanti.
Come si vede nulla è lasciato al caso: dal caos delle tante persone
coivolte apparentemente o realmente nella morte di Harold, Alleyn deve
trarre delle prove certe di quello che è successo, eliminando uno ad uno
gli indiziati: tra di loro persino Bimbo Dodds, ha qualcosa che non
vuole si venga a sapere del suo passato.
Il colpevole non cade dal cielo: è uno dei sospettabili,che Marsh
molto abilmente tralascia di inquadrare sotto i riflettori. Mette invece
altre persone che molto più coerentemente avrebbero avuto motivi per
uccidere. Semina indizi veri, vitali (la cenere pestata sotto dei tacchi
a spillo in casa Pyke, il riferimento a tutte le persone che per un
motivo o per l’altro erano andati a acsa di Pyke prima che qualcuno
tentasse di ucciderlo, i guanti) assieme a falsi (il portasigarette,
perchè chi l’ha rubato non è l’assassino; l’eredità di Andrew, che fa
sospettare varie persone; il lignaggio vero o presunto che sia di Pyke).
In realtà tutto gira proprio intorno alle origini nobiliari di Period
Pyke: egli tace un indizio importante su chi lui ha sentito
fischiettare un certo motivetto la sera che Harold è stato ucciso,
perchè chi lo fischiettava lo ha ricattato di rivelare cosa lui aveva
fatto molti anni prima.
La particolarità di questo romanzo è di avere inoltre oltre ad un
plot riconoscibilissimo (il lignaggio di Period), molti subplot che per
un motivo o per l’altro vi si intersecano (Pixie, il portasigarette, il
motivetto volgare, lo scavo fognario, le brutte abitudini di Leiss e
Mary, l’intraprendenza con gli uomini di Desirée e l’eredità di suo
figlio), ma anche uno estremamente difficile ad essere inquadrato e
perciò nascosto: questo è un romanzo sulle relazioni, sociali e
amatorie. Parafrasando de Laclos, si potrebbe intitolare anche questo
romanzo “Les dangereuses liasons”, Le relazioni pericolose. Come nel
romanzo, le relazioni di cui qui si parla possono anche essere
pericolose; e sono relazioni che in un modo o nell’altro, fanno
riferimento alla famiglia vera o presunta che sia: il legame tra Leiss e
Mary, quello tra Nicola e Andrew, quello tra Roderick Alleyn e Agatha
Troy, la tresca tra Alfred Belt (il maggiordomo) e la signora Mitchell
(la cuoca di Pyke), l’ex legame di Desirée con Carter e ora quello con
Dodds, la relazione pericolosa che lei tenta di avere di Roderick,
invano. Ma anche la relazione madre-figlio Desirée -Andrew, quella
Connie-Pupa (adottante-adottata), la relazione di Pyke con la sua vera o
falsa famiglia (e quindi la questione dell’eredità del titolo
nobiliare), le relazioni fratello-sorella, Ormsbury-Desirée,
Harold-Connie; le relazioni padrone-cane, anche queste importanti in un
certo senso: Connie-Li, Harold-Pixie; e infine le relazioni cane-cagna,
perchè Pixie, in calore, attrae sessualmente tutti i cani del vicinato,
tra cui il pechinese Li.
E
c’è anche un motivo che sottende a tutto: è come se Marsh volesse dire
di non fermarsi alle apparenze: tutti, ma proprio tutti, i sospettati
hanno uno scheletro nell’armadio. E mi piace sottolineare come Ngaio
Marsh, cittadina del Commonwealth, neozelandese, legata più o meno
all’ambiente britannico, voglia sottolineare che persino nelel casate
nobili, non tutto e non tutti, sono veramente nobili. Lo fa a proposito
delle pretese origini nobiliari di Pyke, che poi risulterà essere
veramente un nobile anche se ha fatto qualcosa di cui vergoganrsi, e lo
fa a proposito di quelle acquisite da Desirée. Che è raffinata, o almeno
vorrebbe esserlo, ma poi si manifesta una cougar, mentre il marito sta
dormendo, quando vorrebbe fare qualcosa di sconveniente con Roderick che
è stato invitato da lei a pranzare a casa sua; che beve come una
spugna; e che addirittura, assieme al marito, un altro arricchito, ma
senza alcuna raffinatezza interiore, quando devono elaborare le tracce
per la caccia al tesoro, l’ultima a cui pensano è una di nessuna
raffinatezza: “Se non sai che fare adesso, magari pensaci nel cesso“, che un vero nobile non avrebbe mai composto, davanti al quale Pyke sarebbe rabbrividito.
Come in tutti i mysery c’è un finale in cui tutto va a posto.
L’indizio del guanto, che diventa prova effettiva, è straordinario,
perchè è macchiato da un certa sostanza di cui si parla ad un certo
punto, che qualcuno ha usato per uno scopo ben preciso, solo che quando
se n’è parlato, nessuno poteva pensare che sulla base della presenza di
esso, l’assassino venisse smascherato. In questo Marsh è veramente
straordinaria: nasconde tra tante schiocchezzuole, una che diventerà
basilare.
Quando lo lessi, rimasi stupito: avevo scoperto già delle cose che
poi Roderick spiegherà, ma questo no, non l’avevo proprio inquadrato.
E l’assassino uccide per un motivo che a suo modo è importantissimo,
ma non è per gelosia, nè per soldi: vuole proteggere qualcuno; e tenta
di uccidere, per un motivo connesso. E’ vile, ed è anche stupido. E una
volta scoperto, verrà inquadrato anche come pazzo, in fondo. Perchè se
la cosa che non voleva si scoprissenon fosse mai accaduta, Harold non
l’avrebbe mai ucciso. O forse sì, un giorno?
Grande, Ngaio!
Pietro De Palma
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