John Dickson Carr : Una croce era il segnale (Below Suspicion, 1949) – trad. Maria Antonietta Francavilla – I Classici del Giallo Mondadori -1^ edizione, 1988, 2^ edizione 2016
Pare
che sia quasi un luogo comune ricordare con nostalgia il passato ed
esclamare: “Quelli sì che erano bei tempi!”. Però un fondo di verità c’è
sempre: sarà che è legato ai nostri ricordi di gioventù e quando uno ha
passato la cinquantina ricorda sempre con piacere i tempi di quando
aveva vent’anni, però è anche vero che una volta tutto era diverso.
Prendiamo i Gialli Mondadori per esempio: Forte, Altieri e compagnia
bella qui non c’entrano nulla, ma è anche vero che nel 1969 (io avevo
sei anni) per festeggiare un Classico Oro che presentava un romanzo di
Carr ritenuto un caposaldo della sua produzione, Il Mostro del
Plenilunio (It Walks by Night), venne pubblicata un’intervista
rilasciata a Gian Franco Orsi dallo stesso Carr, in cui, tra altre
facezie, l’autore esprimeva le proprie preferenze tra i romanzi da lui
pubblicati. Erano 4, lo ricordo molto bene: The Emperor’s Snuffbox, The Crooked Hinge, Below Suspicion e He Who Whispers.
Francamente non so sulla base di cosa
lui avesse fatto codesta scelta, ma è anche vero che Carr non è che
fosse molto sicuro di cosa valesse più o meno della sua produzione: io
ho il sospetto che se lui avesse voluto salvare dei libri, avrebbe
cercato di salvarli quasi tutti. Non è un caso che nel 1963, come
ricordava Boncompagni sul Blog del Giallo parecchi anni fa, Carr in una
letta a Broberg, uno scrittore e critico svedese, ricordando quali per
lui fossero i romanzi più cari, ne citava altri quattro: Till Death Do Us Part, He Who Whispers, Fear, Burn!, Curse of the Bronze Lamp. A ragione possiamo affermare, quindi, che almeno He Who Whispers,
deve aver rivestito tra le sue opere, una particolare importanza. Ma
siccome mancava da molti anni, recentemente è apparso in edicola uno dei
romanzi citati nell’intervista a Orsi: Below Suspicion (“Una croce era il segnale”).
Alcune
volte, quando sono stato chiamato ad esprimermi, ho detto la mia su
questo romanzo: a me non è mai parso un capolavoro. Rileggendolo, devo
dire in tutta franchezza che, pur avendo riguadagnato qualche punto, il
giudizio di fondo non è mutato.
Ellis Joyce è stata accusata della
morte della Sig.ra Taylor di cui lei è stata dama di compagnia. La Sig.
ra Tayor assumeva medicine di qualsiasi genere e usava molto i Sali di
Nemo e i Sali Epsom (solfato di magnesio): senza i Sali Nemo non
riusciva a stare. Era accaduto che una notte che la ragazza fosse andata
a letto e non si fosse svegliata, che la vecchia fosse morta
avvelenata: la vecchia aveva assunto antimonio puro al posto di solfato
di magnesio in un bicchiere d’acqua. L’antimonio era contenuto in una
vecchia scatola di Sali di Nemo nella stalla: come ci fosse finito nella
stanza della vecchia nessuno lo sa; l’unica cosa certa è che sulla
scatola sono state trovate solo le impronte digitali della vecchia e di
Ellis.
Ellis proclama la sua innocenza: dice
di non aver ucciso la vecchia. E per quale motivo poi? Per ereditare 500
sterline? Fatto sta che la condanna pare certa e così Charles Denham,
procuratore legale su cui gli occhi e le forme sinuose della ragazza
hanno fatto colpo, chiede all’amico Patrick Butler, avvocato penalista
di grido e principe del foro, di occuparsene e salvare la ragazza
dall’impiccagione. Butler con un capolavoro di difesa, insinuando il
dubbio nel personale di servizio, in particolare in Emma (la cuoca) e in
Griffith (il cocchiere), per di più marito e moglie, che qualcuno
quella notte fosse entrato dal di fuori e avesse ucciso la vecchia,
basandosi sulla porta del retro che sbatteva nella notte e sulla chiave
del portone che invece di essere solo girata per aprire la porta, pare
fosse stata raccattata dalla ragazza da terra, come se qualcuno l’avesse
lasciata cadere per terra, salva la ragazza.
Tutto finito? No, perché qualche tempo
dopo, qualcuno uccide nel medesimo modo, versando dell’antimonio puro in
una bottiglia d’acqua posta sul comodino assieme ad un bicchiere, Dick
Renshaw: guarda caso l’uomo, che è agente di cambio ma ha ben tre conti
corrente e una doppia vita di cui nessuno è a conoscenza, è marito di
Lucia renshaw nipote a sua volta di Mildred Taylor, la vecchia rimasta
avvelenata con l’antimonio. E’ un po’ troppo! Due avvelenamenti con
antimonio! Lucia è accusata di aver ucciso il marito, ma lei si proclama
innocente: Denham propone a Butler di adoprarsi per la difesa della
donna. Questa volta Butler accetta la difesa non per il prestigio
personale ma per amore: si è innamorato della bellissima Lucia e pare
che la cosa, man mano che i due si vedono, nella prigione in cui lei è
detenuta in attesa del processo, sia condivisa da lei. Il fatto è che
Butler questa volta è fermamente convinto dell’innocenza della donna,
mentre nel caso della Joyce era invece convinto della sua colpevolezza e
come fosse invece “una bugiarda nata”: fatto sta che Butler ancora una
volta dà il meglio di sé e riesce a farla assolvere.
Tuttavia a completare il quadro è anche
Gideon Fell chiamato da Denham, in virtù dei suoi successi precedenti:
egli è preoccupato in quanto inquadra queste due morti in una serie di
almeno 9 morti per avvelenamento, che hanno tutte caratteristiche
comuni: quello che sarebbe il colpevole più accreditato in realtà ha
sempre un alibi di ferro, anzi se ha comprato qualcosa che potrebbe
esser stato utilizzato per uccidere, si sta sicuri che la vittima non
morirà per effetto di quel veleno ma di altro con cui il sospetto non
può esser messo in relazione in alcun modo: Fell in altre parole
sospetta l’esistenza di una società segreta, volta a procurarsi i veleni
per chi volesse sopprimere una persona per un qualsiasi motivo.
Mettere
in relazione questi sospetti con certe cose che sente lui da parte di
personale in servizio nelle due case in sui sono avvenuti gli
avvelenamenti, è cosa da poco: Fell, capisce da certi segni fatti
distrattamente nella polvere (croci rovesciate), da candelabri sporchi
di cera nera poi puliti misteriosamente di notte cosicchè i residui non
possano venir rilevati, e da certe cose dette e non dette dal dottor
Bierce, medico della signora Taylor, che cioè nella casa della vecchia
l’aria fosse malsana, che la signora Taylor e Dick Renshaw fossero
dediti al culto satanico, e che Renshaw stesso, sulla base dei lasciti
enormi di cui disponeva e di cui non si riesce a venire a capo, fosse
addirittura il capo di questa setta. Fell sospetta che la setta si
riunisse in una vecchia cappella, ereditata ora da Lucia assieme alla
casa della signora Taylor e a quella in cui abitava lei, chiamata Il
Priorato: Fell, Butler, Lucia e Bierce scopriranno che sotto la cappella
propriamente detta, ve n’è un’altra dedita al culto di Satana.
In un turbillon di situazioni anche
avventurose, di cui è protagonista Butler anche in compagnia di Lucia
(spacciarsi per il fratello ipotetico di Renshaw per avere informazioni
da Luke Parsons, agente investigativo di cui si era servito Lucia per
sorvegliare il marito temendo una relazione extramatrimoniale dello
stesso, circa dei ceffi che avevano pestato a sangue un dipendente
dell’agenzia investigativa di Parsons; entrare in contatto con tali
ceffi, capeggiati da un certo Denti d’Oro, un picchiatore che è a capo
di una banda di cui si servono i satanisti per togliersi di mezzo gli
spioni; trovare i documenti della setta in una parodia di confessionale
contenuto nella cappella satanista e poi ingaggiare un incontro di
pugilato proprio con Denti d’Oro, mentre la cappella dell’Anticristo
brucia), Parson verrà ucciso, Denti d’Oro verrà anche lui ucciso e
Butler rischierà anche lui di essere immolato come vittima sacrificale
al culto satanista da parte del vero omicida, salito ai vertici della
setta dopo l’omicidio di Dick Renshaw, in un finale al cardiopalmo, in
cui la sua identità sarà rivelata.
Il
romanzo non è male, ma non è un capolavoro e in questo concordo
pienamente con Nick Fuller e come lui ritengo che uno dei motivi sia
quello da lui addotto: “Although Dr. Fell is present, he
does very little; the hero of the mystery (as opposed to a
detective-story) is the intolerable Patrick Butler, arrogant and
colossally stupid, who, after functioning tolerably well in court, calls
the judge an “old swine” and engages in bouts of fisticuffs in a
burning Satanist chapel with a common or garden thug he believes to be
“a real sportsman…the finest breed in the world”. In un romanzo in
cui uno si aspetterebbe di vedere Fell districare la matassa, e
torreggiare lui in tutte le situazioni, ecco che il protagonista a
sorpresa diventa Butler che però non riesce mai a smarcarsi, e quindi il
romanzo stesso non decolla: per di più, la mancanza di situazioni
impossibili propriamente dette (l’avvelenamento da antimonio non lo è,
semmai la genialità di Carr è connessa nel mettere l’omicida in
relazione alla morte di Renshaw), la presenza di elementi diversificati
come la marijuana, gli elementi satanisti, la banda di malfattori,
l’agenzia di investigazioni private, l’azione che non è statica ma
invece è dinamica, spostandosi da sale da biliardo a locali malfamati,
da aule di tribunale a cappelle blasfeme, fa sì che invece del mystery
che ci aspetteremmo, ci venga propinato un romanzo avventuroso se non un
vero e proprio thriller, un genere assolutamente poco praticato da
Carr, che però a sua volta non ha un’atmosfera vera poiché l’omicida è
molto facile da individuare. L’indagine di Fell sembra quasi campata in
aria: dare la colpa a **** della morte del nipote acquisito della sig.ra
Taylor, mi sembra velleitario, e non così aderente ad un ragionamento
perfettamente logico come in altre sue prove, perchè si basa non su
prove inoppugnabili ma su indizi. E nel momento in cui Fell occupa
l’attenzione di tutti (Carr utilizza la descrizione del personaggio,
gigantesco non solo per occupare lo spazio in cui i personaggi si
muovono, ma anche l’attenzione dei presenti e del lettore), ecco che
Carr sposta la macchina da presa su Butler, perché dovrebbe essere lui,
nelle sue intenzioni, il vero protagonista: ma in questo suo voler
imporre un nuovo personaggio nella sua storia narrativa, non unico visto
che un altro romanzo è basato sulle gesta di Butler, Richard Butler for the Defense
del 1956, quasi a immaginare che volesse creare un’altra serie basata
sull’avvocato penalista, Carr non se la sente di mettere in ombra Fell ,
il suo personaggio più famoso, e a lui affida la parte di rivelatore
dell’arcano. Così in sostanza, il romanzo rimane un tentativo a metà, e
non riesce veramente mai a smarcarsi, perché non ha un vero e proprio
protagonista ma due a metà; l’unica originalità è il finale, che, in
forma epistolare, ha una sua intrinseca forza (son d’accordo con Mauro).
Se tuttavia di protagonisti “buoni” ve
ne sono due a metà, quello che si contrappone e rappresenta l’avversario
malvagio ha un suo spessore non indifferente, anzi ambiguo nella sua
doppia identità e nella sua volontà di uccidere che fino all’ultimo non
si capisce se sia finalizzata al solo ottenimento di vantaggi connessi
alla sua leadership dei satanisti oppure se sia la risultanza del
delirio di una mente malata. E tanto più il capo dei satanisti che ha
ucciso Luke Parsons, Denti d’Oro e Dick Renshaw, ha forza, è perché
attraverso il suo fascino personale, che modifica in funzione di chi gli
sta davanti, riesce a restare nell’ombra, e farsi degli alleati (Kitty
Owen, la cameriera di casa Renshaw, satanista anche lei e a lei devota).
Il romanzo a mio modo di vedere ha parecchi punti di contatto con l’Agatha Christie di Poirot a Styles Court e con l’Ellery Queen di Siamese Twin Mystery,
e ne ha anche per certi versi con Anthony Berkeley, col Berkeley che
utilizzava fatti di cronaca nera veri come base per le proprie storie
oppure che nelle sue citava. Infatti, non tutti sanno che Carr, nella
realizzazione di questo romanzo, si basò su un famoso avvelenamento
avvenuto a metà ottocento: quello di Charles Bravo, avvocato londinese,
morto dopo tre giorni per avvelenamento da antimonio contenuto in un
barattolo nella stalla, tutti elementi che ritroviamo nel romanzo di
Carr, ovviamente mutati alcuni elementi, assieme anche alla località
dove l’avvelenamento avvenne, The Priory (Il Priorato); e guarda caso The Priory
esiste anche nel romanzo di Carr. Del resto questo non fu l’unico caso
in cui Carr si servì, come Berkeley, di un vero caso di cronaca nera
come base di una sua opera: come non ricordare il suo studio a metà tra
il mystery e l’indagine storica in cui cercò di individuare il colpevole
in The Murder of Sir Edmund Godfrey ? E del resto pare che anche Agatha Christie, nel suo romanzo Ordeal by Innocence (Le due verità), fosse stata ispirata dal “Caso di Charles Bravo”.
Pietro De Palma
Ero sdettico infatti e non lo leggerò
RispondiEliminaHo letto invece da pochissimo il da te commentato Costant suicides". Molto valido.
PS off topic. racconti brevi di Ellery Queen li recensirai?
Saluti
Qualcuno sì, certamente.
RispondiEliminaProssimo articolo su un altro romanzo sherlockiano, che fino ad ora non è stato ripubblicato. Strano!
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