giovedì 3 agosto 2017

Rufus King : Anatomia di un Delitto (Anatomy of a Crime, 1966) – trad. Tina Honsel – Autunno Giallo 1976 (Ellery Queen presenta) – Mondadori



Quando lo scrisse, Rufus King stava percorrendo il suo viale del tramonto.
Il romanzo breve Anatomy of a Crime, che fu pubblicato postumo, come “short novel”, sull’Ellery Queen Mystery Magazine N.277 del Dicembre 1966, dovrebbe esser stato l’ultimo lavoro: infatti Rufus King morì nel 1966.
Il racconto fu pubblicato nella raccolta mondadoriana “ELLERY QUEEN PRESENTA” – Autunno Giallo 1976”, assieme ad altri racconti di Rex Stout, Christianna Brand, Anthony Gilbert, Ellery Queen, John Lutz, etc.., col titolo abbastanza fedele “Anatomia di un delitto”.
E’ l’ultima avventura scritta di uno dei personaggi fissi di Rufus King: Stuff Driscoll.
Non è un Mystery e nella fattispecie non è “Whodunnit”; piuttosto è un thriller, serrato, che è costruito su un delitto perfetto, il cui responsabile è noto al lettore fin dall’inizio.
Clifford Helber, ricco magnate del petrolio, è morto. Ha avuto due figli da due matrimoni: il primo dei due fratellastri, Edmund, è una perla di uomo: elemento in vista della comunità cittadina, benefattore, senza donne, né vizi di sorta, ha solo un vezzo: scoprire e mettere in luce le giovani promesse della Pittura; l’altro, Saltus, è un fior di canaglia, imbroglione, dilapidatore di patrimoni, donnaiolo impenitente, non fa differenze di sorta, e come Don Giovanni le preferisce sia sante che puttane. Per non dare nell’occhio, si è procurato una garçonniere dove s’incontra con le sue fiamme.
Siccome la diversa natura morale e materiale era già nota al padre prima che morisse, questi ha fatto redigere un testamento, capestro per il secondo, non capendo che il fatto stesso di esistere metterà nei guai il primo figlio, quello virtuoso: diviso il patrimonio esattamente in due parti eguali, il testamento esige che il figlio scapestrato dimostri entro i trent’anni di aver cambiato vita, cosicché il padre, laddove la sua anima è andata a cacciarsi, possa dormire sogni tranquilli sapendo  che il suo patrimonio non verrà dilapidato.
Edmund potrà disporre tranquillamente della sua parte come meglio crede, e nel tempo stesso sorveglierà che il fratello adempia alle volontà testamentarie del padre. Qualora ciò dovesse o non dovesse avvenire, esso si baserebbe sulle esclusive facoltà di giudizio del fratello maggiore: nel primo caso, il fratello minore si troverebbe a disporre liberamente del suo patrimonio; nel secondo caso, la parte di Saltus verrebbe liquidata in beneficenza. Purtroppo, però, il padre ha aggiunto un terzo caso, che provoca lo scatenarsi degli eventi: nel caso in cui Edmund morisse, tutto il patrimonio andrebbe comunque a Saltus.
E’ evidente che un soggetto come Saltus,  in cui il germe del male ha già preso piede, “faccia di necessità virtù”; e così egli comincia a meditare la maniera più idonea per togliere di mezzo, dalla faccia della terra, il fratello maggiore.
Esaminata tutta una serie di possibilità, decide di eliminare il fratello, simulando un suicidio; tuttavia è basilare che il mezzo sia il più idoneo. Si decide quindi a documentarsi sui vari suicidi, e si convince che se deve uccidere il fratello e scamparla, deve eseguire perfettamente il suicidio di Edmund. Come? Praticando una incisione.
La maggior parte dei suicidi si tagliava la gola. E facendolo, lasciava sempre dei “segni di esitazione” cioè delle ferite non mortali che tradivano la titubanza, ultima parvenza dell’autoconservazione, di non uccidersi. Quindi, Saltus, decide che “il suicidio” del fratello, dovrà avvenire proprio così:. L’ha letto su un testo di “Medicina Legale: Patologia e Tossicologia” che ha letto nella Biblioteca Comunale. E pianifica il piano omicida.
Ma, se il fratello, che è irreprensibile,  “deve uccidersi” è necessario che lo faccia per un motivo: donne? Vizi? Gioco? Tutti motivo inesistenti. Poi gli viene in mente l’unica cosa che potrebbe in una persona ritenuta da tutti altamente morigerata, scatenare un raptus suicida: il fatto di essere gay. Ma perché ciò sia possibile è necessario costruire una storia; e così pensa all’ultimo protetto di suo fratello, un pugile che ha smesso di dare cazzotti sul ring e ha invece cominciato a dare pennellate sulle tele: imbastirà una storia tra i due. Il germe della calunnia e del sospetto farà il resto.
Un giorno Saltus si presenta molto mattiniero, verso le 5-6 di mattina a casa del fratello e mentre quello sta facendo colazione sul patio a base di focaccine imburrate, gli taglia la gola e poi, come da manuale, esegue “i tagli da esitazione”. Poi riflette sulla situazione del momento, e decide di simulare una decisione improvvisa, per un evento accaduto poco prima, perché non sarebbe credibile che uno che sta facendo colazione decidesse di uccidersi: così, scrive un biglietto, lo lega ad un sasso e quindi fa in modo che i due atterrino proprio sul tavolo della colazione, dopo aver rotto il vetro: dovrà sembrare che qualcuno dal di fuori lo abbia lanciato. Poi pulisce tutto: i suoi guanti, le mani e ovviamente il rasoio, lasciandolo cadere sul pavimento.
Un delitto perfetto. Quasi. Perché? Perché il delitto perfetto non esiste: più l’assassino pensa a come togliere tracce più i sospetti degli investigatori si attorcigliano intorno. Va da sé che gli investigatori devono essere instradati perché pensino a comportarsi come vorrebbe l’omicida: il fatto è che le indagini vengono affidate a Stuff Driscoll, che conosce la vittima; anzi, anche sua moglie giura che la vittima non può essersi uccisa per il motivo di cui tutti parlano, cioè una tresca col suo protetto, perché ella, frequentatrice del Club fondato dalla vittima che protegge le nuove leve della Pittura, ha saputo da una sua amica che Saltus, con il caldo infernale che c’era in quei giorni, ha frequentato indefessamente la Biblioteca Comunale, richiedendo sempre un grosso libro, con la copertina verde.
Stuff si mette a caccia e capisce quale possa essere il libro: egli sa già che di suicidio non si è trattato ma di omicidio, e una sua idea su chi possa essere stato, ce l’ha. Solo che gli mancano le prove. Come fare? L’aver letto il libro è un indizio, non una prova. Va a trovare Saltus. E gioca al gatto col topo. Gli fa sapere che Oscar non poteva avere una tresca con Edmund, perché si era sposato segretamente. Poi gli fa balenare la possibilità che la moglie di Oscar, Stella, possa averlo visto, la mattina del “suicidio”. E con Saltus oramai non più tanto sicuro di sé, pensa a come stanarlo: metterà a punto una trappola. Che verrà organizzata avvalendosi dell’aiuto di tutti coloro apprezzavano e stimavano Edmund Helber: in primis l’avv. Wilksby, che è il legale del vecchio padre Clifford Helber e che non “ha mai potuto vedere” Saltus, poi Oscar e sua moglie Stella.
In pratica Stella dovrà impersonare una ricattatrice e per farlo Stuff le chiede di imparare a memoria le fattezze della veste da camera di Saltus, con cui presumibilmente è andato ad uccidere il fratello e poi..di far capire che lei sa.
Non dico come va a finire. Dico solo che il finale è sorprendente,
Ancora una volta, direi per l’ultima volta, il grande Rufus dimostrò quanto fosse grande: con una trovata da grande Maestro, riuscì negli ultimi righi del romanzo breve, a sovvertire la situazione e a inchiodare l’assassino. Una trovata che mi ha lasciato a bocca aperta.
Stile fluido, ritmo molto alto e incredibile facilità nel costruire la trama, King creò un piccolo ultimo capolavoro, puntando l’apice della tensione non sulla scoperta del colpevole, quanto dell’unica prova atta ad incriminarlo. Una “inverted story” assai ben costruita, di cui si sa tutto all’inizio, proprio tutto, e tuttavia non si riesce a capire fino all’ultimo su cosa Stuff possa basare la propria convinzione che Edmund non si sia suicidato ma sia stato ucciso: convinzione sì, ma che egli purtuttavia non ritiene essere bastevole ad incriminare Saltus, tanto da fargli creare le condizioni perché Saltus si crocifigga da solo, e fornisca le prove, incontrovertibili davanti ad una giuria, che egli abbia ucciso il fratello.
Ma alla base c’è quella cosa scoperta da Stuff. La prova è già definita in quel che ho detto, ma solo dopo aver letto la fine, ho capito la sua portata: eppure è tutto così ovvio! Sì, ma solo dopo che Rufus mi abbia fatto riflettere. Già.
Mi è capitato già alcune volte, di dire che solo i grandi maestri riescono ad infinocchiarmi, talvolta. Lui ci è riuscito.
Onore al grande Rufus!
Un lavoro straordinario direi, nella sua semplicità.
Peccato che la raccolta che lo contiene sia difficile a trovarsi.
Un tempo esistevano antologie che riprendevano i racconti pubblicati su E.Q.M.M.
Un tempo.
Ora invece..


Pietro De Palma

Nessun commento:

Posta un commento