sabato 26 agosto 2017

John Dickson Carr : Una croce era il segnale (Below Suspicion, 1949) – trad. Maria Antonietta Francavilla – I Classici del Giallo Mondadori -1^ edizione, 1988, 2^ edizione 2016

Pare che sia quasi un luogo comune ricordare con nostalgia il passato ed esclamare: “Quelli sì che erano bei tempi!”. Però un fondo di verità c’è sempre: sarà che è legato ai nostri ricordi di gioventù e quando uno ha passato la cinquantina ricorda sempre con piacere i tempi di quando aveva vent’anni, però è anche vero che una volta tutto era diverso. Prendiamo i Gialli Mondadori per esempio: Forte, Altieri e compagnia bella qui non c’entrano nulla, ma è anche vero che nel 1969 (io avevo sei anni) per festeggiare un Classico Oro che presentava un romanzo di Carr ritenuto un caposaldo della sua produzione, Il Mostro del Plenilunio (It Walks by Night), venne pubblicata un’intervista rilasciata a Gian Franco Orsi dallo stesso Carr, in cui, tra altre facezie, l’autore esprimeva le proprie preferenze tra i romanzi da lui pubblicati. Erano 4, lo ricordo molto bene: The Emperor’s Snuffbox, The Crooked Hinge, Below Suspicion e He Who Whispers.

Francamente non so sulla base di cosa lui avesse fatto codesta scelta, ma è anche vero che Carr non è che fosse molto sicuro di cosa valesse più o meno della sua produzione: io ho il sospetto che se lui avesse voluto salvare dei libri, avrebbe cercato di salvarli quasi tutti. Non è un caso che nel 1963, come ricordava Boncompagni sul Blog del Giallo parecchi anni fa, Carr in una letta a Broberg, uno scrittore e critico svedese, ricordando quali per lui fossero i romanzi più cari, ne citava altri quattro: Till Death Do Us Part,  He Who Whispers, Fear, Burn!, Curse of the Bronze Lamp. A ragione possiamo affermare, quindi, che almeno He Who Whispers, deve aver rivestito tra le sue opere, una particolare importanza. Ma siccome mancava da molti anni, recentemente è apparso in edicola uno dei romanzi citati nell’intervista a Orsi: Below Suspicion (“Una croce era il segnale”).

Alcune volte, quando sono stato chiamato ad esprimermi, ho detto la mia su questo romanzo: a me non è mai parso un capolavoro. Rileggendolo, devo dire in tutta franchezza che, pur avendo riguadagnato qualche punto, il giudizio di fondo non è mutato.

Ellis Joyce è stata accusata della morte della Sig.ra Taylor di cui lei è stata dama di compagnia. La Sig. ra Tayor assumeva medicine di qualsiasi genere e usava molto i Sali di Nemo e i Sali Epsom (solfato di magnesio): senza i Sali Nemo non riusciva a stare. Era accaduto che una notte che la ragazza fosse andata a letto e non si fosse svegliata, che la vecchia fosse morta avvelenata:  la vecchia aveva assunto antimonio puro al posto di solfato di magnesio in un bicchiere d’acqua. L’antimonio era contenuto in una vecchia scatola di Sali di Nemo nella stalla: come ci fosse finito nella stanza della vecchia nessuno lo sa; l’unica cosa certa è che sulla scatola sono state trovate solo le impronte digitali della vecchia e di Ellis.

Ellis proclama la sua innocenza: dice di non aver ucciso la vecchia. E per quale motivo poi? Per ereditare 500 sterline? Fatto sta che la condanna pare certa e così Charles Denham, procuratore legale su cui gli occhi e le forme sinuose della ragazza hanno fatto colpo, chiede all’amico Patrick Butler, avvocato penalista di grido e principe del foro, di occuparsene e salvare la ragazza dall’impiccagione. Butler con un capolavoro di difesa, insinuando il dubbio nel personale di servizio, in particolare in Emma (la cuoca) e in Griffith (il cocchiere), per di più marito e moglie, che qualcuno quella notte fosse entrato dal di fuori e avesse ucciso la vecchia, basandosi sulla porta del retro che sbatteva nella notte e sulla chiave del portone che invece di essere solo girata per aprire la porta, pare fosse stata raccattata dalla ragazza da terra, come se qualcuno l’avesse lasciata cadere per terra, salva la ragazza.

Tutto finito? No, perché qualche tempo dopo, qualcuno uccide nel medesimo modo, versando dell’antimonio puro in una bottiglia d’acqua posta sul comodino assieme ad un bicchiere, Dick Renshaw: guarda caso l’uomo, che è agente di cambio ma ha ben tre conti corrente e una doppia vita di cui nessuno è a conoscenza, è marito di Lucia renshaw nipote a sua volta di Mildred Taylor, la vecchia rimasta avvelenata con l’antimonio. E’ un po’ troppo! Due avvelenamenti con antimonio! Lucia è accusata di aver ucciso il marito, ma lei si proclama innocente: Denham propone a Butler di adoprarsi per la difesa della donna. Questa volta Butler accetta la difesa non per il prestigio personale ma per amore: si è innamorato della bellissima Lucia e pare che la cosa, man mano che i due si vedono, nella prigione in cui lei è detenuta in attesa del processo, sia condivisa da lei. Il fatto è che Butler questa volta è fermamente convinto dell’innocenza della donna, mentre nel caso della Joyce era invece convinto della sua colpevolezza e come fosse invece “una bugiarda nata”: fatto sta che Butler ancora una volta dà il meglio di sé e riesce a farla assolvere.

Tuttavia a completare il quadro è anche Gideon Fell chiamato da Denham, in virtù dei suoi successi precedenti: egli è preoccupato in quanto inquadra queste due morti in una serie di almeno 9 morti per avvelenamento, che hanno tutte caratteristiche comuni: quello che sarebbe il colpevole più accreditato in realtà ha sempre un alibi di ferro, anzi se ha comprato qualcosa che potrebbe esser stato utilizzato per uccidere, si sta sicuri che la vittima non morirà per effetto di quel veleno ma di altro con cui il sospetto non può esser messo in relazione in alcun modo: Fell in altre parole sospetta l’esistenza di una società segreta, volta a procurarsi i veleni per chi volesse sopprimere una persona per un qualsiasi motivo.

Mettere in relazione questi sospetti con certe cose che sente lui da parte di personale in servizio nelle due case in sui sono avvenuti gli avvelenamenti, è cosa da poco: Fell, capisce da certi segni fatti distrattamente nella polvere (croci rovesciate), da candelabri sporchi di cera nera poi puliti misteriosamente di notte cosicchè i residui non possano venir rilevati, e da certe cose dette e non dette dal dottor Bierce, medico della signora Taylor, che cioè nella casa della vecchia l’aria fosse malsana, che la signora Taylor e Dick Renshaw fossero dediti al culto satanico, e che Renshaw stesso, sulla base dei lasciti enormi di cui disponeva e di cui non si riesce a venire a capo, fosse addirittura il capo di questa setta. Fell sospetta che la setta si riunisse in una vecchia cappella, ereditata ora da Lucia assieme alla casa della signora Taylor e a quella in cui abitava lei, chiamata Il Priorato: Fell, Butler, Lucia e Bierce scopriranno che sotto la cappella propriamente detta, ve n’è un’altra dedita al culto di Satana.

In un turbillon di situazioni anche avventurose, di cui è protagonista Butler anche in compagnia di Lucia (spacciarsi per il fratello ipotetico di Renshaw per avere informazioni da Luke Parsons, agente investigativo di cui si era servito Lucia per sorvegliare il marito temendo una relazione extramatrimoniale dello stesso, circa dei ceffi che avevano pestato a sangue un dipendente dell’agenzia investigativa di Parsons; entrare in contatto con tali ceffi, capeggiati da un certo Denti d’Oro, un picchiatore che è a capo di una banda di cui si servono i satanisti per togliersi di mezzo gli spioni; trovare i documenti della setta in una parodia di confessionale contenuto nella cappella satanista e poi ingaggiare un incontro di pugilato proprio con Denti d’Oro, mentre la cappella dell’Anticristo brucia), Parson verrà ucciso, Denti d’Oro verrà anche lui ucciso e Butler rischierà anche lui di essere immolato come vittima sacrificale al culto satanista da parte del vero omicida, salito ai vertici della setta dopo l’omicidio di Dick Renshaw, in un finale al cardiopalmo, in cui la sua identità sarà rivelata.

Il romanzo non è male, ma non è un capolavoro e in questo concordo pienamente con Nick Fuller e come lui ritengo che uno dei motivi sia quello da lui addotto:Although Dr. Fell is present, he does very little; the hero of the mystery (as opposed to a detective-story) is the intolerable Patrick Butler, arrogant and colossally stupid, who, after functioning tolerably well in court, calls the judge an “old swine” and engages in bouts of fisticuffs in a burning Satanist chapel with a common or garden thug he believes to be “a real sportsman…the finest breed in the world”. In un romanzo in cui uno si aspetterebbe di vedere Fell districare la matassa, e torreggiare lui in tutte le situazioni, ecco che il protagonista a sorpresa diventa Butler che però non riesce mai a smarcarsi, e quindi il romanzo stesso non decolla: per di più, la mancanza di situazioni impossibili propriamente dette (l’avvelenamento da antimonio non lo è, semmai la genialità di Carr è connessa nel mettere l’omicida in relazione alla morte di Renshaw), la presenza di elementi diversificati come la marijuana, gli elementi satanisti, la banda di malfattori, l’agenzia di investigazioni private, l’azione che non è statica ma invece è dinamica, spostandosi da sale da biliardo a locali malfamati, da aule di tribunale a cappelle blasfeme, fa sì che invece del mystery che ci aspetteremmo, ci venga propinato un romanzo avventuroso se non un vero e proprio thriller, un genere assolutamente poco praticato da Carr, che però a sua volta non ha un’atmosfera vera poiché l’omicida è molto facile da individuare. L’indagine di Fell sembra quasi campata in aria: dare la colpa a **** della morte del nipote acquisito della sig.ra Taylor, mi sembra velleitario, e non così aderente ad un ragionamento perfettamente logico come in altre sue prove, perchè si basa non su prove inoppugnabili ma su indizi. E nel momento in cui Fell occupa l’attenzione di tutti (Carr utilizza la descrizione del personaggio, gigantesco non solo per occupare lo spazio in cui i personaggi si muovono, ma anche l’attenzione dei presenti e del lettore), ecco che Carr sposta la macchina da presa su Butler, perché dovrebbe essere lui, nelle sue intenzioni, il vero protagonista: ma in questo suo voler imporre un nuovo personaggio nella sua storia narrativa, non unico visto che un altro romanzo è basato sulle gesta di Butler, Richard Butler for the Defense del 1956, quasi a immaginare che volesse creare un’altra serie basata sull’avvocato penalista, Carr non se la sente di mettere in ombra Fell , il suo personaggio più famoso, e a lui affida la parte di rivelatore dell’arcano. Così in sostanza, il romanzo rimane un tentativo a metà, e non riesce veramente mai a smarcarsi, perché non ha un vero e proprio protagonista ma due a metà; l’unica originalità è il finale, che, in forma epistolare, ha una sua intrinseca forza (son d’accordo con Mauro).

Se tuttavia di protagonisti “buoni” ve ne sono due a metà, quello che si contrappone e rappresenta l’avversario malvagio ha un suo spessore non indifferente,  anzi ambiguo nella sua doppia identità e nella sua volontà di uccidere che fino all’ultimo non si capisce se sia finalizzata al solo ottenimento di vantaggi connessi alla sua leadership dei satanisti oppure se sia la risultanza del delirio di una mente malata. E tanto più il capo dei satanisti che ha ucciso Luke Parsons, Denti d’Oro e Dick Renshaw, ha forza, è perché attraverso il suo fascino personale, che modifica in funzione di chi gli sta davanti, riesce a restare nell’ombra, e farsi degli alleati (Kitty Owen, la cameriera di casa Renshaw, satanista anche lei e a lei devota).

Il romanzo a mio modo di vedere ha parecchi punti di contatto con l’Agatha Christie di Poirot a Styles Court e con l’Ellery Queen di Siamese Twin Mystery, e ne ha anche per certi versi con Anthony Berkeley, col Berkeley che utilizzava fatti di cronaca nera veri come base per le proprie storie oppure che nelle sue citava. Infatti, non tutti sanno che Carr, nella realizzazione di questo romanzo, si basò su un famoso avvelenamento avvenuto a metà ottocento: quello di Charles Bravo, avvocato londinese, morto dopo tre giorni per avvelenamento da antimonio contenuto in un barattolo nella stalla, tutti elementi che ritroviamo nel romanzo di Carr, ovviamente mutati alcuni elementi, assieme anche alla località dove l’avvelenamento avvenne, The Priory (Il Priorato); e guarda caso The Priory esiste anche nel romanzo di Carr. Del resto questo non fu l’unico caso in cui Carr si servì, come Berkeley, di un vero caso di cronaca nera come base di una sua opera: come non ricordare il suo studio a metà tra il mystery e l’indagine storica in cui cercò di individuare il colpevole in The Murder of Sir Edmund Godfrey ? E del resto pare che anche Agatha Christie, nel suo romanzo Ordeal by Innocence (Le due verità), fosse stata ispirata dal “Caso di Charles Bravo”.

Pietro De Palma

3 commenti:

  1. Ero sdettico infatti e non lo leggerò
    Ho letto invece da pochissimo il da te commentato Costant suicides". Molto valido.

    PS off topic. racconti brevi di Ellery Queen li recensirai?
    Saluti

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  2. Prossimo articolo su un altro romanzo sherlockiano, che fino ad ora non è stato ripubblicato. Strano!

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