Ripubblicato da Polillo con stessa traduzione (trad.
Natalia Callori, I Bassotti n.78), il romanzo è uno dei più acclamati della
Brand. Julian Symons, il grande critico e romanziere britannico, lo indicò come
“uno dei cento migliori gialli mai scritti”.
Secondo me è un giudizio esagerato. Ma si sa, Symons è
stato esagerato in molto. Tuttavia, che Cat and Mouse sia davvero un
capolavoro oppure no, esso è però un notevole romanzo. Ed è presto detto: è
stato scritto dalla Brand, e già questo lo pone sotto i riflettori della
critica.
Christianna Brand è ritenuta una delle grandi ultime
rappresentanti dell’età d’oro del giallo: nata nel 1907 e scomparsa nel 1985,
viene ancor oggi elogiata per quei tratti per cui già parecchi anni fa era
stata segnalata: “Her work showed a love of
the language, excellent plotting and a great sense of humor”, è il giudizio di uno dei siti
più specializzati, con il quale non si può che essere pienamente d’accordo. E
già Anthony Boucher, altro grande critico e romanziere, parecchi anni fa,
sentenziava che “bisogna arrivare ai grandi, dai nomi importanti come Agatha
Christie, John Dickson Carr, Ellery Queen, per trovare i rivali della Brand per
la sagacia ed acutezza dimostrate nello scrivere”.
Christianna Brand ebbe vari personaggi leader nei
propri romanzi: il principale fu l’Ispettore Cockrill, che appare non solo in
quello che viene considerato il suo capolavoro assoluto, Green for Danger
(1944), ma anche in svariati altri, tra cui si ricordano Suddenly at His
Residence (1946), Death of Jezebel (1948), Tour de Force (1955).
Tuttavia, non fu il solo: infatti altri due ispettori apparvero nei suoi
romanzi. Con l’ispettore Charlesworth firmò il suo esordio nella letteratura
poliziesca (Death in High Heels, 1941), con un altro, l’ispettore Chucky, firmò proprio Cat and Mouse(1950).
Si può dire che forse sentisse il
dovere di riconciliarsi con i suoi due personaggi meno famosi, Charlesworth e Chucky; ma che fosse questa
la causa, oppure no, fu con essi che scrisse i suoi romanzi più tardi : Charlesworth
che era apparso all’esordio, fu ripreso per il romanzo di commiato The Rose in Darkness (1979); Chucky invece era stato fatto riapparire due
anni prima in A Ring of Roses (1977).
Patricia Highsmith definì Cat and Mouse “superbo”. Perché?
Innanzitutto vi sono una serie di
luoghi e personaggi d’antologia, quasi delle caratteristiche “più gialle che
non si può”: un paesaggio tipicamente inglese, un castello gotico, greve di
segreti, personaggi sfuggevoli, e ambigui, bugie e verità abilmente manipolate
e mischiate. Insomma…tutti gli ingredienti migliori per un romanzo teso e
vibrante, tanto più che l’eroina deve combattere contro l’incredulità della
gente, affermando la propria verità in una lotta estenuante e spettacolare
contro il pregiudizio, quasi “un altro Don Chisciotte che combatta contro i
mulini a vento”.
La trama è presto detta.
Katinka Jones è una giornalista che è
titolare di una rubrica di posta su un giornale femminile. Un bel giorno
comincia a ricevere lettere da una tale Amista, che le chiede consigli sul suo
rapporto sentimentale con un certo Carlyon. In certo senso colpita dalla
personalità di Amista, decide di andarla a conoscere; e così sfrutta una sua
vacanza per recarsi nel Galles, che è anche la terra di origine della sua famiglia.
In effetti un Carlyon esiste, ed è il
padrone di un maniero impervio ed inaccessibile oltre che sinistro: è arroccato
in posizione disagevole e per di più per recarvisi, bisogna guadare un fiume.
Ma, quando Katinka vi si reca, si trova dinanzi ad un vero e proprio colpo di
scena: di Amista nessuno sa nulla, anzi sia Carlyon che il personale di casa
negano la sua esistenza. Com’è possibile?
Eppure Katinka riconosce nel
castello, alcuni particolari ( per es. un magnifico gatto siamese di cui le
aveva parlato proprio Amista). Fatto sta che rimane stupefatta, tanto più che
si ricorda di aver visto nell’ingresso, quando si è presentata alla porta, su
una pila di lettere una chiusa con un sigillo di ceralacca rosso-oro che lei
conosce assai bene, in quanto è su esso che è impresso il nome Amista. Ma,
guarda caso, proprio quella lettera, quando lei se ne ricorda l’esistenza, non
c’è più. Forse che..Ma Carlyon è irremovibile: non c’è nessuna Amista in quel
maniero, e così Katinka viene messa alla porta.
Ma il destino è in agguato: nel
tragitto di ritorno, Katinka si procura una distorsione alla caviglia, e in
quelle condizioni non può ritornare sui suoi passi; per cui Carlyon è costretto
(suo malgrado) a concederle ospitalità. Ciò di cui Katinka approfitta per investigare.
Si ritrova dopo un po’ a gareggiare,
si potrebbe dire, con un tale che dice di essere della polizia, ma sulle cui
credenziali la Jones non crede. Nonostante ciò, però, in effetti, quello che si
è qualificato quale poliziotto, in realtà loè: si tratta infatti dell’Ispettore
Chucky, che sta investigando su Carlyon. Solo che per tutta la durata del
romanzo, la Jones ne diffida: si sviluppa quindi una strana indagine, si
potrbbbe dire una duplice indagine che procede su due binari paralleli: Chucky in
tutti i modi cerca di penetrare in quell’atmosfera tenebrosa, mentre la Jones
procede da sola, basandosi sull’acume femminile e su una serie di circostanze
che piano piano mette in luce: in quel maniero c’è un segreto, e lei deve
scoprirlo.
Esso è dato da una misteriosa donna,
col volto sfigurato, che lei riesce ad individuare: è lei Amista? E perché è
sfigurata? E perché Carlyon ne nega l’esistenza.
In sostanza i due investigatori
(quello professionale, Chucky; e quello dilettante, Katinka) procedono insieme,
anche se non lo sanno e mentre Chucky che è segretamente innamorato di Katinka
cerca di metterla al sicuro e di impedirle di continuare a proceder su una
strada che per lui è densa di pericoli, lei non sa che pensare di quel tale che
dice di essere un poliziotto ma a cui ella non crede; e quindi ne diffida. Al
tempo stesso investiga su Carlyon. Ma, ecco un altro colpo di scena,
nell’azione; che poi porta a nuovi sconvolgimenti: la stessa Katinka, nono
stante Carlyon si dimostri nei suoi confronti più volte intrattabile, anche
offendendola, soggiace al suo fascino e segretamente se ne innamora.
Quindi..nel momento in cui lo accusa di qualcosa, tende anche a trovare in sé
la spiegazione di quel comportamento.
Altri personaggi negativi e sinistri,
in pratica nel romanzo non ci sono: ecco perché, se esso può dirsi a pieno
titolo un mystery molto classico, per l’esiguità del numero dei sospettati e
per la piega che prendono gli avvenimenti sin dall’inizio, per cui il solo
Carlyon è sospettato, e per il tourbillon di imprevisti che costellano la
storia, il romanzo è anche a pieno titolo un thriller. Potremmo allora
inquadrarlo come un ibrido, per metà Mystery, per metà Thriller. Spasmodico in
alcuni frangenti, che però, e questo è il limite principale che ravvedo nel
plot, perde intensità nel momento in cui si rende evidente che, se c’è un
responsabile, esso non può che essere Carlyon.
Responsabile sì, ma di cosa?
Nella soffitta del maniero Chucky e
Katinka trovano dei vecchi abiti, tre serie di abiti che sembrano non essere
della stessa persona: che nesso hanno col resto?
La donna sfigurata, un mostro vero e
proprio, si manifesta essere la moglie di Carlyon; che tuttavia nega ancora una
volta che essa sia Amista. Chi è allora?
Morirà sfracellata nel vuoto, davanti
agli occhi di Katinka. Ma lei non crederà alla responsabilità di Carlyon, sia
perchè è innamorata di quell’uomo che emana un fascino ammaliante anche se
sinistro, sia perché non può giurare che sia stato lui a spingerla la donna nel
vuoto..
Il finale ci consegnerà il colpevole
e la spiegazione dei tanti interrogativi disseminati nel corso della trama: chi
fosse la donna sfigurata morta (per incidente, suicidata o..uccisa, nonostante
nessuno abbia visto Carlyon spingerla o toccarla), se Amista esistesse oppure
no, e a chi appartenessero i tre completi di vestiti trovati in soffitta. E se
Carlyon fosse o meno colpevole.
La peculiarità di questo conturbante
mystery-thriller è l’atmosfera sfuggevole, e i personaggi che non sono mai
quelli che sembrano essere in un primo tempo: alla fine lei sarà costretta
persino ad accettare la verità che Chucky sia davvero quell’ispettore di
polizia che lei non ha mai creduto fosse. Carlyon non è quello che sembrava, la
donna sfigurata pure, e persino il personale a servizio e la lattaia.
Tante scatole cinesi che
continuamente si aprono,e si chiudono determinando sconvolgimenti.
Si potrebbe dire che il merito
principale della Brand nella scrittura di questo romanzo, sia quello di
aver giocato coi personaggi e con i lettori, mettendo gli indizi ben in
vista ma dissimulandoli al tempo stesso, secondo un procedimento che ci rinvia
ad Agatha Christie. Tuttavia peculiari della Brand sono i virtuosismi
stilistici, in base ai quali riesce, data una certa cosa, a rivoltarla non so
quante volte, e ogni volta mostrandone un aspetto nascosto e perlomeno
importante: in questo modo riesce, con un numero di personaggi assai risicato,
a caratterizzarli in maniera superba; e anche se evidenzia nella pochezza dei
sospettabili, un limite insormontabile, che fin dalle prime pagine convince il
lettore che il possibile colpevole possa essere solo uno, e in questo toglie
molto mordente alla suspence, riesce tuttavia proprio in relazione alla
capacità tutta sua di rivoltare continuamente le situazioni e di gettare
il lettore nella confusione, facendogli dubitare persino delle sue legittime
convinzioni, a mantenerne alta l’aspettativa.
Insomma, questo romanzo, non può
mancare in una raccolta ideale di romanzi polizieschi di un certo pregio, sia
che esso faccia bella mostra nella biblioteca dell’appassionato tout-court sia
che sia in quella di chi, come il sottoscritto, è innamorato (anche) di
Christianna Brand.
Pietro De Palma
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