Paul McGuire (pseudonimo di Mary Dominic Paul MacGuire), fu un intellettuale, scrittore e diplomatico australiano.
Nacque nel 1903 a Peterborough,
e fu educato in Istituti Cattolici. Nel 1927 sposò Frances Mary
Cheadle, biochimico, e come lui, attivista cattolico.
Nono
figlio, vide morire attorno a sé cinque fratelli ed una sorella: la sua
fanciullezza fu pertanto triste, dominata dalla consapevolezza della
fragilità umana, della morte e della ricerca della felicità.
Cominciò a
scrivere in versi dall’età di dodici anni, ma alla poesia si affiancò
l’impegno culturale cattolico, soprattutto dopo che incontrò la moglie,
di famiglia agiata protestante convertita al cattolicesimo. La loro
unione fu, al di là del resto, una grande unione di spiriti forti,
entrambi accomunati dall’impegno culturale e personale nella loro
comunità, di marchio cattolico-irlandese. Questa impostazione, di
cattolicesimo inteso come servizio, fu sostituita da una basata sulla
visione del mondo ispirato dalla tradizione cattolica, in cui l’apporto
prettamente intellettuale era rivolto verso i grandi temi sociali,
quando si trasferirono entrambi a Londra, entrando allora nell’orbita di
Chesterton soprattutto.
Continuò a
scrivere poesie, ma anche opere di critica letteraria, storia, e
romanzi polizieschi: ne scrisse ben 16, nella più pura tradizione
britannica, dal 1931 al 1940, fino allo scoppio della Seconda Guerra
Mondiale, durante la quale prestò servizio nella Royal Australian Navy.
Dopo la
guerra, fu prima giornalista, poi personalità di grande spicco
nell’ambito della cultura di stampo cattolico, fondando gruppi e anche
una Libreria Cattolica ad Adelaide (Australia), scrivendo poesie, e
testi vari. In seguito intraprese la carriera diplomatica, divenendo
prima Ambasciatore australiano in Italia, poi primo Ambasciatore presso
la Santa Sede. Fu insignito della Gran Croce dell’Ordine equestre di San
Silvestro. Fu anche rappresentante australiano alla Conferenza
dell’O.N.U.
Morì nel 1978 ad Adelaide.
Paul
McGuire fa parte di quella genia di scrittori australiani, più o meno
conosciuti: oltre a lui, A. E. Martin, Arthur Upfeld, Arthur Gask,
Geraldine Halls( conosciuta come Charlotte Jay), Pat Flower.
I suoi
sedici romanzi, si strutturarono soprattutto in due serie, basate sui
personaggi dell’Ispettore Capo Cummings e dell’Ispettore (poi
Sovrintendente) Fillinger.
La fama, come autore di polizieschi, la conquistò oltre che con There Sits Death (1933) tradotto da Polillo Editore come "La poltrona e il rasoio", con i suoi due ultimi romanzi: Burial Service (1938), e The Spanish Steps (1940). Tra i due, il migliore, quello che gli assicurò la fama e che fu ottimamente accolto presso il pubblico internazionale, tanto che ebbe due edizioni, americana e britannica fu Burial Service (A Funeral in Eden, nell’edizione americana). Per di più, Jacques Barzun e Wendell Hertig Taylor lo segnalano nel loro A Catalogue of Crime, tra le opere che essi hanno considerato Classici del Crimine dal 1900 al 1975. Nella fattispecie, gli contendono la segnalazione per l’anno 1938, Georgette Heyer (“A Blunt Instrument”), Rex Stout (“Too Many Cooks”) e l’altro australiano Arthur Upfield (“The Bone Is Pointed”).
La fama, come autore di polizieschi, la conquistò oltre che con There Sits Death (1933) tradotto da Polillo Editore come "La poltrona e il rasoio", con i suoi due ultimi romanzi: Burial Service (1938), e The Spanish Steps (1940). Tra i due, il migliore, quello che gli assicurò la fama e che fu ottimamente accolto presso il pubblico internazionale, tanto che ebbe due edizioni, americana e britannica fu Burial Service (A Funeral in Eden, nell’edizione americana). Per di più, Jacques Barzun e Wendell Hertig Taylor lo segnalano nel loro A Catalogue of Crime, tra le opere che essi hanno considerato Classici del Crimine dal 1900 al 1975. Nella fattispecie, gli contendono la segnalazione per l’anno 1938, Georgette Heyer (“A Blunt Instrument”), Rex Stout (“Too Many Cooks”) e l’altro australiano Arthur Upfield (“The Bone Is Pointed”).
Anni fa ne
accennò Mauro Boncompagni nella Prefazione allo Speciale Mondadori
“L’Isola dei Delitti”, e mi ricordo che ci fu un intervento sul Blog
Mondadori che perorava la traduzione in Italia di A Funeral in Eden.
Questo mio contributo a Paul McGuire è anche volto a dimostrare che nel
passato del romanzo poliziesco in Italia, non c’è stata solo Mondadori
ma una miriade di case editrici, conosciute magari solo dagli
appassionati e collezionisti, tra cui appunto Carlo Brighenti Editore.
L’ambientazione
del romanzo è quantomai singolare: un’isola, il fantomatico sultanato
di Kaitai, nell’Oceano Pacifico, al cui capo è un “sultano” non
musulmano, un suddito britannico, tale George Buchanan, erede di colui
che scoprì l’isola e se ne appropriò, non essendo essa colonia di un
qualsivoglia Stato estero: è lui a governarla e nel tempo stesso ad
amministrarne la giustizia, insomma un monarca assoluto. Ma che guarda
benignamente alle popolazioni indigene che la abitano e fa di tutto per
proteggerle, soprattutto dal mondo esterno. Nonostante ciò, proprio per
la lontananza dalle rotte usuali, ha accolto un gruppo di persone che si
è ritirato lì, fuggendo dai clamori della vita quotidiana nella società
civile: c’è Cooper, il capitano Hawkesbury, la dottoressa Alicia Murray
che vi si è recata per studiare una malattia che colpisce gli indigeni,
e altri personaggi: Swan, Mitchell, Thompson, Bernard. Ed una pittrice,
Dorothy Roper.
La vita
scorre mollemente sull’isolotto, fin quando un bel giorno arriva uno
sconosciuto, tale Goulburn, a bordo di un battello. I suoi modi, il suo
approccio piuttosto disinvolto, i suoi accenni al mondo civilizzato da
cui proviene, gli inimicano ben presto tutti i personaggi che lo
attorniano. Giunge persino ad inimicarsi il sultano, da cui pretende la
concessione per lo sfruttamento dei vasti giacimenti di asfalto presenti
sull’isola, minacciandolo di parlare male dell’isola e di farvi
arrivare tutte quelle persone che egli non vuole arrivino.
Fatto sta
che la notte successiva allo scontro verbale tra Goulburn ed il sultano
Buchanan, il primo viene trovato morto, con profonde ferite e
mutilazioni provocate dagli squali. Si pensa che ubriaco, si sia
imbarcato per ritornare a bordo del battello, e che poi sia caduto in
mare, affogato e poi straziato dagli squali. 
A
supportare la prima tesi, quella dell’affogamento è il fatto che la
barca si sia capovolta. Ma poi, strano, non viene trovato il tappo della
valvola di sentina: in altre parole, la barca si è allagata perché
mancava il tappo alla valvola. Che fine ha fatto? Non si trova. E per di
più uno dei personaggi presenti sull’isola e che fino a quel momento
hanno costituito l’entourage, quasi la corte di Buchanan, Thompson, fa
capire agli altri come le pantofole di tela, che il morto ha ancora ai
piedi, siano state infilate al contrario, come da qualcun altro che non
fosse il morto. A questo punto, la tesi che prende corpo è che sia stato
assassinato, si pensa per procurato affogamento. Prima, tuttavia, che
l’autopsia effettuata dalla dottoressa Murray, indichi che è morto a
causa di percosse che gli hanno sfondato il cranio, posteriormente.
Chi mai
avrebbe potuto compiere un omicidio, in un Paradiso Terrestre come il
sultanato di Kaitai, in cui boschi virginei contendono, a fiumi e laghi
cristallini, la vita sull’isola?
Eppure
qualcuno ha ucciso, con un oggetto simile per forma ad una staffa:
sembrerebbe un poggia remo, ma poi potrebbe essere un bastone a forma di
staffa, oppure altro. Fatto sta che le indagini vengono affidate da
Buchanan (anche lui sospettato) a Thompson che interroga i presenti, ne
prende le impronte digitali, e svolge le indagini. A complicare la
vicenda è il tentativo di sfondare il cranio del povero Goulburn, che
poi si è scoperto chiamarsi Smith, ed essere un giornalista, incaricato
da un comitato di affari, che è stato informato da qualcuno presente
sull’isola dei giacimenti di asfalto, di prelevare campioni e di
ottenere una concessione allo sfruttamento dello stesso: qualcuno con un
mortaio, ha cercato di confondere il chiaro segno a forma di ferro di
cavallo, sul cranio di Smith, maciullandolo. E temendo di essere
scoperto, ha tramortito la dottoressa Murray che stava entrando nella
camera mortuaria, insospettita dai rumori che da lì provenivano.
Successivamente
viene ucciso Thompson, allo scopo di sottrargli la macchina fotografica
Zeiss (che verrà successivamente trovata da Buchanan in un cassettone),
in cui c’erano delle pose che l’assassino voleva distruggere; e viene
anche trovato ferito gravemente Cooper, che nel frattempo era scomparso.
Chi mai sarà l’assassino?
Il romanzo
è furbescamente ambientato in una sorta di Arcadia, in un paradiso in
cui non dovrebbe esserci violenza. Il modo di preludere all’omicidio è
quantomai classico: vengono presentati i vari personaggi; poi, il
misterioso Goulburn, che rompe l’atmosfera idillica; e infine gli
scontri personali che lo stesso Goulburn ha con i vari personaggi prima
tratteggiati. Fino all’inevitabile catarsi con il ritrovamento del
cadavere. Il personaggio che sconvolge un determinato ambiente,
provenendo dall’esterno, è un must, non solo dei romanzi ma anche del
cinema : l’erede che ritorna; il figlio che si credeva morto; il soldato
che era stato dato per morto in guerra, etc..
L’interesse
della trama, sta nell’aver coinvolto tra i sospettati anche il sultano,
cioè colui che dovrebbe amministrare la giustizia nell’isola; e
soprattutto nel dispensare indizi falsi e veri, e false piste, con una
indagine svolta su due percorsi paralleli : la prima, quella di
Thompson, si basa su indizi materiali ( impronte digitali, fotografie,
tracce) che ci riportano a Freeman o a Conan Doyle (interessante è
notare la posa di Thompson, che fuma pensoso una pipa, quasi fosse
Sherlock Holmes); la seconda, si basa sull’esame dei moventi, degli
alibi, di chi potesse trarne vantaggio, con un salto nella qualità
dell’indagine, di tipo più moderno, svolta da Buchanan.
Infatti,
un ulteriore interesse del plot sta nella doppia figura
dell’investigatore: quello reale, che agisce in prima persona(e che poi
viene assassinato), cioè Thompson; e quello che agisce nell’ombra, che
svolge però i fili del movente trovandone il burattinaio: Buchanan.
A
rappresentare un’ulteriore forma di interesse è il triplo finale, con
l’individuazione di tre possibili diversi assassini, tutti in relazione
ad un diverso oggetto usato da loro come arma: l’ultimo sarà quello
giusto.
Un bel
romanzo, tutto sommato, che ha uno stile fluido, fresco non appesantito
per nulla da una traduzione, risalente a più di sessant’anni fa, che pur
ricorrendo qua e là ad un italiano ormai vetusto, riesce, con la sua
qualità, a renderne la lettura quantomai piacevole.
Pietro De Palma
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