I coniugi Gwen Bristow e Bruce Manning, scrissero solo quattro mystery, ma il più famoso dei quattro fu il primo, The Invisibile Host, scritto nel 1929 e pubblicato nel 1930.
In un appartamento
di New Orleans, al 22^ piano di un grattacielo, arrivano alla
spicciolata otto persone, tutte rappresentanti a vario grado il gotha
cittadino. Ad attenderli non c’è il padrone di casa, come dovrebbe
essere, ma la servitù. Man mano che arrivano, i convitati si interrogano
sul senso di ciò, sospettando che l’anfitrione sia uno di loro e nello
stesso tempo chiedendosi il perché del senso di quel comportamento.
Quando l’ultimo invitato è arrivato, una voce proveniente dalla radio,
annuncia che gli otto saranno i protagonisti di un appassionante gioco,
quale mai si è visto nella loro città. Al primo istante di eccitazione,
segue poi un senso di smarrimento e di terrore, quando vengono a sapere
che il gioco, non è altro che una partita tra l’anfitrione e uno di
loro, a turno, il cui palio è la vita: il prescelto dovrà combattere in
astuzia col padrone di casa, per non morire.
Ma perché
rimangono lì gli otto invitati? Perché il padrone di casa
preventivamente ha dotato l’appartamento di ogni genere di diavoleria
atta ad impedire loro di andare via o di alterare il corso degli eventi:
nel caso volessero distruggere la fonte dei discorsi dell’assassino, ci
sono quattro bombole di gas collegate all’apparecchio radio, pronte a
saltare in aria; nel caso volessero scappare, le porte in metallo sono
state collegate all’alta tensione; perfino la via di collegamento del
giardino pensile sito pure al 22^ piano, viene chiusa; immaginando che
dal giardino pensile gli otto potessero pensare di calarsi al piano
sottostante, si sono legati i fusti delle piante rampicanti a fili
dell’alta tensione; e per di più lo stesso giardino pensile è troppo
alto rispetto al sottostante altro giardino pensile, ben 15 metri, per
poter pensare di fare un salto; infine nel caso volessero provocare un
incendio, ogni stanza è provvista di un dispositivo che invece che
spruzzare acqua diffonderebbe nell’aria gas venefico in grado di
uccidere gli astanti
Tuttavia, prima di
iniziare i giochi, siccome i convitati non sono tutti convinti delle
intenzioni ostili del padrone di casa, quello li convince ad aprire un
armadio a muro, da dove cade nella stanza un cadavere già bello freddo.
Con un morto già nella stanza, gli altri terrorizzati non sanno che
fare: così sono convinti a depositare il cadavere in una delle otto
bare, nere con fregi argentati, che sono pronte a ricevere i loro
contenuti, lì nel giardino pensile, all’ombra dei palmizi (brr…).
Da allora, in men
che non si dica, si verifica un’autentico massacro e ognuna delle morti è
preannunciata dal killer con un proclama alla radio, preceduto a sua
volta da un gong.
Il primo a morire è
il finanziere Jason Osgood, “colui che meno merita di vivere”. Sapendo
che la sua sorte è segnata cerca di comprare la sua vita prima coi
soldi, poi con la sua disponibilità ad uccidere gli altri, ed infine
sospettando che l’assassino possa essere uno di loro, avvelenando con
dell’acido prussico i drink che ha in mente di offrire agli altri sette
invitati. Non sa però che nell’attimo in cui ha aperto la boccetta
contenente il veleno, espediente suggerito dall’anfitrione nel caso in
cui qualcuno di loro non avesse avuto la forza per andare avanti e
avesse voluto farla finita prima, delle micropunte contenenti acido
prussico lo hanno ferito trasmettendogli la dose mortale. Sarà lo stesso
padrone di casa a fermare i convitati dal bere gli intrugli avvelenati,
non per non farli morire quanto privarsi del piacere di poterli
uccidere personalmente.
La seconda è
Margaret Gaylord Chisholm, un’esponente dell’alta società, grande
pettegola,che viene uccisa solo sussurrandogli all’orecchio un
inconfessabile segreto che lei pensava non fosse noto ad altri: era
debole di cuore, e l’assassino lo sapeva. Nel caso della seconda a
morire, del terzo e del quinto, complice dell’assassino è il buio:
quando le lampadine cominciano a perdere in intensità, gli ospiti
terrorizzati già sanno che l’assassino sta per colpire.
Dopo questi due
primi assassini, compiuti al danno di soggetti particolarmente deboli,
si apre la partita nei confronti degli altri sei. Tre muoiono in breve
tempo.
Il primo è Tim
Slamon, un uomo politico, amico dell’avvocatessa Sylvia Inglesby:
complice il buio, viene assassinato, nella poltroncina in cui si era
seduto, da degli aghi avvelenati usciti fuori allorché Slamon si è
stretto ai braccioli, e inconsapevolmente li ha ruotati, Come ha fatto
l’assassino a prevedere che proprio lui si sarebbe seduto lì? E’ svelato
dallo stesso assassino: nel suo studio c’era una poltroncina copia
esatta di quella, e di cattivo gusto come l’altra. Cattivo gusto che
l’assassino accusa Sylvia di avergli fatto apprezzare. Insomma è come se
avesse scaricato metà della della colpa della morte del politico su di
lei: Sylvia è sconvolta da una crisi di nervi, e senza pensarci corre
verso la porta, attraversando il giardino pensile, e rimane folgorata:
altra morte prevista ( a proposito..l’immagine di copertina del Classico
del Giallo, ritrae Sylvia durante la crisi di nervi che precede il
suicidio-omicidio).
Ultima morte del
trittico è quella del professore universitario Max Chambers Reid: anche
lui viene ucciso, quando nella stanza cade il buio,con una pistola
munita di silenziatore. Questa volta, l’assassino ha quasi colpito in un
colpo solo anche uno degli altri tre, rimasto incolume per miracolo in
quanto la pallottola lo ha colpito di striscio alla tempia.
Ora sono rimasti
in tre a combattere la partita contro l’implacabile assassino: Joan
Trent, attrice; Peter Daly, scrittore; Henry (Hank) Abbott, pittore. Ma
può anche essere che uno di questi tre sia l’assassino. Il che può
benissimo essere, come aveva sottolineato precedentemente in una acuta
analisi psicologica, Max Reid. Del resto se l’assassino non fosse uno
dei presenti dove mai si sarebbe potuto nascondere? In cucina giacciono
addormentati il maggiordomo, la cuoca ed un’altra serva; nel bagno non
c’è nessuno, nel giardino pensile pure, eccetto le otto bare, che aperte
non contengono altro che, in una, il nono invitato, precedentemente
dalla sala portato lì.
Chi mai sarà
l’assassino? Uno dei tre. Sarà quello colpito di striscio? O sarà uno
degli altri due? In un susseguirsi di dubbi ed incertezze, uno dei tre è
sopraffatto da un altro e il terzo, armato di fioretto, è giudice delle
opposte analisi finali degli altri due. In un convulso finale (ma
poi…mica tanto), l’assassino sarà individuato e gli altri due saranno
liberati, in cambio della morte certa, preferita a quella lenta
dell’impiccagione.
Questo romanzo si disse che avesse influenzato Agatha Christie, in quanto possiede somiglianze palesi col piu tardo And Then There Were None, che la scrittrice inglese scrisse nel 1939. Tuttavia…
Nel lavoro della Christie, chiamato prima Ten Little Niggers, poi And Then There Were None e infine Ten Little Indians,
l’idea è quella dalla riunione di persone che non si conoscono in una
magione su un’isola. Una volta là convenuti, fatti arrivare con un
telegramma, non troveranno ad accoglierli il padrone di casa ma la
servitù. Il misterioso anfitrione si annuncerà tramite dischi messi sul
grammofono e ben presto capiranno che lo scopo di quella riunione
è..ucciderli, vendicando la morte di coloro di cui essi stessi son stati
la causa. Finchè non rimarrà nessuno, tranne l’assassino, uno degli
invitati creduto morto precedentemente.
Si capisce subito
quali possano essere le somiglianze: i convitati vengono invitati con un
telegramma; sono raccolti in un ambiente chiuso (l’appartamento nel
primo romanzo, l’isola nel secondo); in entrambi vi sono servitori che
non conoscono il padrone di casa ma che sono stati assunti tramite
terzi; in entrambi ad accoglierli non è il padrone di casa; in entrambi
il padrone di casa si presenta tramite un mezzo audio (la radio nel
primo, collegata a dei grammofoni; il grammofono nel secondo). Le
differenze sono invece ravvisabili: nel numero degli invitati (8 nel
primo, 10 nel secondo); nella conoscenza reciproca (nel primo gli
invitati si conoscono, nel secondo no); il movente (nel primo si capisce
solo alla fine che il movente è quello tipico di uno che vuol diventare
padrone del mondo, accumulare il maggior potere e la maggior ricchezza
possibile; nel secondo è la vendetta, ma in un certo senso nobile:
sostituirsi al Giudice Finale per comminare una pensa che nessun giudice
ha assegnato a ciascuno dei dieci); infine vi è una differenza più
sostanziale di tutte: nel primo romanzo si salvano due invitati perché
riescono a sconfiggere, nella partita con la morte, l’assassino; nel
secondo nessuno si salva. Ed fu proprio il fatto che nessuno si
salvasse, a sancire il successo dell’opera di A.Christie, che si è
sempre ripetuto negli anni.
Quindi la Christie
alla fine si afferma sui primi per un maggior estro, per aver
qualitativamente puntato su un maggior spessore psicologico degli
invitati (quello del primo romanzo è appena sfaccettato) e per aver dato
un maggiore respiro alla vicenda, ampliando anche le possibilità che le
stesse vittime venissero colpite in posti diversi, rendendo quindi la
possibilità di beccare l’assassino meno possibile. In più magistrale fu
il modo come Agatha Christie fece girare la vicenda attorno ad
un’innocente filastrocca, che invece nel primo romanzo non esiste.
Tensione molto alta è bene dirlo in entrambi i romanzi.
Il primo può dirsi
a ben donde un misto di Thriller e di Mystery: la vicenda si svolge
claustrofobicamente in un appartamento, dal quale i convenuti non
possono in alcun modo fuggire, a causa di marchingegni mortali posti qua
e là. In questo il romanzo segue i richiami di autori precedenti ed
anche il periodo (gli anni ’20: il romanzo fu pubblicato nel 1930 ma
scritto l’anno prima!): Connington, Crofts, Freeman e persino Abbott
aveva inserito nei loro romanzi delle diavolerie elettriche e
meccaniche. Proprio l’azione claustrofobica dell’appartamento dal quale
non si può in alcun modo uscire, acuisce la tensione dei personaggi (e
del lettore), e li spinge ad un’azione contraria, che però è impossibile
ad attuarsi a meno di conseguenze immaginabili (il che accade a Sylvia
Inglesby, perché è stata spinta a farlo dal suo anfitrione).
Laddove tuttavia
pare che il romanzo abbia i suoi punti di forza, lì segnala le sue
mancanze: tutte quelle diavolerie elettriche e meccaniche, a me paiono
un riempitivo, oltre che un segnale del fatto che il romanzo fosse un
romanzo degli anni ’20 più che degli anni ’30. Proprio la mancanza di
marchingegni atti a procurare la morte, fa sì che, nel lavoro della
Christie, l’assassino entri in azione direttamente e quindi, sfidando
l’azione investigativa, fornisca automaticamente alla controparte gli
indizi atti a fermarlo. In altre parole, nel romanzo degli anni ’30, per
certi versi, l’azione delittuosa e l’azione investigativa, si
contrastano sullo stesso piano: assassino e detective combattono alla
pari. Ecco perché in azione e psicologia il romanzo della Christie è
superiore a quello di Bristow & Manning.
Però, abbiamo
detto, la principale differenza tra i due sta nel fatto che nel primo
romanzo scritto, l’assassino viene scoperto; nel secondo no, perché
sostanzialmente si ritiene che egli sia stato ucciso: ha fatto in modo
che gli altri pensassero che lui fosse morte, per sviarli e quindi per
esser libero ( da morto) di uccidere gli altri. Ma questa, che è la
differenza a vantaggio della Christie, non fu elaborata da lei. Infatti,
come si sa, Agatha Christie non disdegnò mai di utilizzare idee prese
da altri autori, ma non è del tutto vero quello che alcuni dicono, cioè
che l’idea per il suo lavoro del 1939 Agatha Christie la prese solo da The Invisibile Host :
indubbiamente l’opera la conosceva (quella originale dei due coniugi
precede la relativa della Christie di nove anni), ma se avesse preso
solo l’idea base di Bristol & Manning, il lavoro di Agatha Christie
non avrebbe avuto quel successo incredibile che ebbe. Infatti, se
proprio vogliamo parlarne, il fenomenale successo fu dovuto all’altra
idea base, quella tratta da Six Hommes Morts, di André Steeman, opera del 1931.
Nel romanzo di
Steeman, sei amici non avendo fortuna, decidono di partire ognuno verso
una sponda diversa, giurando che qualora uno di loro avesse fatto
fortuna, avrebbe dovuto dividere con gli altri. Fin qui la trama è
quella di tanti altri romanzi. L’originalità di Steeman fu invece
nell’avere previsto che uno ad uno, gli amici morissero, una volta che
si fosse avverata la promessa fatta prima del loro distacco, e che poi
non rimanesse alcuno in vita. E che poi si scoprisse che uno di quelli
che era stato creduto morto, in realtà non lo fosse, e avesse così avuto
la possibilità di uccidere gli altri. Questa è la vera differenza tra i
due romanzi, quello di Bristow & Manning, e quello della Christie
(copiata da Steeman).
Un’altra
differenza tra i due romanzi sta nel fatto che mentre quello della
Christie, come abbiamo detto, è ampio nell’azione e dello spessore
psicologico dei personaggi e quindi ha un maggior respiro, ha la
profondità del dramma, il romanzo del 1930 non è altro che un
Divertissement, un gioco all’assassino, un whodunnit puro e semplice,
anche piuttosto scarno, anche se come abbiamo detto, teso. Il mordente
lo perde alla fine, perché troppo presto si giunge a scoprire l’omicida,
mentre la tensione nel romanzo della Christie arriva sino agli ultimi
righi con un effetto spasmodico. Anche la trovata del cappuccio della
penna piena di acido prussico è un espediente vecchio stampo; a parte
poi che non si capisce per quale motivo l’omicida accetti la morte breve
alla possibilità di rimanere lì con gli altri due finchè i servitori si
fossero svegliati l’indomani mattina: messi davanti ad un’azione
inquisitoria sarebbero stati alla pari, nessuna delle due parti avrebbe
potuto avere maggior fortuna dell’altra perché nel momento in cui i due
fortunati riescono a ridurre all’impotenza l’assassino e quegli dice
loro tutto circa le diavolerie contenute nella casa, e si sa che i
servitori non conoscevano il proprietario, chi mai avrebbe potuto dire
che l’assassino era proprio xxx invece che yyy o zzz? No, c’è qualcosa
che non quadra. C’è una ingenuità di fondo, nel dare tutto per assunto.
Pure la stessa
reazione dell’assassino: quando viene neutralizzato, per quale motivo
rivela le sue armi? Avrebbe potuto non dire nulla e sfruttare in mille
modi le stesse per eliminare i due, pur legato.
E’ un
divertissement senza dubbio, ma anche piuttosto ingenuo. La natura di
divertissement è legata anche alla sua genesi: secondo me, era un modo
per farsi anche quattro risate, facendo morire in una festa alcuni
personaggi connessi al mondo del poliziesco. E’ una cosa di cui mai
nessuno si è accorto:
Alla scuola di chi
i due si sarebbero rifatti? Mah, questo dubbio mi è venuto solo
rileggendo il romanzo. In quel tempo, il maggior esponente americano,
del romanzo poliziesco, era S.S. Van Dine: è possibile che i due fossero
vandiniani? Apparentemente no. Non c’è per esempio alcun investigatore
che si rassomigli a Philo Vance, e qui in pratica manca. E non c’è
neanche la spalla di Philo Vance, che c’è in tutti o quasi i vandiniani
eccellenti. Però…però c’è un’introspezione psicologica alla Van Dine:
l’analisi che fa il professore universitario Max Chambers Reid, è degna
di Philo Vance; inoltre pur non essendoci un detective enciclopedico,
qui c’è un assassino enciclopedico, che conosce tutte le manie dei suoi
avversari, che le ha studiate e ha trovato la maniera per far sì che
siano esse a portare i vari personaggi alla morte. E poi…tanti piccoli
particolari: i messaggi diffusi dalla radio, nascono invece da quattro
grammofoni posti in vari angoli dell’appartamento, e in un romanzo
vandiniano c’è il trucco del grammofono; l’omicidio di Reid ucciso in
poltrona, mi ricorda quello del Maggiore Benson ( e anche la traiettoria
del proiettile della pistola); l’omicidio-suicidio di Osgood è una
variazione della morte del colpevole nel finale de Il caso dell’Alfiere:
così come in The Bishop Murder Case, il colpevole prepara un bicchiere di liquore avvelenato per un altro sospettato ed invece muore al suo posto, così in The Invisibile Host,
la prima delle vittime, per eliminare il suo potenziale assassino,
avvelena i drink di tutti gli altri sospettati con dell’acido prussico,
ma poi non riesce nel suo intento perché lo stesso assassino lo fa
scoprire e nel tempo stesso ne dichiara la morte essendosi quello
avvelenato a sua insaputa, in quanto stringendo tra le dita il tappo
della bottiglietta contenente il veleno, le micropunte dello stesso
imbevute dello stesso acido ne hanno provocato la morte; la stessa morte
di Sylvia, causata dalla tensione nervosa, che la rende poco prudente e
ne provoca la morte per folgorazione, è simile a quella dell’omicida in
The Greene Murder Case, che muore per poca prudenza a causa di
un incidente automobilistico; e infine la morte di Tim Slamon che “si
suicida” perché l’assassino conosce un suo tic e lo mette nella
condizione di uccidersi a sua insaputa, è simile all’espediente
utilizzato per uccidere Rex Greene in The Greene Murder Case:
l’omicida conosce un cassetto segreto che conosce anche la vittima e
predispone una trappola omicida che scatta allorché la vittima viene
messa a sua insaputa dall’assassino nella condizione di causare il suo
suicidio.
Così pur non
avendo con certezza definiti vandiniani i due autori, posso però senza
ombra di dubbio affermare che essi presero parecchio, copiarono da S.S.
Van Dine. Quasi la pena del contrappasso per chi aveva affermato che il
romanzo della Christie era stato copiato dal loro.
Parlando della
Christie, mi vien da dire che il testo originario era stato accusato di
razzismo e per questo il primitivo titolo Ten Little Niggers,“Dieci piccoli negri”, era stato cambianto in And Then There Were None.
Tuttavia anche il romanzo di Bristow & Manning contiene elementi di
razzismo ben maggiore, un odio di classe, e un razzismo rivolto ai
rappresentanti delle classi inferiori che lascia attoniti e che si
apprezza quando l’anfitrione /omicida, per spiegare il fatto che la
servitù sia stata drogata e narcotizzata e dorma in cucina, dirà che non
è di classe confrontarsi in duello con la servitù anzichè con…
Oltre a questo,
nel romanzo della coppia, ci sono moderati ma interessanti spunti di
critica sociale, che nel romanzo della Christie, invece non compaiono.
Infine vorrei poter dire la mia su un aspetto che non è stato per nulla individuato sinora.
Il romanzo di
Bristow & Manning si è detto essere un Divertissement, e questo è
indubitabilmente vero. Al di là del romanzo, puro divertimento
cerebrale, senza pretese di altro genere, comunque, i due coniugi,
secondo me vollero probabilmente confezionare un Divertissement doppio:
Divertissement del lettore e Divertissement loro, scrivendo un romanzo
in cui i personaggi principali del dramma, che sarebbero dovuti morire
in mille atroci modi, fossero personaggi, fittizi o reali, dei loro
tempi:
Margaret Gaylord Chisholm: esiste un Dudley Chisholm, personaggio del romanzo di Le-Queux, in Under-Secretary, 1902;
Sylvia Inglesby : in questo caso, Inglesby potrebbe richiamare Appleby, il personaggio principale di Innes.
Joan Trent : esiste un Philip Trent, in Trent’s Last Case di Edmund C. Bentley (1913); ma anche una Joan Bennett, attrice già famosa in Bulldog Drummond e Disraeli, 2 film del 1929.
Max Chambers Reid: si riferisce forse a Reed McKinley Chambers, pioniere dell’industria aeronautica ed eroe della Prima Guerra Mondiale?
Peter Daly
scrittore : se cambiamo la y finale in i, otteniamo Dali o anche Dalì:
Salvator Dalì, pittore già famoso in quegli anni.
Henry (Hank) Abbott pittore: è Anthony Abbott, scrittore vandiniano?
Tim Slamon
Jason Osgood :
John.C. Osgood è stato uno dei grandi industriali e capitalisti
americani di inizio ventesimo secolo. In America è considerato da alcuni
un Baron Robber.
Nel caso di questi
due ultimi personaggi possiamo osservare una caratteristica singolare:
cognomi e professioni sono invertite a formare un chiasmo, una X
:
Abbott pittore
X
Daly scrittore.
In questo caso la X
, essendo posta tra i due, è come se avesse già indicato, ad lettore
che avesse guardato più in là della semplice lettura, già chi potesse
essere X, cioè the Invisible Host, l’assassino: Abbott, o Daly, secondo
un procedimento che useranno i Queen, laddove ne “The Twin Siamese Mystery”
nel nominativo di alcuni personaggi inseriranno delle tracce: Carreau
per Quadri, e soprattutto il 6 di picche ad indicare che l’assassino era
legato ai furti perchè in francese Picche= Pique, e Piquer= Rubare,
come pure Pique è molto vicino come suono a Pica. E Pica Pica è il nome
scientifico della Gazza, un eccello che ruba”.
Per di più, anche
se i nomi non fossero stati scritti nella lista dei sospettati
all’inizio del romanzo, uno dopo l’altro, comunque i due personaggi
sarebbero comunque stati assimilabili l’uno all’altro, in quanto sono
forse i due peronaggi, i cui nominativi sono maggiormente conosciuti.
Per di più sono tra i tanti, gli unici personaggi maschili che rimangono
fino alla fine.
Pietro De Palma
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