Oggi è la volta di un romanzo famoso di John Dickson
Carr, It Walks By Night , “Il
Mostro del Plenilunio”, cui sono legato da filo doppio: con
esso Carr cominciò la sua carriera di scrittore di romanzi; acquistando una
copia dei Classici del Giallo Serie Oro di questo romanzo, io ho cominciato la
mia carriera di lettore appassionato di Carr.
It
Walks By Night, fu
pubblicato nel 1930. Fu la prima opera di Carr di un certo spessore, il
primo romanzo. Precedentemente Carr aveva scritto e pubblicato dei suoi
racconti, in cui aveva già sperimentato alcuni dei temi che avrebbe
sviluppato in tutte le sue opere successive. In particolare uno di questi
quattro racconti, costituì la base che successivamente lo stesso Carr avrebbe
ampliato creando il suo primo romanzo. Infatti T.J.Yoshi,
riporta nel suo “John Dickson Carr: A Critical Study”, che “Grand Guignol”, fu
un romanzo breve, scritto e ultimato da Carr a Parigi; e che lo stesso, una
volta tornato Carr in patria, fu pubblicato sullo stesso giornale che aveva
pubblicato gli altri racconti, “The Haverfordian”, tra il marzo e l’aprile del
1929. Grand Guignol non fu altro che la prima versione semplificata di “It
Walks By Night”. Nello stesso 1929 Carr provvide a sviluppare il suo primo
romanzo con Bencolin (proprio utilizzando Grand Guignol), pubblicandolo nel
1930.
La trama è particolarmente complessa, ed è un tripudio
di situazioni macabre, impossibili, e orrorifiche, quasi che Carr vi avesse
messo dentro tutto ciò che amava, non immaginando il successo che avrebbe avuto,
perché potesse essere associata a lui: insomma, un romanzo degli eccessi.
Alexandre Laurent è quello che ora definiremmo uno
psicopatico, uno che uccide per provar piacere alla vista del sangue. Al
dottor Grafenstein che lo ha esaminato, dopo il suo arresto seguito al
suo tentativo di omicidio ai danni della sua giovane moglie Louise, Laurent
aveva detto di aver sentito l’impulso di uccidere la moglie proprio perché
l’amava: era affetto da iperestesia, collegata ad un bisogno erotico: si eccitava
in maniera anomala pensando a situazioni oscene. Insomma…un maniaco sessuale.
E’ questo che Louise ha sposato, solo che se n’è accorta troppo tardi. Fatto
sta che Laurent viene internato in una casa psichiatrica privata, dato che è di
famiglia ricca, ma da lì fugge. Si rifugia dal dottor Rothswold, un medico noto
tra i criminali, perché si dice possa cambiare i connotati delle persone con
operazioni di chirurgia plastica. Fatto sta che un giorno, di notte, un
poliziotto vede un tale che esce fischiettando dalla villa-ambulatorio del
chirurgo, portando due valigie, e che lo saluta allegramente. Poche ore dopo,
allertata dalle segnalazioni di vicini che parlano di strepiti di gatti, la
polizia irrompe nella villa e non vi trova né Laurent né tantomeno il dottore,
ma solo..la testa di Rothswold dentro uno dei suoi catini, su uno scaffale: del
corpo nessuna traccia. Forse in quelle due valigie che portava Laurent?
Ora Laurent è scomparso, ma un bel giorno ricompare
allorché il Duca di Saligny, un appartenente al bel mondo parigino, ricco,
famoso e anche sportivo indefesso, e grande tennista (“It was always, The Duc
of Saligny, is expected to give Lacoste a strong fight in the seminfinals at
Wimbledon tomorrow”), decide di impalmare Louise. E minaccia il duca di farsi
da parte, per non cadere vittima della sua vendetta.
Saligny non vi presta attenzione e sposa Louise, la ex
moglie di Laurent.. Fatto sta che a quel punto si verifica un fatto che avrà
ripercussioni nel finale della storia: la sposa, alla presenza di Bencolin,
Giudice Istruttore e Capo della Polizia, e dei suoi testimoni, tra cui Jeff
Marle, il narratore, e lo stesso dottor Grafenstein, rivela che Laurent le è
apparso a casa dell’avvocato Kilard durante una festa, nel bagno di casa,
mentre impugnava una cazzuola da muratore. Nell’altra camera c’erano Saligny ed
un suo amico carissimo, Edouard Vautrelle, che poi Bencolin scoprirà essere un
nome fasullo, adottato per nascondere la vera identità: infatti è un impostore,
che si atteggia ad esule russo, fuggito in seguito alla rivoluzione bolscevica,
un maggiore del decimo cavalleria cosacca dell’esercito imperiale dello Tzar
Nicola II, senza esserlo. Come poteva Laurent scomparire in un attimo da una
stanza, senza che altri lo vedessero, penetrare ed uscire da una casa in modo
assolutamente straordinario? Il fatto è questo: Laurent si è vantato in passato
proprio di fare questo. Possibile? Grafenstein pensa che la signora abbia avuto
un’allucinazione, ma vi è una prova, asserisce Louise: una cazzuola da
muratore, che prima dell’apparizione, in quel bagno non c’era. E perché mai del
resto, una cazzuola si sarebbe dovuta trovare in un bagno?
Ma accade il primo delitto. Da Fenelli’s, un
ristorante con tavoli da gioco, musica, ballo e quant’altro, viene ritrovato il
duca ucciso, decapitato, in una saletta da gioco: il duca vi è entrato, e
ovviamente siccome nessuno ha visto nulla, l’assassino doveva essere già
appostato lì. Il problema è uno: come ha fatto ad uscire? Le uscite erano
sorvegliate a vista da Bencolin stesso e da uno dei suoi uomini più fidati,
François. E l’unica finestra dista più di dieci metri dalla strada.
Impossibile. Nessuno sarebbe potuto fuggire, ma in fin dei conti si è
volatilizzato. Come ha fatto?
La moglie non era lì vicino ed il suo amico Vautrelle,
di cui per un momento si sospetta il coinvolgimento, viene in pratica
scagionato proprio da François, con cui stava chiacchierando probabilmente
mentre il Duca veniva decapitato; per di più anche lui testimonia che da quella
uscita, dove era appostato il poliziotto, nessuno è uscito. A sconcertare è
l’ora della morte: infatti, ci si è accorti dell’omicidio, perché qualcuno ha
suonato un campanello nel fumoir per chiamare un cameriere; che poi, scoperto
l’assassinio, ha dato l’allarme. Per quale motivo, quindi è stato suonato il
campanello? E se è stato suonato, e la cosa è certa, può essere che sia stato
suonato non da dentro ma da un qualche altro posto qualunque? Ma compare un
nuovo personaggio: proprio da Jeff Marle, viene scoperta, completamente nuda,
una donna bellissima, al buio, in una stanza esattamente sopra quella in cui è
avvenuto l’omicidio: è Sharon Grey, amica di Raoul, e di lui segretamente
innamorata, ma anche ufficialmente amante di Vautrelle: proprio lei, conferma a
Bencolin alcuni suoi indizi: qualcuno le è apparso al buio, poco prima,
dicendole che Raoul non sarebbe più venuto perché aveva “un appuntamento coi
vermi”: aveva le mani sporche di sangue. Lei parla della calma glaciale della
vedova, e quella dell’abilità di Laurent di trasformarsi in una persona che lei
e Saligny avrebbero potuto conoscere: in pratica, reindirizza le indagini nei
confronti di Vautrelle. Che però, anch’egli viene ucciso. Nella villa di Sharon
Grey a Versailles. Da Laurent? O da qualcun altro?
Intanto qualcuno è rientrato nella notte dell’omicidio
di Saligny in casa sua perché il maggiordomo ha sentito dei rumori: dallo
scrittorio dello studio son stati sottratti documenti, ma non il milione di
franchi che era nella cassaforte. E dal mazzo di chiavi, manca solo la chiave
della cella dei vini, in cantina. Qui, accanto ad una parete sgombra da vini,
viene scoperta della calce e per terra una cazzuola da muratore: con pochi
colpi di piccone viene sfondato il muro, e da lì emerge l’occhio vitreo del volto
di un uomo. Il corpo nella cantina è però così decomposto da poter essere stato
ucciso solo almeno tre settimane prima del ritrovamento: chi è?
Bencolin ha capito chi possa essere, e quindi poco
dopo saprà inchiodare l’omicida. Che ha ucciso Saligny e Vautrelle ma non
quell’altro uomo. Tre omicidi, due assassini. Un finale memorabile.
Il romanzo di Carr è un’opera acerba senza dubbio, ma
anche – dicevamo –un romanzo degli eccessi.
Innanzitutto è un romanzo gotico. E si sa, tutto o
quasi il ciclo di Bencolin ha atmosfere gotiche. Ma qui l’atmosfera macabra è
opprimente, e genera una tensione palpabile. Che se realmente insostenibile,
risulta poi alla fine in qualche modo falsa: come dice il proverbio “il troppo
stroppia”. Carr usa tutti i trucchetti del mestiere, come se fosse uno
scrittore di lungo corso: i vari avvenimenti di solito si verificano di
sera, i delitti avvengono al chiarore delle candele o a quello della luna;
morti nascosti dietro muri, sparizioni e macabro a volontà. Chi ci richiama? Poe.
Che è citato nel romanzo. E poi emulato in uno dei suoi racconti più famosi, La
Botte di Amontillado.
Poe maestro di atmosfere, di terrore, di tensione;
Carr maestro di atmosfere, di terrore, di tensione, ma anche di originalità,
sapiente miscelatore di gotico, col fantastico e col raziocinio al suo massimo
splendore. Anche se qui, le atmosfere sono troppo orrorifiche.
Già il primo capitolo ci introduce a queste atmosfere:
si chiama “Il patrono dei becchini”. Comincia con la descrizione di una
creatura fantastica in cui si sarebbe potuto trasformare chiunque, donna o
uomo, nella Parigi medievale: un licantropo. Il testo è contenuto in un libro
di proprietà di Alexandre Laurent, un pazzo che Bencolin deve fermare prima che
ne vada di mezzo il Duca di Saligny. Ma è utile far notare che Carr introduce
un licantropo, per parlare invece di Laurent. Ed è in una Parigi rischiarata
dai lampioni, così simile alla Londra di Jack the Ripper, che una creatura
infernale, della notte, colpisce, e si identifica in Laurent. Le descrizioni
orrorifiche abbondano, ma io controcorrente, invece di citare quelle che citano
tutti, indico due che mi hanno particolarmente colpito. Perché non solo sono
espressione del gotico, ma anche di un’altra delle caratteristiche di Carr : saper
miscelare gli elementi in maniera tale da generare tensione e da accrescerla
senza mai strafare.
Nella prima, Jeff Marle e Sharon Grey sono assieme
nella villa de lei.
E conversano:
"Lewis Carroll.."—fancy! I'd never read Alice!
Raoul"—she hesitated,
but rushed on—"a friend of mine was going to bring me a copy, but he put
it off; and I got one. Don't you love the Mad Hatter's tea party? And the way
they carried around flamingoes, and said, 'Off
with his head’ .
They sit on a rustic bench, near the back wall: “..at the
rustic bench she hesitated, and, as I touched her arm, she sat down. Through
pale rifts in the shadowing cypress I could see the dead white of her face
staring up at the moon. It was like a dead face, except for the eyes; and she
was like one dead”.
Poi di nuovo, continuando: “How cold your hand is—on my
shoulder!"... the words sank into my mind … It grew on me,
horribly, that my hands were clenched together, before me. . .The words clanged
in my mind with sudden terrible suspicion. "Get up!" I said, hardly
hearing my own voice—it sounded strained and soft and ghastly. "Please get
up—from there—a second". The thin song of the fountain shrilled
mockingly..You look". "Get up from there!". She started to rise.
I swept her to her feet, out from the bench and behind me, and whirled towards
the empty bench again. A chatter of repulsion went over me. . .The moonlight,
sifting down through the cypress, showed a man's hand protruding motionless
from the back supports of the bench. I ripped out the bench, flung it over in a
thud, and from a little screen of bushes a man's body pitched out into the
clearing. It gave an almost lifelike twitch as it landed, Something wet
splashed against my ankle....Nausea! Steady, now, steady! …The fountain
shrilled steadily; as though it laughed. …His
head's been nearly severed
from his body.
Damn
that fountain! Now the face, white and streaked with dirt, was turned full up
to the moon. It was Edouard Vautrelle. His lips were drawn back from his teeth,
derisively, and his monocle was still gripped in one sightless eye.”(cap. XII - A
Hand is Motionless Beneath the Cypress)
Noto la successione dei vari momenti, che si
rincorrono sempre con maggiore tensione verso il catartico ritrovamento di Vautrelle:
innanzitutto il riferimento alla decapitazione in “Alice nel paese delle
meraviglie”. Poi il riferimento alle candele che man mano si spengono:
The
Chinese lanterns, orange and red, were hidden among the trees, and through the
darker branches above the sky was tinged in pearl. We walked into the secrecy
of the garden through a low door, over thick soft grass to a space closed in by
a wall of hedge, where no sounds came. On the cloth of a table set for two the
flames of two thin candles rose unwinking in the still air....
Poi la passeggiata nel parco della villa, soli, al
chiaro di luna, senza altre luci. Il riferimento ai cipressi (alberi da
cimitero) introduce un nuovo elemento di tensione. Ma la fontana col suo rumore
cristallino smorza la tensione, almeno..parrebbe che la smorzasse. Poi..il
pallore nel volto di lei, che sembra quello di una morta. Ancora un riferimento
macabro. Poi si siedono sulla panchina, e ancora una volta sembrebbe che
la tensione si svaporasse, quando..un nuovo elemento di tensione ancora più
acuto si affaccia: la mano gelida. Che porta all’orrore di vedere le proprie
mani conserte. E di chi è allora quell’altra mano? La sua voce è inudibile, in
preda allo spavento. La luce della luna che attraversa i cipressi (ancora loro!)
rivela una mano umana appoggiata alla spalliera della panchina. Ora il rumore
dell’acqua della fontana non è più rilassante ma assomiglia al suono di una
risata aggiungerei..maligna. E poi ..un corpo con la testa quasi staccata dal
corpo. E infine la rivelazione che si tratta di Vautrelle. Vautrelle? Ma se si
era quasi stati portati a sospettarlo di omicidio?
Faccio notare due cose:
innanzitutto come gli stessi oggetti, a seconda dello
stato emozionale in cui vengono a trovarsi i soggetti, possono mutare diametralmente
il loro significato. Per es. la fontana della Villa di Versailles, prima ha un
suono cristallino, poi è come se ridesse (ma non è una risata allegra ma
beffarda, sardonica, che accompagna la scoperta dell’omicidio; e poi come le
stesse cose possano avere un significato diverso a seconda da come le si usi:
per es. la Villa di Versailles, che tenuta al buio e rischiarata dalle candele
ha un’aura romantica ma piena di presagi di morte, dopo la morte, rischiarata
dalla luce elettrica perde la propria aura spettrale per ricavarne una più
fredda.
Ancora da notare è come il procedimento usato da Carr
per generare tensione sia quello cosiddetto accrescitivo, usato con estrema
accortezza, molto simile al sistema usato dai compositori dell’ottocento per accrescere
la tensione drammatica nella musica: se si fosse puntato infatti su un’unica
linea, procedendo dalla tensione minima alla tensione massima, non si sarebbe
potuto andar avanti per molto tempo; e dopo un poco la tensione si sarebbe
esaurita. Invece qui, per accrescere una tensione drammatica e portarla a
livelli insostenibili, Carr si ferma ogni tanto, quasi seguendo delle tappe, e
da ogni tappa riparte con una forza maggiore e con elementi che pur essendo
simili a quelli originari, portano a situazioni più sconvolgenti.
Non c’è dubbio infatti che il Leroux di Le parfum de la dame en noir più che Le
Mystère de la chambre jaune deve aver
esercitato un’influenza determinante su Carr, almeno su tre suoi romanzi: il
delitto in The
Unicorn Murders è chiaramente improntato a quello in Leroux,
nell’incipit di The problem of the green capsule ma anche nel cap. IV, The Black Spectacles,
si trova qualcosa che rimanda a Leroux:
Questo periodo – come mi diceva tempo fa Igor Longo
– sarebbe un pallido riferimento a quello che accade al pranzo del castello
d’Ercole, nel cap.10 di Le parfum de la Dame en noir:
Et les autres, les autres, pourquoi restaient-ils
muets derrière leurs vitres noires ?... Tout à coup, je tournai la tête et je
regardai derrière moi. Alors, je compris, à ce geste instinctif, que j’étais la
proie d’un phénomène tout naturel... Quelqu’un me regardait... Deux yeux
étaient fixés sur moi, pesaient sur
moi. Je ne vis point ces yeux et je ne sus d’où me venait ce regard... Mais il
était là...Je le sentais... Et c’était
son regard à lui... Et cependant, il n’y avait personne derrière moi... ni à
droite, ni à gauche, ni en face... personne autour de moi que les gens qui
étaient assis à cette table, immobiles derrière leurs binocles noirs...
Alors...alors, j’eus la certitude que les yeux de Larsan me regardaient
derrière l’un de ces binocles-là !... Ah ! les vitres noires ! les vitres
noires derrière lesquelles se cachait Larsan !...
Gli occhiali neri ci permettono di nasconderci e di nascondere i
nostri pensieri; e infine l’abilità trasformista di Larsan/Ballmeier di
prendere le sembianze di altri personaggi, è l’abilità di personaggi di It Walks By Night di assumere le
identità di altri personaggi.
E lo si desume, come giustamente rileva Nick Fuller,
dalla trattazione che Bencolin fa alla fine del capitolo undicesimo: lì viene
confrontata la pratica investigativa americana, fatta di terzo grado e di
informatori, e di indagini brutali, con quella francese in cui un corpo di
polizia ha il compito di investigare usando la ragione. Ma nello stesso tempo,
Bencolin mette in guardia contro la credenza che chiunque, dotato solo di
sagacia, e quindi senza esperienza o studio, possa improvvisarsi investigatore:
in una Francia degli anni ’20, quale altro confronto è possibile se non con il
Rouletabille di Leroux? Non solo. Il
fatto è che Bencolin cita proprio Leroux
:
"One
of the popular fallacies of the day," Bencolin continued, thoughtfully, "is
that the detection of crime is not a science, and that its
investigators do not achieve almost magical results.
I do not know why this error should be so prevalent, unless it is because
extraordinary analyses occur so often in fiction; therefore, the careful public
reasons, they cannot possibly occur in life.... Still, it is difficult to understand
why the man on the street is prone to be so suspicious of what he is pleased to
call 'book stuff’ in this business. Tell him that a doctor—preferably a German
with a sonorous name—has discovered a cure for cancer, and he will be very apt
to believe you; but tell him the simple truth that by a single trace of
mud-stain on a coat the identity of a murderer may be established, and he will
probably sneer, 'Pah! you've been reading Gaston Leroux!'
E a Leroux ci porta anche il modo assolutamente
trasformistico di creare e ricreare la realtà a piacimento: Frédéric Larsan, il
celebre poliziotto di Leroux, in realtà è anche il criminale Ballmeyer, e allo
stesso modo Alexandre Laurent diventa Saligny. L’abilità trasformistica
di Ballmeyer ad impersonare il personaggio Larsan e a condurre il gioco secondo
la propria prospettiva è la stessa dell’assassino qui e del suo complice, che
orchestrano il delitto come un concerto. Come Igor Longo, ritengo che Carr
pensò al secondo Leroux, Le parfum de la dame en noir, come modello per il suo romanzo, in quanto
come in quel romanzo di Leroux, in questo di Carr la follia e la
capacità di farsi beffe della realtà svia continuamente il lettore.
Ma al di là di questo, riscontro anche altre
influenze, in questo primissimo Carr. Soprattutto Freeman e Crofts. Per delle
cose che noto qui, ma non anche in altri Carr successivi: qui per esempio c’è
un’ eccessiva attenzione ai tempi. Alle pagg. 67-68, cioè nelle ultime due
pagine del quinto capitolo, Bencolin riassume la situazione delle testimonianze
e deposizioni, consultando il suo taccuino in cui ha ordinato i vari tempi
riferiti alla situazione criminosa: ora, questa è una nota che ci avvicina
fortemente ai romanzi di Crofts, la cui principale caratteristica è quella di
esibire degli alibi a prova di bomba che poi vengono smontati altrettanto
sapientemente.
."Now, messieurs, here is a resume of our knowledge. To fix
the time element, I will go over it" He read from his notebook:
"10:15 p.m.
Saligny, his wife, Vautrelle, M. and Mme. Kilard arrive at house. (Witnesses:
Fenelli and G. H. Buisson, leader of orchestra.)
"10:20. M. and Mme. Kilard
leave house. (Witnesses: Fenelli, Buisson, Vautrelle.)
"10:25 to 10:55. Vautrelle
and Saligny in smoking-room. (Witnesses: bar steward, waiter.)
"10:30. Madame de Saligny
has interview with Fenelli upstairs. (Witness: Fenelli.)
"10:50 to 11:25. Fenelli
remains alone upstairs. (Witness: the same.)
"10:55. Saligny leaves
smoking-room. (Witnesses: bar steward, Vautrelle.)
"10:55 to 11:30. Vautrelle
remains in smoking-room. (Witness: Vautrelle. Note: waiter remembers bringing
him a drink—about—11:15.)
"11:18. Madame joins our
party in main salon. (Witnesses:
ourselves.)
"11:30. Saligny enters
card-room. (Witnesses: ourselves, madame.)
"11:30. Vautrelle is talking
to detective, enquires time. (Witness: Frangois Dillsart) Detective has just
gone on duty.
"11:30 to 11:36. Vautrelle
talks to detective before door of card-room. (Witness: the same.)
"11:37. Vautrelle joins us
in alcove. (Witnesses: ourselves.)
"11:40. Murder is discovered
by steward and Francois.
"Remarks: Nobody can be
found who remembers seeing any of these people in the hallway from 10:20 to
11:30, the lapse of over an hour.
"Nobody remembers seeing
Saligny from 10:55, when he left Vautrelle in smoking-room, until 11:30, when
he entered card-room.
Invece dall’ R.Austin Freeman del dottor Thorndyke,
Carr prende la tendenza a trattare gli indizi materiali come fondamento
all’indagine investigativa: per es. nel capitolo sesto, “In the Black Parlours”, assistiamo ad un tipo di indagine scientifica, per quanto riguarda il
rilevamento di prove materiali: lo spargimento di polvere per le impronte
digitali, le fotografie della scena del delitto, il segno del contorno del
cadavere col gesso. E poi Bencolin che supera i suoi stessi uomini e trova
sotto le unghie della vittima un pezzo di filo, che solo lui avrebbe potuto
vedere, e che poi viene identificato, in un tipo di filato:
When
we entered the card-room again, there were more men studying the position of
the body. They gathered at some little distance to avoid the nauseating welter
of blood. With a detached and impersonal air, a fat man with whiskers —this
must be the medical examiner—was taking notes and cocking his head at the body
like an artist squinting for perspective. He made his last note with a
flourish of the pen. Then he beckoned to two of the men.
One of
them set up a camera, fiddled with it awhile, and the other prepared some
powder in a fiat pan. Presently there was a blinding flare of light; then the
smoke and reek of flashlight powder drifting across the dull lamp-glow. While
they were preparing for more pictures, I tried to get the scene firmly
photographed in my mind.
There
was the headless trunk, limbs frozen in that weird kneeling position. It was
toppled forward so that the neck stump touched the floor, the back partly
humped. One leg
was
doubled under, the other sprawled at a side angle. Both arms were doubled flat
from the elbows, arms forward like the arms of the Sphinx, fingers dug with
claw-like tension into the carpet Altogether, it gave the impression that this
headless beast was about to spring forward. The back of the dress-coat was
soaked, the entire shirt front crimson, and both arms were splattered so that
thin red splashes daubed the backs of the hands. Bencolin had replaced the head
where it had been, some three feet away.... Again the flashlight powder glared
over motionless men; blinding, like an instant of terrifying death.
One of
the men stepped forward, and with an enormous lump of chalk, such as tailors
use for suit markings, he drew a line around the edges of the body. Afterwards
the medical examiner jerked a thumb over his shoulder, and in a tired voice
said, "All right boys."
Two of
them lifted it up—it was becoming stiff, like a big plaster image in
clothes—and started to bear it from the room. It passed by us, and Bencolin,
coming out of his reverie, stopped for a moment the two who were carrying the
burden. Pulling at his moustache, he looked down at it for a time. He unclasped
one of the hands and bent close. What he extracted from under one finger nail
I could not a$ first see; it was a tiny bit of thread, colourless and nearly
invisible. Bencolin put it into an envelope, and motioned the bearers to go.
(Capitolo VI)
Poi si vedono uomini che esaminano il tappeto, tolgono
la copertura del divano, fotografano e rilevano impronte:
I
turned back to see Bencolin directing the group of men. They were looking for
fingerprints now, with their lenses and their brushes and the little tins of
powder like flour sifters. But there were few surfaces capable of holding
prints, though they even went over the card tables folded against the wall. The
photographing continued, and the room reeked terribly now. Two of them, at
Bencolin's order, took off the cover of the divan, folded it together like a
bag, and carried it out along with the pillows.
C’è anche un altro passo dove viene esplicitata
l’indagine scientifica che Bencolin attua coi suoi uomini nella Villa di
Versailles dove giace il cadavere di Vautrelle, nel capitolo XIII, “Death
at Versailles”
—"I
swear to you that before tomorrow night we shall have our killer. Come with
me."
"Did
you find anything?"
"Yes.
First tell me everything that happened this evening." Trying to collect my
thoughts in a drumming head, I slowly recounted every event of the evening.
Several times he nodded. "It fits," he said, finally. "Let me
show you...." We went to the cypress and bent under it. He flashed the
light down on the motionless figure lying with face twisted up.
"Don't
track into it, now, but look carefully. No sword was used this time. He was first
stabbed twice; once directly through the back, and once under the lowest rib on
the left side. Then the murderer set to work to dismember his head— look!
cutting through the cartilage of the vertebrae from the back. It isn't an easy
thing to do for one unskilled in surgery, and the murderer desisted. I don't
see any weapon. It was apparently a knife about an inch wide, and rather heavy;
something, I should say, on the pattern of an American bowie."
The
light flashed into the space behind the bench's original position, where was a
thin sumach hedge, and beyond it a path a foot wide, following the garden wall
under the drinking fountain. The beam played over this for a second, then swung
to the left a few feet towards the rear gate.
"It's
bloody," the detective said, shrugging. "There is the gate, you see.
Vautrelle was standing near it when you saw him from the window. The murderer
entered by that gate, behind him, and stabbed him in the back. He was then apparently
dragged over here and thrown into the sumach hedge against the bench while the
murderer attempted to cut off his head."
Il sangue, le coltellate alle spalle, le tracce
sanguinolente che partono dal cancello posteriore della villa, indicano che
l’assassino ha seguito Vautrelle che si trascinava fino alla panchina, e quando
lui si è accasciato, egli ha cominciato a staccargli la testa dal busto. La
mancata recisione della testa che indica come non si sia utilizzata una spada
ma piuttosto un coltello, un lavoro da inesperti, un coltello grosso, forse
americano, da caccia. Tutte tracce che opportunamente interpretate da Bencolin
gli consentiranno di farsi un’idea precisa su quel che possa essere accaduto. E
non sbaglierà neppure in quest’occasione:
E infine l’Hashish e l’oppio hanno una grande importanza
in questo romanzo. E chi ci ricordano oppio e hashish? De Quincey, Balzac,
Baudelaire, Gautier. Noto come in determinati passi del romanzo si trovino
riferimenti a queste droghe, molto significativi: innanzitutto tra gli autori
preferiti da Laurent sono citati De Quincey e Baudelaire. Laurent ed altri
personaggi si drogano. In un passo, prima dell’assassinio di Saligny, colui che
l’ucciderà esclama:
"That
music" she snapped; "damn that music! I can't stand it! I won't stand
it! Why must they play the same thing for half an hour—the same thing!” (Capitolo II: It
Walks By Night)
Ancora una volta, un qualcosa cambia significato, a
sottolineare un cambio emotivo dei personaggi: prima l’orchestra jazz produceva
un semplice frastuono; ora la musica dell’orchestrina, sappiamo che viene
percepita come ossessiva. Anche perchè il soggetto che inveisce, intuiamo che è
drogato.
Quincey è ricordato per aver scritto Murder considered as one of the fine arts
,“L’assassinio come una delle belle arti”.
Ma è anche ricordato per uno scritto molto più famoso all’epoca, Confessions of an English opium-eater. Non scordiamoci che il Carr degli anni ’20 che aveva
vissuto a Parigi, si era imbevuto di letteratura francese: e quindi non
potrebbe aver letto anche De Quincey, e Théofile
Gautier, dedito all’oppio e all’hashisc, come lo stesso Balzac?
Tra tante meraviglie, l’unica cosa
che mi appare stonata è l’omicida: non è un grande omicida, non è una persona
di grande levatura, un genio come in gran parte dei romanzi di Carr. Non è
neanche un vigliacco, un fetente. Piuttosto è una creatura debole, dedita alla
droga, che ha ucciso non perché desiderasse uccidere Saligny, ma perché glielo
si è chiesto, lo si è convinto a farlo. Ma poi il secondo omicidio e il tentato
terzo, sono il frutto della sua follia. E la pervicacia con cui Bencolin lo
accusa, lo distrugge psicologicamente, fa quasi pena:
“ X may
spill ashes, if she desires, on this rug," said Bencolin..He said
it with just the faintest deprecation. Her hand jerked. It was the most
devilish kind of baiting; but she only opened her eyes a trifle wider, and
suggested…..
Now, madame, as we were saying, you have been victimized by
everybody. Even, I may add, by Fenelli; it must not have been pleasant to have
to suffer his attentions for such a physically modest person as yourself—on
this divan, was it not?”
This inhuman stroke nearly smashed her (Capitolo XVIII: The Last Battle)
Bencolin
non ha nulla di Fell o Merrivale; è piuttosto un essere duro, spietato con chi
sbaglia. Perché non è solo poliziotto ma anche giudice. E quindi è implacabile.
Il suo compito non è solo quello di acciuffare il reo ma anche di portarlo,
come dice lui qui, alla ghigliottina:
"In there"—he pointed to his brief-case—"I have records of all the purely court evidence which will send …to the guillotine. (Chapter XVIII).
Questo modo di presentare Bencolin, con la sua aria sinistra e mefistofelica, riesce quasi ad invertire i ruoli: il povero assassino da una parte, il freddo poliziotto dall’altra. Del resto l’assassino ha eliminato dei rifiuti della società: uno psicopatico, un imbroglione, e stava per uccidere un ricattatore e spacciatore di hascisc.
"In there"—he pointed to his brief-case—"I have records of all the purely court evidence which will send …to the guillotine. (Chapter XVIII).
Questo modo di presentare Bencolin, con la sua aria sinistra e mefistofelica, riesce quasi ad invertire i ruoli: il povero assassino da una parte, il freddo poliziotto dall’altra. Del resto l’assassino ha eliminato dei rifiuti della società: uno psicopatico, un imbroglione, e stava per uccidere un ricattatore e spacciatore di hascisc.
Bencolin non si accanisce contro
l’assassino perché questi ha ucciso, quanto piuttosto per come ha impedito che
lui, Bencolin, che aveva dato la sua parola a Saligny di proteggerlo, potesse
adempiere alla sua promessa. E per di più perché chi ha ucciso si è fatto beffe
dell’ordine costituito, servendosi di lui e di un suo uomo, François, per avere
un alibi. Ecco perché, secondo me, la giustizia di Bencolin assume ,qui, i
contorni di una vendetta personale; e solo questo spiega l’accanimento del
poliziotto nei confronti dell’essere debole che ha davanti, cosa che si può
evincere leggendo le pagine finali dell’ultimo capitolo. Accanimento anche perchè
deve capire se il suo ragionamento sia stato giusto, se le cose siano andate
veramente come lui abbia pensato. Serve cioè, perchè la giustizia possa avere
il suo corso, e forse anche, come lui suggerisce all’assassino (vittima di
tutta una serie di torti che ha patito), perchè la giuria possa tenerne conto e
non applicare la pena di morte. C’è solo un momento, alla fine della storia, in
cui si erge l’assassino in tutta la sua figura. E’ quando rivendica la gioia
che ha provato quando ha ucciso Vautrelle, quando è stato bagnato dal suo
sangue: se l’anima può saziarsi, ecco, lui, l’assassino, si è saziato dopo.
Questo identificarsi con l’anima, fa sì che l’assassino giustifichi la morte di
Vautrelle con un bisogno di giustizia. Una giustizia che non può essere solo
terrena. Non sarebbe stato quindi un assassinio ma un’esecuzione. E quindi è
come se dicesse che dovrebbe essere giudicato non per la seconda morte quanto
per la prima (a suo dire, ovviamente):
"... I had a knife there in the house—a big one. Raoul had
given it to me as a souvenir of a hunting-trip. I didn't care who saw me. All I
wanted to do was repay Edouard for what he'd done. I smoked, you see—here's one
of the cigarettes—and when I smoke one of those—I don't know why— I am capable
of anything. I took a taxi I came up to the villa by the back gate, and when I
came in by the back gate, he was standing there." Her arm flashed up and
over. "I struck him. I hacked him—I was bathed in his blood; I liked
that!"
….stood
there in triumph, ecstatic with head thrown back, while the sound of the
orchestra floated through the skylight; and Bencolin sat motionless on the
divan, staring at the lamp. She had kept her appointments with three men; she
would have murdered them all. (Capitolo XIX: The
Hour of Triumph). [i]
Insomma…un’opera giovanile di Carr,
ancora non perfettamente oliata, ma già capace di avvincere e meravigliare: il
plot e la soluzione sono meravigliosi, e già richiamano certi altri meccanismi
da Camera Chiusa che verranno inventati successivamente.
Pietro De Palma
[i] A latere
si impone un minimo commento sulla traduzione italiana, auspicandone una nuova,
che coi tempi che corrono, temo che sia ancora parecchio lontana nel tempo.
Quella di Rossana De Michele è vecchiotta. Risale a sessanta anni
fa in quanto per la prima volta il romanzo fu pubblicato con Il Giallo Mondadori N. 510 del 1958, ma non è affatto male in quanto a qualità della traduzione, che riesce a
trasmettere nel lettore quella inquietudine e quella tensione che esiste nella versione
originale, tenendo conto per di più che la versione inglese è più lunga. Le
parti mancanti, non riguardano la sostanza dell’azione, quanto le descrizioni.
Manca per esempio qualcosa della Parigi notturna, e talora
per far rientrare il volume nel numero voluto di pagine, si tende a
sintetizzare. La cosa più evidente è per esempio il fatto che nella versione
originale inglese ci siano 19 capitoli e in quella italiana 18. Il capitolo
finale, L’ora del trionfo, manca e piuttosto la parte che lo costituiva viene
aggiunta al capitolo 18, Scontro finale, ovviamente togliendo delle cose.
Inoltre qualche capitolo non ha il titolo originario e questo mi sembra
francamente la cosa più inspiegabile : il capitolo IV da Determiniamo la posizione delle marionette
(si parla di ricostruzione degli spostamenti delle persone e dei tempi) diventa
Si ricompone il mosaico (che non vuol dire nulla); il cap. VI da Nei salotti
neri si passa a Una stanza di sette metri per sette; il cap. X è paradossale:
passa da Bencolin Weaves che significa Bencolin tesse e quindi ha un
significato positivo, a L’incertezza di Bencolin, con significato negativo; nel
titolo dell’ XI si perde nel passaggio dall’inglese all’italiano l’ironia:
Swordplay significa arte della scherma; nel titolo italiano significa Schermaglia, che significa altro. Ma in quella inglese, letteralmente sarebbe Il gioco della spada, e la spada è l’arma con cui è stato decapitato Raoul de Saligny.
E poi ci sono parecchi errori. Uno dei più grossolani è nel primo capitolo:
Jeff Marle ricorda come ha conosciuto Bencolin e dice nella traduzione italiana
Lo conoscevo da moltissimi anni, poiché
era stato il migliore amico dì mio fratello, al tempo in cui erano in collegio
in America. Quando ero un ragazzo, Bencolin era solito venirci a trovare ogni
anno; mi regalava una quantità di giocattoli e mi raccontava le storie più
deliziose e terrificanti. Ma
nella versione originale il testo è I
have known him all my life, for he was my father's best friend when the two
were at college in America. When I was very young he used to visit us every
year, bringing, me toys from the boulevards and telling me the most delightful
hair-raising stories. Come si vede nella versione
originale Jeff è il figlio dell’amico di Bencolin e non il fratello. E del
resto si comprende come Jeff al tempo fosse un bambino, a cui regalare dei
giocattoli e raccontare storie terrificanti, in quanto figlio di amici. E’
difficile che tu vada a trovare un amico e compri i regali per suo fratello. In
sostanza la traduttrice ha confuso father per brother. Uno dei tanti errori. Mi
ricorda quando una volta trovai in un racconto tradotto da altra traduttrice bride tradotto come bridge (ponte preso per sposa).
Inoltre la mappa all’inizio del romanzo è stata ruotata
di 90° a sinistra. Nella Mappa originale Rue de Tokyo è sul fianco sinistro,
mentre in quella italiana compare in alto. Ma soprattutto anche in questa si
nota una dimenticanza fondamentale: la stanza in cui viene compiuto il delitto,
per come viene descritta dovrebbe avere tre porte, cosa che in effetti esiste
in quella originale. Ma in quella italiana le porte diventano due, solo quelle
che si raffrontano, mentre nella parete a destra scompare la dicitura “porta”.
Nessun commento:
Posta un commento