Sapete come la penso: se non si fossero persi fiumi
di denaro e non si fossero sprecate occasioni vanamente, oggi i lettori di
mystery in Italia sarebbero prima di tutto molto più numerosi, secondo non si
sarebbero allontanati da Mondadori via via negli anni, e ultimo - e non meno importante –sarebbero in
possesso di molte più opere importanti (invece delle tante banali prodotte),
che invero oramai è meglio reperire in originale, giacchè i tempi non sono più
maturi, mi sembra, per coltivare speranze.
Mi riferisco in particolare alle opere che Clayton
Rawson firmò con lo pseudonimo di Stuart Towne: le due raccolte di racconti Death Out of Thin Air e Death
from Nowhere, che hanno rivestito per i molti aficionados del delitto impossibile, un alone quasi
leggendario dal tempo della loro pubblicazione, e che sono state ripubblicate in ebook da mysteriouspress qualche anno fa ( http://mysteriouspress.com ). Tuttavia tanti anni fa mi fu rivelato – molto prima
della gestione Altieri – che ci fu la possibilità che gran parte dei racconti
di Rawson venissero pubblicati, ma ahimè uno dei consulenti allora esistenti
stroncò le opere e da allora non si è più pensato ad esse; anche perché
esisteva un meccanismo – mi dissero – per cui, una volta ricevuto un giudizio
negativo, per cambiarlo e riprendere in mano l’opera, sarebbe dovuto passare
del tempo. Ora che questo sia vero o non, non è importante; quello che invece
mi sembra doveroso sottolineare è che un modo di procedere siffatto mi sembra
alquanto singolare: uno legge un’opera e sulla base di quello che argomenta
l’opera viene accettata o meno. A parte che si accetta un giudizio come se esso
fosse verità colata dalla bocca di un dio, è anche inconsueto che un giudizio
puramente soggettivo si trasformi istantaneamente in oggettivo, e non invece
sottoposto ad un contraddittorio. Altri avrebbero potuto avere una opinione
diversa da chi l’aveva bollata come non presentabile in una pubblicazione: come possiamo infatti essere perfettamente
sicuri che quel giudizio così stroncatorio non fosse viziato da una qualche
riserva di gusto? Fatto sta che piangere sul latte versato è inutile, e allora
sarebbe meglio almeno procurarsi quelli di Rawson, tra i racconti con Merlini,
che siano stati pubblicati da Mondadori. In passato ho introdotto “From Another World”, oggi invece parlo
di “Nothing Is Impossible”, tradotto
e pubblicato in Italia come Merlini e gli
extraterrestri.
Albert North è stato un pioniere dell’industria
aeronautica ma gli anni sono passati, si è scocciato di occuparsi di commesse
per l’aviazione e si vuole ritirare a vita privata: così si è riservata la
carica di Presidente del Consiglio di Amministrazione, lasciando al genero
Charles Kane la direzione della baracca.
Una volta ritiratosi cerca di passare il tempo, e
così prima costruisce modellini di aerei, poi comincia ad occuparsi di UFO. E
lo fa alla grande, impiegando energie non solo fisiche ma anche economiche.
Cosa che non è digerita dal genero, che osteggia queste pratiche che tolgono
risorse anche importanti alla loro impresa.
Ross Harte, giornalista amico di Merlini, lo va a
trovare presso il suo negozio per avere un parere, proprio in merito alla
materia dei dischi volanti e del perché pare egli venga pedinato. E’ stato
inviato dal giornale proprio ad intervistare Albert North, e chiede a Merlini
di accompagnarlo, in quanto è l’esperto di cose impossibili. A casa North fanno
conoscenza dapprima con Kane, poi con lo stesso North (che sul più bello è
disturbato proprio da Kane con cui poco prima ha avuto un battibecco, per via
della firma di certe commesse governative), poi infine con Anne, la segretaria
maggiorata dello stesso North, che si dimostra però molto più intelligente ed
informata delle attività del suo principale di quanto ci si potesse attendere
prima, dopo averla vista muovere le gambe. Li informa su certe richerche
fanta-archeologiche che North sta svolgendo con un certo Professor Price, un
sedicente archeologo dell’Università della California, che avrebbe
testimonianze certe di un atterraggio alieno nel deserto e di certi geroglifici
di provenienza extraterrestre impressi a fuoco sulla roccia.
Mentre li sta edocendo su tali e altre attività, i
tre sentono un colpo di pistola provenire dallo studio. Provano a entrare ma la
porta è bloccata dall’interno, e deve merlini sbloccare la serratura facendo
ricorso ad una serie di grimaldelli. Quando la schiudono si trovano dinanzi uno
spettacolo tremendo: North è prono sulla scrivania, seduto e morto, mentre il
genero è disteso per terra, con gli abiti meticolosamente ripiegati dopo essere
stati abbottonati e infilati gli uni negli altri: la maglia intima nella
camicia e questa nella giacca, le mutande nei pantaloni, le calze nelle scarpe.
E Kane? Steso per terra completamente nudo, svenuto: su un mobile, per di più,
nella polvere, vengono rinvenute delle impronte di piedi a tre dita, e sul muro
a circa sessanta centimetri da terra, strani geroglifici verdi. A complicare la
faccenda, il fatto che North sia morto ma che non si riesce a capire per cosa:
c’è del sangue, ma il foro di uscita del proiettile sparato non si trova, e
tantomeno si trova l’arma.
Ci vuole l’esame del medico legale arrivato con
l’Ispettore Gavigan richiesto da Merlini, per riscontrare come North sia stato
ucciso con un proiettile di una Colt & Wesson cal. 38, che è penetrata nella
testa tramite l’orecchio: una volta estratto, si rivela un normalissimo
proiettile. Tuttavia, la pistola non si trova. E non si trova neanche il
bossolo, pur dopo una minuziosissima perquisizione: sembra volatilizzato, come
la pistola.
Kane è perquisito e costretto a porgere la vestaglia
che gli ha dato la segretaria per coprire la sua nudità, ma non c’è nulla ed è
costretto anche ad una ispezione tendente ad esclude che abbia potuto ingoiare
il bossolo.
E’ chiaro che al di là che siano stati gli alieni, i
poliziotti ritengono che sia stato Kane ad uccidere il suocero, perché la
stanza oltre ad avere la porta chiusa dall’interno non ha altre uscite e il
laboratorio interno che comunica con la stanza tramite una porta, a sua volta
non ha aperture: quindi, sempre che non siano stati i nanetti verdi a tre dita
che abbiano attraversato i muri, è chiaro che sia stato Kane. Sempre che non
sia stato Prince, che poco dopo che il corpo è stato trovato è sorpreso mentre
cercava di abbandonare lo studio: peraltro si viene a sapere che è una vecchia
conoscenza della polizia, in quanto truffatore: ogni volta che si presenta
l’occasione di fare soldi, diventa all’occorrenza pittore, artista, archeologo.
Quindi è un ciarlatano. Chi sarà l’assassino?
Merlini dimostrerà come sia stato possibile ottenere
quellel impronte a tre dita, e come sia stato possibile sparare a North non avendo
a disposizione una pistola: un altro gioco di prestigio firmato Clayton Rawson.
Qui si esplora non tanto la possibilità che
l’assassino si sia volatilizzato da una
camera chiusa dall’interno che non ha altre aperture oltre la finestra e un
minuscolo laboratorio di elettromeccanica, cieco senza finestre, ma che si sia
volatilizzata l’arma e anche il bossolo del proiettile: innumerevoli gli esempi
nella letteratura poliziesca, che del resto ho fatto recentemente, allorchè ho
parlato del racconto di Daly King.
Certo, se per un attimo si pensa, ma solo per un
attimo, che responsabili siano i marziani, perché non si vede il foro di
entrata del proiettile, e North è indubbiamente morto, dal momento in cui viene
riscontrato il foro di apertura e viene estratto il proiettile, presumibilmente
sparato dal una cal.38, è chiaro che la pista aliena comincia a traballare e
perché traballi del tutto è necessario che si spieghi l’arcano delle orme a tre
dita. Una volta risolto anche questo quid (vengono prodotte usando il dorso
della mano, in una posizione particolare e con l’aggiunta dell’impronta di due
dita), e scomparsa del tutto la pista degli omini verdi, tutto il resto può
essere visto sotto altra luce: i geroglifici sono stati fatti da mano umana, lo
stesso ritrovamento di Price è una bufala, e il ritrovamento degli abiti tutti
stranamente chiusi e abbottonati e infilati gli uni negli altri atto a far
supporre che una presenza aliena avesse smaterializzato gli abiti indosso a
Kane materializzandoli altrove chissà per quale motivo, è anch’esso il
tentativo di aggiungere ulteriore casino a quello già esistente.
La caccia all’assassino è presto conclusa.
Del resto, come abbiamo già detto precedentemente,
questo non è un racconto basato su sparizione impossibile dell’assassino, ma
dell’arma usata. Perché uno sparo si è sentito, anzi…due, quando Merlini viene
sorpreso a sperimentare come riprodurre uno sparo e come uccidere una persona
utilizzando non una pistola ma un marchingegno, creato assemblando due elementi
e agendo dall’esterno con un terzo: sembrerebbe un po’ la pistola – che Francisco
Paco Scaramanga usa in The Man with the
Golden Gun, film della serie 007 interpretata da Roger Moore – formata da
una penna, un accendino, un portasigarette ed un gemello da polso, tutti d’oro
placcato. Qui invece si deve pensare ad
un gioco di prestigio, realizzato utilizzando degli elementi semplici
presenti in un laboratorio elettro-meccanico. Non dico di più, perché questo
è puro divertimento dell’illusionista.
Del resto, lo abbiamo detto altre volte, Rawson non è interessato a creare
un’atmosfera reale che si attacchi quasi addosso, come se fosse una nebbia
(come avviene in Carr), ma al gioco di prestigio in sè per sé, a stupire. Per
certi versi è molto vicino al romanzo ad enigma francese, che si basa su
medesimi presupposti: una volta che hai scoperto l’inghippo, trovare
l’assassino è elementare, perché non ci sono tutte le difficoltà tipiche della
scuola anglosassone (alibi inattaccabili, tempi dell’assassinio, moventi
inesistenti, ritorno dell’erede, etc..); solo che l’inghippo è di virtuosismo
tale che non è facile da sbrogliare.
La sparizione del bossolo, che è necessaria perché
nessuna prova sia possibile portare in giudizio che provi in maniera
assolutamente definitiva che il calibro usato fosse proprio il N.38, a sua
volta si basa su un gioco di prestigio tipico degli illusionisti, per esempio
la moneta che aveva IN MANO IL PRESTIDIGIATORE VIENE TROVATA ADDOSSO AD UNO
SPETTATORE: L’ARTIFICIO è LO STESSO. L’omicida, sapendo che tutti verranno
perquisiti e tutto verrà perquisito, soprattutto di se stessi, cerca il
nascondiglio in ciò che non verrà perquisito perchè… In sostanza il trucco è quello
stesso che si vede attuato nel film Fracture:
un uomo viene assassinato e la pistola, viene scambiata con quella di un
poliziotto, cosicchè la pistola che ha sparato, identica a quella del
poliziotto, viene portata via addosso a sé dall’agente, mentre quella dell’agente,
lasciata sul luogo del delitto, è incompatibile col bossolo trovato sulla scena
del delitto. Nel nostro caso, tuttavia, il bossolo viene nascosto addosso non
ai poliziotti (sarebbe troppo semplice!), ma a… Tuttavia come è possibile sparare
un proiettile utilizzando un semplice tubo di ottone, che non abbia le rigature
interne di una pistola e che non abbia
un percussore che faccia esplodere la mini-carica di un bossolo? Semplice la
domanda, ma ..la risposta? Soprattutto poi quando il proiettile estratto le
rigature che allora non dovrebbe avere, le ha invece?
Una piccola curiosità: non so perché ma noto l’uso
ancora di una agenda telefonica in entrambi i racconti che ho presentato in
questo blog. Nel primo, l’agenda veniva strappata per similare il suono di una
striscia di carta che nello stesso istante venga strappata, mentre qui è usata
per stordire la vittima, prima di ucciderla sparandole con un marchingegno
degno della fantasia di John Rhode.
Pietro De Palma
Pietro De Palma
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