“Nella cella di destra, un uomo piangeva ancora. Era ormai il tramonto, e lui piangeva da mezzogiorno. Piangeva adagio, con brevi singhiozzi insistenti e strazianti, senza speranza e senza convinzione, come un bambino atterrito nella notte.
Nella penombra della sua cella, nella casa della morte,
Robert Westland lo ascoltava. Senza questi singhiozzi, il crepuscolo sarebbe
stato pieno di dolcezza. Le tenebre si andavano facendo rapidamente più fitte,
come se qualcuno ricoprisse di veli di mussola una lanterna magica; la penombra
aveva già cancellato le sbarre della cella, aveva già spento il riflesso di
porcellana sudicia dello sciacquone scoperto. Dopo un poco, l’uomo della cella
vicina smise di piangere e annusò l’aria, attentamente e rumorosamente, come un
cane raffreddato. Ci fu un momento di fragile silenzio, poi egli mormorò:” Non
voglio morire! Gesù, non voglio morire!”(op.cit.
pag. 5)
Così comincia, il memorabile romanzo di Jonathan Latimer, Headed for a Hearse.
Pubblicato nel 1935, il romanzo, seguito
nello stesso anno da un’altra opera storica dello stesso autore, Murder in the Madhouse ( 1935 ), è un
ottimo esempio di quella che viene definita “la Commedia Nera”, invenzione
stilistica di Latimer, con cui fuse l’Hard-boiled della scuola dei duri, col
Mystery, e con una vena talora estremamente dissacrante. Non si può infatti
dimenticare la terza opera veramente memorabile di Latimer, ossia The Lady in The Morgue, in cui
l’Hardboiled americano viene ridotto ad una parodia, molto nera e talora anche
grottesca.
E’ da dire comunque che Latimer, nato nel
1906 a Chicago, da giovane si fece le ossa come reporter di cronaca nera, e
negli anni del proibizionismo e dei gangster, Latimer, che aveva conosciuto
personalmente Al Capone e Bugs Moran, si fece ben presto conoscere per la sua
facilità di scrivere, per la capacità innata di narrare. Successivamente affinò
questa sua peculiare caratteristica scrivendo i discorsi per il Segretario si
Stato Harold Ickes.
Nel 1935, inaugurò la carriera di scrittore,
con il romanzo Headed for a Hearse (Destinazione sedia elettrica) accolto in
modi entusiastico. A questo primo romanzo, seguirono altri romanzi fino allo
scoppio della II Guerra Mondiale in cui lui, arruolatosi, combattè in marina.
Latimer, parallelamente alla carriera di
scrittore, come era in uso in quegli anni, affiancò anche quella di
sceneggiatore per il cinema, diventando uno dei più quotati. La sua ultima
sceneggiatura fu quella del 1972 per l’episodio “Il terzo proiettile” (“The
Greenhouse Jungle“) della serie “Colombo” con Peter Falk.
Morirà nel 1983, dieci anni dopo la decisione
di cessare l’attività narrativa, per un tumore.
Da ricordare è anche il fatto che all’inizio
degli anni ’40, diventò vicino di casa, in California, del suo migliore amico,
Raymond Chandler.
Robert Westland è condannato a morte per un
delitto che non ha commesso. Dopop aver ricevuto una lettera in cui un tale
M.G. gli scrive che lui sì che potrebbe evitargli la sedia elettrica essendo
stato testimone di quello che è accaduto la notte che è morta la moglie di
Westland, cerca di corrompere il direttore del carcere, promettendogli
diecimila dollari se farà in modo che lui possa salvarsi. Joan è stata trovata
nella sua camera d’albergo, con la porta chiusa a chiave, uccisa da un colpo di
pistola alla nuca. Il bello è che il proiettile rimanda ad una Webley, una
pistola inglese che Robert possiede da quando ha militato nell’esercito
inglese. Solo che questa pistola non si trova. La serratura della porta aveva
due sole chiavi che l’aprissero: era un serratura speciale: una chiave si
trovava nella camera d’albergo, la seconda era in possesso di Robert. Per cui
la polizia ha pensato che…
Ma nel caso Robert non fosse stato, ci
troveremmo dinanzi ad una Camera Chiusa. E’ in effetti tale. Bisogna spiegare
come ha fatto l’assassino a commettere il delitto e poi ad inscenare che ad
uccidere sia stato un altro, cioè come ha fatto a chiudere la porta se le
chiavi erano solo due.
Il bello è che Robert ha ammesso davanti alla
corte che fino ad una certa ora della notte è stato in camera con la moglie,
che due coniugi hanno sentito di notte uno sparo, che nessuno avrebbe motivo di
sbarazzarsi di lui, neanche i suoi soci Richard Bolston e Ronald Woodbury; in
sostanza scagiona dal complotto a suo danno sia la fidanzata cui andrebbero i
due terzi del suo patrimono sia il cugino Lawrence, che riceverebbe il restante
terzo: eppure il suo patrimonio ammonta a trecentoquarantamila dollari; inoltre
si può pensare che lui invece avrebbe avuto motivo per eliminare la moglie,
visto che ha un’altra relazione sentimentale: il fatto è che il loro divorzio
era ormai fissato, anche se la sera dell’omicidio, qualcuno che parlava come se
fosse stata Lou, cioè la sua fidanzata, lo aveva spinto ad andare dalla moglie
dalla quale vi era stata una lite terribile tra i due coniugi separati. Insomma
tutto gioca contro Robert, ma c’è un punto: è stato condannato a morte sulla
base di una presunzione, che la pistola che ha ucciso Joan fosse proprio la
sua, ma intanto non si trova. Per di più prima che si recasse dalla moglie,
Westland aveva ricevuto una telefonata da una donna che gli è sembrato facesse
il suo meglio per copiare la voce di Lou senza riuscirci.
Il direttore gli procura un avvocato, Finklensten,
che si mostra convinto dalla deposizione di Robert: gli procurerà il miglior
poliziotto privato d’America, William Crane, perché trovi le prove che lo
possano scagionare. Le dovrà trovare solo in quattro giorni, perché quattro
giorni mancano alla esecuzione sulla sedia elettrica per Robert Westland.
Il misterioso testimone che si firma M.G. è
identificato come Mamie Grant, un amico durante il proibizionismo di Al Capone:
ha un locale, ed è là che Crane e Lou lo trovano, solo che qualcuno, davanti a
loro, lo fa fuori. Devono quindi cominciare tutto daccapo.
Martedì fanno visita all’appartamento teatro
della tragedia, ma lo trovano occupato: l’amministratore dando oramai per
spacciato Westland anche se l’appartamento è ancora a lui affittato e quindi contiene
le sue cose, l’ha dato ad abitare alla sua amichetta, un’attrice di varietà,
Miss Hogan, che si dà a chi ha abbastanza “grana” per mantenerla. Ma anche
nell’appartamento, per quanto girino ed esaminino, non trovano nulla. E anche
martedì è passato. Anche se di sera, Crane va a trovare un suo amico, il
Tenente Strom della Polizia di Chicago, al quale chiede di vedere se qualcun
altro, in quell’affare, risulta tra i presenti e comunque gli interessati a che
Westland fosse condannato a morte, risulti qualcuno che abbia una fedina penale
macchiata.
Intanto i giorni passano (la vicenda si
svolge nell’arco di quattro giorni, è bene rammentarlo ancora!) e accadono
molte cose: innanzitutto qualcuno da una macchina in corsa spara una raffica di
mitra all’indirizzo di Crane e Doc Williams, il suo socio, mancandoli per poco.
Poi qualcuno simula un incidente stradale ed elimina Amos Sprague, capo-ufficio
dell’agenzia di borsa di Westland. Perché è stato ucciso? Simmons, il
maggiordomo di Westland, messo alle strette, rivelerà che prima di morire pare
che dovesse avere una trattazione d’affari con Woodbury, uno dei soci di
Westland. Crane si convince che c’è qualcosa di poco pulito nella gestione
dell’agenzia, quando, analizzando a fondo certi titoli posseduti dalla moglie
di Westland e rinvenuti in cassaforte, ci si rende conto che sono o fasulli o
addirittura rubati nel corso di rapine a furgoni postali.
I giorni passano, gli indizi aumentano, ma
non c’è nulla di concreto a favore di Westland. Intanto però miss Hogan ha
lasciato l’amministratore e “la dà” all’avvocato Finklensten: la bella
fanciulla a Crane piace da pazzi, e una sera che hanno fatto una rimpatriata a
casa dell’avvocato, Crane si ubriaca e si ritrova la mattina dopo nel letto
della bella Hogan, con un suo pigiama. Insomma per dirla breve lui ci prova ma
si ritrova con in labbro morso dalla caliente Myrna che però gli lascia
intendere che se lui avesse “la grana” lei abbandonerebbe in men che non si
dica l’avvocato e andrebbe con lui e lo farebbe anche con piacere, perché Crane
gli piace.
Tutto ciò non c’entra nulla con la trama però
la rende più frizzante e stempera parecchio l’opprimente cappa che grava sulla
storia. Fatto sta che però Crane ha un motivo in più per salvare Westland: sa
che almeno tutti i soldi che avrà se riesce a dimostrare che quello è
innocente, li potrà spendere con la bella Myrna.
I tasselli del puzzle cominciano ad andare al
loro posto quando Westland gli rivela che nel sottofondo della telefonata la
falsa Lou, lui aveva sentito come un rumore di acqua che scoscia, come le
cascate del Niagara. Stabilito che la telefonata era partita effettivamente
dalla casa di Lou, vi si recano tanto per scoprire che il filo della linea
telefonica è stato tagliato e da lì è stata creata una derivazione non
controllata. Seguono il percorso del filo telefonico sotto lo sguardo attonito
della madre di Lou che continua a ripetere come nessuno mai che fosse esterno
era mai entrato da loro eccetto degli operai della linea telefonica chiamati
per correggere delle seccature. Ecco questo è un altro problema: perchè la
madre aveva chiamato un operaio, ma invece ne sono arrivati due. Il secondo
cosa è andato a fare e per di più il giorno della morte della signora? E’ stato
lui ad imitare la voce di Lou? E perchè si sentiva il rumore di una cascata nel
sottofondo?
Crane intravede la soluzione e capisce anche
dove può essere andata a finire la pistola di Westland che nessuno trova, o
almeno lo pensa. Ingaggia un automobilista e gli fa fare tutte le possibili strade
che possano essere fatte per arrivare allo studio di Westland passando vicino
al fiume; poi individuata la via meno trafficata e l’unica in cui non vi sia il
controllo di poliziotti, sotto lo sguardo attonito di Williams che pensa che il
collego sia impazzito del tutto, compra dal taxista una chiave inglese e la fa
lanciare dalla macchina in movimento nel fiume, si segna il punto dove ha
lanciato la chiave inglese, poi affitta un battello ed un palombaro solo per
recuperare la chiave inglese e qualsiasi altra cosa che sia rinvenibile, delle
dimensioni di una chiave inglese, nella melma. Così viene recuperata una
pistola, una Webley inglese con tanto di targhetta intesta a Robert Westland,
con un grado di ruggine compatibile con la permanenza in acqua da almeno sei
mesi (tanto è il tempo passato dalla morte della moglie di Robert), ma ancora
in grado di sparare. Tuttavia, senza che si possano comparare i proiettili
sparati da quella pistola con quello che ha ucciso la vittima, non si potrà
confermare che quella pistola abbia sparato. Ma Crane ha un’altra pista da
seguire: si fa dire quali società che vendano armi possano avere venduto a
qualcuno una Webley, che non è un’arma comune in America; e così riesce a d
arrivare ad una società che dice di aver venduto ad un certo Brown una partita
di armi europee diverse tra cui una Webley. Sia il direttore della società che
l’impiegato che si è occupato materialmente di far provare le pistole ed in
particolare la Webley al misterioso compratore, lo associano ad una delle
quattro foto propostegli da Crane. Inoltre, saputo che i proiettili sparati
dalle pistole, ed in particolare da quella Webley, non sono stati recuperati e
giacciono nella sabbia dietro ai bersagli, Crane inaugura una specie di caccia
al tesoro: dichiara di pagare cento dollari per ogni proiettile sparato da
quella pistola che l’impiegato riesca trovare nella sabbia.
Riuscirà così a dare un volto al misterioso
assassino, a spiegare come abbia fatto ad uscire da una stanza chiusa, a
spiegare il perchè e chi abbia fatto la misteriosa telefonata, a illustrare il
movente dell’omicidio, e se l’assassino abbia agito da solo o con una
complicità e di chi, e infine a spiegare anche il mistero dei titoli rubati o
fasulli. E potrà anche andarsene in vacanza a godersi i soldi guadagnati con la
bella Myrna, sapendo che potrà vederla finalmente al naturale e non solo
intravvedendone le forme senza reggiseno al di sotto di un pigiama di seta,
così come aveva fatto la mattina seguente alla sbornia.
Il capitolo finale è un ritorno nel braccio
della morte, da cui Robert è stato separato per le due ore finali della sua
vita, nel corso delle quali Crane davanti alle autorità ha risolto il mistero:
questa volta è però una recita, una mesta recita che deve impersonare ad uso
dei suoi compagni, condannati come lui a morte, e che non devono sapere che lui
si è salvato: sia Connors, un gangster che ha eliminato i Canzonieri, sia
l’ebreo Varecha, affronteranno il loro destino finale, cambiando il loro
atteggiamento: il primo insofferente alla religione, si inginocchierà; il
secondo, debole tanto da aver tentato di suicidarsi per scampare alla sedia,
troverà la forza per andare al patibolo.
Straordinaria opera prima, realizza già in
questa sua prima tornata quello che sarà il leit-motiv di tutta la produzione
di Latimer: evolvere la struttura narrativa dell’ Hardboiled americano,
svincolandolo dalla ripetitività delle situazioni oramai diventate tipiche del
genere (la femmina fatale, bella e sfuggente, i mascalzoni, assassini spietati
meglio se gangsters, sbornie colossali e fumate continue, atmosfere grigie, e
tutto un sottofondo che non è mai a colori come nel romanzo Mystery ma in
bianco e nero, come nella tradizione del Noir, scazzottate, omicidi a
ripetizione, violenza e nessun enigma classico: insomma tanta ma tanta azione,
romanzi che si leggono in un niente perchè sorretti da un ritmo notevole, ma in
cui l’elemento deduttivo manca se non del tutto, quasi), e quindi donando una
freschezza che oramai tutte le opere del genere hard boiled non avevano più. In
sostanza è come se preparasse un cocktail, che tanto piacciono agli autori
polizieschi americani del tempo (mystery e hardboiled) tutti gran bevitori:
invece di quello a base di gin con il quale Crane si sbronza a casa della bella
Myrna, ottenuto mischiando gin, seltz e limone, Latimer ne fa uno narrativo,
mischiando una bella dose di azione tipica dell’hard boiled con un’altra bella
dose di enigma deduttivo e completando il tutto con battute dissacranti,
umoristiche e con una storia d’amore e sesso che non guasta perchè stempera
l’atmosfera plumbea del condannato che vede approssimarsi l’attimo in cui gli
metteranno gli elettrodi e gli daranno la scarica. Il tutto a formare la
Commedia Nera americana che i critici riconosceranno esser stato lui il primo
ad inaugurare ( e che poi ha avuto altri esponenti direi soprattutto in
Pronzini e Westlake).
Innumerevoli i motivi di interesse di questo
romanzo.
Innanzitutto, c’è una componente hard boiled
molto accentuata: la sparatoria con cui viene eliminato Mamie Grant, il tentato
omicidio di Crane e del suo amico Doc Williams (il killer che abbassa il
finestrino e spara una sventagliata di mitra) per strada, i metodi molto
convincenti usati dai due scagnozzi rimediati da Crane e messi a disposizione
tramite Westland dal suo compagno di cella vicina, Connors, uno che si era
opposto ad Al Capone: questi due torchiano un tale che sarebbe dovuto essere
uno di quelli che hanno sparato dall’auto in corsa, e lo fanno con uno spremi
limoni con cui gli spremono una mano, dopo averlo gonfiato di botte.
Poi c’è una storia d’amore disperata tra
Westland e Lou Martin, ed una invece che Crane vorrebbe che nascesse (“tra un
grande poliziotto privato ed una grande peripatetica”, come dice lui in un
inciso).
Infine c’è l’enigma più tipico del whodunnit,
anni ’30, la Camera Chiusa. Infatti l’unico che avesse le altre chiavi della
porta d’ingresso era lui, e le chiavi della moglie son state trovate dentro la
casa. Come si vede, si tratta, a ben vedere di una Camera Chiusa, un po’
inusuale: si è tentati a pensare che non lo sia, perché l’accusa ha dimostrato
che non poteva essere altri che proprio Westland ad aprire la porta e a
rinchiuderla con le proprie chiavi, e anche se la pistola non viene trovata,
tuttavia il calibro è quello di una Webley automatica, di proprietà dell’agente
di borsa. Ma alla fine si dimostrerà che in un certo senso era proprio una
Camera Chiusa.
Ohibò! Latimer che usa una Camera Chiusa nel
suo primo romanzo? Ecco un’altro dei motivi per cui quest’opera si distingue:
il coraggio di proporre qualcosa di nuovo, di inaugurare un genere ibrido, non
temendo di ricorrere al tanto vituperato “Mistero deduttivo classico”. Di
coraggio ne aveva Latimer, non c’è che dire! Sembra la stessa scelta che
avrebbe fatto qualche anno dopo (diciotto per l’esattezza) Howard Browne nel
suo Thin Air, 1953 (Controfigura di un rapimento) un altro Hard Boiled che
comincia con una Camera Chiusa!
Rompere col genere Hard-Boiled, proponendone
un imbastardimento, una variazione fantasiosa, e soprattutto alleggerendone la
pesantezza, con i battibecchi gustosissimi tra Doc e William, e la
dichiarazione d’amore tra il poliziotto uscito da una sbronza e la bellissima
peripatetica. Una specie di ripetizione di questo simpatico connubio tra il
poliziotto sensibile al fascino femminile (le gambe e i seni) e la bella
mantenuta sensibile ai soldi, ma anche al modo un po’ rude di Crane, diciamo
“ruspante”, si avrà in un romanzo di Colin Dexter, Il Mistero della Stanza N.3
, in cui il romantico Ispettore Morse solo per un istante penserà di passare
una notte di passione tra le braccia (e le gambe) di una bellissima prostituta
d’alto bordo.
E ancora c’è un metodo deduttivo di
prim’ordine, utilizzato per individuare la pistola di Westland, data per
scomparsa; ed una volta saputo che il proiettile che aveva ucciso la moglie di
Westland non è uscito dall’arma ritrovata, e che la pistola che invece è stata
usata dall’assassino per commetere l’omicidio non si trova, Crane riesce con un
modo empirico, comunque, ad attribuire al compratore misterioso, l’attribuzione
dell’omicidio. E poi a rivelare altre cose, sempre con l’uso della ragione.
Al di là di questo, il romanzo dovette essere
molto popolare se Rufus King molto probabilmente pensò di copiarne il
ritrovamento della pistola, almeno questo penso. Riporto un passo emblematico,
citato nel mio breve saggio pubblicato sul Blog Mondadori, tempo fa, a riguardo
di Rufus King, in cui mettevo a confronto la scena di Latimer “Il palombaro si chiamava Peter Finnegan.
Indossava lo scafandro con le scarpe di piombo. Guardò Crane con i suoi òcchi
di un azzurro slavato e disse: — Volete che mi immerga per recuperare la chiave
inglese?. Crane disse: — Voglio che riportiate alla superficie tutti quegli
oggetti d’acciaio che riuscirete a ritrovare. Chiavi inglesi o qualsiasi altra
cosa…” (Jonathan Latimer,
op. cit., pagg. 148-149)” con quella in Holiday
Homicide (Omicidio a Capodanno) di Rufus King:
….“Ormai anche il giovanotto del comando di polizia aveva
affrontato il vento ed era salito a bordo. Ci raggiunse: — Brutta giornata,
signor Moon — osservò.
— Sì, vero?
— Sono Duffy, della squadra omicidi.
— Come sta, signor Duffy? Conosce il mio segretario, Bert
Stanley?
— No.
— Il signor Duffy, il signor Stanley.
Il signor Duffy e il signor Stanley si strinsero i
guanti. ..Si sarebbe quasi potuto ritrovare il capitolo sul “Modo di avvicinarsi
alle persone” nel manuale, da cui era venuto fuori questo genere di chiacchiere
(“ammansite-la-vostra-vittima-prima-di-assalirla”).
Bene, poiché presumibilmente Moon era stato pienamente ammansilo,
quel giovane di belle speranze iniziò l’attacco. Fece un cenno vago verso il
rimorchiatore e disse:
— Si direbbe che ci sia un palombaro.
— Già.
— Fa fare un’immersione, signor Moon?
— Pensavo di farlo.
— Qui?
— Qui.
— E perché?
— Qui lo voglio, signor Duffy. Non lo so.
— Possibile?
— Voglio dire che non lo so, nel senso che quell’uomo
s’immergerà semplicemente per un tentativo di scoprire qualche indizio..
— E quale, per esempio?
Moon fu abilissimo nel prendere un’aria leggermente
tediata e imbarazzata. Gli avrei dato il mio voto per un primo premio quale
attore.
— Signor Duffy, non ho nessuna ragione per non essere perfettamente
franco con lei — disse (Dio aiuti il signor Duffy, pensai io). — Non
risparmiamo nessuna spesa né alcuno sforzo per cercare di mettere sicuramente
in luce l’innocenza del nostro cliente.
— E con questo?
— Una delle prove testimoniali che, secondo me,
scagionerà completamente Bruce è la pistola del delitto. Si ritroverà il
possessore della pistola, e il vero colpevole sarà arrestato. Finora la
polizia non è stata in grado di ritrovare l’arma. Ho preso un palombaro per
scandagliare il letto del fiume nelle vicinanze del luogo del delitto. ”(Rufus King, Holiday Homicide, “Omicidio a Capodanno”, I
Classici del Giallo Mondadori N° 754, pagg. 68-69).
L’osso è una pistola che possiede Cotton
Moon, un ferrovecchio, che tiene un attimo in acqua fuori dal bordo
dell’imbarcazione, perché appaia gocciolante, che viene consegnata
“zelantemente” al gabbato poliziotto:
“Ce la svignammo in un modo meraviglioso. Harry
Lochbittern ci staccò senza rumore dal rimorchiatore, i due motori presero a
vibrare, e con la stessa gentilezza di un fiocco di neve allargammo lo
specchio d’acqua che ci divideva dalle due imbarcazioni della polizia.
..S’accorsero che ce ne eravamo andati quando la neve che cadeva aveva ormai
reso confusa la nostra immagine, e in quel momento già facevamo le nostre
sessanta miglia, e nessuno avrebbe potuto raggiungerci. Moon non aveva bisogno
di dirmi nulla, quanto alla pistola. Era un ferrovecchio che gli era stato
regalato da un ammiratore di Melbourne. Avevo visto benissimo quando Moon se
l’era sfilata dalla tasca del soprabito e l’aveva tenuta in acqua fuori del
motoscafo, in modo che apparisse tutta bagnata quando avesse finto di staccarla
dal gancio.
Svitai il coperchio del thermos e offrii da bere a tutti
quanti. Walter si era comportato bene. Il rum era bollente, aromatizzato a
dovere e veramente buono.”(Rufus King, op.
cit., pag.73)”.
Nel mio saggio dicevo anche dell’altro:
impostavo l’ipotesi che a sua volta Latimer, avesse preso qualcosa da un altro
Rufus King. E ciò non deve meravigliare, in quanto il taglia e incolla era una
specialità di Latimer, che in parecchi dei suoi romanzi citò opere di altri
suoi colleghi, mutando però qualcosa do sostanziale e ottenendo delle opere
originali:
Fatto sta che parrebbe che Rufus King si fosse rifatto a
Rex Stout e come a lui anche a Latimer : faccio notare che come il titolo
originale americano di “Destinazione: Sedia Elettrica” sia dato sostanzialmente
da due parole che cominciano per H : Headed for a Hearse,
anche il romanzo di Rufus King presenta la stessa curiosa caratteristica: Holiday Homicide.
Solo un caso?
Parrebbe quindi che Rufus King avesse preso
da Latimer, se tuttavia non vi fosse dell’altro: infatti ben prima che fosse
uscito “Destinazione:Sedia Elettrica”(pubblicato come abbiamo detto nel 1935),
Rufus King aveva pubblicato il suo The Lesser-Antilles Case. Il romanzo,
noto in Italia col titolo “La prova in fondo al mare”, era stato pubblicato un
anno prima, nel 1934. Ecco un significativo brano, estratto dal Cap.XX
“Predizione sinistra”:
“Lo scafandro che la signorina Whitestone aveva procurato
per mezzo dei signori Worthington Worthington e Pice era un modello americano
dotato dei più recenti perfezionamenti. Consisteva in una pompa ad aria a tre
cilindri e un pistone, che conveniva a qualunque genere di immersione, di un
casco e di una corazza di rame (il casco era munito di vetri fissati in
cornici di metallo; quello dinanzi, a cerniera, si poteva rialzare; i vetri
laterali, contrariamente a certi tipi, non erano protetti da sbarre metalliche
trasversali). Cerano, poi, un paio di stivali con la suola di piombo, i pesi
per la schiena e per il petto e un tubo per l’aria, pieghevole e di una solidità
a tutta prova.
La signorina Whitestone non aveva badato a spese, non aveva
esitato ad aggiungere allo scafandro un apparecchio telefonico composto di un
cavo che serviva per i segnali del palombaro e gli permetteva di rimanere in
comunicazione costante con la superficie.
Così il tenente Valcour avrebbe potuto dirigere personalmente
le ricerche nel rottame in fondo al mare. Questo sistema offriva anche il vantaggio
di permettere al palombaro di comunicare a Valcour le sue scoperte man mano
che le faceva.
Tutto l’equipaggiamento era stato disposto con cura sul
secondo ponte, in una cabina chiusa a chiave.
Il palombaro, che era stato fornito anche lui dai signori
Worthington Worthington e Pice, era un uomo d’aspetto giovanile a nome Arthur
Stumpf, molto agguerrito contro gli incerti del mestiere, nonostante la sua
apparenza fragile. E tuttavia – benché né i signori Worthington Worthington e
Pice se ne fossero resi conto – costituiva il solo anello debole della catena,
che in tutti gli altri suoi punti era invece saldamente costruita.”(Rufus King, The
Lesser-Antilles Case, “La prova in fondo al mare”, I Capolavori del Giallo
Mondadori N° 51, pag.97).
In realtà il palombaro in questione, dopo una
immersione, vi rinuncia a causa delle sue precarie condizioni di salute; ed il
suo posto verrà preso, secondo una trappola abilmente tesa da Valcour, proprio
dall’assassino che si smaschererà, trovando immediatamente la cabina che
avrebbe dovuto cercare a bordo dell’Elsinore affondata, pur non potendolo
sapere in quanto apparentemente non si sarebbe mai immerso lì. Apparentemente
perché in un finale a sorpresa, è.. : si legga il libro e lo si conoscerà.
Veniamo così a sapere che Latimer può aver
usato un espediente che già R.King aveva usato l’anno prima. La tendenza a
riutilizzare i materiali, abbiamo detto prima, era una sua peculiarità: questa
tendenza verrà utilizzata da Latimer in tarda età: nel 1972 firmerà una
sceneggiatura originale per The Greenhouse Jungle, “Il Terzo proiettile”,
secondo episodio della seconda serie de Il Tenente Colombo: nipote e zio
fingono un falso rapimento, per svincolare un fondo fiduciario utilizzabile
solo in casi estremi, poi lo zio uccide il nipote e fa ricadere la colpa su
altra persona. Il colpevole, interpretato magnificamente da Ray Milland, sarà
smascherato quando Il Tenente Colombo scoprirà l’esistenza di un terzo
proiettile, e lo troverà utilizzando un metal detector. Questo strumento, che
era stato inventato nella sua versione avanzata nel 1930 da Gerhard Fisher, non
era altro che un apparecchio che emetteva onde radio: Fischer aveva notato che
le onde radio venivano distorte dalla presenza di materiali
metallici.Applicando l’intuizione, ad un congegno magnetico, egli realizzò il
primo Metal detector. Ora, a pag. 149 del CGM 726 già citato, si legge : “..Il
palombaro si piegò oltre la balaustra. Fra questo punto ed il fazzoletto là in
fondo. Non sarà una faccenda troppo difficile.La profondità non supera i dieci
metri e, per mia fortuna, ho un elettromagnete in grado di recuperare qualunque
pezzo di acciaio in un raggio piuttosto vasto..”. L’eletromagnete non è altro
che un metal detector: rileviamo quindi che nella sceneggiatura dell’episodio
di Colombo Latimer aveva preso una sua idea e l’aveva trasformata. Così secondo
noi può aver fatto rispetto al romanzo di King e aver preso l’idea del
palombaro. Ma Latimer non si sarebbe limitato solo a questo per noi; e la
fonte di ispirazione sarebbe stata sempre Rufus King.
Infatti, parecchi anni prima, King aveva
esordito nel panorama della letteratura gialla, e prima di Murder by the
Clock in cui avrebbe fatto entrare in scena il tenente Valcour, con dei
racconti in cui aveva introdotto il suo primo detective, Reginald de Puyster.
Ora in uno di questi, The Weapon That Didn’t Exist (1926), troviamo
un assai singolare inizio:
“In una cella, nel carcere delle Tombe a
Nuova York, una ragazza irlandese fissava l’alba attraverso le sbarre
dell’inferriata. Se nel pomeriggio l’avessero incolpata di tentato omicidio,
non avrebbe più visto un’altra alba. Era decisa: nella cavità tra il pollice e
l’indice teneva nascosta una compressa tolta dall’armadietto dei medicinali
della sua signora, prima che la polizia venisse ad arrestarla: Sul flacone che
aveva contenuto la compressa era il cartellino: Veleno” (Rufus King, Un’arma
eccezionale, numero 15 dei “Gialli di Ellery Queen”, Garzanti, marzo 1951[16]),
che è stranamente, assai stranamente, molto simile all’inizio di “Destinazione:
Sedia Elettrica”, e anticipandolo di ben nove anni. Sarebbe stato possibile che
Latimer avesse più tardi tratto ispirazione da questo racconto? Ci piace
pensare di sì. Del resto anche in questo caso abbiamo in pratica il realizzarsi
di un delitto impossibile: in un’automobile è stato compiuto un delitto. L’auto
è uno spazio chiuso, e quindi siamo ancora una volta in una Camera Chiusa, in
cui l’arma non si trova, come pure nel caso del romanzo di Latimer: lì una
pistola, qui un qualcosa che può aver avuto a che fare con una puntina da
microsolco, un pickup imbevuto di veleno: un bocchino da sigarette trasformato
genialmente in una minicerbottana”.
Ora a vedere bene, così come Colombo ritrova
con un metal detector la pallottola all’interno della serra, così anche Crane è
riuscito a ritrovare una pallottola all’interno del poligono di tiro; così come
grazie ad un metal detector un palombaro aveva ritrovato nel romanzo pubblicato
trentasette anni prima una pistola. E’ bello pensare che il vecchio Latimer
abbia ricordato il suo primo romanzo nella sua ultima sceneggiatura. Ma è
ancora più interessante sottolineare come il giornalista del Chicago Tribune
che aveva conosciuto personalmente Al Capone, a metà degli anni ’30 esprimesse
con altrettanto inusuale coraggio nel suo romanzo, una posizione così netta
contro la pena di morte. Non è solo, come ho detto prima, forse una citazione
da un racconto di Rufus King. No. Il riferimento alla scena nel Braccio della
Morte mi sembra assolutamente voluto. E’ sicuramente un attacco dal forte
sapore drammatico e cinematografico (e benissimo può essere visto che come
abbiamo detto, Latimer fu anche sceneggiatore cinematografico e televisivo), ma
i toni con cui riporta la vita di un condannato a morte, che non aspetta il
momento della sua liberazione ma che vorrebbe che questa non ci fosse mai
(anche se la morte in taluni casi può essere anch’essa una liberazione!), sono
emblematici. Si coglie un afflato che non è solo melodrammatico, ma invece
profondamente sentito. Del resto, se così non fosse, non si capirebbe perchè il
romanzo non finisca con una scena solare – per esempio la liberazione di
Westland, o con Crane sdraiato al sole con labilla Myrna – ma con una tetra, la
morte di Dave Connors e Isadore Varecha. Semmai c’è la volontà di dare della
morte, una visione eroica comunque, seppure nella inumanità di una morte già
annunciata, vissuta lentamente ad ogni minuto che passa, e nellostesso tempo
nella ineluttabilità del tempo che passa inesorabile e che non si vorrebbe
passasse mai. Non è tanto nella stoicità dell’attteggiamento di Connors che è
in prigione perchè cercando uccidere chi lo voleva fare fuori della banda di
Capone, ha ucciso involontariamente anche un poliziotto, che Latimer indugia,
quanto nella disperazione di Varecha, che cerca persino di uccidersi,
impiccandosi coi suoi pantaloni e che viene salvato solo perchè possa essere
ucciso di nuovo. Quasi che ad un condannato a morte non sia permesso di morire
da solo perchè è lo Stato che l’ha condannato a morte, che deve ucciderlo: non
sarebbe giusto (ma che giustizia è questa?).
La condanna di questo tipo di morte è in
quella lapidaria implorazione di Varecha: “Non voglio morire..non a quel modo”
(pag.14). Varecha nell’ultima pagina del romanzo, mentre lo stanno avviando
alla sedia elettrica rivolgendosi a Westland, dirà: “Non ho paura se tu vieni
dopo di me”.
Il coraggio è venuto dal trovarsi vicino a
Westland, mentre alla stoicità di Connors e al suo rifiuto del conforto religioso
si sostituiranno la mera rassegnazione e la richiesta di perdono per una via
migliore.
Westland, una volta libero, lascia la sua
fidanzata. Il perchè non lo dico. L’ultima battuta è una al vetriolo. A Crane
che gli dice simpaticamente: “Non
preoccupatevi troppo per miss Martin, amico mio. Per una che perdete, ne
ritroverete dieci!”, lui risponde: “E chi diavolo ne vuole dieci?” (pag.
175). Insomma è come se avesse detto sarcasticamente:
“Una cercavo, e m’è pure capitata put..!.”.
Grande, Latimer!
P. De Palma
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