Un altro romanzo di Peter Lovesey. Il primo ad essere stato
tradotto in Italia.
La vacanza del
cappellaio matto, Mad Hatter's Holiday, fu pubblicato stranamente da Sonzogno nel 1975 nella sua collana
Universale Sonzogno Avventura. Sottolineo “stranamente” perché questo libro
uscì solitario, in mezzo ad altri esempi, tipo Le lettere di Scorpio, di
Victor Canning, di romanzi di autori dimenticati o comunque poco conosciuti.
Allora, nel 1975, Peter Lovesey lo era in Italia, in quanto nessuno dei suoi
primi tre romanzi era stato pubblicato (ancor oggi Wobble
to Death, The Detective Wore
Silk Drawers, Abracadaver , della serie vittoriana con il Sergente Cribb e
l’Agente Thackeray di Scotland Yard, sono inediti in Italia), e tale destino è
ancora in essere per il quinto e il settimo della serie. Mentre per il sesto, Un
fantasma per Cribb, già recensito da me, e per l’ottavo, La statua di
cera, si dovette aspettare il 2002 per pubblicarli. Quindi bisogna
riconoscere a chi lo scoprì nel lontano 1975, di aver avuto alquanto fiuto.
La vacanza del cappellaio matto è un romanzo delizioso.
Il tempo è quello della
Regina Vittoria. Le prime sessanta pagine scorrono placide, anche un po’ troppo
direi, tutte incentrate sulle manie vacanziere del Sig. Moscrop, un
commerciante di strumenti ottici, soprattutto cannocchiali e binocoli, il quale
passa le sue vacanze ad osservare la gente con un suo potente binocolo. Non
gente qualunque, ma quella vacanziera che d’estate affolla la spiaggia di
Brighton: una umanità fatta di dame con l’ombrellino per ripararsi dal sole,
signori con la bombetta o la paglietta, bambini, bambinaie, venditori di pesce
(anche quelli sulla spiaggia), villeggianti attratti dai bagni o dall’acquario
con i famosi coccodrilli, e a fare corollario, soldati, domestiche, prostitute,
clienti. Insomma un’ambientazione molto vivida, anche se sessanta pagine
incentrate sulle manie di Moscrop, sarebbero un po’ troppe. E devo dire che
quelle sessanta pagine sono difficili da leggere, proprio per la ricchezza
delle descrizioni, ma anche perché non si riesce a capire cosa c’entrino queste
manie con un romanzo giallo. Sembrerebbero inutili, se invece non fossero
determinanti per la storia che da quel momento in poi si snoderà.
Moscrop tra le tante
persone inquadrate, ha adocchiato una bella dama, Zena, con un bambino molto piccolo, Jason, cui si
accompagna un ragazzo di quindici-sedici anni, Guy, suo figliastro, e la
bambinaia, Bridget. I quattro sono soliti stare sulla spiaggia: la bambinaia
dovrebbe occuparsi del piccolo Jason, ma invece fa il bagno con Guy,
svezzandolo sott’acqua con pratiche erotiche; in soccorso della nobildonna, che
farebbe meglio ad occuparsi lei del bambino prima che lo stesso corra il
rischio di cadere e farsi male, arriva lo stesso Moscrop, desideroso di
rendersi utile e al tempo stesso desideroso di fare amicizia con qualcuno,
giacchè è solo, nel suo mondo fatto di cannocchiali.
Attaccando bottone, si
accorge che la donna è ben lungi da dargli un calcio nel sedere, cosa che
qualsiasi donna di riguardo avrebbe riservato ad un impiccione, ma anzi è ben
disposta ad aprirsi ad uno sconosciuto, visto e considerato che anch’ella è
sola, nel suo mondo familiare. Non nasce una tresca ma una certa amicizia,
fatta di passeggiate e chiacchierate, e così l’ottico viene a sapere che la
donna è sposata col dottor Prothero, un medico, e che Guy, suo figlio, è lì, a
Brighton, per curarsi e riposarsi, in vista di riprendere l’attività scolastica
presso un istituto privato. E’ l’ultima moglie del dottore, che ne ha cambiate
alcune. Questa strana condotta, e l’aver scoperto che a sua volta il dottore
corteggia la bella rossa figlia del Colonnello Wittingham, una ragazza giovane,
e che per avere possibilità maggiore di incontrarsi con la giovane, con la
scusa di curare un preteso nervosismo della moglie, la cura propinandole una
dose di sonnifero, convince Moscrop di stare all’erta. E chiede alla donna di
fargli avere un campione del liquido che le viene propinato di sera, al fine di
farlo analizzare.
Il giorno dopo, quando
dovrebbe incontrarsi con la donna per
rivelarle se si tratti di veleno oppure no, gli si presenta dinanzi la
bambinaia, che lo mette al corrente degli ultimi spostamenti del suo padrone e
della rossa Wittingham, e anche dei suoi “corteggiamenti” alla signora
Prothero. Una serva non certo solo licenziosa, ma anche furba.
E’ la sera dei fuochi
artificiali, offerti alla cittadinanza per festeggiare l’arrivo in città di un
reggimento dell’esercito. Moscrop
avrebbe detto alla dama che il liquido era una dose estremamente blanda di
cloralio, un farmaco per addormentarla e farla rilassare.
Qualche giorno dopo, per un
caso, un visitatore dell’acquario vede, al di là del cristallo della grotta dei
coccodrilli, una mano femminile, mozzata all’altezza del polso. L’esistenza di
residui di sabbia, convince la polizia a effettuare scavi sulla spiaggia al
fine di ritrovare le parti mancanti di un corpo femminile al cui apparteneva la
mano, per trovare alla fine, avvolti in pagine di giornale, i pezzi di un corpo
femminile, al cui manca però la testa e qualche altro pezzo.
Il fatto di aver trovato
anche una giacca di foca, posseduta dalla vittima, dalla quale un bottone
saltato era stato ricucito in seguito, convince Scotland Yard, di cui son stati
inviati sul posto il sergente Cribb e l’agente Thackeray, in seguito alle prime
indagini svolte, che tutto giri intorno alla famiglia del dottor Prothero, e
che i pezzi della donna ritrovati sotto 30 cm di sabbia, non siano appartenenti
ad una prostituta fatta a pezzi con una mannaia, come suggerisce il buon
giovane Guy, ma a persona conosciuta. E’ lo stesso Moscrop che si ricorda come
un bottone era saltato durante una sua passeggiata assieme alla signora
Prothero, dalla giacca di foca, e avendo ritrovato la polizia in un manica della
giacca un foglietto con una ricevuta per analisi chimica di cloralio, è chiaro
che il cadavere sia quello della signora Prothero.
Il sospettato numero uno
diventa il marito, che ha però un alibi inattaccabile, avendo passato la notte
del delitto assieme alla signorina Wittingham; e lo stesso Guy, che ha rivelato
di aver passato la notte a casa della matrigna, ha l’alibi convalidato proprio
da Moscrop; rimarrebbe la bambinaia, che secondo il marito della donna, avrebbe
accompagnato sua moglie e Jason in città, ma ella non avrebbe avuto alcun
movente per uccidere la padrona; a patto che non sia Moscrop, per un interesse
oscuro. Moscrop avrebbe finto allora il suo aiuto a Scotland Yard. Ma…tutto
cambia quando Moscrop, avendo osservato un contegno sospetto del dottor Prothero,
convinto che quello nasconda qualcosa, lo segue fuori città, tanto per scoprire
che si incontra con una donna, sua moglie. Che allora non è affatto morta.
Il dottore ha con sé uno
zaino che ha passato a sua moglie e che poi viene sequestrato dalla polizia:
contiene gli abiti di..Bridget. E’ lei la vittima. Tutto cambia allora!
Chi è l’omicida?
Il bello è che allorchè il
sergente Cribb lo avrà inquadrato e starà per arrestarlo, l’omicida verrà a sua
volta ucciso. E scoprire il secondo omicida sarà maledettamente difficile e
soprattutto difficile da dimostrare che si sia trattato di omicidio, in quanto
mascherato da crisi asmatica.
Bellissimo romanzo, lo
diciamo subito. Affascinano le sue descrizioni di luoghi, tempi e persone
appartenenti a tempi lontani. Lovesey ha una caratteristica, che è peculiare
anche di Doherty: quando inserisce una storia in un contesto diverso da quello
contemporaneo, ha la particolarità di renderlo familiare, tanto questo ambiente
è ben descritto. E per togliere quella patina di vecchio, riesce a stemperare
le varie atmosfere con una certa dissacralità, con battute e uno spirito
tipicamente inglese. Se vi sono colonnelli e disciplina, ci saranno anche
figlie che finiscono a letto con signori attempati, mogli che allegramente
tradiscono i mariti e mariti che tradiscono le mogli, bambinaie e cameriere che
invece di stare con bambini, finiscono per
farli, accompagnandosi a stallieri e autisti. Il tutto in un turbillon
di situazioni e vicende che affascina e diverte. Come detto, le prime
sessanta-settanta pagine sono invece piatte,
e anche difficili da leggere. Bisogna aspettare e avere pazienza: del
resto lo stile rispetta anche il personaggio o i personaggi trattati. La prima
parte del romanzo infatti è dominato da Moscrop che è un tipo ordinario,
preciso, pignolo, e quindi anche la parte narrativa dominata da lui lo è;
quando invece arrivano Cribb e Thackeray, due tipi frizzanti e per nulla
ordinari, che anche coi modi contrastano palesemente con le convenzioni (Cribb
che fa strage di bomboloni e che mangia mentre parla, opposto per esempio al
dottor Prothero, l’immagine dell’educazione e della signorilità), ecco che
comincia la seconda parte (non esiste una differenza tra parti nel romanzo, ma
tra capitoli, eppure si nota fortissima e nettissima la cesura tra la prima e
la seconda, proprio perché la prima parte che è quella in cui anche si consuma
il delitto è volutamente più plumbea, mentre nella seconda, in cui il delitto è
stato già consumato, si assiste ad un rilassamento dell’atmosfera che diventa
talora anche ridanciana. Per esempio quando Cribb per agganciare Prothero che
utilizza una sauna pubblica, arraffa il telo da bagno del primo sostenendo poi
che sia il suo, e questo solo allo scopo di scusarsi successivamente e di avere
l’occasione di offrirgli un pranzo per scusarsi, così da agganciare lui e il
figlio, e interrogarli in modo informale.
Non sfuggirà a chi volesse
procurarsi il romanzo, inserito anche in uno Speciale del Giallo di qualche
anno fa, come Moscrop ricalchi l’atteggiamento dell’uomo in carrozzella che
scruta i suoi vicini con un binocolo, protagonista del racconto di Cornell
Woolrich, It Had to Be Murder, da cui fu tratto il film famoso di Alfred Hitchcock, “La finestra sul
cortile”. L’atteggiamento dei due è molto simile: c’è la volontà proprio di
impadronirsi della realtà altrui, di insinuarsi nella quotidianità attraverso
il binocolo, una sorta di feticcio, più che scrutare dal buco della serratura.
In Moscrop non c’è il piacere voyeuristico di guardare di nascosto una donna
spogliarsi, ma guardare una donna con occhio interessato ma vigile, commentare
e riflettere sul perché qualcuno inquadrato dal binocolo si comporti in un modo
anziché in un altro. Ci si aspetterebbe ad un certo punto che fosse proprio lui
a scoprire il cadavere; invece tocca lui osservare le evoluzioni amorose di un
quindicenne e di una bambinaia ventenne, in costumi castigati primo novecento,
nel mare, e chiedersi che ci faccia quel bambino lì vicino. E poi insinuarsi nella
vicenda di una donna tradita dal marito e addormentata da lui ogni sera, allo
scopo di procurarsi il tempo per adescare e corteggiare un’altra, così da
carpirne l’amicizia. Lui e l’uomo sulla carrozzella sono uomini soli,
prigionieri di una realtà che gioco forza
si è accettata, ma che nell’attimo in cui si osserva si riflette in
quella degli altri. Ma sono anche degli imprestati detectives: non a caso
Moscrop è il detective dilettante, imprestato, che domina con le sue
osservazioni, la prima parte del romanzo; mentre nella seconda vi sono degli
altri detectives professionisti, Cribb soprattutto, che risolveranno la
faccenda.
Lovesey è attento
al ritmo, e gli scombussolamenti si succedono senza sosta: quando ti aspetti
che una cosa sia confermata ecco che poco tempo dopo un nuovo particolare la
mostra sotto una luce diversa. E anche lo stesso omicidio e omicida diventano
realtà mutevoli e fuggevoli .
Infine estremamente
precisa tutta la esemplificazione sulle malattie asmatiche, sui rimedi e sulle
varie pratiche atte a simularne gli effetti, conducendo a morte repentina.
Un libro che si
legge con grande piacere.
E che nelle ultime
quindici pagine si trasforma da un classico Mystery in un Thriller moto
sostenuto, giacchè si deve scoprire prima quale sia il secondo omicida e poi come
possa essere inchiodato alle sue responsabilità, visto che la causa di morte è
il polline, di cui non si è trovata traccia, né tantomeno segni di iniezioni.
C’è pure un attimo
di nostalgia a fine romanzo, quando Cribb si reca nel negozio di Moscrop per
salutarlo, e poi si vede l’ottico che mette da parte in una scatola di legno un
bel cannocchiale di ottone da inviare in regalo a Jason, il figlioletto di Zena
Prothero, improvviso sole nella vita di grigiore quotidiano del povero Moscrop
che non si è accorto come il fatto di rivolgersi a lui della Signora
chiamandolo “tesoro” non era una simpatia personale, esclusiva, come lui ha
pensato, ma un modo molto estroverso di rivolgersi a chicchessia.
Chi vive di speranze morirà disperato.
E’ quello che ho
pensato di Mr. Moscrop
Pietro De Palma
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