Stuart Palmer è uno dei grandi scrittori degli anni
trenta del passato secolo. Nato nel 1905, e scomaparso nel 1968, fece una
moltitudine di mestieri diversi, tra cui il giornalista e l’investigatore,
prima di dedicarsi alla scrittura. Raggiunse il successo nel 1931, con The
Penguin Pool Mystery, il suo primo romanzo con la insegnante zitella
Hildegarde Withers, ma nella realtà il suo secondo: il suo primo romanzo, Aces
of Jades (1931), non ebbe granchè successo, anzi fu un flop, e così di
copie in circolazione ne rimasero poche tanto che oggi il romanzo è una
rarità da collezionisti. Tuttavia si riprese subito, pubblicando sempre nel
1931, proprio The Penguin Pool Mystery ( Un dramma nell’acquario,
Mondadori; L’enigma della vasca dei pinguini, Polillo): il romanzo fu
così popolare che immediatamente ne fu tratto un film. Da allora si dedicò
assiduamente alla elaborazione di nuovi romanzi, che furono regolarmente
pubblicati in Italia ed esclusivamente, da Mondadori. Tuttavia non molte furono
le sue opere ad essere tradotte: a fronte dei 23 romanzi pubblicati con il suo
nominativo ed uno con lo pseudonimo di Jay Stewart, in Italia solo una dozzina,
libro più libro meno, sono stati pubblicati da Mondadori (tra cui uno, il
primo, pubblicato due anni fa da Polillo).
Perché proprio quel romanzo di Palmer sia stato
ripubblicato al posto di Murder on Wheels,
per esempio, generalmente considerato tra le sue opere migliori, non è dato
sapere: forse perché fu per lui il maggior successo popolare. Ma non è sempre
detto che successo significhi opera migliore: io sono per esempio tra quelli
che non considerano la sua opera prima con l’accoppiata “Insegnante Hildegarde
Withers/Ispettore Oscar Piper”, The Penguin Pool Mystery, tra le sue
cose migliori, per una serie di motivi che potranno essere snocciolati quando
parlerò, nel futuro, proprio di quel romanzo.
Oggi invece introdurremo un altro dei suoi romanzi più
popolari (e migliori, direi), Omit Flowers, pubblicato anche come No
Flowers By Request, del 1937.
Perché questo e non invece altri? Perché Palmer è
popolare per i suoi romanzi con Hildegarde Withers. E siccome io amo
distinguermi dagli altri, propongo un romanzo che non ha, come
personaggio principale, proprio Hildegarde Withers. Semplice, no?
Joel Cameron è un ex-petroliere. Ha acquisito una
notevole fortuna con l’estrazione del petrolio, tanto da aver costruito un
villaggio di case (Cameron Heights), per i suoi dipendenti, dalle vie ispirate
ai grandi attori del passato hollywoodiano. E soprattutto la sua casa
(Prospice), una immensa residenza, di moltissime stanze, molte disabitate o
lasciate in abbandono, su cui troneggia una sala da biliardo all’ultimo piano,
dalle ambizioni pretenziose. Tuttavia con la fine dell’estrazione del petrolio,
il villaggio è stato abbandonato, e le sue case ospitano semmai solo fantasmi e
polvere. E’ rimasta solo la casa, col suo proprietario, visto che la moglie è
morta molto tempo addietro lasciandolo disperato e solo.
Col passare degli anni la sua solitudine è diventata
misantropia.
Joel ha molti parenti, tra cui la sorella, ma si è
rintanato nella sua tana, accudito da una coppia di servitori messicani, gli
Oviedo. Col tempo è diventato anche avaro, non regalando nulla della sua
immensa fortuna ai parenti, che lo odiano e lo vedono al tempo stesso come
l’unica alternativa alla mancata realizzazione dei loro sogni. Così un bel
giorno, uno di loro, Gilbert Cameron, invita tutti i parenti, a trascorrere il
Natale dal loro ricco parente, col segreto scopo di farlo dichiarare insano di
mente e potete quindi disporre delle sue sostanze. Un invito che non rimane
inascoltato, giacchè tutti, ma proprio tutti, si recano alla residenza
mastodontica dei Cameron, non tanto per visitare il loro parente, ma invece per
appropriarsi delle di lui ricchezze. Insomma dei farabutti, chi più chi meno!
Il narratore è Alan Cameron, uno dei nipoti, uno
scrittore alla Peter Kolosimo (alieni, Atlantide, etc..) che sulla strada per
Cameron Heights, rimorchia per strada due belle ragazze, Mildred e Dorothy Ely,
nipoti di Alger Ely, cognato di Joel, e, in pratica, sue cugine. Insieme
arrivano, di sera, al villaggio: non c’è una luce, il vento ulula, e le ragazze
che tremano per la paura. Arrivati a casa, si aspetterebbero di essere accolti
con gioia, ed invece trovano la dimora chiusa, e quando vi entrano, anche
desolatamente vuota, con tutto il mobilio ricoperto da teli. Del padrone
neanche l’ombra. La luce non funziona, ai loro richiami nessuno accorre, ed
inoltre si sentono rumori, come uno sferragliare di catene. Per dei tipi
impressionabili è il massimo. Anzi no, non lo è ancora: il massimo viene raggiunto,
quando il terzetto entra nella biblioteca e qui alla luce fioca di una candela
trovano una donna distesa sul divano, Evelyn Cameron, la sorella di Joel, ed un
essere chino su di lei. Quando si volta, ecco che a malapena riconoscono il
vecchio Joel, con un’ espressione orrida, e coperto di ragnatele, quasi fosse
un cadavere alzatosi dalla sua bara in una polverosa cripta.
Ben presto arrivano gli altri ospiti. Intanto lui,
Joel, si scusa per il suo aspetto, dovuto alla sua discesa nelle cantine allo
scopo di riparare il guasto nel sistema elettrico della casa.
Ben presto, alle spalle del vecchio, i parenti si
riuniscono per vantare chi più chi meno, le proprie pretese sul patrimonio.
Tuttavia proprio Gilbert Cameron, colui che ha dato il via alla riunione,
manca.
Il vecchio Joel, dopo aver sistemato sotto l’albero i
regali per i parenti (ma definirlo albero di Natale è un’accezione troppo
lusinghiera, giacchè è solo il resto rinsecchito, impolverato e pieno di
ragnatele, dall’aspetto più lugubre che festoso, dell’ultimo albero di Natale
che vide la moglie di Joel ancora viva), va a dormire in una delle stanze sopra
il garage. Fatto sta che durante la notte, proprio Alan è richiamato dalle
grida dei suoi parenti, e di suo cugino Todd,la pecora nera della famiglia, un
nullatenente, in quanto il garage è un immenso rogo. Alan dice addio alla sua
automobile, parcheggiata lì; ma soprattutto i parenti danno l’addio al vecchio
Cameron, non troppo contriti, anzi il contrario visto che finalmente potrebbero
disporre pienamente dei suoi beni, e nello stesso tempo indignati perché gli
stessi regali posti dal vecchio sotto l’albero di Natale, altro non erano che
scatole vuote: l’ultimo scherzo di pessimo gusto che Joel aveva riservato ai
suoi avidi parenti (dopo quello dell’anno prima in cui ad alcuni aveva inviato
un assegno in bianco, senza però alcuna firma e quindi carta straccia).
Il condizionale è d’obbligo però, perché gli
incaricati delle indagini, lo Sceriffo Bates ed il giudice (e medico legale)
Sam Eckersall, in tutto quel rogo non trovano traccia del cadavere di Joel,
tranne che un osso e di una mandibola, che potrebbero essere di origine umana,
ma anche no. E così i parenti, tutti felici per quell’inaspettata scomparsa,
ora lo sono parecchio di meno, visto che si trovano ad essere sospettati e nel
tempo stesso a non poter accampare nulla finchè di Joel non sarà dichiarata
almeno la morte presunta.
Nel frattempo Alan, coadiuvato dal cugino, si
improvvisa detective, anzi il principale detective è proprio Todd che ispira
le indagini dello Sceriffo desideroso di trarre qualche ragno dal buco
della vicenda, così da guadagnare i diecimila dollari promessi da un giornale
per l’esclusiva.
I principali indiziati sono i cugini del Wisconsin, i
Waldron, perchè lui, Ely, ha dato l’allarme dell’incendio, pur non potendo dal
suo balcone vedere alcunché visto che esso è rivolto in tutt’altra direzione.
Ma poi da indagini più accurate, sembrano perdere in attenzioni da parte degli
improvvisati investigatori, cui si sono aggiunte le sorelle cugine, Dorothy e
Mildred, a discapito invece dei due servitori messicani, gli Oviedo, ritenuti i
probabili omicidi, sempre che di delitto si tratti, dallo sceriffo: sarebbero
stati loro ad appoggiare sul terreno sottostante alla finestra della camera
occupata da Joel, la scala pesante, i cui segni sul terreno sono stati indicati
proprio da Alan allo sceriffo nella notte dell’incendio.
Il quartetto, non tralascia neppure l’ipotesi che il
vecchio Joel non sia morto, e quindi organizzano un esame accurato ed
infruttuoso nell’immensa dimora in cui tutti sono ospitati senza alcun
risultato.
Intanto finalmente le indagini sulla scomparsa di
Joele sembrano arrivare a risultati concreti: mediante analisi chimiche e
biologiche, lo sceriffo e il medico legale sono in grado di affermare che i
reperti ossei appartengono ad un essere umano, ma ovviamente solo la
comparazione della mandibola e di due denti, con la scheda relativa da parte di
un dentista, potrebbe senza ombra di dubbio attribuire quei reperti ossei a
Joel oppure no. E neanche a farlo apposta nessuno è in grado di sapere se Joel
fosse andato o no da un dentista, e nessuno dei paraggi sa nulla.
Così si può solo vagare a caso. Todd e lo sceriffo
organizzano una trappola telefonica: sarà chiamato al telefono ciascun parente,
mentre nascosto in un armadio prospiciente all’apparecchio telefonico, Alan
sorveglierà il tutto. In sostanza Todd dice che per rivelare chi sia il
bugiardo, farà arrivare la macchina della verità. La sola che rimane
impressionata è Mildred, che la notte prima ha affermato di aver visto lo
spettro di Joel coperto di ragnatele e che ha riportato un grave shock. Proprio
Mildred volerà poco dopo dalla finestra della sua camera nel roseto
sottostante, sfracellandosi. Suicidio o omicidio?
In quest’atmosfera plumbea ed opprimente, un dentista
si fa vivo, inviando una fattura il 27 dicembre. Andati a interrogare costui,
il Dottor Garvey si presenta in un bello studio, con mobili nuovi ed una
segretaria con tanto di pelliccia: dichiarerà che in effetti Joel era suo
paziente e poi ingiuntogli dallo sceriffo di esprimersi sull’origine dei
reperti umani, dichiarerà che la mandibola è appartenente a Joel.
Così finalmente i soldi sono svincolati e tutti
potrebbero ora goderne. Bisogna solo trovare l’assassino di Mildred (se non si
sia suicidata) e di Joel , visto che tra le ceneri è stato trovato quello che
sembra un bossolo di argento puro. Chi mai ucciderebbe con proiettili di
argento? Solo nelle leggende questo trattamento è riservato ai vampiri, ai
negromanti o ai lupi mannari. Una coltre si superstizione e di male si addensa
sulla vicenda.
Le domande cui rispondere sono due: se Mildred è stata
uccisa, perché lo è stata? E se non è stata uccisa, cioè se si è suicidata
(esclusa l’ipotesi della fortuita caduta accidentale), per quale motivo
l’avrebbe fatto? Possibile che la paventata minaccia della macchina della
verità abbia così impressionato la ragazza da indurla a suicidarsi? Aveva a che
fare con l’omicidio di Joel? Oppure è stato l’incontro notturno della figura
che lei ha attribuito allo spettro di Joel, a indurla all’insano gesto, sempre
che lei si sia uccisa? La tensione raggiungerà il culmine quando una
terza vittima si aggiungerà ai due precedenti: il dentista si schianterà a
bordo della sua fiammante Rolls- Royce su una strada.
Il finale è convulso. Si ribalterà giungendo prima
all’individuazione di un omicida morale, poi all’attribuzione a lui o ad altri
delle due morti in più, ed infine di un omicida reale, diverso dal primo, ed
inaspettato. Lieto fine, ma non troppo.
Ottimo romanzo di Stuart Palmer, Omit Flowers
si contraddistingue per una trama sempre in bilico, per una nebulosità della
situazione che accresce l’incertezza sulla sorte della vittima (e anche
di Gilbert, che continua a mancare) e dei suoi parenti. Ne consegue che
l’atmosfera è il principale pregio del romanzo: la sua potenza evocativa viene
anche più accresciuta da vecchi espedienti tipici della letteratura gotica
(sferragliare di catene, ragnatele, polvere, spettri, buio, cimiteri, notte),
già tuttavia essendo molto densa in virtù dell’inconsistenza dell’indagine e
delle morti che si succedono, a loro volta dominate dal dubbio che trattasi di
omicidio o suicidio.
L’escamotage di un quartetto di investigatori, due
effettivi e due aggiunti, nel cui ambito si muove la seconda vittima, aggiunge
mordente alla vicenda, soprattutto quando lo stesso Alan viene sospettato di
essere l’omicida in virtù del fatto (prima che si arrivi alla scoperta del
bossolo di argento) che la sua pistola, una calibro 22, fosse stata riposta
nell’auto, andata distrutta, e non fosse stata trovata. In altre parole
ricadremmo nel vecchio trucco di Leroux, ampliato da tanti altri scrittori, che
cioè il detective fosse anche l’assassino. In questo caso avremmo un doppio
incidente, nel caso ciò fosse vero, giacchè Alan è anche il narratore in prima
persona, e quindi ricadremmo nella soluzione proposta da Agatha Christie in un
suo celebre romanzo.
Ma è davvero lui l’omicida? O altri?
Niente è come sembra in questo romanzo. Nulla. Tutto è
destinato a mutarsi, ad essere riportato nella sua giusta prospettiva, quando
Todd, che è stato sospettato anche lui dallo sceriffo, scoprirà la verità, e
come le morti avvenute sono state solo il verificarsi casuale nell’ambito di un
piano che nella sua semplicità mirava a tenere in scacco i vari personaggi del
dramma, godendo della loro paura, il cui fautore, finirà con l’essere ucciso a
sua volta.
In questa edizione mirabile, la traduzione di Rossana
De Michele, anche se non integrale, è molto fluida e ha il pregio di riuscire a
conservare la tensione originale concepita dall’autore. Funzionale al testo è
anche la bellissima immagine di copertina, che ritrae una giovane donna
(Mildred), in preda alle sue paure e angoscie, vicino a quelle che
sembrerebbero foglie di un albero di Natale fantasma.
Il romanzo è scritto con verve, ed un umorismo molto
acido, tipico di Palmer, presentandosi più che sotto l’aspetto di un romanzo ad
enigma, in quello di una commedia nera, direi molto vicina a certi lavori di Ursula
Curtiss; e di un romanzo di suspence, in cui la tensione è massima in più punti
del romanzo, avvincendo fino alla fine e riservando due sorprese finali, nel
ribaltamento del rapporto omicida-vittima, ed una ancora dopo, in quello del
rapporto d’amore tra Dorothy e i due cugini Todd ed Alan. Di quale dei due
cugini, la bella Dorothy confesserà di essere innamorata?
Di quello che avrà saputo lasciarla libera di
scegliere, pensando che l’altro valesse più di lui.
Ma la scelta d’amore è funzionale anche ad un’altra
ragione, che toccherà al lettore scoprire e che sarà rivelata negli ultimi
righi dell’apologo finale.
Pietro De Palma
Ho risposto su Anobii. Ciao Alberto
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