Alla metà di novembre 2016 mi è arrivato un pacco a
casa. Quando sono arrivato a casa dopo il lavoro, ho notato sul piano di faggio
della cucina un pacco seminascosto da altre cose. Alla mia richiesta in merito
a cosa fosse, mia moglie mi ha guardato fisso e mi ha detto che aveva dovuto
vestirsi per scendere a firmare la raccomandata. Quando dice così è perché è
arrivato un pacco di Gialli, che lei brucerebbe con molto piacere (le donne di
solito hanno la fissazione di voler per forza fare spazio in casa e le cose di
proprietà dei mariti passano sempre o quasi in seconda linea). Il fatto è però
che io non aspettavo nulla. Per cui sono rimasto interdetto. Poi ho visto il
mittente: Tiziano Agnelli. Ohibò! Ho aperto il pacco e vi ho trovato… il saggio
di Pasquale Pede sul Noir, un librazzo delle dimensioni di un atlante
geografico; e bello corposo!
Ammetto di non sapere cosa fosse. Se fosse stato un
testo sul Mystery, avrei saputo subito dire cosa fosse, ma siccome il Noir
per me se non è cosa sconosciuta, non è neanche pane quotidiano, sono andato a
vedere il risvolto e qui ho capito cosa c’entrasse Tiziano e perché mai me ne
avesse fatto dono, almeno l’ho supposto: il volume è della Fondazione Rosellini,
una Fondazione che si occupa di diffusione di cultura popolare, e lo fa
attraverso pubblicazioni varie. E Tiziano vi collabora, allo stesso modo di
come anni fa ha collaborato con Pirani per il Dizionario Bibliografico del
Giallo in Italia. Per esempio, mi ricordo che la Fondazione Rosellini, anni fa approntò
una pubblicazione per celebrare l’attività di Carlo Jacono, il famoso
disegnatore delle edizioni da edicola della Mondadori; questa volta ha voluto
rendere omaggio al Noir, cioè all’hard-boiled detto alla maniera francese.
Il volume è del 2009, va detto subito, e non si
trova in libreria, ma va ordinato alla Fondazione Rosellini: http://www.fondazionerosellini.it.
Tiziano mi ha detto ieri sera che mettendo ordine a
casa sua, cercando così di ottimizzarlo e trovare nuovi spazi, aveva trovato il
volume a doppione, e pensando che sicuramente io non lo possedessi (non si è
sbagliato) aveva pensato di farmene dono, visto che aveva trovato delle vecchie
fotocopie di racconti di Commings che gli aveva fatto al tempo Robert Adey ( e
io che tempo fa gli avevo richiesto), e non volendo spedirmi così quei fogli
aveva trovato un modo elegante per inserirli tra le pagine di qualcosa di
importante.
Passo a definire di cosa trattasi.
Il volume consta di 256 pagine, compreso il sommario, di grande
formato. Nelle pagine sono comprese numerose fotografie, immagini di copertine
e quant’altro in bianco/nero, escluso un corpus centrale di trenta pagine
interamente a colori, lucide, con immagini anche di magazines americani
specializzati in letteratura pulp.
La parte trattativa è preceduta da una premessa di
Gianni Brunoro che volendo introdurre il saggio di Pede dice delle cose giuste
ma poi è come se scoprisse l'acqua calda: riconosce a Pede l’originalità di aver
individuato nella letteratura gotica il fondamento della letteratura noir. Mah! E' cosa ampiamente acquisita che la letteratura del mistero
derivi dalla letteratura gotica! Basta leggere un romanzo come It Walks By Night di Carr, il Carr infatuato di storie gotiche e di storie ghost, per trovare ampli stralci di letteratura derivante da quella gotica: sangue a fiumi, corpi decapitati, cadaveri murati. E sempre nel Carr giovane troviamo atmsosfere ancor più orrorifiche in Castle Skull. Quindi mi pare del tutto fuori luogo gridare quasi al miracolo per una cosa già acclarata. Se la letteratura mystery deriva da qualla gotica, vuoi che non possa derivare anche quella noir? Ma Carr non è il solo. Si trovano esempi anche in Boca, in Meirs, e ovviamente in Poe. Al di là di ciò, il testo offre numerosi spunti di riflessione: lo ha ammesso anche lo stesso Luca Conti qualche giorno fa, parlandone col sottoscritto.
Apro una parentesi su Conti: che peccato averlo
perso! Da quando fa il direttore di Musica Jazz, l’editoria italiana del settore ha perso un numero
uno: basti pensare a cosa siano diventate alcune collane cui lui collaborava in quanto traduttore, dopo che è
sparito! Penso solo a cosa avremmo potuto avere, se invece che mettere gente
che del Giallo Mondadori aveva una conoscenza sbarazzina, i capibastone della
Mondadori avessero messo lui anni fa (dico prima di Forte e di qualcun altro)
come editor del Giallo Mondadori! Non certo la situazione di ora, in cui Il
Giallo Mondadori se non è morto è ormai in coma irreversibile: “Se domani
chiudesse – mi diceva un mese fa Luca – non se ne accorgerebbe nessuno!”.
Opinione che in più d’una occasione ho esternato anch’io altrove (almeno sui miei blog). Peccato che abbia buttato alle ortiche la sua preparazione! Chiusa parentesi.
Al di là di tali esternazioni, il volume si suddivide in tre sezioni distinte: una
prima parte che parla di questioni di ordine generale (la critica, la diversificazione
tra mystery e hard-boiled, cosa sia letteratura hard-boiled e quando nasca quella noir, oltre che la classificazione dell’eroe e dello stile hard-boiled), una
seconda che tratta la storia cronologica del genere noir dalle letteratura di
appendice, passando per quella pulp americana, fino ad arrivare ai paperback, e
al contempo analizzando i clichè di tale tipo di narrativa: la femme fatale, il
gangster, il poliziotto, il detective, oltre che lo stesso ambiente cittadino
in cui le storie nascono e muoiono; e infine una terza parte che propone delle
succose e brevi introduzioni ai principali autori di hard-boiled, fino a
proporre addirittura una esaustiva guida di quella letteratura che secondo
l’autore bisognerebbe portare su un’isola deserta.
Mi chiederete cosa ne abbia io ricavato: beh,
tralasciando qualche cosa che qua e là mi ha lasciato perplesso, cosette
intendiamoci, e del resto un ‘opera per quanto possa essere esaustiva non lo
sarà mai del tutto, il volume mi è sembrato estremamente ben fatto, e
oltretutto mi ha informato su molte cose, non tanto i romanzieri o le opere (a
quello vi arrivo!), ma soprattutto la cinematografia noir: su quello l’opera ha
indubbiamente una sua valenza molto positiva. Tenuto conto ovviamente anche di altri saggi, tra cui il
fondamentale di Renato Venturelli, “L’Età del Noir: ombre, incubi e delitti nel cinema americano
1940-1960”, Einaudi. Il volume di Venturelli lo possiedo da alcuni anni, ma
indubbiamente le immagini tratte dai film, contenute in gran quantità nel
volume di Pede, rimangono maggiormente impresse.
A riguardo devo esprimere una mia riflessione, che
ho esternato al telefono allo stesso Tiziano Agnelli: pur con le dovute
avvertenze, mi sembra di poter dire che se è vero indubbiamente che il cinema
Noir ha basato gran parte dei suoi film di maggior richiamo su romanzi precedenti
(Il bacio della violenza, Il Falcone
Maltese, Piccolo Cesare etc.) e i maggiori autori di hard-boiled finirono per scrivere sceneggiature di
pellicole (Raymond Chandler per esempio), è altrettanto vero che la stessa
cinematografia nata sui romanzi avesse poi finito per fare da traino, rendendo
il genere narrativo ancor più popolare di quanto non fosse già prima. Anche in
considerazione del fatto che parallelamente alla cinematografia noir mietè
grandi successi quella western, che è collegata alla prima da più di una
costola, presentando gli stessi clichè (il cowboy buono, il pistolero, il
bandito, la femmina fatale, la donna tutta casa e famiglia, lo sceriffo
corrotto) di quella hard-boiled (il detective squattrinato sempre sfortunato
con le donne, il poliziotto corrotto, il gangster, la femmina fatale e perversa
opposta alla ragazza della porta accanto). Del resto se si va a vedere bene, i
grandi attori degli anni 40 e 50 hanno interpretato magnificamente sia ruoli
western che di “azione” (per es. Sterling Hayden protagonista di Giungla d’asfalto, lo fu anche di Johnny Guitar, famoso film western di
uno specialista di noir come Nicholas Ray : come non ricordare il suo Neve Rossa del 1951, con Ida Lupino?).
Interessante la considerazione che differenzia
l’hard-boiled dal mystery, narrativamente parlando: laddove il secondo
porterebbe al centro del romanzo l’indagine razionale, il primo la
decentrerebbe, riportando in auge invece i soggetti e l’ambiente e
l’atmosfera. La differenza afferirebbe
in sostanza a due tipi di intendere il romanzo: come espressione della mente e
della logica, il mystery fondandosi sulla deduzione, sarebbe più vicino a
processi cerebrali, connessi al cervello; l’hardboiled nella sua forma sarebbe
molto vicino alla forma più tradizionale di romanzo, basata sul sentimento. In
altre parole avremmo il cuore opposto al cervello: chi può dire sia meglio?
Proprio per queste sue peculiarità, di romanzo tout court, nelle librerie di
romanzi noir ve ne sono una infinità, mentre i romanzi gialli (almeno in
Italia) se non sono di Agatha Christie o quasi, sono riservati quasi
esclusivamente alle edicole.
Tuttavia, mi sembra di poter dire, da vecchio
incallito portabandiera del mystery, che questo genere alla lunga vince
sull’hard-boiled per una particolarità: nel romanzo mystery classico, se è vero
che la fantasia e la ricerca di enigmi sempre più cervellotici ne decretarono
un ridimensionamento ad un certo punto, favorendo altri generi di narrativa
poliziesca, è anche vero che proprio l’assenza di clichè di riferimento (il
noir o hard-boiled che dicasi non può esser tale se non v’è la femme fatale, il
detective squattrinato ma puro, il poliziotto prevenuto, il politicante
corrotto, la ragazza pura e dolce, il gangster brutale) ha portato il mystery
ad affermarsi in continuazione anche se in sordina e a proporre suoi
rappresentanti fino ai giorni nostri, mentre l’hard-boiled ha vissuto di
ritirate e di avanzate, dopo la grande affermazione che va dal 1940-45 al 1960,
a seconda che autori più o meno illuminati portassero dalla loro parte fasce di
lettori.
L’ultima carrellata finale è dedicata ai grandi nomi
dell’hard-boiled, da Hammett a Chandler,
da McCoy a Goodis, da Williams a Himes, da Woolrich a Spillane. Qui, essendo il
volume del 2009, manca secondo me una sezione dedicata a Crumley che all’atto
della pubblicazione del volume di Pede, era da poco passato a miglior vita.
Inoltre manca un indice generale in cui siano riportati almeno tutti i film e
gli autori trattati: avrebbe migliorato la fruibilità del testo. Inoltre anche
se riportati in appendice, in quanto capolavori dimenticati, parecchi autori
minori, se non mancano, sono solo frettolosamente elencati, quando invece
autori che sarebbero potuti essere tralasciati, Vera Caspary per es. che non è esponente
hard-boiled ma semmai di thriller nero, o Richard Matheson, che invece
afferisce la filone del thriller-horror (da cui prende le mosse Stephen King) vengono
invece trattati.
In questo io ravviso la potenza del saggio ed il suo
limite: nell’aver cercato di mettere a confronto il genere nato in America e
poi approdato in Europa grazie al modello francese, cercando le radici comuni
in entrambi. Perché così facendo se è innegabile l’interesse del saggio,
altrettanto fa dubitare l’aver trascurato, per l’ansia di voler parlare di
entrambi e sottolineare le interazioni tra cinema e narrativa, una trattazione
la più esaustiva possibile di entrambi, o almeno dell’Hard-boiled americano,
che viene relegato a delle linee guida storicizzate, dimenticando i rami minori
o quelli più vicini a noi. Tranne alcuni che non lo possono essere.
A sottolineare tuttavia che trattasi di uno dei
migliori studi del genere, va detto che il volume costa solo 25 euro e che per
averlo deve essere richiesto direttamente alla Fondazione Rosellini, non
trovandosi in vendita nelle comuni librerie: se si pensa che circa venti euro
costa un romanzo di Ken Follett, si può allora ben capire come il prezzo
richiesto sia davvero una inezia, a fronte di un apparato anche iconografico di
tutto rispetto, e del fatto che di questo volume siano state approntate solo
mille copie (la mia è la N.407).
Pietro
De Palma
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