Tuttavia è anche vero che talora (grazie a Dio!)
qualcuno degli scrittori contemporanei si segnala per complessità e
freschezza di inventiva.
Avevo già cominciato a scrivere un articolo su The Gilded Fly
di Crispin (lo pubblicherò prossimamente), ma poi ho rinviato dopo aver
letto un romanzo che possiedo da molti anni e che non ero mai riuscito a
leggere, della scrittrice britannica Minette Walters:Il segreto di Cedar House (The Scold’s Bridle,1994) Premio Gold Dagger 1994.
E’ la storia di un delitto e dei segreti inconfessabili, tortuosi e devastanti che una donna ha annotato nei suoi Diari.
Mathilde ha una figlia Joanna e una nipote Ruth:
insieme formano un trio di “streghe”, donne perfide, votate alla
distruzione degli altri, ma che sono in realtà degli esseri distrutti
nel più profondo delle loro anime: Mathilde, donna bellissima e di
famiglia estremamente facoltosa, i Cavendish (il padre, era sì membro
del parlamento, ma anche alcolizzato), così esuberante alle feste e così
desiderata, al centro delle vicende del paese britannico in cui vive,
in realtà è stata stuprata dallo zio orco, George Cavendish, ancora
minorenne, e lo shock di questa violenza giovanile, perpetratosi nella
nascita del frutto della violenza, si è trasmesso alla piccola Jeanne,
figlia non voluta, nata nell’odio e figlia dell’odio.
Nel momento della nascita di Joanna , figlia
illegittima di suo zio, tra l’altro a sua volta vittima della sua
subnormalità (è il prodotto degli incroci nell’ambito di una stessa
famiglia in cui le tare si sono esponenzialmente sviluppate), Mathilde
ha trovato una persona che ha accettato di sposarla, James, a sua volta
impotente. James figura come legittimo padre di Joanna, ma in seguito ad
una lite familiare (dovuta ad un suo tradimento), abbandona moglie e
figlia e si trasferisce ad Hong Kong. Un bel giorno riappare e decide (
dopo aver avuto un abboccamento con la sua ex moglie, per una certa
collezione di orologi di valore ereditati dal padre, dichiarati rubati
dalla moglie e risarciti dalle assicurazioni, ma in realtà solo messi da
parte), di rendere pan per focaccia a Mathilde, che l’ha truffato:
rivela alla figliastra l’effettiva paternità, e come George Cavendish,
suo effettivo padre e prozio, le avesse trasmesso la propria eredità, in
via esclusiva, invece diventata proprietà della madre. In realtà,
proprio per via delle tare genetiche di George, il padre di lui, aveva
disposto che, alla morte del figlio, la proprietà sarebbe andata al
fratello in vita ancora, il secondogenito, padre di Mathilde: questo per
preservare la proprietà ed evitare che l’eccessiva prodigalità di
George, dovuta alla sua subnormalità, finisse per liquidarla in men che
non si dica.
Il conflitto tra le due personalità Mathilde e
Joanna, ma andate d’accordo, si acuisce quindi a causa della proprietà
che ognuna delle due rivendica come propria. Alle due si aggiunge Ruth,
figlia di Joanna, a sua volta nata nella disperazione di un matrimonio
finito male ancor prima di compiersi, figlia di musicista fallito,
drogato e morto per overdose, che spendeva tutti i soldi guadagnati non
nel sostentamento della figlia (a cui voleva molto bene) ma in droga.
Mathilde è come se avesse bisogno di Joanna, ma nel
tempo non la sopporta perché senza del suo denaro quella non riesce a
tirare avanti in modo decoroso: infatti è diventata una squillo d’alto
bordo, prostituendosi a Londra. D’altra parte la stessa nipote Ruth, è
rimasta preda, nella sua insicurezza, di un certo Hughes, un giovane
illetterato ma di grande fascino, che l’ha piegata ai suoi scopi: è a
capo di una banda di giovinastri, più giovani di lui, che egli ha
svezzato allo stupro di ancor più giovani ragazze ricche, ricattate e
costrette sulla base di minaccia di stupri, a sottrarre denaro, e
oggetti preziosi dalle proprie case di famiglia. E’ anche il caso di
Ruth, violentata da Hughes e concessa da lui al branco che l’ha stuprata
a turno per cinque ore. Ruth si è piegata alla volontà del suo
carnefice-violentatore-amante, rubando soldi e oggetti preziosi dalla
casa di Mathilda. La matriarca, non volendo lasciare il suo patrimonio a
figlia e nipote, perché teme che potrebbe essere liquidato in men che
non si dica , ricorre ad uno stratagemma, fantasioso ma che avra delle
ripercussioni devastanti sul menage familiare e sull’ambiente cittadino:
siccome ha stabilito una amicizia solida con il suo medico di famiglia,
Sarah Blakeney, e anche (ma lo si verrà a sapere dopo) col marito di
Sarah, Jack Blakeney (pittore non ancora riconosciuto ma di grande
talento, tanto da farsi ritrarre completamente nuda, pur essendo
anziana), cacciato di casa per una relazione extramatrimoniale, lascia
alla dottoressa tutto il suo patrimonio, volendo in questo modo dare una
scossa all’ambiente (e per far questo, dà incarico ad una troupe di
girare un video, con delle musiche di sottofondo). Anche se il video
deve essere ancora completato, qualcuno, cogliendo l’attimo propizio,
uccide Mathilda: la vecchia viene trovata nella vasca da bagno, con le
vene dei polsi recisi, e con in testa un terribile strumento di
costrizione medievale, “il morso della bisbetica”, una di maschera di
ferro che regge una mordacchia, una gogna che imprigiona la lingua.
Tuttavia, dei ramoscelli spinosi disposti troppo
simmetricamente all’interno della maschera, sì da torturare ancor di più
la vittima, induce gli inquirenti a classificare la morte, un
assassinio.
Molti coloro che avrebbero potuto trarne vantaggio:
la figlia e la nipote innanzitutto, che però avrebbero degli alibi a
prova di bomba (in realtà si saprà che fanno acqua ambedue, e che le due
donne non hanno nessuna utilità ad accusarsi vicendevolmente in quanto
ciascuna delle due conosce qualcosa che è meglio che la polizia non
conosca: Joanna per una depressione post parto ha tentato di uccidere
Ruth, quando era bambina, mentre Ruth fa la ladra per conto di Hughes);
Sarah e il marito; James, il primo marito di Mathilda; Jane e Paul,
amici di Mathilda, che temono che lei diffonda i loro segreti: Jane è
stata a letto con James, mentre Paul ha scopato con Mathilda, e dalla
relazione è nata una creatura, che prima si pensa essere di sesso
maschile, poi si scopre essere una femmina. A complicare la vicenda c’è
anche la coppia di Violet e Duncan, inquilini di Mathilda, che abitano
in un’ala di Cedar House: Violet ha inviato delle lettere inquinanti
sulla vicenda, mentre Duncan è stato sicuramente un altro amante di
Mathilda.
Ovviamente l’omicida sarà davvero il meno probabile, in un finale memorabile.
Straordinario romanzo di Walters, The Scold’s Bridle è
un meraviglioso intreccio di Mystery e Thriller, che assume talora
anche le movenze di romanzo sociale, secondo uno schema narrativo
contemporaneo che definiremmo di Crime Fiction. I due generi indicati
sono scandagliati con un profondo taglio psicologico, impietoso anche,
che viviseziona la vicenda nei suoi più intimi recessi, istante per
istante. La connotazione forte e intensamente drammatica, viene
arricchita da ceneri hard-boiled, che donano brio e ritmo, ad una
narrazione che proprio per il modo di analizzare la vicenda molto
intimamente, potrebbe altresì risultare lenta.
Il disegno tipico di Minette Walters, autrice nata a Bishop’s Stortford, contea dell’Hertfordshire nel 1949, e autrice di successo inglese ( vincitrice anche: del John Creasey Awarddel Crime Writers’ Association per il migliore primo romanzo, The Ice House, 1992; del Gold Dagger Award nel 1994 proprio per The Scold’s Bridle, dell’MWA Edgar Award e del Macavity Award nel 1993, per The Sculptress; e di nuovo del Gold Dagger nel 2003 per Fox Evil) cioè quello di descrivere drammi
all’interno di famiglie disgregate, qui, meglio che in qualunque altro
caso, troviamo sfruttato alla perfezione, consegnandoci uno spaccato
sociale di comunità cittadina, intimamente legata da malversazioni,
furti, stupri, incesti, tradimenti, omicidi, segreti inconfessabili,
ricatti, truffe, tra i suoi rappresentanti, tutti legati in un modo o
nell’altro alla vicenda, se non a Mathilda, secondo uno schema
tipicamente british, in cui la vittima è quasi sempre appartenente
all’alta borghesia se non all’aristocrazia.
La capacità di Minette Walters di comprendere a
fondo la mentalità perversa dell’omicida non è scevra anche dal renderne
la potenziale debolezza: gli omicidi non sono partite a scacchi con gli
investigatori, come nel mystery più classico, ma sono duelli dolorosi
che da cui non escono feriti solo gli assassini ma anche i detectives,
colpiti tutti nell’animo. Così l’omicida qui, non è un essere malvagio,
ma una persona che uccide perché non può che agire così, vittima del
fato, e anche di Mathilda, che è al tempo stesso vittima, perché
stuprata e violentata nella sua infanzia perduta in un parto non voluto,
e carnefice, nel suo tiranneggiare tutti coloro che la circondano,
quando non nel ricattare altri con le sue memorie scritte nei famosi
Diari, cercati invano dalla polizia e distrutti invece dall’omicida.
Mathilda è l’elemento chiave della vicenda e la
stessa struttura narrativa ci consegna più figure di detectives che di
volta in volta, reggono il peso dell’azione narrativa: Sarah, il
Sergente Cooper, l’Ispettore Jones, il marito fedifrago della
dottoressa, Jake. Sarà proprio lui, vendicatore di Ruth, redento marito
capace di riconquistare con una tenerezza mai rivelata così a fondo, la
moglie, e nello stesso tempo capace di analizzare a fondo l’azione
giungendo a ricostruire la figura dell’omicida, svincolando l’azione
investigativa dal clichè. Ai quatto investigatori che si alternano nella
vicenda, si aggiunge una quinta figura investigativa vorremmo dire,
costantemente presente: è quella di Mathilda, che, con una diversa
pagina tratta dai suoi Diari, introduce ogni capitolo, e nello stesso
tempo indirizza e spiega l’azione narrativa e le scelte degli altri
soggetti. E’ questo uno schema già adottato da altri romanzieri (per es.
come in Rim of the Pit, di Hake Talbot).
Ma non c’è solo la presenza impersonale e invadente
di Mathilda a indirizzare il discorso, ma anche quella di un sesto
detective, il grandissimo drammaturgo William Shakespeare, che illustra
mano mano le personalità e le situazioni, con precisi rimandi e
citazioni tratte dalle sue opere. La presenza di Shakespeare non è
casuale, ma anzi necessaria, in quanto proprio con la figura di un suo
personaggio, verrà spiegata la morte di Mathilda, il suo supplizio e il
suo rapporto con il menage a lei circostante.
Ne risulta una scrittura fortemente evocativa,
ricchissima di spunti metaculturali, e assai duttile nella spiegazioni
delle personalità disturbate dei protagonisti (tutti a
vario titolo, vittime delle circostanze o di loro stessi), ma al tempo
stesso, mai pesante, e invece estremamente sfaccettata e ricca di ritmo.
Quattrocento pagine che si leggono con
straordinario piacere, e che conducono ad un finale per nulla scontato
ed ad un omicida, non caduto dal cielo, ma invece assai vero, nella sua
umanità e nella sua disperazione.
Volendo scandagliare meglio la materia narrativa,
quello che emerge è una doppiezza di moventi, che corrono all’interno
della storia su due binari paralleli, e che sono percorsi da persone
varie. I due binari, sono due tentazioni da sempre presenti nell’animo
umano, ma che hanno caratterizzato l’ultimo ventennio del XX secolo: il
denaro e il sesso. Tutti i personaggi più o meno, ne sono pervasi, ma in
uno solo, le due tentazioni, si legano e si fondono fra loro ( anche se
il movente più profondo sarà il sesso): nell’animo dell’assassino.
Pietro De Palma
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